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Capitolo Uno

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Rhetta prese la saliera e ne pulì la parte superiore. Le dava fastidio che alcuni dei cristalli che erano stati esposti alla contaminazione e ai germi vari dell'aria finissero nuovamente nel contenitore. Tuttavia, sapeva che non avrebbe aggiunto sale al suo pasto. Mise da parte il condimento per assicurarsi che anche il suo compagno non lo facesse. Prese la pepiera. Anch'essa aveva dei residui incrostati sui fori in cima. Li spinse via come aveva fatto con il sale. A catturare la sua attenzione furono, poi, i tovaglioli. La piega del suo era sbagliata. Era piegato per la larghezza, invece che per la lunghezza. Tutti sapevano che i tovaglioli dovevano essere piegati dal lato lungo per permettere a qualsiasi residuo di avere più spazio fino alla cucitura. Onestamente, il personale di quella struttura non aveva alcuna formazione a riguardo?

Rhetta si guardò intorno, chiedendosi chi fosse di turno quella sera. Anche se quello era uno dei suoi ristoranti preferiti, il servizio non era un granché. Sapeva che se Sarah fosse stata di turno a lavoro, tutto sarebbe stato in ordine. Il disastro dei condimenti e dei tovaglioli le disse che doveva essere la serata libera della donna. Probabilmente era Lance che lavorava, quella sera.

Dal suo posto all'angolo del ristorante, vide la testa riccioluta di Lance piegata su un tavolo ad ascoltare un altro gruppo di ospiti. Il suo sorriso affascinante sviava l’attenzione dai suoi gesti lenti. Lo osservò grattarsi la testa e poi proseguì a riempire i bicchieri d'acqua dei commensali, con il rischio che qualcuno dei suoi capelli cadesse nel bicchiere di uno degli ospiti.

A Rhetta si strinse lo stomaco e distolse lo sguardo da quella scena. Prese in mano il suo tovagliolo e stirò le pieghe in modo coretto. Poi raccolse quello del suo compagno e iniziò lo stesso procedimento.

"Rhetta?" disse Jordan.

Rhetta guardò negli occhi scuri di Jordan. La luce del lampadario si rifletteva sui suoi occhiali. Era più agitato del normale, quella sera.

Notò anche che i suoi capelli erano diventati lunghi. Doveva assicurarsi di fissargli un appuntamento dal barbiere. Si sarebbe assicurata di controllare se Mel fosse di turno quel sabato. Tagliava i capelli di Jordan esattamente come piaceva a lei.

"Rhetta," iniziò di nuovo Jordan. "C'è qualcosa di cui voglio parlarti."

"Sì, Jordan?" Rhetta si allungò e prese la forchetta del suo compagno. I rebbi erano di un grigio opaco. Non riusciva a vederne la lucentezza. Lance non avrebbe ricevuto alcun complimento o nessun genere di mancia quella sera.

Rhetta alzò lo sguardo quando notò il silenzio di Jordan. Lui la guardava mentre strofinava l'argenteria. I suoi denti mordicchiavano il labbro inferiore, come se non fosse sicuro se far uscire le parole.

Rhetta mise giù le posate insieme al tovagliolo che aveva ancora bisogno di essere ripiegato. Invece, diede a Jordan tutta la sua attenzione. Incrociò le mani sul tavolo, tirò indietro le spalle e guardò il suo viso.

Nonostante avesse un aspetto accettabile, non avrebbe necessariamente definito il suo compagno bello. Il che le andava bene. Se lo fosse stato sarebbe stato un problema troppo grande.

Jordan era bello da guardare. Bello da guardare per lei. Non aveva notato nessun'altra donna nel locale che si fosse fermata a guardarlo. Il che era perfetto per lei.

"Sì, Jordan?" chiese quando lui rimase in silenzio.

I denti di Jordan si staccarono dal labbro, ma la bocca si chiuse. Inspirò dal naso e trattenne il respiro.

Rhetta si aspettava che aprisse la bocca per far uscire un getto d'aria. Ma invece la tenne la chiusa, e il respiro gli uscì dal naso. Quell’espirazione suonò strana. Lei si chiese se avesse il raffreddore. Doveva assicurarsi che vedesse presto il dottor Brown. Non sarebbe stato opportuno che Jordan si fosse preso un raffreddore per poi trasmetterlo a lei. Lei aveva troppo lavoro da fare.

In effetti, entrambi avevano troppo lavoro da fare ora che lei era diventata addestratrice di cani per la clinica veterinaria di Jordan. Rhetta aveva dei piani precisi su come avrebbe reso l’attività del suo compagno la migliore di tutta la Valle di Sonora. Avrebbe iniziato con la reception dell’ufficio che era decorata con carta da parati beige, un divano color sabbia e tavolini color caffè.

