Читать книгу Sei personaggi in cerca d'autore - Луиджи Пиранделло, Luigi Pirandello - Страница 1
Sei personaggi in cerca d'autore
ОглавлениеI PERSONAGGI DELLA COMMEDIA DA FARE
Il padre
La madre
La figliastra
Il figlio
Il giovinetto
La bambina (questi ultimi due non parlano)
(Poi, evocata) Madama Pace
GLI ATTORI DELLA COMPAGNIA
Il direttore-capocomico
La prima attrice
Il primo attore
La seconda donna
L’attrice giovane
L’attor giovane
Altri attori e attrici
Il direttore di scena
Il suggeritore
Il trovarobe
Il macchinista
Il segretario del capocomico
L’uscere del teatro
Apparatori e servi di scena
Di giorno, su un palcoscenico di teatro di prosa.
N.B. La commedia non ha atti né scene. La rappresentazione sarà interrotta una prima volta, senza che il sipario s’abbassi; allorché il Direttore Capocomico e il capo dei personaggi si ritireranno per concertar lo scenario e gli attori sgombreranno il palcoscenico; una seconda volta, allorché per isbaglio il Macchinista butterà giù il sipario.
Troveranno gli spettatori, entrando nella sala del teatro, alzato il sipario, e il palcoscenico com’è di giorno, senza quinte né scena, quasi al bujo e vuoto, perché abbiano fin da principio l’impressione d’uno spettacolo non preparato.
Due scalette, una a destra e l’altra a sinistra, metteranno in comunicazione il palcoscenico con la sala. Sul palcoscenico il cupolino del suggeritore, messo da parte, a canto alla buca. Dall’altra parte, sul davanti, un tavolino e una poltrona con spalliera voltata verso il pubblico, per il Direttore-Capocomico. Altri due tavolini, uno più grande, uno più piccolo, con parecchie sedie attorno, messi lì sul davanti per averli pronti, a un bisogno, per la prova. Altre sedie, qua e lì: a destra e a sinistra, per gli Attori; e un pianoforte in fondo, da un lato, quasi nascosto. Spenti i lumi nella sala, si vedrà entrare dalla porta del palcoscenico il macchinista in camiciotto turchino e sacca appesa alla cintola; prendere da un angolo in fondo alcuni assi d’attrezzatura; disporli sul davanti e mettersi in ginocchio e inchiodarli. Alle martellate accorrerà dalla porta dei camerini il Direttore di scena.
Il direttore di scena Oh! Che fai?
Il macchinista Che faccio? Inchiodo.
Il direttore di scena A quest’ora? (Guarderà l’orologio). Sono già le dieci e mezzo. A momenti sarà qui il Direttore per la prova.
Il macchinista Ma dico, dovrò avere anch’io il mio tempo per lavorare!
Il direttore di scena L’avrai, ma non ora.
Il macchinista E quando?
Il direttore di scena Quando non sarà più l’ora della prova. Su, su, portati via tutto, e lasciami disporre la scena per il secondo atto del «Giuoco delle parti»
Il macchinista, sbuffando, borbottando, raccatterà gli assi e andrà via. Intanto dalla porta del palcoscenico cominceranno a venire gli attori della Compagnia, uomini e donne, prima uno, poi un altro, poi due insieme, a piacere: nove o dieci, quanti si suppone che debbano prender parte alle prove della commedia di Pirandello «Il giuoco delle parti», segnata all’ordine del giorno. Entreranno, saluteranno il Direttore di scena e si saluteranno tra loro augurandosi il buon giorno. Alcuni si avvieranno ai loro camerini; altri, fra cui il Suggeritore che avrà il copione arrotolato sotto il braccio, si fermeranno sul palcoscenico in attesa del Direttore per cominciar la prova, e intanto, o seduti a crocchio, o in piedi, scambieranno tra loro qualche parola; e chi accenderà una sigaretta, chi si lamenterà della parte che gli è stata assegnata, chi leggerà forte ai compagni qualche notizia in un giornaletto teatrale. Sarà bene che tanto le Attrici quanto gli Attori siano vestiti d’abiti piuttosto chiari e gai, e che questa prima scena a soggetto abbia, nella sua naturalezza, molta vivacità. A un certo punto, uno dei comici potrà sedere al pianoforte e attaccare un ballabile; i più giovani tra gli Attori e le Attrici si metteranno a ballare.
