I minatori dell' Alaska
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Эмилио Сальгари. I minatori dell' Alaska
I – IL FERITO
II – SCOTENNATO DAGLI INDIANI
III – CODA SCREZIATA
IV – ATTRAVERSO LA PRATERIA
V – NUBE ROSSA
VI – LA DANZA DEI BISONTI
VII – LA FUGA
VIII – L’AGGUATO DEI PELLIROSSE
IX – SULLE RIVE DEL PICCOLO SCHIAVO
X – LA CACCIA AI CASTORI
XI – LE PIANTE DANZANTI
XII – BATTAGLIA DI VOLATILI
XIII – ASSEDIATI DA UNA FAMIGLIA DI ORSI
XIV – ANCORA CODA SCREZIATA
XV – LA CACCIA AI BISONTI
XVI – LE TESTE PIATTE
XVII – UN PERICOLO SCONOSCIUTO
XVIII – UN TERRIBILE DUELLO
XIX – IL WAPITI
XX – L’ASSALTO DELL’ORSO GRIGIO
XXI – LE MONTAGNE ROCCIOSE
XXII – LA CACCIA AI «MANGIATORI DI LEGNO»
XXIII – UNO STREGONE MITRAGLIATO
XXIV – L’ELDORADO DELL’ALASKA
XXV – I LUPI IDROFOBI
XXVI – IL TRADIMENTO DEI TANANA
XXVII – LA FUGA
XXVIII – L’INSEGUIMENTO DEI TANANA
XXIX ATTRAVERSO L’ALASKA
XXX – UN DUELLO FRA MINATORI
XXXI – IL PAESE DELL’ORO
XXXII – L’ATTACCO DEL «BUSHRANGER»
XXXIII – L’AUDACIA DI DUE BRICCONI
XXXIV – UN MOMENTO TERRIBILE
XXXV – LA FEBBRE DELL’ORO
XXXVI – UN NEMICO MISTERIOSO
XXXVII – FRA L’ORO E LA MORTE
CONCLUSIONE
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Le immense praterie del nord-ovest americano, come quelle non meno immense della Patagonia e dell’Australia, offrono risorse infinite ai grandi allevatori di bestiame. Quelle pianure sterminate, sparse di alte graminacee e di erbe succolente chiamate buffalo-grass, sono il vero paradiso dei cavalli, dei buoi e dei bisonti che vi ingrassano rapidamente, quasi senza spesa per i loro proprietari. Essendo per lo più lontane dai centri abitati, e di proprietà esclusiva delle tribù indiane che le considerano come loro territori di caccia, i grandi allevatori, per mandarvi le numerose mandrie, hanno imitato i loro compatriotti dell’America del sud, gli Argentini. Questi affidano i loro cavalli e i loro buoi ai gauchos, cavalieri indomiti della pampa; gli americani del nord hanno invece i cow-boys. Gli uni valgono gli altri. Se i primi sono quasi dei selvaggi, dotati di temperamento violento e battagliero, sempre in armi, pronti a respingere gli assalti dei patagoni e degli araucani, i cow-boys dell’America del nord non sono da meno. In ogni caso si tratta di coraggiosi che sfidano intrepidamente la morte e che difendono strenuamente il bestiame loro affidato, contro i lupi e gli orsi e la rapacità degli indiani.
Sempre in sella, essendo tutti instancabili cavalieri, non hanno altra cura che di impedire al bestiame di disperdersi, poiché ogni capo che si allontana può considerarsi perduto. I lupi seguono con ostinazione quelle mandrie, per mesi e mesi, sempre pronti a piombare sull’animale che rimane indietro, o che di notte si allontana dall’accampamento. I cow-boys si fermano dove le erbe sono migliori, e l’acqua è vicina. Un carro colossale serve loro di casa; due sassi bastano per improvvisare il fornello su cui faranno friggere il lardo e cucineranno le focacce impastate alla meglio, o arrostiranno qualche pezzo di selvaggina. Sono uomini frugali, che si accontentano di poco; d’altronde il proprietario della mandria non fornisce loro di più, forse vi aggiunge qualche sacco di legumi. Finché la stagione è buona, i cow-boys non abbandonano le praterie. Continuano ad avanzare, di pianura in pianura, attraverso territori quasi vergini, lottando coraggiosamente contro tutti gli ostacoli, battendosi quasi costantemente contro gli indiani che non li vedono di buon occhio, e non ritornano se non quando le prime nevi cominciano a coprire la prateria, e anche molte mandrie sono passate nelle mani dei pellirossa, ma che importa? Sono semplici incidenti che non scoraggiano gli altri cow-boys, nè i proprietari del bestiame. Sembra che quella vita libera, indipendente, piena di emozioni, di lotte, di avventure, eserciti su di loro un’attrattiva irresistibile. Il cow-boy, anche diventato ricco, il che è un caso rarissimo, non lascia più il suo mestiere. Tornerà sempre nella prateria finché ci lascerà la pelle o la capigliatura; tutt’al più diventerà un cacciatore di qualche compagnia di pellicce. Bennie e Back erano dunque due cow-boys. Il primo non era alle prime armi. Canadese d’origine, era stato prima cacciatore di professione, poi minatore nelle miniere d’argento del Colorado, quindi, perduti tutti i suoi risparmi, era diventato vaccaro. Bell’uomo quel Bennie, il vero tipo dello scorridore della prateria. Alto, muscoloso, dalle braccia poderose, il petto ampio, con una testa energica, coperta da una lunga capigliatura nera, inanellata, che cominciava già a brizzolarsi, con occhi penetranti e una barbetta tagliata a due punte.
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– Corna di bisonte… – esclamò Bennie, aggrottando la fronte. – È un uomo questo Armando?…
– Un ragazzo.
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