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Capitolo Quattro

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Adora passò venti minuti con il preside Baumgartner. Quando era entrata nel suo ufficio, era pronta a dare le dimissioni.

"Signorina Valencia," il signor Baumgartner si appoggiò alla sua sedia girevole e fece roteare una penna a sfera tra le dita, "se si dimette solo perché ha lasciato che un gruppo di ragazzini chiassosi la facesse scappare, avrà difficoltà a trovare un altro posto di lavoro come insegnante".

"Questo lo so."

"Ha studiato per insegnare. Ha davvero intenzione di buttare tutto al vento per lavorare in un deposito di legname?".

"È stato duro con me quanto con gli studenti".

"Sono pagato per esserlo. Mi creda, non è facile".

"Allora perché lo fa?" Lei prese un fazzoletto dalla scatola che lui aveva spinto sulla scrivania.

"Perché volevo vedere di che pasta è fatta".

"Beh, lo sta vedendo".

"No. Non è così". Aprì un cassetto e tirò fuori un modulo. "È meglio di così, e io riuscirò a dimostrarlo".

"Ah, sì?"

Le passò il modulo. "È una richiesta per un periodo sabbatico di due settimane".

"A cosa servirà?" Lei prese il modulo, scorrendo le domande.

"Le darà il tempo di ripensarci senza essere penalizzata sul suo curriculum di insegnante".

"E i miei studenti?"

"Non si preoccupi. Qualcuno si prenderà cura di loro".

* * * * *

La mattina seguente, un giovane alto entrò in classe. Guardò i venticinque studenti con gli occhi puntati addosso.

Monica Dakowski lasciò cadere il suo quaderno sul pavimento. "Mi scusi." Tenne gli occhi sull'uomo chinandosi per cercare il suo quaderno.

Lui si tolse la giacca, la gettò sulla sedia, si lisciò i capelli ricci, poi arrotolò le maniche corte della sua maglietta blu aderente. I suoi bicipiti erano grandi come le cosce di una cheerleader.

Faccini attirò l'attenzione di Betty Contradiaz e fece il gesto di ficcarsi un dito in gola.

Lei lo guardò, poi si concentrò sull'uomo muscoloso.

L'uomo non se ne accorse; era troppo impegnato ad ammirare il suo bicipite destro. Si chinò come per baciare il muscolo rigonfio.

Albert Labatuti si schiarì la gola.

L'uomo lo guardò e lo salutò con una movenza del mento.

Monica alzò la mano.

"Sì?" Lui rivolse la sua attenzione al bicipite sinistro.

"Lei è..." Monica si schiarì la gola. "Lei è il nostro nuovo insegnante? Spero..."

"Il vostro cosa?"

"Nuovo insegnante?"

"Non lo so. Forse."

"Chi è lei?" Chiese Billy Waboose.

"Wagner." Pronunciò la ‘w’ come una ‘v’. "E lei è?"

"Billy Waboose".

"Vaboose? Che razza di nome è?"

“Cinese, credo.”

“Mmm… sembra polacco.” Wagner si mise le mani in vita e si girò da un lato all'altro. "Avete già fatto il vostro riscaldamento?".

"Il nostro cosa?" Chiese Albert Labatuti.

"Gli esercizi di riscaldamento". Wagner divaricò i piedi, poi si piegò in avanti, mantenendo le ginocchia rigide. Appoggiò i palmi delle mani sul pavimento.

Betty si alzò un pochino, tirando il collo per vedere meglio.

Faccini allungò il piede per spingere la scrivania di Betty.

Lei quasi cadde a terra.

"Ok", disse Monica, "mi sono scaldata". Si fece aria con le mani, poi tese il pugno a Betty.

Wagner alzò lo sguardo. "Che lezione è questa?"

"Scienze sociali", disse Labatuti.

"Cosa significa?"

"Ehm... sociale, come società", disse Monica. "E scienza, come... ehm... scienza".

"Ah", disse Wagner. "Questo chiarisce tutto. Cosa fate qui?"

"Parliamo di attualità".

"Mi state prendendo in giro".

"No, è quello che facciamo. Cerchiamo roba su Google e poi ne discutiamo".

"È la stronzata più noiosa che abbia mai sentito".

"Lo so, vero?" Disse Betty.

"Va bene, gente". Wagner andò alla porta e la tenne aperta. "Lasciate perdere tutta quella spazzatura. Andiamo a divertirci un po'".

