Anima Nera Anima Bianca
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Patrizia Barrera. Anima Nera Anima Bianca
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Prefazione
Alle radici del Blues. Le Origini
L’Anima Nera
Blues e Magia
Il cammino del Blues. Dal Delta alle grandi etichette discografiche
Charlie Patton. Il Padre del Blues?
Blind" Lemon Jefferson. Era davvero cieco?
Peg Leg Howell. Gamba di legno e cuore di fuoco
Alger Texas Alexander. Artista e Assassino
Barbecue Bob. Il cuoco che diventò una Star
Robert Leroy Johnson. Il patto col diavolo
Leadbelly. Davvero un brutto ceffo!
L'Anima Bianca del Blues. W. C. Handy
Bessie Smith. Imperatrice del Blues
Il Blues di strada. Gertrude "Mà" Rainey
La prima voce dell'Urban Blues. Mamie Smith
Regina senza corona. Ida Cox
Il Blues melodrammatico. Clara Smith
Il Blues di Harlem. Gladys Bentley
La Prigione Americana. Una nuova schiavitù
L' Impero invisibile. Le stragi nascoste del Ku klux Klan
Le Leggi Jim Crow. Dalla schiavitù alle prigioni
La musica delle prigioni. L' ultima voce del Blues
No More, My Lawd! Urla dall'inferno
John Henry. L'eroe dal cuore grande
Bibliografia
Biografia dell'Autrice
Отрывок из книги
Patrizia Barrera
Anima Nera Anima Bianca
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Sostanzialmente il lavoro veniva dalle ferrovie, ma non dimentichiamo che molti tra i neri immigrati vennero assorbiti dal ”cowboy job”, di cui poco si parla. In definitiva la condizione dell’Afro-Americano non cambiava di molto: diseredati tra i diseredati, gli ex schiavi affidavano la propria anima al triste canto BLUES, che innestava un certo non so che di ”maligno” sulle loro persone. SON JACKSON, un grande bluesman conosciuto per decine di anni solo…dagli addetti del settore, spiega molto bene quello che era l’ atteggiamento della gente comune nei confronti del Blues. “Il Bluesman è un animale ferito che grida le proprie sofferenze senza speranza di essere ascoltato. Ora, se lo facesse in chiesa, tutti lo comprenderebbero poiché sarebbe un’ anima che si affida a Dio. Ma dato che lo fa per le strade o da solo o davanti a un pubblico di poveracci bevitori e donnaioli, allora per la gente è solo uno fuori di sé e dalla Grazia di Dio, e la sua anima sporca lo attira verso Satana.” Quindi, la differenza sta nell’ approccio: in Chiesa sarebbe un peccatore che chiede la Grazia, cosi invece è un peccatore e basta, anche se le cose che dice sono più o meno le stesse. Il primo periodo del Texas Blues è nelle mani di disgraziati ed ex schiavi a cui spesso viene concesso di suonare nelle feste di piazze o in quelle da ballo per i bianchi ricchi, ma è costretto a farlo con i regolamentari violino e chitarra per non turbare ”col proprio peccato” le orecchie degli altri. Conosciamo alcuni dei primi Blues del periodo grazie al collezionista GATES THOMAS , che raccolse alcune delle canzoni dei piantatori di cotone emigrati in Texas. I brani ALABAMA BOUND e C.C RIDER, ad esempio, vennero poi rielaborati dal famosissimo Jelly Roll Morton (che il grande pubblico ha conosciuto grazie al film Il Pianista sull' oceano), ma appartengono al filone della tradizione orale, alla tradizione di una musica non scritta e all'Eco di musicisti neri dei quali si è persa memoria. Una delle più vecchie canzoni nelle quali sono già presenti le famose BLUE NOTE è Baby, Take a look at me! trascritta poi da Thomas e Charles Peabody nel Mississippi qualche anno dopo. E’ interessante notare come il Blues del periodo abbia ancora due facce: quella un po’ schizzata ma allegrotta delle feste e quella devastante e malinconica della solitudine, spesso accompagnata da tecniche di variazione che ne amplificavano l’opera di transfert sul musicista. Già agli inizi del ‘900 in Texas troviamo l’utilizzo della SLIDE GUITAR, in gergo chiamata BOTTLENECK (collo di bottiglia). Si tratta di una tecnica innovativa che alcuni confondono con il BENDING del Delta, ma che in realtà parla una lingua completamente diversa. In pratica, attraverso lo ”scivolamento” del collo della bottiglia (in genere di vetro) sulle corde, il Bluesman riusciva a ricavare un effetto ”lamentoso” (per intenderci un po’ HAWAIANO) che non alterava la trazione sulle corde come succedeva con il Bending, dove il musicista, avvolgendo le dita in pezze di cotone, era costretto a tirarle per ricavarne un suono.
Tecnica del bottleneck, un collo di bottiglia che si fa scivolare sulle corde.
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