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Carla Garibaldi

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Secondo una fonte vicina alla Questura, dopo l’ultimo delitto del Mostro dell’Orecchio di cui, come avevamo scritto in precedenza, è stato vittima un senzatetto di nome Alessandro Cipolla, pare che il dirigente della Sezione Omicidi della Squadra Mobile dottor Giandomenico Pumpo abbia rivolto le indagini nella direzione dei gruppuscoli satanici e para satanici giovanili, essendo non inusuale che queste cricche infieriscano su vittime sole e indifese e in particolare su vagabondi, facilmente aggredibili di notte mentre dormono per strada.

Il fenomeno del satanismo è piuttosto diffuso in Italia e soprattutto nella nostra città, anche se finora non pareva salito oltre i limiti di guardia: Torino è, con Praga, Lione, Londra e San Francisco uno dei principali centri mondiali del culto di Satana.

Com’è stato reso noto da tempo dal CASOC, Centro Anti Sette Occulte Cattolico, sono tre le grandi tipologie del settarismo diabolico, il satanismo acido giovanile, di cui un gruppo non identificato è sospettato del delitto Cipolla, il satanismo storico-tradizionale, che raccoglie adulti, e le psicosette. Il CASOC è guidato ormai da tre decenni dal canonico Vincenzo Scofiani Biancon, ch’esercita pure la mansione d’esorcista presso la Curia, ma era stato fondato, nel 1965, e diretto per circa un lustro da don Giulio Colamonti che, alla fine del 1970, era stato allontanato dall’incarico, divenendo poi parroco di San Taddeo, parrocchia che guida tuttora. Il sacerdote era stato rimosso dopo un’aggressione subita nel febbraio di quello stesso anno da tre giovani satanisti tossicodipendenti – nelle sette giovanili acide vien fatto normalmente uso di allucinogeni – per il quale era stato ricoverato gravemente ferito e in stato di shock, rimanendo poi per molti mesi psicologicamente prostrato e assoggettato a terapie neurologiche.

Il culto diabolico giovanile, a differenza di quello adulto e tradizionale, è uso farsi propaganda. La sua promozione è corrente in primo luogo nei testi delle canzoni di famosi complessi rock, canzoni in libero commercio dove alcune parole, se ascoltate al contrario, inneggiano al Diavolo con un effetto subliminale sugli ascoltatori. Peggio, segretamente circola musica che celebra espressamente cose atroci, come lo stupro o addirittura lo sbudellamento di bambini e l’uccisione di ebrei, nomadi, immigrati e vagabondi col gas o col fuoco: il cosiddetto nazisatanismo. Nel web, ormai da qualche tempo, sono presenti alcuni2 siti che sguazzano nel macabro e nel pruriginoso sulfureo, e sono in aumento. Coloro che simile propaganda suggestiona mettono in pratica, in modo naïf e dunque più colmo di pericoli per il pubblico, gl’insegnamenti ricevuti. Su quei siti internet, recensioni a opere horror letterarie e cinematografiche e a musica satanica si mischiano con l’esaltazione della pratica di nefandezze varie, prospettando come normali vari reati contro la persona e il patrimonio. Ne sono suggestionati in primo luogo i giovani ma non mancano gli adulti. Tutti sono attratti dall'idea d’esercitare una libertà assoluta trasgredendo la morale ordinaria: in realtà si propaganda e si mette in pratica la mera licenza, mentre la libertà presuppone sempre, come contraltare, l’esercizio del dovere verso gli altri, condizione indispensabile per una convivenza sociale duratura, secondo l’insegnamento etico classico che, in Occidente, ha matrice biblica. Il passo dall’apprendimento teorico alla messa in pratica non è molto lungo, con la conseguenza di non pochi satanisti, singoli o, più sovente, riuniti in piccoli gruppi; ed è proprio questa gente, a detta di Polizia e Arma dei Carabinieri nonché del CASOC, la più pericolosa per l’incolumità fisica dei cittadini. Il satanismo fai da te è composto da molte più persone di quello ufficiale, nel nostro Paese almeno da qualche migliaio d’elementi. Aveva comunicato tempo fa alla stampa la SAS, Squadra Anti Sette della Questura, che la prassi dei satanisti giovani segue normalmente un preciso iter. Essi all’inizio s’abbandonano soltanto, si fa per dire, a profanazioni di tombe e ad altri macabri riti in zone isolate, dove s’avvalgono di resti umani e di simulacri sessuali in lattice e spargono sangue di pollame o, talvolta, umano prelevato sul momento via endovena, oppure derivante da sacche ematiche rubate a banche del sangue. Un luogo abituale di simili nefandezze era stato, fin a un paio d’anni dopo l’aggressione a don Colamonti, avvenuta proprio in quella zona, il piccolo cimitero sconsacrato del Santissimo Crocifisso, al numero 28 di via San Pietro in Vincoli, quartiere Aurora Rossini. Poi il Comune, anche per contrastare simili cose, lo aveva adibito ad arena d’eventi culturali, durante le notti d’estate, e i cultori del Diavolo avevano scelto altri luoghi, nei boschi del torinese. I satanisti acidi passano in breve tempo a pratiche più criminali, come le violenze carnali, attuate anche su minori, fino alla possibilità non remota d’omicidi rituali. I riti satanici possono raggiungere livelli orripilanti.