"Dove stiamo andando?" Chiese Waboose.

"Al campo di calcio".

"Perché?"

"Faremo qualcosa di concreto".

Gli studenti si alzarono e raccolsero le loro cose.

"Lasciate telefoni, borse e borsette. Non avrete bisogno di nulla per la prossima ora". Diede una pacca sulla spalla a Faccini, spingendolo fuori dalla porta. "Tutto quello che vi serve sono i sospensori e il Gatorade".

"Cosa andiamo a fare sul campo di calcio?" Chiese Monica. "E poi ho lasciato il mio sospensorio nell’armadietto".

"Il vecchio Bum dice che devo rimettervi in forma a suon di frustate".

"Non credo che il signor Baumgartner intendesse questo quando..."

"Muoviti, ragazzina; che si consuma il sole".

Nella sala, li mise in fila, spalla a spalla. Quando fu soddisfatto della formazione, urlò "Fianco destro!".

Uno dei ragazzi si girò a sinistra, urtando Waboose.

"Dall’altra parte, idiota", disse Wagner.

Le ragazze ridacchiarono.

"Silenzio", disse superandole di corsa per tenere aperta la porta esterna. "Di corsa ora, e prendete il prossimo marciapiede a destra. Muovetevi, dai".

Sul campo da calcio, li allineò in due file. "Inizieremo con quaranta saltelli alternati a gambe e braccia divaricate".

"Chi è che deve divaricare le gambe?"

"Così." Cominciò a fare l'esercizio.

Monica era l'unica a riuscire a farlo. Le altre si dimenavano in una varietà di contorsioni tipo marionetta.

"Bel lavoro", disse Wagner. "Qual è il suo nome?"

"M-M-Monica."

"Bel lavoro, M-M-Monica".

Dopo dieci minuti di saltelli, erano da fare cinque giri della pista ovale. Solo Waboose e Contradiaz li conclusero.

Il signor Wagner si mise a fare flessioni aspettando i ritardatari. Gli altri studenti si distesero sull'erba, cercando di riprendere fiato.

Infine, Roc inciampò fuori dalla pista e cadde sull'erba.

Wagner saltò in piedi. "Ok, gente". Batté le mani. "Chi è pronto per palla prigioniera?".

"Porca miseria!" Faccini si rotolò sull'erba. "Lasciatemi morire in pace".

La metà dei ragazzi riuscì ad alzarsi, poi tese la mano agli altri.

Wagner si inginocchiò accanto a Faccini. "Se non ce la fa, vada a prendere il suo telefono e cerchi su Google 'femminuccia'".

"Arrivo, arrivo". Faccini si mise in ginocchio.

Gli altri lo applaudirono.

Betty Contradiaz gli tese la mano.

"Grazie."

Wagner si allontanò di corsa verso il campo di dodgeball. "Mettetevi dietro di me, gente".

* * * * *

La mattina dopo, alle 8:05, erano di nuovo sul campo di calcio, a saltare, correre e sudare.

"Tutto questo... esercizio aumenterà... i nostri voti finali?" Chiese Princeton McFadden.

"No", disse Wagner, "verrete comunque bocciati. Tutto quello che devo fare è tenervi occupati per il resto del semestre".

* * * * *

Monica Dakowski era distesa su una sdraio blu a bordo piscina, sorseggiando una Diet Coke mentre una mezza dozzina di adolescenti giocava a Marco Polo in acqua.

Tre ragazzi del secondo anno fumavano e bevevano birra ad un tavolo rotondo lì vicino. Ridevano e schiamazzavano ad ogni commento adolescenziale fatto da uno di loro, contendendo disperatamente l'attenzione di Monica con battute rozze e lascive.

Lei li ignorava per la maggior parte del tempo, ma poi li fissava quando diventavano troppo fastidiosi.

"Ei, Monica". Albert Labatuti si sedette su una sedia di plastica accanto a lei.

Lei lo guardò di traverso, poi tornò con gli occhi sulla piscina.

"Bella festa, eh?"

"Sì, davvero fantastica".

"Bel bikini".

Lei lo fulminò con lo sguardo. "Ti serve qualcosa, Labatuti?"

"Mi chiedevo solo se tu... ehm... potresti... vuoi venire a vedere un film con... ehm... me, domani sera?"

