Читать книгу La Tresca Perfetta - Блейк Пирс - Страница 10

CAPITOLO SETTE

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Nonostante la sua stanchezza, Jessie era elettrizzata mentre andava verso la centrale.

Era riuscita a trascinare Hannah fuori dalla porta solo con dieci minuti di ritardo questa mattina e aveva immaginato che beccando solo pochi semafori rossi, sarebbe comunque arrivata al lavoro prima che ci fosse troppa confusione. Voleva un po’ di tranquillità per potersi concentrare sul caso di Michaela Penn, che le sembrava sempre più losco ogni volta che ci pensava.

Perché gli agenti sulla scena volevano chiudere il caso e liquidarlo così rapidamente? Perché il detective non era arrivato più velocemente, se mai era poi arrivato? Cos’aveva indotto Cathy Bla-bla a chiamare Ryan? Il sesto senso di Jessie le stava gridando che qui si trattava di ben più di una semplice rapina. Nove pugnalate le sembravano una cosa molto personale.

Eppure, come le avevano ripetutamente ricordato durante le sue dieci settimane di addestramento all’Accademia dell’FBI che aveva frequentato, il suo sesto senso non poteva sostituire le prove. Solo perché una persona o uno scenario sembravano sospetti, questo non si poteva considerare come prova di nulla. Per Jessie, che aveva superato con eccellenza quasi tutti i test che le avevano fatto fare a Quantico, imparare quella lezione a memoria era stata la cosa più difficile.

Quando arrivò alla sua scrivania alle 7:33, l’ufficio centrale era ancora poco popolato. Sapeva di avere circa mezz’ora prima che le cose cambiassero, quindi si tuffò a capofitto. Prima chiamò l’ufficio del medico legale della Valley per sapere dei risultati che potevano essere saltati fuori. Maggie Caldwell non c’era. Ma secondo Jimmy, il tipo che le aveva risposto, la donna gli aveva dato istruzioni di passare ogni aggiornamento se qualcuno della stazione centrale avesse chiamato. Almeno la Caldwell non sembrava essere parte dell’operazione – qualsiasi essa fosse – che il sergente Costabile stava portando avanti.

Secondo Jimmy, Michaela era stata aggredita sessualmente prima di morire. Ma a quanto pareva l’aggressore aveva usato un preservativo e poi l’aveva riempita di una sorta di disinfettante che preveniva la giacenza di ogni utilizzabile traccia di DNA. Stavano aspettando di vedere se altri test dettagliati potessero offrire qualcosa di più, ma non era molto ottimista.

La chiamata successiva fu all’ospedale per controllare le condizioni di Lizzie. Mentre aspettava in linea per avere un aggiornamento, i suoi pensieri tornarono ad Hannah. Le somiglianze tra lei e Michaela Penn non le erano sfuggite. Entrambe le ragazze avevano diciassette anni. Entrambe avevano frequentato scuole private nella Fernando Valley. Sembrava che entrambe fossero state costrette a crescere più velocemente del necessario. Jessie si chiese quali altri elementi avessero in comune.

Un’infermiera venne al telefono, risvegliandola dai suoi pensieri. A quanto pareva Lizzie era ancora sedata. L’infermiera disse che probabilmente si sarebbe svegliata per metà mattinata e le suggerì di aspettare fino ad allora per una visita.

Dopodiché Jessie chiamò la stazione di Van Nuys e chiese dell’agente Burnside, quello che stava di guardia fuori dal condominio. Fra tutti i poliziotti che aveva incontrato ieri notte, lui era quello che le sembrava più a suo agio con l’intera situazione. Sperava di potergli cavare fuori qualche dettaglio. Gli dissero che aveva appena terminato il turno, dalle 19 della sera precedente alle 7.

Con un po’ di persuasione, riuscì a convincere il sergente di scrivania a darle il numero di cellulare del giovane. La sua speranza che fosse sveglio e stesse andando a casa fu ricompensata quando l’uomo rispose alla chiamata al secondo squillo.

“Pronto?” disse esitante.

“Agente Burnside? Sono Jessie Hunt. Ci siamo incontrati ieri notte sulla scena del delitto della Penn.”

“So chi è lei,” disse lui con voce cauta.

Percependo la sua intensa insicurezza, Jessie era dibattuta se tentare di metterlo a suo agio o accettare il suo disagio nell’affrontare la situazione. Decise che essere diretta era la mossa più intelligente.

“Senta, Agente, so che lei non impazzisce dal desiderio di fare questa telefonata. E io non voglio metterla in nessuna situazione difficile, quindi sarò breve.”

Fece una pausa, ma non ottenendo risposta, continuò.

“Mi stavo chiedendo se lei avesse ricevuto nessun aggiornamento sullo stato del telefono o del portatile di Michaela. Il telefono squilla? Che lei sappia, ci sono stati tentativi di dare in pegno il computer?”

Dopo un certo silenzio, Burnside finalmente rispose.

“Penso che lei farebbe meglio a seguire i canali ufficiali, signorina Hunt.”

Sembrava imbarazzato a dirlo e Jessie decise di usarlo a proprio vantaggio.

“Penso che entrambi sappiamo come andrebbe, agente. Correrei in cerchio per ore. Senta, non le sto dicendo di dirmi perché la scena del crimine sia stata gestita in maniera così poco professionale. Non le sto chiedendo di spiegarmi perché quasi ogni poliziotto sul posto si stesse comportando come se fosse colpevole di qualcosa. Le sto solo chiedendo se si hanno notizie di telefono o computer portatile.”

Aspettò e poté quasi sentire il cervello di Burnside che lavorava durante quella pausa di silenzio.