Per quanto riguarda, invece, il satanismo classico di adulti, esso è assai meno visibile di quello giovanile acido ed è molto ben organizzato, sia sul piano ideologico sia, in particolare, su quello teologico, anzi antiteologico visto che è oggetto di disprezzo il Dio giudeocristiano e viene adorato come dio il Diavolo, considerato un martire della libertà, confusa con l’arbitrio. Questo satanismo pianificato e tradizionale è d’origine antichissima, addirittura precristiana. Esso fu braccato, soprattutto dal Rinascimento in poi, tanto dall’Inquisizione quanto dai tribunali protestanti, purtroppo sfociando tale caccia anche in persecuzioni di molti innocenti che nulla avevano a che fare col culto del Diavolo. Il demonismo classico, anche se non si presenta clamorosamente e non giunge più a uccisioni rituali di neonati e vergini come in passato, è tuttavia il responsabile ideologico, coi suoi pessimi maestri, dei moderni delitti dei satanisti acidi e, in generale, è la forma demonista più nemica del bene sociale, perché combatte diffusamente, con forza psicologica e ampi mezzi economici, qualsiasi morale e ogni valore civile tradizionali: i suoi membri sono socialmente in alto, in ambienti non sospetti, e costituiscono vere e proprie lobby di potere economico, politico e artistico-culturale; tra di loro si trovano molti degli intellettuali fortemente critici, quando non addirittura caustici, verso il Cristianesimo e, soprattutto, contro la Chiesa cattolica, che si fingono atei ma in realtà, nella loro demoniaca maniera capovolta, credono fermamente nel soprannaturale. Tale demonismo adulto è d’élite pure quanto al numero dei membri, in Italia si compone infatti, secondo il CASOC, di appena dieci gruppi con poche decine d’aderenti ciascuno: alcune centinaia di persone in tutto. È sicuro che esiste nella nostra città una di tali conventicole, fra le più antiche, sempre a detta del CASOC.

Per quanto riguarda infine la terza tipologia dei gruppi satanici, quella delle psicosette, tanto per la Questura che per il CASOC esse comprendono il maggior numero d’aderenti, qualche centinaio di migliaia nel nostro Paese, e rappresentano un satanismo di fatto che s’esercita nella soggezione psicologica ed economica dei membri ai propri capi, fino alla schiavitù, cominciando dalla sistematica donazione obbligatoria del patrimonio personale al gruppo, cioè in sostanza ai suoi dirigenti. Le psicosette però non presentano forme esterne d’adorazione demoniaca, per cui, al pari dei satanisti adulti, nemmeno queste persone possono essere verosimilmente sospettate dei delitti del Mostro dell’Orecchio: sempre, ovviamente, che si tratti davvero d’omicidi rituali come sospetta il vice questore.

Peraltro, se da una parte confidiamo che la nuova pista indicata dal dottor Pumpo conduca a un rapido epilogo della scellerata vicenda, non va trascurato il fatto che le precedenti vittime erano state assalite in casa propria.

carlgari@gazzetta.it

Capitolo 5

La salma della quinta vittima, nuovamente di sesso femminile, era stata trovata dalla Polizia alcuni giorni dopo il decesso, grazie alla denuncia di un’amica e collega, insospettita dal fatto che la donna non si fosse presentata al lavoro e non avesse risposto alle sue chiamate telefoniche. Le forze dell'ordine, ottenuta l’autorizzazione del giudice ad accedere in casa, avevano potuto entrare sfondando la porta, chiusa col solo mezzo giro come nei primi tre omicidi. La vittima si chiamava Mosca Scrofagnocca, cinquantottenne commessa in un maxi negozio di cucine e articoli per bagno. Nubile senza parenti, abitava da sola, inquilina d’un vecchio bilocale di via Stampatori. Il delitto, secondo il medico legale, doveva essere avvenuto il giorno successivo a quello dell’omicidio Cipolla. Anche questo cadavere mostrava i segni d’un forte colpo in testa preventivo alla perforazione del cerebro con un punteruolo.

