Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11
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Edward Gibbon. Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11

CAPITOLO LIV

CAPITOLO LV

CAPITOLO LVI

CAPITOLO LVII

CAPITOLO LVIII

CAPITOLO LIX

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Sotto il regno di Costantino, pronipote di Eraclio, un nuovo sciame di Barbari distrusse per un continuo avvenire quel cancello antico del Danubio che fu poi così spesso atterrato, e rifabbricato. I progressi di questi Barbari, vennero, a caso e senza che eglino stessi se ne avvedessero, favoreggiati dai Califfi. Le legioni romane non mancavano di faccende nell'Asia, e, dopo avere perduto la Sorìa, l'Egitto, e l'Affrica, i Cesari si videro per due volte ridotti al rischio, e al disdoro di difendere contro i Saracini la lor capitale. Se nel narrare diverse particolarità intorno a questo popolo tanto spettabile, io ho deviato alcun poco dalla linea che prefissa erami nel divisamento della mia Opera, l'importanza del soggetto coprirà questa colpa e servirammi di scusa. Tanto nell'Oriente quanto nell'Occidente, così negli affari di guerra come in quelli di religione, o considerando i progressi che fecero nelle Scienze, o la loro prosperità, o la lor decadenza, gli Arabi eccitano sotto ogni aspetto la nostra curiosità. Possono attribuirsi all'armi loro i primi disastri della Chiesa greca, e del greco Impero; e i discepoli di Maometto tengono tuttavia lo scettro civile e religioso delle nazioni dell'Oriente. Ma avrebbe argomento poco degno di un'eguale fatica, la storia di quegli sciami di popoli selvaggi che, nel tempo trascorso fra il settimo, e il dodicesimo secolo, ora a guisa di passeggieri torrenti, or per una sequela di migrazioni71 dalle pianure della Scizia l'Europa innondarono. Barbari sono i lor nomi, incerta la loro origine: confuso il modo onde son pervenute a noi le lor geste. Governati da una cieca superstizione, e da un valor brutale condotti, costoro non offerivano nella monotonia delle lor vite pubblica e privata, nè le soavità dell'innocenza, nè i lumi della politica. I disordinati loro assalti furono infruttuosi contra il soglio di Bisanzio: la maggior parte di queste bande è sparita senza lasciar vestigio di sè, e i loro miserabili avanzi rimangono, e rimarranno forse ancor lungo tempo, sotto dominazioni ad essi straniere. Mi limiterò a scegliere per mezzo alle antichità, I de' Bulgari, II degli Ungaresi, III de' Russi, quei tratti che meritano essere conservati. IV la Storia delle conquiste de' Normanni, e V della Monarchia de' Turchi mi condurrà alle memorabili Crociate di Terra Santa e alla doppia caduta della città, e dell'impero di Costantino.