Il direttore di scena (battendo le mani per richiamarli alla disciplina). Via, smettetela! Ecco il signor Direttore!
Il suono e la danza cesseranno d’un tratto. Gli Attori si volteranno a guardare verso la sala del teatro, dalla cui porta si vedrà entrare il Direttore-Capocomico, il quale, col cappello duro in capo, il bastone sotto il braccio e un grosso sigaro in bocca, attraverserà il corridojo tra le poltrone e, salutato dai comici, salirà per una delle due scalette sul palcoscenico. Il Segretario gli porgerà la posta: qualche giornale, un copione sottofascia.
Il capocomico Lettere?
Il segretario Nessuna. La posta è tutta qui.
Il capocomico (porgendogli il copione sottofascia). Porti in camerino. (Poi, guardandosi attorno e rivolgendosi al Direttore di scena): Oh, qua non ci si vede. Per piacere, faccia dare un po’ di luce.
Il direttore di scena Subito.
Si recherà a dar l’ordine. E poco dopo il palcoscenico sarà illuminato in tutto il lato destro, dove staranno gli Attori, d’una viva luce bianca. Nel mentre, il Suggeritore avrà preso posto nella buca, accesa la lampadina e steso davanti a sè il copione.
Il capocomico (battendo le mani). Su, su, cominciamo.
Al Direttore di scena: Manca qualcuno?
Il direttore di scena Manca la Prima Attrice.
Il capocomico Al solito!
Guarderà l’orologio. Siamo già in ritardo di dieci minuti. La segni, mi faccia il piacere. Così imparerà a venire puntuale alla prova.
Non avrà finito la reprensione, che dal fondo della sala si udrà la voce della Prima Attrice.
La prima attrice No, no, per carità! Eccomi! Eccomi!
È tutta vestita di bianco, con un cappellone spavaldo in capo e un grazioso cagnolino tra le braccia; correrà attraverso il corridojo delle poltrone e salirà in gran fretta una delle scalette.
Il capocomico Lei ha giurato di farsi sempre aspettare.
La prima attrice Mi scusi. Ho cercato tanto una automobile per fare a tempo! Ma vedo che non avete ancora cominciato. E io non sono subito di scena.
Poi, chiamando per nome il Direttore di scena e consegnandogli il cagnolino: Per piacere, me lo chiuda nel camerino.
Il capocomico (borbottando) Anche il cagnolino! Come se fossimo pochi i cani qua.
Batterà di nuovo le mani e si rivolgerà al Suggeritore: Su, su, il secondo atto del «Giuoco delle parti».
Sedendo sulla poltrona: Attenzione, signori. Chi è di scena?
Gli Attori e le Attrici sgombreranno il davanti del palcoscenico e andranno a sedere da un lato, tranne i tre che principieranno la prova e la Prima Attrice, che, senza badare alla domanda del Capocomico, si sarà messa a sedere davanti ad uno dei due tavolini.
Il capocomico (alla Prima Attrice) Lei dunque è di scena?
La prima attrice. Io, nossignore.
Il capocomico (seccato) E allora si levi, santo Dio!
La Prima Attrice si alzerà e andrà a sedere accanto agli altri Attori che si saranno già tratti in disparte.
Il capocomico (al Suggeritore) Cominci, Cominci.
Il suggeritore (leggendo nel copione) «In casa di Leone Gala. Una strana sala da pranzo e da studio.»
Il capocomico (volgendosi al Direttore di scena) Metteremo la sala rossa.
Il direttore di scena (segnando su un foglio di carta) La rossa. Sta bene.
Il suggeritore (seguitando a leggere nel copione) «Tavola apparecchiata e scrivania con libri e carte. Scaffali di libri e vetrine con ricche suppellettili da tavola. Uscio in fondo per cui si va nella camera da letto di Leone. Uscio laterale a sinistra per cui si va nella cucina. La comune è a destra.»
Il capocomico (alzandosi e indicando) Dunque, stiano bene attenti: di là, la comune. Di qua, la cucina.
Rivolgendosi all’Attore che farà la parte di Socrate: Lei entrerà e uscirà da questa parte.
Al Direttore di scena: Applicherà la bussola in fondo, e metterà le tendine.
Tornerà a sedere.
Il direttore di scena (segnando) Sta bene.