Vittorio aveva saputo da Evaristo, il dì successivo a quello del ritrovamento della salma, che pure la Scrofagnocca era stata sotto l’occhio dell’antiterrorismo negli anni ’70 e ’80: ce n’erano annotazioni presso la DIGOS della Questura, dalle quali risultava che le idee rivoluzionarie della Scrofagnocca erano di famiglia, essendo stati i suoi genitori sfegatati stalinisti nel Partito Comunista di Togliatti anni ’40 e ’50, noti alla Questura come agitatori abituali e occasionali bastonatori di attacchini della Democrazia Cristiana durante le prime campagne elettorali. Il nome completo che i due avevano sciaguratamente appioppato alla figlia era Mosca Stalina, pur s’ella usava da un pezzo, dopo ch’era svenuta negli anni ‘80 la buriana rivoltosa iniziata nel ’68, solo più il nome Mosca, che non richiamava immediatamente l’ormai defunta Unione Sovietica. Era inoltre emerso dall’archivio un particolare intrigante che poteva rivelarsi utile alle indagini sul Mostro: in passato la donna aveva lavorato come magazziniera nella stessa fabbrichetta di porte per docce dove anche la seconda vittima aveva prestato servizio e, suppergiù, negli stessi anni. Ciò poteva indurre a considerare con più attenzione la pista politica, pur senza trascurare quelle del gruppetto demoniaco e del serial killer psicopatico.

Nel caso che l’assassino fosse stato un serial killer, presentava interesse, secondo criminologi e psicologi sociali consiglieri della Questura, il fatto ch’egli non avesse mai contattato né i media né la Polizia, a differenza di quegli assassini seriali che amavano mettersi in mostra con messaggi, sfidando la società, come l’archetipo di tutti i serial killer, il famigerato autore londinese di almeno cinque delitti, attuati dal 31 agosto all’8 novembre 1888, che aveva spedito alla stampa tre lettere, presunte autentiche, nella prima delle quali s’era firmato Jack lo squartatore, come sarebbe stato poi chiamato dai giornali e come sarebbe rimasto negli annali della criminologia, e che in tutte e tre le missive aveva fornito presunti indizi deridendo Scotland Yard. Nel caso del Mostro dell’Orecchio, l’assenza di messaggi, postali, telefonici o per posta elettronica, aveva portato i periti psichiatrici ad abbozzare, sia pure con riserva, alcuni lineamenti del suo carattere: egli, o ella se si trattava d’una donna, verosimilmente soffriva nel profondo d’un complesso d’inferiorità; inoltre, doveva provare un piacere, insieme sadico e autolesionista, rispettivamente nell’incombere occultamente su Torino impaurendola con crudeltà e, nello stesso tempo, negandosi l’intima soddisfazione di svelarsi, almeno un poco, al mondo.

Per il vice questore Pumpo, diversamente, il silenzio del Mostro avvalorava l’idea del gruppuscolo demoniaco assassino per ragioni rituali e che aveva pieno interesse, come tutte le comunità sataniche, a restarsene in ombra.

Per il commissario Sordi, l’ipotesi d’un uccisore collettivo era contemplabile, perché il fatto d’essere più d’uno avrebbe favorito l’esecuzione degli omicidi, ma non doveva trattarsi obbligatoriamente di molte persone e non necessariamente d’un ambiente demoniaco; secondo lui avrebbe potuto trattarsi, diversamente, d’uno dei casi profani che i criminologi chiamavano di magister-alumnus, vale a dire d’una coppia di serial killer composta da una persona ideatrice degli omicidi e delle loro modalità di messa in opera e da un allievo apprendista ed esecutore o coesecutore.

Vittorio al momento considerava importanti tutte le congetture e, non privilegiandone nessuna, se ne restava in attesa di più rilevanti dati.

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