I suoi tre ammiratori tacquero.

"Come puoi pensare a film e feste quando siamo di fronte alla prospettiva di ripetere l’ultimo anno?"

"Non lo so. È come la canzone 'Guys Just Wanta Have Fun'".

"È 'Girls Just Wanta Have Fun', idiota. Ma non sarà divertente per nessuno dei due avere diciotto anni e andare ancora al liceo. Ti rendi conto che saremo in classe con quei tre cretini?" Sorrise ai ragazzi, poi si accigliò verso Albert.

I tre si guardarono a vicenda. Uno di loro sorrise.

"Lo so, ma cosa possiamo farci?".

"La signorina Valencia aveva ragione sul fatto che non proviamo a realizzare nulla", disse Monica.

"Suppongo di sì."

"Ora ha smesso di insegnare, e noi siamo degli idioti".

"Ok, beh, ci vediamo". Albert si alzò.

"Che spreco di acqua".

Lui si sedette di nuovo. "Come?"

"Questa piscina piena d'acqua e degli stupidi che entrano, escono e saltano, comportandosi come bambini".

"Sì. Devo andare".

"Quanta acqua pensi ci sia in quella piscina?"

"Non lo so. Quattromila litri, forse".

"La gente in Africa deve camminare per otto chilometri solo per avere un secchio d’acqua sporca", disse Monica.

"Come fai a saperlo?"

"Facebook. Quei rifugiati della Siria devono elemosinare una bottiglia d'acqua".

"Possono avere la mia". Albert scosse la sua Evian quasi vuota.

"E noi siamo qui seduti a guardare la gente che sguazza in quattromila litri d'acqua. Non gliene può fregare di meno di chi non può nemmeno farsi una fottuta doccia".

Uno dei suoi ammiratori ridacchiò. Gli altri due lo imitarono.

"Sei di pessimo umore. Penso che andrò a cercare Betty Contradiaz".

"Sì, vai."

Albert trovò Betty in salotto, seduta sul divano a guardare due ragazzi giocare a Fortnite.

"Ei, Betty", disse sedendosi accanto a lei.

"Ei, Albert. Come va?"

"Vuoi venire al cinema con me domani sera?".

"Come puoi pensare ad uscire quando probabilmente non ci diplomeremo a maggio?"

"Oh, Dio. Anche tu no. Ho appena ascoltato Monica continuare a parlare di ripetere l'ultimo anno, e di come la gente in Africa debba camminare per otto chilometri per avere dell'acqua, e dei rifugiati che non si fanno la doccia, e di come abbiamo deluso la signorina Valencia".

"L'abbiamo delusa, e ora non ci diplomeremo".

"Ma non possiamo farci niente", disse Albert. "Quindi dovremmo solo divertirci un po'".

"Ci ha dato un modo per migliorare i nostri voti e noi l'abbiamo sprecato".

"Lo so, e mi odio per questo. Se usciamo domani sera, possiamo almeno dimenticarcene per un po'".

"Siamo qui, ad una festa fantastica, e non riesco a capacitarmi di come abbiamo rovinato tutto".

"Devo andare. Hai visto Roc?"

"Devono camminare per otto chilometri per dell'acqua?".

"Sì, e i rifugiati devono implorare per una bottiglia d'acqua. Vado in cucina ad elemosinare un pò d'acqua. Vuoi qualcosa?"

"Perché i rifugiati non hanno un pozzo o qualcosa del genere?".

"Sono in mezzo al deserto. Non c'è acqua lì". Albert si alzò. "Ei, ecco Faccini".

Roc si stava dirigendo verso la porta d'ingresso.

"Che succede, Faccini?" Chiese Albert.

"Niente", disse Roc. "Me ne sto andando".

"Te ne vai? Non sono neanche le dieci e questa è la tua festa".

"È noiosa".

"Noiosa? Ci sono ragazze, videogiochi, bikini...".

"Non mi interessa", disse Roc. "Domani cercherò un lavoro".

"Stai scherzando? Che tipo di lavoro vuoi trovare senza un diploma?".

"Che senso ha passare i prossimi quattro mesi a scuola se tanto non ci diplomeremo?".

"Oh, mio Dio, anche tu? Sono tutti sconvolti per il fatto che non ci diplomeremo".

"Vorrei che la signorina Valencia tornasse. Vorrei tanto lavorare ad un progetto per lei".