Il suggeritore (leggendo c.s.) «Scena Prima. Leone Gala, Guido Venanzi, Filippo detto Socrate.»
Al Capocomico: Debbo leggere anche la didascalia?
Il capocomico Ma sì! si! Gliel’ho detto cento volte!
Il suggeritore (leggendo c.s.) Al levarsi della tela, Leone Gala, con berretto da cuoco e grembiule, e intento a sbattere con un mestolino di legno un uovo in una ciotola. Filippo ne sbatte un altro, parato anche lui da cuoco. Guido Venanzi ascolta, seduto.»
Il primo attore (al Capocomico) Ma scusi, mi devo mettere proprio il berretto da cuoco in capo?
Il capocomico (urtato dall’osservazione) Mi pare! Se sta scritto lì!
Indicherà il copione.
Il primo attore Ma è ridicolo, scusi!
Il capocomico (balzando in piedi sulle furie) «Ridicolo! ridicolo!» Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l’intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?
Gli Attori rideranno. E allora egli alzandosi e venendo presso il Primo Attore, griderà: Il berretto da cuoco, sissignore! E sbatta le uova! Lei crede, con codeste uova che sbatte, di non aver poi altro per le mani? Sta fresco! Ha da rappresentare il guscio delle uova che sbatte!
Gli Attori torneranno a ridere e si metteranno a far commenti tra loro ironicamente. Silenzio! E prestino ascolto quando spiego!
Rivolgendosi di nuovo al Primo Attore: Sissignore, il guscio: vale a dire la vuota forma della ragione, senza il pieno dell’istinto che è cieco! Lei è la ragione, e sua moglie l’istinto: in un giuoco di parti assegnate, per cui lei che rappresenta la sua parte è volutamente il fantoccio di se stesso. Ha capito?
Il primo attore (aprendo le braccia) Io no!
Il capocomico (tornandosene al suo posto) E io nemmeno! Andiamo avanti, che poi mi loderete la fine!
In tono confidenziale: Mi raccomando, si metta di tre quarti, perché se no, tra le astruserie del dialogo e lei che non si farà sentire dal pubblico, addio ogni cosa!
Battendo di nuovo le mani: Attenzione, attenzione! Attacchiamo!
Il suggeritore Scusi, signor Direttore, permette che mi ripari col cupolino? Tira una cert’aria!
Il capocomico Ma sì, faccia, faccia!
L’Uscere del teatro sarà intanto entrato nella sala, col berretto gallonato in capo e, attraversato il corridojo fra le poltrone, si sarà appressato al palcoscenico per annunziare al Direttore-Capocomico l’arrivo dei Sei Personaggi, che, entrati anch’essi nella sala, si saranno messi a seguirlo, a una certa distanza, un po’ smarriti e perplessi, guardandosi attorno.
Chi voglia tentare una traduzione scenica di questa commedia bisogna che s’adoperi con ogni mezzo a ottenere tutto l’effetto che questi «Sei Personaggi» non si confondano con gli Attori della Compagnia. La disposizione degli uni e degli altri, indicata nelle didascalie, allorché quelli saliranno sul palcoscenico, gioverà senza dubbio; come una diversa colorazione luminosa per mezzo di appositi riflettori. Ma il mezzo più efficace e idoneo, che qui si suggerisce, sarà l’uso di speciali maschere per i personaggi: maschere espressamente costruite d’una materia che per il sudore non s’afflosci e non pertanto sia lieve agli Attori che dovranno portarle: lavorate e tagliate in modo che lascino liberi gli occhi, le narici e la bocca. S’interpreterà così anche il senso profondo della commedia. I «Personaggi» non dovranno infatti apparire come «fantasmi», ma come «realtà create», costruzioni della fantasia immutabili: e dunque più reali e consistenti della volubile naturalità degli Attori. Le maschere ajuteranno a dare l’impressione della figura costruita per arte e fissata ciascuna immutabilmente nell’espressione del proprio sentimento fondamentale, che è il «rimorso» per il Padre, la «vendetta» per la Figliastra, lo «sdegno» per il Figlio, il «dolore» per la Madre con fisse lagrime di cera nel livido delle occhiaje e lungo le gote, come si vedono nelle immagini scolpite e dipinte della «Mater dolorosa» nelle chiese. E sia anche il vestiario di stoffa e foggia speciale, senza stravaganze, con pieghe rigide e volume quasi statuario, e insomma di maniera che non dia l’idea che sia fatto d’una stoffa che si possa comperare in una qualsiasi bottega della città e tagliato e cucito in una qualsiasi sartoria.