I. Intanto che movea verso l'Italia, Teodorico72 Re degli Ostrogoti, gli fu mestieri col debellarli, superare l'ostacolo che i Bulgari gli opponevano. Dopo una tale sconfitta, il nome di Bulgari, e questa popolazione medesima, sparvero per un secolo e mezzo; onde avvi luogo a credere che sol per via di nuove colonie fattesi sulle rive del Boristene, del Tanai, o del Volga, nuovamente si diffondesse in Europa o la stessa denominazione, od una denominazione allo incirca non dissimile. Un re dell'antica Bulgaria73, giunto agli estremi del vivere, lasciò ai cinque suoi figli un'ultima lezione di moderazione e concordia, che i giovani Principi ricevettero, come d'ordinario soglionsi ricevere dalla gioventù gli avvisi della vecchiezza, e della esperienza. Seppellirono il padre loro, si scompartirono i suoi sudditi e le sue mandrie, i consigli ne dimenticarono. Separatisi indi, o ciascuno postosi a capo della sua truppa, cercarono fortuna, chi da una banda, e chi dall'altra, e troviam ben tosto il più avventuroso di essi, nel cuor dell'Italia sostenuto dalla protezione dell'Esarca di Ravenna74; ma il corso della migrazione si volse, o venne trascinato verso la capital dell'Impero. Allora la moderna Bulgaria, acquistando, sulla riva australe del Danubio il nome e la forma che mantiene ancor tuttavia, queste popolazioni ottennero per guerra, o per negoziati le province romane della Dardania, della Tessaglia, e dei due Epiri75; tolsero la supremazia ecclesiastica alla città, che fu patria di Giustiniano: e al momento della loro prosperità, la città oscura di Licnido, ovvero Acrida, divenne la residenza del loro Re, e del loro Patriarca76. Una prova incontrastabile, e dal loro idioma dedotta, ne assicura che i Bulgari derivano dalla schiatta primitiva dagli Schiavoni, o, per parlare con maggiore esattezza, dagli Slavoni;77 e che le popolazioni de' Serviani, de' Bosnj, de' Rasciani, de' Croatti, de' Valacchi, venute dalla medesima origine78 ec. seguirono gli stendardi o l'esempio della tribù principale. Questo diverse tribù tennero i diversi paesi che giaciono fra l'Eussino, e il mare Adriatico, quali in istato di prigioniere o di suddite, quali di confederate o nemiche del greco Impero; e il loro nome generico di Slave79 che equivaleva a gloria, corrotto dal caso o dalla malivolenza, non indica oggi giorno che servitù80. Fra queste colonie i Crobaziani81 o Croatti, che oggidì fan parte della forza militare degli Austriaci, discendono da un poderoso popolo, già vincitore e sovrano della Dalmazia. Le città marittime, e fra l'altre la nascente Repubblica di Ragusi, avendo implorato il soccorso e gli avvisi della Corte di Bisanzio, Basilio ebbe tanta grandezza d'animo per consigliarle a non serbare al romano Impero che una lieve testimonianza di lor fedeltà, e di calmare, mercè un annuale tributo, il furore di quegli invincibili Barbari. Undici Zupani, o proprietarj di grandi feudi, si scompartivano il regno della Croazia: e le lor forze unite componeano un esercito di sessantamila uomini a cavallo e di centomila fantaccini. Una lunga costa di mare coperto da una catena di isole, frastagliato da ampj porti, e quasi a veggente delle rive dell'Italia, allettava alla navigazione i Latini, e gli stranieri. Le lancie, e i brigantini de' Croatti erano foggiati a guisa delle barche de' primi Liburnj. E per vero dire, cento ottanta navigli offrono l'idea d'una rilevante marineria; ma gli uomini di mare de' nostri giorni non potrebbero rattenere le risa in udendo memorare vascelli da guerra, la cui ciurma non sommava a maggior numero di dieci, venti, o quaranta uomini al più. S'introdusse a poco a poco l'usanza di adoperare più onorevolmente siffatti navigli ai bisogni del commercio: nullameno i pirati schiavoni erano sempre in grande numero e da temersi; e solamente sul finire del decimo secolo la Repubblica di Venezia, si assicurò la libertà e la sovranità del Golfo82. Gli antenati di questi re dalmati, peregrini agli usi come agli abusi della navigazione, abitavano la Croazia Bianca, le parti interne della Slesia, e della piccola Polonia, lontani, giusta i calcoli de' Greci, trenta giornate dal Mar Nero.