Rhetta non dubitava che dietro l'arredamento ci fosse lo zampino dell’onnipresente madre di Jordan. Quella donna non aveva un briciolo di gusto. C’erano voluti mesi a Rhetta per distogliere Jordan dall'indossare camicie a righe a favore di quelle in tinta unita.

Guardò di nuovo Jordan. Sembrava avere problemi a trovare le parole, il che era abbastanza frequente nel suo caso. Non era un uomo di molte parole, il che non era un problema per lei. Non avrebbe sopportato un uomo presuntuoso e chiacchierone che osasse provare a dirle cosa fare. Aveva avuto abbastanza ordini da quel lupo alfa di sua madre.

Jordan aprì la bocca per parlare. Ma poi la richiuse quando il cameriere si avvicinò.

"Come sta questa sera, signora Veracruz? Dottor Garcia?" Lance sorrise a entrambi, sfoderando il suo fascino.

Rhetta lo fulminò con lo sguardo. "Lance, abbiamo bisogno di nuove posate. Queste non sembrano essere uscite direttamente dalla lavastoviglie."

L'affascinante sorriso di Lance si affievolì al suo tono severo. "Sì, signora," disse, e poi le voltò le spalle per rivolgersi a Jordan. "Cosa posso portare a lei e alla signora questa sera, dottor Garcia?"

Jordan sbatté le palpebre mentre guardava l'uomo, apparentemente preso alla sprovvista dalla domanda che gli era stata posta. "Stavo pensando alla bistecca..."

Rhetta si schiarì la gola.

Lo sguardo di Jordan trovò il suo. "O forse, preferirei..." La sua fronte si corrugò e strizzò gli occhi a Rhetta. "Il pollo?"

Rhetta arricciò il naso.

Jordan si morse il labbro. Studiò l'espressione di lei come se stesse cercando un indizio sul desiderio del suo cuore, o meglio del suo stomaco. Dopo trenta secondi, si arrese. “Cosa suggeriresti, cara?”

"Perché non provi il salmone con le verdure?" suggerì Rhetta. "Sarà più digeribile per il tuo stomaco. E la consistenza della carne non richiede l'uso di un coltello da bistecca, il che ti eviterà di avere bisogno di altre posate."

Lance alzò un sopracciglio verso Jordan. Jordan evitò di proposito lo sguardo dell'altro uomo.

"Prenderò l'insalata di pollo con le patate. Per favore, assicurati che le patate siano croccanti e che il pollo sia cotto in olio d'oliva, non in olio vegetale." Rhetta prese il menu di Jordan, lo mise sotto il suo e li porse entrambi a Lance. "Ti stai segnando tutto, Lance?"

Lance le sorrise, con una finta educazione tradita dalla smorfia della bocca. "È tutto qui dentro." Si tamburellò il dito sulla testa prima di abbassarla e girarsi per dirigersi verso la cucina. Mentre si allontanava, Rhetta lo sentì borbottare sottovoce, ma non riuscì a capire nessuna delle parole.

“Sospetto che avremo un po' di starnuti e qualche colpo di tosse sulla nostra cena” disse Jordan mentre guardava Lance tornare verso le cucine.

Rhetta guardò accigliata il suo accompagnatore. "Cosa vuoi dire?"

Jordan aprì la bocca per spiegare, ma poi sembrò ripensarci. Invece, giocherellò con il tovagliolo che lei aveva appena ripiegato con cura per lui.

"Ah," sospirò Rhetta. "Ho dimenticato di dire a quell'idiota di prendere anche dei tovaglioli puliti."

"Rhetta," iniziò Jordan. "C'è qualcosa di cui voglio parlarti. Anzi, una cosa che voglio chiederti."

Rhetta sbirciò oltre la spalla di Jordan, guardando Lance mentre si asciugava il sudore dalla fronte, stringeva la mano al vecchio signor Kornacki e poi afferrava ancora una volta la brocca dell'acqua. Decise in quel momento di rinunciare all'acqua offerta con la cena. In effetti, aveva intenzione di prendere Jordan per un braccio e marciare con lui fuori da lì finché Sarah non fosse tornata e avesse riportato le norme igieniche in quel luogo.

"È solo che... Beh, stavo pensando... Siamo stati insieme per così tanto tempo... e, ho pensato che forse, forse era il momento per..."

Tutta l'attenzione di Rhetta tornò su Jordan. Si sedette dritta sulla sedia. Ecco. Stava finalmente per farlo.

“Beh, vai avanti,” disse.

Jordan si tirò il colletto della camicia bianca, pulita e ben stirata. Indossava la cravatta che lei gli aveva regalato per festeggiare i loro tre mesi insieme. Per quell'anniversario, le aveva regalato un braccialetto. Al loro anniversario dei sei mesi, le aveva regalato degli orecchini abbinati. Era rimasto solo l'anello.