Il Padre sarà sulla cinquantina: stempiato, ma non calvo, fulvo di pelo, con baffetti folti quasi acchiocciolati attorno alla bocca ancor fresca, aperta spesso a un sorriso incerto e vano. Pallido, segnatamente nell’ampia fronte; occhi azzurri ovati, lucidissimi e arguti; vestirà calzoni chiari e giacca scura: a volte sarà mellifluo, a volte avrà scatti aspri e duri.
La Madre sarà come atterrita e schiacciata da un peso intollerabile di vergogna e d’avvilimento. Velata da un fitto crespo vedovile, vestirà umilmente di nero, e quando solleverà il velo, mostrerà un viso non patito, ma come di cera, e terrà sempre gli occhi bassi.
La Figliastra, di diciotto anni, sarà spavalda, quasi impudente. Bellissima, vestirà a lutto anche lei, ma con vistosa eleganza. Mostrerà dispetto per l’aria timida, afflitta e quasi smarrita del fratellino, squallido Giovinetto di quattordici anni, vestito anch’egli di nero; e una vivace tenerezza, invece, per la sorellina, Bambina di circa quattro anni, vestita di bianco con una fascia di seta nera alla vita.
Il Figlio, di ventidue anni, alto, quasi irrigidito in un contenuto sdegno per il Padre e in un’accigliata indifferenza per la Madre, porterà un soprabito viola e una lunga fascia verde girata attorno al collo.
L’uscere (col berretto in mano) Scusi, signor Commendatore.
Il capocomico (di scatto, sgarbato) Che altro c’è?
L’uscere (timidamente) Ci sono qua certi signori, che chiedono di lei.
Il Capocomico e gli Attori si volteranno stupiti a guardare dal palcoscenico giù nella sala.
Il capocomico (di nuovo sulle furie) Ma io qua provo! E sapete bene che durante la prova non deve passar nessuno!
Rivolgendosi in fondo: Chi sono lor signori? Che cosa vogliono?
Il padre (facendosi avanti, seguito dagli altri, fino a una delle due scalette) Siamo qua in cerca d’un autore
Il capocomico (fra stordito e irato) D’un autore? Che autore?
Il padre D’uno qualunque, signore.
Il capocomico Ma qui non c’è nessun autore, perché non abbiamo in prova nessuna commedia nuova.
La Figliastra (con gaja vivacità, salendo di furia la scaletta). Tanto meglio, tanto meglio, allora, signore! Potremmo esser noi la loro commedia nuova.
Qualcuno degli attori (fra i vivaci commenti e le risate degli altri) Oh, senti, senti!
Il padre (seguendo sul palcoscenico la Figliastra). Già, ma se non c’è l’autore!
Al Capocomico: Tranne che non voglia esser lei…
La Madre, con la Bambina per mano, e il Giovinetto saliranno i primi scalini della scaletta e resteranno lì in attesa. Il Figlio resterà sotto, scontroso.
Il capocomico Lor signori vogliono scherzare?
Il padre No, che dice mai, signore! Le portiamo al contrario un dramma doloroso.
La figliastra E potremmo essere la sua fortuna!
Il capocomico Ma mi facciano il piacere d’andar via, che non abbiamo tempo da perdere coi pazzi!
Il padre (ferito e mellifluo) Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere.
Il capocomico Ma che diavolo dice?
Il padre Dico che può stimarsi realmente una pazzia, sissignore, sforzarsi di fare il contrario; cioè, di crearne di verosimili, perché pajano vere. Ma mi permetta di farle osservare che, se pazzia è, questa è pur l’unica ragione del loro mestiere.
Gli Attori si agiteranno, sdegnati.
Il capocomico (alzandosi e squadrandolo) Ah sì? Le sembra un mestiere da pazzi, il nostro?
Il padre Eh, far parer vero quello che non è; senza bisogno, signore: per giuoco… Non è loro ufficio dar vita sulla scena a personaggi fantasticati?
Il capocomico (subito facendosi voce dello sdegno crescente dei suoi Attori) Ma io la prego di credere che la professione del comico, caro signore, è una nobilissima professione! Se oggi come oggi i signori commediografi nuovi ci danno da rappresentare stolide commedie e fantocci invece di uomini, sappia che è nostro vanto aver dato vita – qua, su queste tavole – a opere immortali!
