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AL NOBILE CARLO D'ADDA

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SENATORE DEL REGNO

Caro amico,

A te, che mi precedi negli anni, nell'autorità e nel sapere, dirigo questo mio volume, che vorrebbe richiamare i vecchi alle vigorose emozioni della loro giovinezza e radicare nei giovani il rispetto per le antiche operosità e pei patriotismi antichi.

Apparteniamo entrambi ad un'epoca, in cui la foga del vivere consuma e getta molto pasto all'oblìo. Auguriamoci che non consumi almeno più di quanto produce, e che dall'oblìo si salvi, dov'è possibile, il bene. Dimentichiamo pure il male, o piuttosto perdoniamolo. Il perdono è più virile dell'oblìo.

M'è accaduto più volte, scrivendo questo volume, di pensare alle rapide evoluzioni che possono compiere, sotto la pressura degli interessi, le amicizie politiche.

Noi siamo stati per mezzo secolo accaniti avversari di un Impero, al quale ci legano ora vincoli d'alleanza, che credo leali e che spero durevoli.

Ciò non mi ha impedito di evocare, come le abbiamo sentite, le impressioni di quel cinquantennio e di tradurle col linguaggio e colla logica di quegli anni. La storia, a parer mio, non si può scrivere che così. Giacchè i fatti perderebbero la metà dei loro veri e dei loro insegnamenti, se si volessero costringere alle stesse metamorfosi che possono subire, e sono libere di subire, le idee. Il rispetto per gli uni non turba l'adesione alle altre. Molto più che fra popoli intelligenti nessuna lotta politica dura mai oltre la scomparsa della causa giusta che la rendeva necessaria. E gli Italiani sono un popolo intelligente. Sanno lottare al bisogno; ma lottano, secondo i consigli del Vangelo, perchè il peccatore si converta, non perchè muoja.

In questi pensieri e in questi desiderj so di averti compagno; e ciò mi lascia sperare che se il mio povero libro avrà censori severi, non gli mancherà l'indulgenza del tuo giudizio. In ogni caso, lo scriverlo e lo stamparlo non mi sarà stato inutile; poichè mi avrà permesso di esprimerti pubblicamente, malgrado la tua fiera modestia, il molto bene che penso di te.

Sondrio, 8 marzo 1886.

Tuo aff.

R. Bonfadini.

Mezzo secolo di patriotismo

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