Rhetta guardò l'orologio. Sapeva che sarebbe successo, ma non se lo aspettava prima del loro nono mesiversario. Jordan era effettivamente in anticipo, il che era un po' fastidioso.

Se avesse saputo che lui le avrebbe fatto la proposta quella sera, non avrebbe indossato quel vestito. Sicuramente non avrebbe scelto quel ristorante. E Jordan sarebbe stato molto meglio con il suo blazer blu, per un momento come quello, invece di quello marrone che indossava. Oh, bene. Doveva solo gestire la situazione.

Sapeva che Jordan era quello giusto, quello perfetto per lei. Era un veterinario, un mago con i suoi cani. La differenza di età era giusta, con lui che aveva solo qualche anno in meno, il che era eccellente, dato che Rhetta conosceva in prima persona il famoso detto ‘non si possono insegnare cose nuove ai cani vecchi’.

Il detto non si addiceva tanto a Rhetta con le sue abilità. Aveva addomesticato molti cani selvatici nel corso della sua vita. Tuttavia, quando si trattava di maschi umani, era difficile mantenere la loro attenzione dal momento in cui iniziavano camminare su due gambe. Con un lupo, non c'era speranza di mantenere il controllo quando invece scopriva di avere quattro zampe.

Ma Jordan non era un lupo. Jordan era tutto uomo. Beh, tecnicamente era metà maschio e metà lupo. Ma il suo lato da lupo non si era mai manifestato.

La famiglia di Rhetta non avrebbe mai accettato che lei uscisse con un umano purosangue. Jordan aveva il marchio del lupo quanto bastava per essere accettato. Lo sperava. La sua famiglia non l'aveva ancora incontrato.

Rhetta, riguardo i cani, diceva sempre che non era l’animale a dover essere addestrato, ma il suo proprietario. E da quel momento, Rhetta sarebbe stata l'orgogliosa proprietaria del dottor Jordan Garcia. Se avesse continuato con la domanda. Ma lui proseguiva a balbettare e a farfugliare rovinando il suo grande momento.

"Cos'è che vuoi chiedermi, Jordan?" lo incitò Rhetta.

"Beh, Rhetta, so che forse è presto, ma ormai sono sei mesi che stiamo insieme."

Erano otto, ma lei decise di non menzionarlo ora che lui sembrava essersi dato una mossa.

"E quando un uomo lo sa, lo sa.” Lui fece una pausa. La sua mascella cominciò a muoversi di nuovo mentre si mordeva l'interno della guancia.

"Un uomo sa cosa Jordan?" chiese lei.

"Un uomo sa quando ha trovato la donna giusta.” Lui fece di nuovo una pausa. Altre rughe gli spuntarono sulla fronte corrucciata.

Rhetta annuì mentre aspettava. E poi gli diede un'altra spinta. "E tu hai trovato la donna giusta?"

Jordan annuì, seguendo i movimenti della testa di lei. "Ho trovato la donna giusta con cui passare il resto della mia vita."

Rhetta fece un respiro profondo, chiudendo brevemente gli occhi in una silenziosa preghiera di ringraziamento alla Dea della Luna. Ecco. Stava accadendo. Guardò fuori dalla finestra per vedere la luna crescente, e, quando lo fece, i suoi occhi si allargarono quando videro quella sagoma curva. Si voltò di nuovo per vedere Jordan che si metteva la mano in tasca e tirava fuori una scatola.

"Fermati," disse lei.

Jordan si bloccò con la mano ancora sul suo fianco.

"Non puoi chiedermelo adesso." Lei indicò l'esterno. "Non c’è la luna giusta."

Jordan guardò fuori dalla finestra, confuso.

"Non puoi chiedere a un lupo di sposarti con la luna calante."

Jordan sbatté le palpebre, la confusione che gli offuscava la vista. "Non sapevo che fossi così superstiziosa."

Questo fece riflettere Rhetta. Non era superstiziosa di per sé, ma non voleva sfidare i cattivi presagi della luna. Mai. E la Dea della Luna si sarebbe davvero arrabbiata se Rhetta avesse accettato di accoppiarsi per la vita quando Lei non era piena.

"Non puoi chiedermelo adesso,” disse. "Devi aspettare la luna piena."

"Ma è domani sera. Io non sarò qui domani sera, ricordi? Devo andare da mia madre."

Rhetta sospirò. La sua benedetta madre amante del beige, col grembiule allacciato stretto, perennemente malata.

"Pensavo che non ti piacesse aderire alle usanze degli esseri lunari," disse Jordan.

In genere lei non lo faceva. Preferiva i modi umani di muoversi nel mondo invece di quelli aggressivi, superstiziosi e arretrati dei suoi antenati licantropi.