Gli Attori, soddisfatti, approveranno e applaudiranno il loro Capocomico.
Il padre (interrompendo e incalzando con foga). Ecco! benissimo! a esseri vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri! Siamo dello stessissimo parere!
Gli Attori si guardano tra loro, sbalorditi.
Il direttore Ma come! Se prima diceva…
Il padre No, scusi, per lei dicevo, signore, che ci ha gridato di non aver tempo da perdere coi pazzi, mentre nessuno meglio di lei può sapere che la natura si serve da strumento della fantasia umana per proseguire, più alta, la sua opera di creazione.
Il capocomico Sta bene, sta bene. Ma che cosa vuol concludere con questo?
Il padre Niente, signore. Dimostrarle che si nasce alla vita in tanti modi, in tante forme: albero o sasso, acqua o farfalla… o donna. E che si nasce anche personaggi!
Il capocomico (con finto ironico stupore) E lei, con codesti signori attorno, è nato personaggio?
Il padre Appunto, signore. E vivi, come ci vede.
Il Capocomico e gli Attori scoppieranno a ridere, come per una burla.
Il Padre (ferito) Mi dispiace che ridano così, perché portiamo in noi, ripeto, un dramma doloroso, come lor signori possono argomentare da questa donna velata di nero.
Così dicendo porgerà la mano alla Madre per aiutarla a salire gli ultimi scalini e, seguitando a tenerla per mano, la condurrà con una certa tragica solennità dall’altra parte del palcoscenico, che s’illuminerà subito di una fantastica luce.
La Bambina e il Giovinetto seguiranno la Madre; poi il Figlio, che si terrà discosto, in fondo; poi la Figliastra, che s’apparterà anche lei sul davanti, appoggiata all’arcoscenico. Gli Attori, prima stupefatti, poi ammirati di questa evoluzione, scoppieranno in applausi come per uno spettacolo che sia stato loro offerto.
Il capocomico (prima sbalordito, poi sdegnato) Ma via! Facciano silenzio!
Poi, rivolgendosi ai Personaggi: E loro si levino! Sgombrino di qua!
Al Direttore di scena: Perdio, faccia sgombrare!
Il direttore di scena (facendosi avanti, ma poi fermandosi, come trattenuto da uno strano sgomento) Via! Via!
Il padre (al Capocomico) Ma no, veda, noi…
Il capocomico (gridando) Insomma, noi qua dobbiamo lavorare!
Il primo attore Non è lecito farsi beffe così…
Il padre (risoluto, facendosi avanti) Io mi faccio maraviglia della loro incredulità! Non sono forse abituati lor signori a vedere balzar vivi quassù, uno di fronte all’altro, i personaggi creati da un autore? Forse perché non c’è là indicherà la buca del Suggeritore un copione che ci contenga?
La Figliastra (facendosi avanti al Capocomico, sorridente, lusingatrice) Creda che siamo veramente sei personaggi, signore, interessantissimi! Quantunque, sperduti.
Il Padre (scartandola) Sì, sperduti, va bene!
Al Capocomico subito: Nel senso, veda, che l’autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non potè materialmente, metterci al mondo dell’arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché – vivi germi – ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità!
Il capocomico Tutto questo va benissimo! Ma che cosa vogliono loro qua?
Il padre Vogliamo vivere, signore!
Il capocomico (ironico) Per l’eternità?
Il padre No, signore: almeno per un momento, in loro.
Un attore Oh, guarda, guarda!
La prima attrice Vogliono vivere in noi!
L’attor giovane (indicando la Figliastra) Eh, per me volentieri, se mi toccasse quella lì!
Il padre Guardino, guardino: la commedia è da fare;
al Capocomico: ma se lei vuole e i suoi attori vogliono, la concerteremo subito tra noi!
Il capocomico (seccato) Ma che vuol concertare! Qua non si fanno di questi concerti! Qua si recitano drammi e commedie!
Il padre E va bene! Siamo venuti appunto per questo qua da lei!
Il capocomico E dov’è il copione?
Il padre È in noi, signore.
Gli attori rideranno. Il dramma è in noi; siamo noi; e siamo impazienti di rappresentarlo, così come dentro ci urge la passione!
