La Macchina Per Scrivere
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Andrea Lepri. La Macchina Per Scrivere
L’INCIDENTE AL LAVORO
CAPITOLO XX (LEZIONI DI MORALE)
«Abbiamo ragione di credere che quell’uomo abbia commesso un delitto» sta spiegando il poliziotto appena sceso dalla macchina a un giornalista, nel dire questo allunga il braccio per indicarlo e rimane bloccato per lo stupore. Quell’uomo, seduto sul parapetto, ha tranquillamente ripreso a leggere alcuni fogli per poi affidarli al vento, che li porta giù pian piano
CAPITOLO XIV. IL SECONDO TASSELLO
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INDICE DEI CAPITOLI
CAPITOLO I
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Non è possibile perché proprio io? C’è un errore… ci deve essere per forza un errore continuava a ripetersi Carpetti, seduto sulla poltroncina dell’autobus che lo stava riportando a casa.
“Potrà continuare a lavorare finché se la sentirà. Inoltre la comunità scientifica sta lavorando sodo e sta facendo passi da gigante, è molto probabile che in un tempo così lungo riesca a trovare la maniera per allungarle la vita, se non addirittura una cura definitiva… quindi lei deve cercare in tutti i modi di non lasciarsi andare, di non mollare. In ogni caso posso garantirle che non soffrirà. Non è molto, ma è tutto ciò che posso dirle… mi spiace” gli aveva detto il dottore. D’un tratto Carpetti si sentì come se gli mancasse l’aria, si sbottonò la camicia a quadri e si curvò in avanti, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la busta gialla arrotolata stretta in una mano. Davanti a lui due donne stavano discutendo l’andamento dei prezzi dei pomodori, un’altra, anziana, raccontava a un conoscente le peripezie del figlio emigrato all’estero. Sicuramente c’è uno sbaglio, quello di cui parlano questi fogli non sono di certo io si disse ancora una volta Carpetti, sentiva il bisogno di correre a casa, nel suo rifugio. Là avrebbe potuto pensare un rimedio, trovare una soluzione, avrebbe riletto con calma quei fogli e avrebbe scovato l’errore. Ma la strada non finiva mai, le pensiline delle fermate, coi vetri erano rotti e i poster pubblicitari strappati, sembravano essersi moltiplicate all’infinito. Finalmente l’autobus si fermò giusto davanti al condominio dove abitava, lui scese al volo e salì le scale di corsa, col cuore in gola. Chiuse la porta a chiave e vi si appoggiò contro con le spalle, come per evitare che qualcosa del Mondo esterno potesse penetrare in casa sua a contaminarla. Gettò a terra la giacca si sfilò via la camicia, facendo saltare l’ultimo bottone. Con mani tremanti strappò un lembo della busta, dopo aver riletto chissà quante volte quel foglio si buttò in ginocchio balbettando qualcosa tra sé.
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