Caricreature
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Diego Maenza. Caricreature
ACQUA
IL PIRATA
IL NOVELLINO
LO SCHIAVO
IL NOMADE
IL GIOCOSO
ARIA
L’INNAMORATO
LA STREGA
IL LADRO
IL GUARDIANO
LA FARFALLA
FUOCO
L’ ASSASSINO
IL MAGO
LA DONZELLA
IL DITTATORE
LA SENTINELLA
TERRA
LO STREGONE
LA ROSA
L’ AVARO
IL LABIRINTO
IL BOIA
Отрывок из книги
VORREI? FORSE MI FAREI UN BAGNO DENTRO DI TE. Scorrerei al ritmo delle tue onde, mi lascerei trascinare dalle tue correnti, naufragherei negli idrati del tuo ventre, ancorerei sulle rive delle tue isole, sorseggerei i tuoi liquidi e berrei dagli affluenti delle tue labbra del sud. Ma lo farei davvero? Dalle nuvole cadrebbero, in una pioggerella prodigiosa, alghe e ninfee, gigli e loto, e la carne impregnata del nostro verde acquatico si ritroverebbe. Ma non sarebbe così, perché sarei sopraffatto dalla forza della tua timidezza. Il tuo silenzio sarebbe un canto di sirena invocato dalla sorgente. Perché la tua arte sarebbe liquida, sarebbe innaffiata dal ruscello e mostrerebbe il tuo intimo silenzioso, il mistero di quella prudenza così tua che mi inciterebbe alla disperazione e all'agonia consumata. Saresti la naiade furtiva, la piccola onda riservata che veglierebbe sulla mia saliva come l'estuario che custodisce la tranquillità dell'alosa.
Tu saresti… tu saresti… tu saresti… il condizionale tradisce la mia incapacità di salire a bordo. Il mio esplicito rifiuto di trasferire la freddezza del tuo sguardo in un conflitto reale. Perché a pensarci bene, tutta questa storia sarebbe la conferma di un acquazzone che si trasformerebbe pazientemente in neve: con la grandine che sarebbero le tue braccia impaurite, con la brina che sarebbero le tue gambe timorose, con il gelo che sarebbero i tuoi capelli sottili. E come sempre, inizieresti a rendere omaggio a Borea o al tuo sesso pallido e silenzioso, che sarebbe lo stesso. Calmeresti la tempesta, placheresti il diluvio del desiderio con i pensieri provenienti da quell'interiorità che ti reclamerebbe; domeresti la tempesta che si sforzerebbe di rovesciare i tuoi scrupoli, il diluvio malsano di estasi interiore che alimenterebbe l'inondazione dei tuoi abissi. Domare le tempeste. Con la tua rilassatezza calmeresti i ruscelli dei miei occhi che, terrorizzati, non potrebbero nemmeno guardarti, perché non saremmo più due cuori deboli in attesa che i nostri messaggi si frantumino in un'umida esitazione, e tracimeremmo nel torrente delle nostre cascate addomesticate. La leggerezza dei tuoi acquazzoni avrebbe la virtù di scoprire vecchie lacune che cospargerebbero di frugalità gli istinti più deboli.
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E opta per la fantasia rifugiandosi nella taverna dei sogni, dove i menestrelli cantano storie molto strane e fondanti di esseri bifronti che si forzano e si metamorfosano, che sono allo stesso tempo elementi, animali e divinità, figure invocate in riti immemorabili che sono venuti nel mondo antico per contaminare tutto, loro, proprio loro, così colti nella loro cultura portata giù dall'Olimpo e forgiati e perfezionati nelle fucine di Roma; storie metafisiche e spirituali che infettano per sempre la pacifica acutezza materialistica e razionale della loro saggia competenza; O favole più vicine a lui, l'apprendista dell'ostruzionista che vuole spiccare il volo come un gabbiano e poi precipitarsi sulla preda sfuggente, come quella del pirata mendicante che, per le risate di tutti, sosteneva di essere stato uno schiavista e di aver svelato un nuovo emblema che dava valore e trasformazione agli accoliti che lo prendevano come loro vessillo, o quella dell'uomo nero sfuggito ai suoi padroni e diventato re, o quella dell'omino infelice con il volto sfigurato e le vesti tristi che dichiarava di essere stato vittima di un incantesimo malvagio, come se la sua anima valesse più di quella di Faust. Povero lui, innocente creatura piena di ottimismo che conosce a malapena il mondo e che crede che gli affluenti siano gradevoli come le vene delle sue gengive, arterie salate che portano alla verità. Di cosa hai paura, marinaio, di indebolirti davanti allo sguardo del tuo stesso volto riflesso nella calma dell'oceano? Che la schiuma delle onde si schianti nel tuo cranio e rompa le rocce di un'isola vergine, o che gli uccelli impazziscano e comincino a beccarti gli occhi? Che i corsari della parola si innalzino come supremi esecutori, come demiurghi ineguagliabili che considerano il mare di loro proprietà? Tu, mio esitante amico, devi essere il pirata per eccellenza, quello che sabota tutte le lingue e i codici stabiliti nei regni degli altri: devi appropriarti di quei regni. Sarai tu a costringere il pesce e l'albatros a copulare per generare una nuova prole, una creatura mitologica nata dalle tue stesse viscere.
Poi, il nostro amico, di fronte alle sue paure, con una visione rinnovata ma sbagliata, si aggrappa e beve dal suo labirinto, ed è deciso a inventare i mari in cui navigherà, un viaggiatore sollecitato dalle esperienze altrui, e che ora confida pienamente nella capacità della sua inventiva piuttosto che nella sua nebulosa memoria e crea e crede: l'Oceano Atlantico, l'Oceano Indiano, l'Oceano Artico, il Mar Mediterraneo di nuovo, l'Oceano Pacifico, il Mar dei Caraibi, il Golfo del Messico. Sì, la sua realtà inizierà dove è culminata la sua immaginazione. Salperà per le coste di quel mondo da loro appena scoperto, ma abitato dall'immemorabile.
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