Col fuoco non si scherza
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Emilio De Marchi. Col fuoco non si scherza
Col fuoco non si scherza
Indice
ROMANZO CON PREFAZIONE DI GAETANO NEGRI. MILANO CARLO ALIPRANDI—EDITORE VIA DURINI, 34
GAETANO NEGRI. PARTE PRIMA
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
BENIAMINO CRESTI
PARTE SECONDA
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
FLORA A ELISA D'AVANZO
ANDREINO LULLI A ERMINIO BERSI
REGINA A FLORA
BENIAMINO CRESTI A ELISA D'AVANZO
X
XI
EZIO»
XII
XIII
Отрывок из книги
Emilio De Marchi
Pubblicato da Good Press, 2020
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Villa Serena nel seno più interno della riva spiccava solitaria nel giardino vasto e oscuro, che l'abbracciava tutta nelle sue ombre profonde. Era una casa aperta sul lago con terrazzo a lunga balaustra di pietra bigia, ornato di grossi vasi di sasso, colla facciata d'una gravità signorile senza pompa e senza leziosaggini, una casa ancora senza storia, che Camillo Bagliani, il padre di Ezio aveva acquistato poco prima della morte della sua prima moglie. Vi aveva poi condotta la seconda moglie, Vincenzina, vi aveva raccolto le sue memorie e vi era morto anche lui da poco tempo, dopo aver passato gli ultimi anni di vita in uno stato di lenta paralisi sul balcone della camera che prospetta il piano più vasto del lago.
Ezio vi era, si può dire, cresciuto negli anni più belli della sua giovinezza e dopo la morte del babbo considerava Villa Serena come il rifugio delle sue idee migliori. Per rispetto a donna Vincenzina, sua seconda madre, l'eco dello gazzarre del Ravellino non vi doveva nemmeno arrivare e dagli amici suoi, tranne questo contino Lulli, che aveva una specie di salvacondotto nel titolo e nell'onorabilità del nome, nessuno altro era mai stato introdotto tra le ombre oneste e tranquille di quell'angolo invidiato. Ezio sapeva e voleva che gli altri avessero a distinguere tra il compagnone allegro e il padrone di casa. I piaceri della vita non l'ubbriacavano mai fino al punto di fargli perdere il sentimento de' suoi doveri, e in questa specie di governo di se stesso era la sua forza e la sua superiorità su tutti gli altri che gli facevano la corte. Questo senso di orgoglio lo faceva parere molte volte duro e aristocratico ai democraticoni della gazzarra, pei quali lo stravizio non ha bisogno di guanti e nemmeno di brache: ma Ezio voleva essere aristocratico, e sapeva di esserlo, magnificamente, quando era il caso. Quarantamila lire di rendita ben amministrata gli potevan concedere questo lusso.
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