La figliastra (schernevole, con perfida grazia di caricata impudenza) La passione mia, se lei sapesse, signore! La passione mia…per lui!
Indicherà il Padre e farà quasi per abbracciarlo; ma scoppierà poi in una stridula risata.
Il padre (con scatto iroso) Tu statti a posto, per ora! E ti prego di non ridere così!
La figliastra No? E allora mi permettano: benché orfana da appena due mesi, stiano a vedere lor signori come canto e come danzo!
Accennerà con malizia il «Prends garde … Tchou-Thin-Tchou» di Dave Stamper ridotto a Fox-trot o One-Step lento da Francis Salabert: la prima strofa, accompagnandola con passo di danza.
Les chinois sont un peuple malin,
De Shangai… Pekin,
Ils ont mis des criteaux partout:
Prenez garde… Tchou —Thin —Tchou!
Gli Attori, segnatamente i giovani, mentre ella canterà e ballerà, come attratti da un fascino strano, si moveranno verso lei e leveranno appena le mani quasi a ghermirla. Ella sfuggirà e, quando gli Attori scoppieranno in applausi, resterà, alla riprensione del Capocomico, come astratta e lontana.
Gli attori e le attrici (ridendo e applaudendo) Bene! Brava! Benissimo!
Il capocomico (irato) Silenzio! Si credono forse in un caffè-concerto?
Tirandosi un po’ in disparte il Padre, con una certa costernazione: Ma dica un po’, è pazza?
Il padre No, che pazza! È peggio!
La figliastra (subito accorrendo al Capocomico) Peggio! Peggio! Eh altro, signore! Peggio! Senta, per favore: ce lo faccia rappresentar subito, questo dramma, perché vedrà che a un certo punto, io – quando questo amorino qua prenderà per mano la Bambina che se ne starà presso la Madre e la porterà davanti al Capocomico vede com’è bellina? la prenderà in braccio e la bacerà cara! cara! La rimetterà a terra e aggiungerà, quasi senza volere, commossa: ebbene, quando quest’amorino qua, Dio la toglierà d’improvviso a quella povera madre: e quest’imbecillino qua spingerà avanti il Giovinetto, afferrandolo per una manina sgarbatamente farà la più grossa delle corbellerie, proprio da quello stupido che è lo ricaccerà con una spinta verso la Madre allora vedrà che io prenderò il volo! Sissignore! prenderò il volo! il volo! E non mi par l’ora, creda, non mi par l’ora! Perché, dopo quello che è avvenuto di molto intimo tra me e lui indicherà il Padre con un orribile ammiccamento non posso più vedermi in questa compagnia, ad assistere allo strazio di quella madre per quel tomo là indicherà il Figlio lo guardi! lo guardi! indifferente, gelido lui, perché è il figlio legittimo, lui! pieno di sprezzo per me, per quello là, indicherà il Giovinetto per quella creaturina; ché siamo bastardi – ha capito? bastardi. Si avvicinerà alla Madre e l’abbraccerà. E questa povera madre – lui – che è la madre comune di noi tutti – non la vuol riconoscere per madre anche sua – e la considera dall’alto in basso, lui, come madre soltanto di noi tre bastardi – vile! Dirà tutto questo, rapidamente, con estrema eccitazione e arrivata al «vile» finale, dopo aver gonfiato la voce sul «bastardi», lo pronunzierà piano, quasi sputandolo.
La madre (con infinita angoscia al Capocomico) Signore, in nome di queste due creaturine, la supplico… si sentirà mancare e vacillerà oh Dio mio…
Il padre (accorrendo a sorreggerla con quasi tutti gli Attori sbalorditi e costernati). Per carità una sedia, una sedia a questa povera vedova!
Gli attori (accorrendo) – Ma è dunque vero? – Sviene davvero?
Il capocomico Qua una sedia, subito!
Uno degli Attori offrirà una sedia; gli altri si faranno attorno premurosi. La Madre, seduta, cercherà d’impedire che il Padre le sollevi il velo che le nasconde la faccia.
Il padre La guardi, signore, la guardi…
La madre Ma no, Dio, smettila!
Il padre Lasciati vedere! Le solleverà il velo.
La madre (alzandosi e recandosi le mani al volto, disperatamente). Oh, signore, la supplico d’impedire a quest’uomo di ridurre a effetto il suo proposito, che per me è orribile!