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Nel decimo secolo le geografiche cognizioni che si aveano sulla Scizia erano assai più estese di quelle degli Antichi; e la monarchia dei Russi tiene una importante sede nel ragguaglio offertone da Costantino sulle diverse nazioni del globo121. Il figlio di Ruric dominava la vasta provincia di Wolodimir o Moscovia, e se i Russi da questo lato aveano per impedimento ad estendersi di più le orde orientali, verso occidente il loro Impero fino al mar Baltico e alla Prussia si dilatava. Verso tramontana, oltrepassava il sessantesimo grado di latitudine di quelle regioni iperboree che la nostra immaginazione ha empiute di mostri, o di una notte eterna coperte. Dalla parte di ostro seguivano il corso del Boristene fino in vicinanza all'Eussino. Le tribù dimoranti, o errabonde in questa vasta contrada, allo stesso vincitore obbedivano, e a poco a poco una medesima nazione formarono. La lingua russa attuale non è che un dialetto della schiavona; ma nel decimo secolo, questi due idiomi erano ben distinti l'uno dall'altro, e poichè lo schiavone ha prevalso ne' climi australi, v'è luogo a credere che i Russi boreali, soggiogati sulle prime dal General de' Varangi, alla schiatta finnica appartenessero. Le migrazioni, le unioni, o le separazioni delle tribù erranti, hanno cambiato continuamente il quadro mobile del deserto della Scizia; pur trovansi nella carta più antica della Russia tai luoghi che non hanno mai cambiato di nome. Novogorod122, e Kiovia123, le due Capitali, fin dai primi tempi della Monarchia hanno esistenza. Novogorod però non veniva ancora intitolata la Grande; non per anche erasi confederata colla Lega anseatica, che le ricchezze e i principj della libertà ha diffusi in Europa. Kiovia non superbiva ancora de' suoi trecento tempj, di quella innumerevole popolazione, di quel grado di magnificenza e splendore, onde la paragonavano a Costantinopoli coloro che non aveano mai veduta la residenza de' Cesari. Le due città non erano sulle prime che campi, o fiere, soli ritrovi che s'avessero i Barbari per concertarsi sulle bisogne della guerra, o del commercio. Pure queste assemblee annunziano alcuni progressi nella civiltà. Venne tratta dalle province del Mezzogiorno una razza di animali, gli animali cornuti; e lo spirito di commercio, per terra e per mare, si dilatò dal Baltico all'Eussino, dalla foce dell'Oder al porto di Costantinopoli. Sotto il regno del Paganesimo e della barbarie, i Normanni aveano arricchita la città schiavona di Giulino, dalle loro cure ridotta a ricettacolo di commercio124. Da questo porto situato alla foce dell'Oder, i corsari e i mercatanti giugnevano in quarantatre giorni alle coste orientali del Baltico. Quivi le popolazioni più rimote si mescolavano fra loro, e i boschi sacri della Curlandia vedeansi, narrano, ornati dell'oro della Grecia, e della Spagna125. Una comunicazione facile, fra Novogorod e il mare, venne scoperta: durante la state attraversavansi un golfo, un lago, un fiume navigabile: nel verno la superficie solida di una immensa pianura di diaccio offeriva ai viaggiatori il cammino. Dai dintorni di questa città, i Russi calavansi per li fiumi che vanno a cader nel Boristene; le loro navicelle formate di un solo albero portavano schiavi d'ogni età; pellicce d'ogni specie, il mele delle loro api, le pelli de' loro animali, e tutte le derrate del Settentrione, condotte venivano, e raccolte trovavansi ne' magazzini di Kiovia. Il mese di giugno era per ordinario il tempo in cui la navigatrice carovana partivasi. Il legno di quelle navicelle serviva indi a fabbricar remi, e tavole per battelli più ampj, e di maggiore durata; e questi nuovi navigli scendeano senza ostacolo giù pel Boristene, fino a sette o tredici catene di roccie, che, opponendosi al letto del fiume, ne mandano precipitando le acque. Se di minor conto erano queste cateratte, bastava l'alleggerire i battelli; ma le più rilevanti essi non potevano superare; i navicellai allora vedeansi costretti a trasportare per terra le barche e gli schiavi, e durante questo penoso viaggio di sei miglia, stavano in continuo pericolo di essere assaliti dai malandrini del deserto126. Alla prima isola che trovavano al di sotto delle cateratte, i Russi celebravano con una festa la buona sorte che dal rischio gli avea campati; ad una seconda isola più vicina alla foce del fiume, risarcivano i battelli per metterli in istato di ricominciare più lunga e più perigliosa corsa che aspettavali sul mar Nero. Costeggiando in appresso, raggiugneano senza fatica la bocca del Danubio; e se il vento li favoriva in trentasei o quaranta ore approdavano alle rive della Natolia, d'onde a Costantinopoli si trasferivano. Di ritorno nella Russia, vi portavano un abbondante carico di biade, vini, olj, lavori della Grecia e aromi dell'India. Alcuni de' loro compatriotti si stanziavano nella Capitale e nelle province dell'Impero greco, e la persona, i beni e i privilegi del mercatante russo dai negoziati fra le due nazioni veniano guarentiti127.