“Io non le ho detto niente, ok?” insistette.

“Certo che no.”

“Ancora nessuna notizia sul portatile. Stiamo ancora aspettando. Anche il telefono non è ancora stato trovato. Ma siamo risaliti all’ultima posizione nota, a pochi isolati di distanza. Abbiamo trovato la SIM in un vicolo, o almeno quello che ne era rimasto. Era stata spaccata e, da quello che sembra, bruciata.”

“Mi sembra insolitamente accurato per un ladro, non pensa?” notò Jessie. “Quasi come se il colpevole avesse più interesse a tenere nascosti i dati del telefono di Michaela che impossessarsi del dispositivo in sé.”

“Non so cosa dirle, signorina Hunt,” rispose Burnside.

“No, certo che no. Sempre appurato che questa conversazione non si sta ufficialmente svolgendo, c’è qualcos’altro che lei voglia dirmi riguardo a ciò che è accaduto ieri notte?”

Altro silenzio, mentre Burnside soppesava la sua risposta.

“Non ho nient’altro da condividere con lei riguardo a ieri notte,” disse infine. “Ma le dirò questo. Andando avanti, probabilmente vorrà lasciar perdere questa storia, signorina Hunt. Sono certo che non vorrà farlo, e so dalla sua reputazione che lasciar perdere non è proprio una sua abitudine. Ma potrebbe forse venirle voglia di ripensarci.”

“Perché?”

“Devo andare, signorina Hunt. Ma le auguro il meglio. Abbia cura di sé.”

Prima che potesse rispondergli, l’agente riagganciò. Jessie stava pensando se richiamarlo, quando vide Garland Moses entrare in ufficio e dirigersi verso le scale che conducevano al suo piccolo sgabuzzino al secondo piano. Al solito, il leggendario profiler appariva come un professore trasandato e distratto, con i capelli grigi spettinati, gli occhiali in precario equilibrio sul naso e la giacca sportiva che lo faceva sembrare più piccolo. Jessie si alzò in piedi e lo inseguì.

“Ehi, Garland,” disse, raggiungendolo alla base delle scale e salendo insieme a lui. “Non potrai mai immaginare chi ho incontrato ieri.”

“Non dovresti sfidarmi così, signorina Hunt,” le rispose facendole l’occhiolino. “Vivo risolvendo indovinelli, sai.”

“Ok, allora rispondi pure,” lo canzonò lei.

“La mia risposta è: la dottoressa Janice Lemmon,” le disse con tono indifferente.

“Come fai a saperlo?”

“Facile. Sai che la conosco e sembravi deliziata dall’informazione quando l’hai scoperto. E poi il tuo attuale tono spettegolante da adolescente suggerisce che chiunque fosse, era una persona che tu credi in qualche modo collegata a me in modo personale. Questo limita di molto le opzioni. Quindi, la dottoressa Lemmon.”

“Impressionante,” ammise Jessie.

“E comunque mi ha chiamato e mi ha avvisato che stai andando a caccia di informazioni,” le disse con voce sarcastica.

“Capisco,” disse Jessie, frastornata. “Voi due chiacchierate spesso al telefono?”

“Mi sembra di essere stato catapultato in un romanzo di Jane Austen, dove tu sei la protagonista che tesse complotti. Ti prego, dimmi che non mi hai avvicinato adesso solo per affinare le tue abilità nel combinare incontri, signorina Hunt.”

“Non è il solo motivo, Garland. Ho un piacere da chiederti.”

“Che cosa?” le chiese, mentre raggiungevano la sommità delle scale.

“Speravo di poterti presentare la mia sorellastra Hannah.”

“Ah sì, la ragazza che hai salvato dal serial killer.”

“La ragazza che tu mi hai aiutato a salvare,” lo corresse Jessie. “Se non fosse stato per il tuo suggerimento, non l’avrei mai trovata.”

“Come sta?” le chiese, scansando il complimento.

“Speravo potessi dirmelo tu. Ho pensato che potremmo organizzare una specie di incontro casuale, in modo che tu possa giudicare da te.”

Garland la guardò con disapprovazione, mentre si avvicinavano alla porta del suo ufficio.

“Quindi vuoi presentarmi sotto false pretese in modo che possa delineare un suo profilo, perché sei preoccupata che possa avere un po’ della natura del serial killer?”

“Non la metterei proprio così,” protesto Jessie. “Ma… sì.”

“Non mi sento perfettamente a mio agio con questa cosa,” le disse aprendo la porta. “Non penso che sia corretto nei confronti della ragazza e temo che questo potrebbe erodere ulteriormente la fiducia che a entrambe decisamente già manca.”

“Come puoi sapere che…”

“Però devo ammettere che sarei curioso di incontrare questa ragazza. Sembra davvero una dura. Sono disposto a farlo. Passare quello che ha passato ed essere ancora moderatamente in forma? Piuttosto incredibile. Non posso garantire niente più di una chiacchierata. Se accetti queste condizioni, sono d’accordo.”

“Prendo quello che posso,” disse Jessie.

“Molto bene allora. Possiamo parlare più tardi per organizzare qualcosa,” le disse, poi le sbatté la porta in faccia.

In circostanze normali Jessie si sarebbe offesa. Ma decise di accontentarsi di quello che aveva ottenuto. Garland aveva accettato di incontrare Hannah. E quando l’avesse fatto, Jessie era sicura che sarebbe stato in grado di aiutarla. Anche inconsciamente, aveva finito con il delineare un profilo di lei stessa. Ce l’aveva nel sangue, proprio come lei.

Era il loro lavoro.

La Tresca Perfetta

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