Il capocomico (soprappreso, stordito) Ma io non capisco più dove siamo, né di che si tratti! Al Padre: Questa è la sua signora?
Il padre (subito) Sissignore, mia moglie!
Il capocomico E com’è dunque vedova, se lei è vivo?
Gli Attori scaricheranno tutto il loro sbalordimento in una fragorosa risata.
Il padre (ferito, con aspro risentimento) Non ridano! Non ridano così, per carità! È appunto questo il suo dramma, signore. Ella ebbe un altro uomo. Un altro uomo che dovrebbe esser qui!
La madre (con un grido) No! No!
La figliastra Per sua fortuna è morto: da due mesi, glie l’ho detto. Ne portiamo ancora il lutto, come vede.
Il padre Ma non è qui, veda, non già perché sia morto. Non è qui perché – la guardi, signore, per favore, e lo comprenderà subito! – Il suo dramma non potè consistere nell’amore di due uomini, per cui ella, incapace, non poteva sentir nulla – altro, forse, che un po’ di riconoscenza (non per me: per quello!) – Non è una donna, è una madre! – E il suo dramma – (potente, signore, potente!) consiste tutto, difatti, in questi quattro figli dei due uomini ch’ella ebbe.
La madre Io, li ebbi? Hai il coraggio di dire che fui io ad averli, come se li avessi voluti? Fu lui, signore! Me lo diede lui, quell’altro, per forza! Mi costrinse, mi costrinse ad andar via con quello!
La figliastra (di scatto, indignata) Non è vero!
La madre (sbalordita) Come non è vero?
La figliastra Non è vero! Non è vero!
La madre E che puoi saperne tu?
La figliastra Non è vero! Al Capocomico: Non ci creda! Sa perché lo dice? Per quello lì indicherà il Figlio lo dice! Perché si macera, si strugge per la noncuranza di quel figlio lì, a cui vuol dare a intendere che, se lo abbandonò di due anni, fu perché lui indicherà il Padre la costrinse.
La madre (con forza) Mi costrinse, mi costrinse, e ne chiamo Dio in testimonio! Al Capocomico: Lo domandi a lui indicherà il marito se non è vero! Lo faccia dire a lui!…Lei indicherà la Figlia non può saperne nulla.
La figliastra So che con mio padre, finché visse, tu fosti sempre in pace e contenta. Negalo, se puoi!
La madre Non lo nego, no…
La figliastra Sempre pieno d’amore e di cure per te!
Al Giovinetto, con rabbia: Non è vero? Dillo! Perché non parli, sciocco?
La madre Ma lascia questo povero ragazzo! Perché vuoi farmi credere un’ingrata, figlia? Io non voglio mica offendere tuo padre! Ho risposto a lui, che non per mia colpa né per mio piacere abbandonai la sua casa e mio figlio!
Il padre È vero, signore. Fui io.
Pausa.
Il primo attore (ai suoi compagni) Ma guarda che spettacolo!
La prima attrice Ce lo danno loro, a noi!
L’attor giovane Una volta tanto!
Il capocomico (che comincerà a interessarsi vivamente) Stiamo a sentire! stiamo a sentire!
E così dicendo, scenderà per una delle scalette nella sala e resterà in piedi davanti al palcoscenico, come a cogliere, da spettatore, l’impressione della scena.
Il figlio (senza muoversi dal suo posto, freddo, piano, ironico) Sì, stiano a sentire che squarcio di filosofia, adesso! Parlerà loro del Demone dell’Esperimento.
Il padre Tu sei un cinico imbecille, e te l’ho detto cento volte!
Al Capocomico già nella sala: Mi deride, signore, per questa frase che ho trovato in mia scusa.
Il figlio (sprezzante) Frasi.
Il Padre Frasi! Frasi! Come se non fosse il conforto di tutti, davanti a un fatto che non si spiega, davanti a un male che si consuma, trovare una parola che non dice nulla, e in cui ci si acquieta!
La figliastra Anche il rimorso, già! sopra tutto.
Il padre Il rimorso? Non è vero; non l’ho acquietato in me soltanto con le parole.
La figliastra Anche con un po’ di danaro, sì, sì, anche con un po’ di danaro! Con le cento lire che stava per offrirmi in pagamento, signori!
Movimento d’orrore degli Attori.
Il figlio (con disprezzo alla sorellastra) Questo è vile!