Ma non andò guari che si abusò, convertendola a danno dell'uman genere, di una comunicazione apertasi col fine di vantaggiarlo. In un intervallo di cento novanta anni i Russi tentarono per quattro volte di saccheggiare i tesori di Costantinopoli: e benchè queste spedizioni navali non ottenessero tutte un eguale successo, i motivi e i fini ne erano sempre stati i medesimi, e i modi dell'imprenderle eguali128. I maravigliosi racconti de' mercatanti russi che aveano veduta la magnificenza e assaporato il lusso della città dei Cesari, alcuni saggi di queste ricchezze che essi portavano in patria, destarono la cupidigia de' lor selvaggi concittadini. Incominciarono questi ad invidiare quelle beneficenze che la natura ricusava al lor clima, e a vagheggiare que' lavori dell'arte che, nè attesa la lor dappocaggine poteano imitare, nè attesa la lor povertà, procacciarsi. I Principi varangi innalzarono bandiera di corsari, e trassero i migliori loro marinai dalle nazioni che abitavano le isole settentrionali dell'Oceano129. Abbiam veduta nel trascorso secolo una immagine di tale armamento nelle flotte de' Cosacchi che uscirono fuori del Boristene per correre i mari colle intenzioni medesime130. Il nome greco monoxyla, barca di un solo pezzo, ben addiccasi alla chiglia de' lor navigli, che era un lungo tronco di faggio o di betulla incavato; e su questa leggiera e stretta base, continuata col mezzo di assi, lunghe fino a sessanta piedi, si alzavano gli orli della navicella, alti in circa dodici piedi. Privi di ponte questi navigli aveano due governali, ed un albero, e movendosi col ministero di remi e di vele, portavano fra i quaranta e i settanta uomini, forniti delle armi necessarie, e provveduti di acqua dolce, e di pesce salato. Nella prima loro spedizione, i Russi non adoperarono più di dugento di questi battelli; ma quando tutte le forze di lor nazione spiegavano, poteano condurre e mille, e mille dugento navigli sotto le mura di Costantinopoli. La loro flotta non era per nulla inferiore a quella di Agamennone; i Greci spaventati la supponeano, dieci, o quindici volte, più forte e più numerosa. Con qualche previdenza e vigore, non sarebbe stato difficile agli Imperatori il chiudere con una flotta la foce del Boristene. Ma, mercè alla loro indolenza, le coste della Natolia furono in preda a' corsari, che più non s'incontravano da sei secoli sul Ponto Eussino; e sintanto che la Capitale fu rispettata, i disastri di una remota provincia sfuggirono all'attenzione de' Principi e degli Storici. Finalmente poi la procella, che devastata avea le rive del Fasi e di Trebisonda, scoppiò sul bosforo Tracio, stretto di quindici miglia, ove un avversario più abile avrebbe potuto arrestare e distruggere l'informe naviglio de' Russi. Nella prima loro intrapresa condotti dai Principi di Kiovia131, non trovarono ostacolo alla loro navigazione, e mentre l'Imperatore Michele, figlio di Teofilo, era lontano, occuparono il porto di Costantinopoli. Il ridetto principe, dopo avere affrontati mille pericoli, pervenne finalmente a sbarcare alla scala del palagio, trasferitosi tosto ad una chiesa consacrata a Maria Vergine132. Per consiglio del Patriarca fu tolta da quel Santuario una reliquia preziosa, l'abito della stessa Madonna; e tuffatolo indi nel mare venne divotamente attribuita alla protezione della madre di Dio una tempesta che, giunta a proposito, persuase ai Russi la ritirata133. Il silenzio de' Greci fa nascere dubbj sulla verità o certamente sull'importanza del secondo tentativo operato da Oleg, tutore dei figli di Ruric134. Una sbarra ben affortificata e guernita di soldati, a que' giorni, il Bosforo difendea: i Russi superarono un tale ostacolo, come a ciò erano soliti, trascinando le loro barche al di sopra dell'istmo, e le Cronache nazionali parlano di questo semplicissimo espediente, come se la flotta russa, protetta da un vento favorevole, avesse navigato per terra. Igor, figlio di Ruric, comandante della terza spedizione, avea scelto un momento di debolezza e d'impaccio pe' Greci, allorchè le armate navali stavano difendendo l'Impero dai Saracini; ma ove non manca il coraggio, rare volte mancano i modi della difesa. Vennero arditamente lanciate contro il nemico quindici galee disordinate ed infrante; ed invece di una sola bocca di fuoco greco che collocar solevasi sulla prora, furono abbondantemente provveduti di questa fiamma e i fianchi e le poppe di tutti quindici i navigli. Abili erano gli artefici, propizio l'aere. Migliaia di Russi che preferirono l'annegarsi al cader vittima dell'incendio, si gettarono in mare: tutti quelli che alle coste della Tracia si ripararono, vennero inumanamente trucidati dai soldati e dai contadini. Nullameno, un terzo di naviglio russo si sottrasse alla distruzione, guadagnando le basse acque, e nel successivo anno Igor si apparecchiò a vendicare la ricevuta sconfitta135. Dopo una lunga pace, Jaroslao pronipote di Igor, avendo tentata una quarta invasione, il fuoco greco rispinse nuovamente all'ingresso del Bosforo una flotta che il figlio di Iaroslao comandava. Ma l'antiguardo de' Greci dato essendosi ad inseguire senza cautela i fuggitivi, fu preso in mezzo da una moltitudine di barche russe; forse in quel punto il fuoco greco mancò di alimento; e ventiquattro imperiali galee, vennero quali prese, quali mandate a fondo, quali in altra guisa distrutte136.

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