"Sì, beh, se n'è andata, per colpa nostra".

Qualcuno alzò la musica. Un ragazzo urlò "SI BALLA!" e iniziò a spingere i mobili fuori dal soggiorno.

Betty raggiunse la porta d'ingresso. "Ve ne andate?"

"Vorrei andare a cercare la signorina Valencia", disse Roc, "e pregarla di tornare".

"Dovresti darle una buona ragione per tornare ad un lavoro che odia".

"Se riuscissimo a convincerla ad insegnare di nuovo", disse Albert, "avremmo il tempo di finire i nostri progetti e migliorare i nostri voti?"

"Il tempo ce l’abbiamo", disse Betty, "ma il progetto?".

"Non so, far arrivare l'acqua a quella povera gente nel deserto".

"Quale gente?" Chiese Roc.

"Africani, rifugiati siriani, e probabilmente molti altri".

"Ei", disse Betty, "potrebbe essere il nostro progetto!".

"Cosa?" Chiese Roc.

"Portare l'acqua a quelle persone nel deserto", disse Betty. "E aiutare l'ambiente. Dov'è Monica?"

* * * * *

Alle 5 del pomeriggio di lunedì, sul retro del Whacker's Lumber Yard, Adora tirò fuori le barre di due per quattro da una pila e le impilò sulle forche di un carrello elevatore. Si tolse un guanto e sollevò gli occhiali di sicurezza per asciugarsi il sudore. Riposizionati gli occhiali diede un’occhiata al suo ordine.

Altri settantadue di questi figli di puttana.

Lavorò costantemente per venti minuti, ricontrollò il numero delle tavole, poi salì sul sedile del muletto.

Proprio mentre accendeva la macchina, qualcuno gridò il suo nome. Si guardò alle spalle e vide quattro adolescenti affrettarsi verso di lei. Non spense il motore né si preoccupò di scendere; sapeva già chi fossero.

"Signorina Valencia, l'abbiamo trovata!"

"Non sapevo di essermi persa".

"Noi l’avevamo persa".

Quasi sorrise. "Allora, i Tre Marmittoni, e uno dei Gianni e Pinotto". Li guardò uno ad uno. "Cosa fate qui? Comprate tegole?"

"Vogliamo che torni", supplicò Monica.

"Sono in periodo sabbatico". Mise in moto il muletto.

"Non può rientrare dal periodo sabbatico?" Chiese Roc.

"Perché?"

"Il signor Wagner", disse Roc. "Ecco perché".

"Chi è Wagner?"

"Un supplente che non sa nemmeno scrivere scienze sociali", disse Betty.

"Da dove salta fuori?" Chiese Adora.

"Baumgartner l'ha mandato per sostituirla".

"Beh, sapete una cosa?" Spinse una leva per sollevare da terra il suo carico di due per quattro. "Non me ne frega niente".

"Sì, invece", disse Monica. "Ha cercato di renderci coscienziosi e di coinvolgerci nei grandi problemi dell'umanità".

"Sì, ci ho provato. Ma ho fallito". Guardò i ragazzi. "E ora devo tornare al lavoro. Non ho intenzione di fallire anche in questo".

"Ma abbiamo bisogno di lei, e..."

"Cosa?"

"Siamo stanchi", disse Albert. "Esausti, in realtà".

"Perché?"

"Wagner ci fa fare esercizi, correre e giocare a palla prigioniera".

"Non cerchiamo più problemi monumentali su Google", disse Betty. "Non discutiamo soluzioni per il riscaldamento globale, cosa fare con tutti i rifugiati e cose del genere".

"Ci limitiamo a correre e a saltellare", disse Waboose.

"Non saprei cosa..."

"Abbiamo scoperto qualcosa", disse Monica.

"Cosa intendi per ‘qualcosa’?"

"Non risolverà tutti i problemi del mondo", disse Roc, "ma una grossa fetta".

Adora spense il motore. "Di cosa si tratta?"

"Avremo bisogno del suo aiuto per questo", disse Monica, "ma deve lasciarci lavorare tutti insieme. Il progetto è troppo grande per sole due persone".

"Tornerà?" Chiese Betty. "E ci aiuterà?"

"Quanto è grande questa cosa?".

"Duecentosessantamila chilometri quadrati", disse Monica.

"Wow, è grande come..."

"La Germania, più Panama".

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