La Calandria
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Dovizi Bernardo. La Calandria
PROLOGO [DEL CASTIGLIONE]
PROLOGO [DEL BIBBIENA]
ARGUMENTO
ATTO I
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
SCENA VI
SCENA VII
SCENA VIII
ATTO II
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
SCENA VI
SCENA VII
SCENA VIII
SCENA IX
SCENA X
ATTO III
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
SCENA VI
SCENA VII
SCENA VIII
SCENA IX
SCENA X
SCENA XI
SCENA XII
SCENA XIII
SCENA XIV
SCENA XV
SCENA XVI
SCENA XVII
SCENA XVIII
SCENA XIX
SCENA XX
SCENA XXI
SCENA XXII
SCENA XXIII
ATTO IV
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
SCENA VI
ATTO V
SCENA I
SCENA II
SCENA III
SCENA IV
SCENA V
SCENA VI
SCENA VII
SCENA VIII
SCENA IX
SCENA X
SCENA XI
SCENA XII
NOTA
Отрывок из книги
Voi sarete oggi spettatori d'una nova commedia intitulata Calandria: in prosa, non in versi; moderna, non antiqua; vulgare, non latina. Calandria detta è da Calandro el quale voi troverrete sí sciocco che forse difficil vi fia di credere che Natura omo sí sciocco creasse giá mai. Ma, se viste o udite avete le cose di molti simili, e precipue quelle di Martino da Amelia (el quale crede la stella Diana essere suo' moglie, lui essere lo Amen, diventare donna, Dio, pesce ed arbore a posta sua), maraviglia non vi fia che Calandro creda e faccia le sciocchezze che vedrete. Rappresentandovi la commedia cose familiarmente fatte e dette, non parse allo autore usare il verso; considerato che e' si parla in prosa, con parole sciolte e non ligate. Che antiqua non sia dispiacer non vi dee, se di sano gusto vi trovate: per ciò che le cose moderne e nove delettano sempre e piacciono piú che le antique e le vecchie; le quale, per longo uso, sogliano sapere di vieto. Non è latina: però che, dovendosi recitare ad infiniti, che tutti dotti non sono, lo autore, che piacervi sommamente cerca, ha voluto farla vulgare; a fine che, da ognuno intesa, parimenti a ciascuno diletti. Oltre che, la lingua che Dio e Natura ci ha data non deve, appresso di noi, essere di manco estimazione né di minor grazia che la latina, la greca e la ebraica: alle quali la nostra non saria forse punto inferiore se la esaltassimo, la osservassimo, la polissimo con quella diligente cura che li greci e altri ferno la loro. Bene è di sé inimico chi l'altrui lingua stima piú che la sua propria. So io bene che la mia mi è sí cara che non la darei per quante lingue oggi si trovano. E cosí credo intervenga a voi. Però grato esser vi deve sentire la commedia nella lingua vostra. Avevo errato: nella nostra, non nella vostra, udirete la commedia; ché a parlare aviamo noi, voi a tacere. De' quali se sia chi dirá lo autore essere gran ladro di Plauto, lassiamo stare che a Plauto staria molto bene lo essere rubato per tenere, il moccicone, le cose sua senza una chiave, senza una custodia al mondo; ma lo autore giura, alla croce di Dio, che non gli ha furato questo (facendo uno scoppio con la mano); e vuole stare a paragone. E, che ciò sia vero, dice che si cerchi quanto ha Plauto e troverrassi che niente gli manca di quello che aver suole. E, se cosí è, a Plauto non è suto rubbato nulla del suo. Però non sia chi per ladro imputi lo autore. E, se pure alcuno ostinato ciò ardisse, sia pregato almeno di non vituperarlo accusandolo al bargello; ma vada a dirlo secretamente nell'orecchio a Plauto. Ma ecco qua chi vi porta lo Argumento. Preparatevi a pigliarlo bene, aprendo ben ciascuno il buco de l'orecchio.
Di Modon parteno. Tra via, son presi e prigioni in Costantinopoli condotti. Perillo mercante fiorentino tutti a tre li riscatta, a Roma seco gli mena, in casa sua li tiene: ove dimorando lungo tempo, ottimamente lo abito, i costumi e 'l parlar pigliano. E, questo giorno, Perillo vuole dare la sua figliuola per moglie alla detta Santilla, da ciascuno Lidio chiamata e per maschio sempre creduta. Lidio, il maschio, con Fessenio servo da Modon esce salvo; in Toscana e in Italia si conduce; ivi il vestire, il vivere e la lingua apprende. Essendo di anni diciassette in diciotto, a Roma viene, di Fulvia se innamora e, parimente da lei amato, piú volte, vestito da donna, seco a sollazzar si va. Dopo molti scambiamenti, Lidio e Santilla lietamente si riconoscano. Guardate or voi, aprendo ben l'occhio, a non scambiar l'un dall'altro. Però che io ve avvertisco che amendua d'una statura e d'una presenzia sono, amendua si chiamano Lidio, amendua ad un modo vestono, parlano, ridano, amendua sono oggi in Roma ed amendua or or qui comparir li vedrete. Né crediate però che, per negromanzia, sí presto da Roma venghino qui; per ciò che la terra che vedete qui è Roma. La quale giá esser soleva sí ampia, sí spaziosa, sí grande che, trionfando, molte cittá e paesi e fiumi largamente in se stessa riceveva; ed ora è sí piccola diventata che, come vedete, agiatamente cape nella cittá vostra. Cosí va il mondo.
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POLINICO. Orsú! Fa' pure a tuo modo e di questa bestia qui. Presto presto potresti cognoscere con tuo danno li effetti d'amore.
FESSENIO. Fermati, o Polinico. Sai tu che effetti fa amore?
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