Arrigo il savio

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Barrili Anton Giulio. Arrigo il savio

I

II

III

IV

V

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VII

VIII

IX

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XI

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XIII

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XVI

XVII

XVIII

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L'uscio si era aperto, la portiera alzata, ed entrava nello studio un giovane elegantemente vestito da mattina, non molto alto di statura, ma ben fatto e assai sciolto della persona, biondo, un po' pallido, dai lineamenti finissimi, dagli occhi perlati sfavillanti, sebbene per vezzo tenesse le palpebre socchiuse, e dalle labbra sottili, leggermente colorate, che sporgevano un tantino, in atto tra cortese ed ironico, come quelle di un principe, di un piccolo potente della terra, che è consapevole della propria grandezza, e vuole mostrarsi benevolo, sì, ma in un certo modo e fino ad una certa misura.

Cesare Gonzaga non badò a queste inezie. Vide il giovanotto gentile e gli bastò di aver riconosciute le sembianze di Cecilia, della sua amata sorella. Ahimè, povera Cecilia! Cesare Gonzaga, nel 1849, abbattuto dalle sventure della patria e percosso da un altro dolore tutto suo (Ugo Foscolo li ha descritti, questi due sentimenti, associati nella persona del suo Ortis), si era allontanato, non che da Roma, dai confini della penisola. A Mantova, intanto, sotto il dominio dell'Austria, dopo la parte ch'egli aveva presa nelle cospirazioni e nelle guerre recenti, non poteva tornare; perciò, dopo la caduta di Roma, e dopo aver seguito il generale Garibaldi nella sua marcia memorabile in mezzo a tante forze nemiche, disperando oramai delle sorti italiane, si era rifugiato in Grecia, donde, proseguendo la sua triste odissèa di fuoruscito, era andato a cercare, non già la fortuna, ma la pace del cuore, sui lidi estremi dell'Oriente. Solo alcuni anni dopo la sua partenza, Cecilia Gonzaga era andata sposa alla Mirandola; e colà era vissuta nella oscurità d'una famiglia non ricca nè povera, colà era rimasta vedova dopo dieci anni di matrimonio, colà era morta dopo altri dieci o dodici di vedovanza, lontana dal suo unico figlio, che studiava leggi a Bologna, e senza aver potuto rivedere il fratello, di cui troppo scarse erano giunte le notizie in famiglia. Cesare Gonzaga non era nato per la mercatura; soldato, aveva fatto il soldato. Da principio si diceva che col grado di colonnello tra i ribelli indiani avesse partecipato alla epica impresa di Nana Sahib; più tardi, e dopo un mondo di notizie contradittorie, si era venuto a sapere che militasse ai servigi di un principe indipendente, nel centro dell'India. Una lettera sua era venuta a confermare l'annunzio, e a rassicurare la famiglia (triste avanzo di famiglia, poichè i vecchi erano morti da un pezzo) intorno alla sorte del profugo. Uno scambio di notizie aveva potuto stabilirsi tra fratello e sorella, e per tal modo Cesare Gonzaga, rais e gemadar del gran signore di Revah, nel Bogelcund, seppe un giorno di avere un nipote, Arrigo Valenti, avviato allo studio della giurisprudenza nella università di Bologna. Qualche anno dopo, preso dal desiderio della patria, era ritornato in Europa, ricco di una bella sostanza che gli avevano fruttata i suoi lunghi servigi; da Brindisi era corso a Mantova, per risalutare il suo duomo, da Mantova alla Mirandola, per abbracciar la sorella, ma ohimè, per piangere invece sulla sua tomba. Aveva chiesto notizie di Arrigo, e gli era stato detto che Arrigo, compiuti gli studi legali, viveva a Roma, ove certamente a quell'ora aveva finite le pratiche. Ora, di tutti i luoghi che Arrigo poteva scegliere per sua residenza, Roma era l'unico in cui Cesare Gonzaga non sarebbe andato volentieri a cercarlo.

.....

– Oh, non importa, c'è un'altra scala. Il guaio è che mette in una via troppo vicina all'ingresso principale. Uno che esca di qua e svolti nella strada di fianco… capirai!

– Capisco, può indovinare i tuoi segreti di Stato, o di Banca. Anzi, diciamo addirittura di Banca, per restare nel genere femminile. —

.....

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