"Non mi importa in che modo facciamo le cose. Rhetta, i miei sentimenti per te non cambieranno in una notte." Jordan fece cenno di volerle prendere le mani e lei gliele porse. "Ma voglio andarmene sapendo che sarai mia moglie. Voglio dire a mia madre che ho trovato la donna con cui ho intenzione di passare il resto della mia vita."

Rhetta si spostò indietro sulla sedia, tirando Jordan in avanti, dato che lui le teneva ancora le mani. Non aveva mai saputo che quell'uomo fosse così romantico. E la cosa non le piaceva.

Guardò di nuovo fuori dalla finestra. Lui aveva ragione. Aveva coltivato quella relazione per quasi un anno. Aveva addestrato e preparato Jordan meglio del previsto. Ed erano arrivati all'esatto risultato che lei aveva accuratamente costruito.

Dopo tre anni da vedova, Rhetta era pronta ad accoppiarsi di nuovo. Doveva essere una moglie, avere una sua famiglia, una sua casa, le sue regole. Aveva trascorso molto più tempo di quanto avrebbe voluto in casa di sua madre dalla morte di suo marito.

Jordan aveva una piccola casa che sarebbe stata adatta ai suoi scopi. Prima si sarebbero fidanzati ufficialmente, prima lei avrebbe potuto trasferirsi e iniziare a ordinare nuovi mobili. Se avesse fatto aspettare Jordan per la proposta, sarebbe passato un mese intero, e poi avrebbero avuto bisogno di almeno altri due mesi per pianificare la cerimonia in coincidenza con la luna piena.

Avrebbe potuto essere fuori da casa di sua madre in un mese se avesse accettato la sua proposta con una sola notte di anticipo.

"Ok," disse lei.

"Ok... cosa?"

"Ok, puoi chiedermelo ora."

I lineamenti di Jordan si rilassarono mentre lasciava uscire un respiro e allungava la mano con la scatola aperta. "Rhetta, vuoi..."

"Aspetta!"

Jordan allontanò di scatto le mani e la scatola verso il suo lato del tavolo.

"Devi metterti in ginocchio."

"Sono confuso." Jordan si accigliò di nuovo. "Questo è il modo umano. Pensavo che ora lo facessimo alla maniera dei lupi."

"No, se lo facessimo alla maniera dei lupi tu mi avresti presa con forza fuori sotto la luna e mi avresti morso il collo. Tu sei metà lupo e metà umano. Quindi, ci incontreremo a metà strada." Lei lo guardò con autorevolezza. "Mettiti in ginocchio."

"Ma il pavimento è sporco."

Lei gli passò uno dei tovaglioli. Che non avrebbero comunque usato durante la cena.

Jordan sospirò, ma prese il tovagliolo e lo posò sul pavimento appiccicoso. Ormai avevano attirato su di loro sguardi interessati. Jordan alzò gli occhi verso i curiosi e il suo viso impallidì.

Rhetta non era una che amava l'attenzione, ma erano già a metà di quella scena. Se si fossero fermati in quel momento, avrebbero attirato più attenzione e Jordan si sarebbe vergognato. Rhetta non poteva permetterlo. Non quando quello che voleva era a soli trenta giorni di distanza.

"Continua," gli disse.

Jordan sussultò. Aprì la scatola. Dentro c'era un piccolo anello di diamanti. Non brillava molto, ma non era neanche troppo opaco.

"Rhetta Veracruz, vuoi farmi l'onore di essere la mia compagna e mia moglie per il resto dei miei giorni?"

"Non dovresti dire giorni. I lupi si accoppiano di notte. Prova ancora."

Jordan prese un altro respiro. "Rhetta Veracruz, mi faresti l'onore di essere la mia compagna e mia moglie per il resto delle mie notti?"

"Sì, Jordan. Sì, sarò la tua compagna. Sì, sarò tua moglie."

Gli applausi esplosero intorno a loro. Jordan le fece scivolare l'anello sul dito. Lei si chinò e lo abbracciò. Fu un po' imbarazzante vista la loro differenza di altezza. Il tovagliolo sotto il ginocchio di Jordan scivolò facendolo cadere in avanti verso di lei. Ma lui si raddrizzò prima che la sedia di Rhetta cadesse in terra.

Jordan si alzò e le diede un casto bacio sul lato della guancia. Alcuni commensali maschi si alzarono per stringergli la mano. Le mani di Jordan furono inghiottite dai maschi per lo più umani riuniti al tavolo. Riprese il suo posto proprio quando arrivò il loro ordine.

"Hai fatto molto bene, Jordan," disse Rhetta mentre prendeva il coltello e la forchetta puliti dalle mani di Lance. Non erano immacolati, ma quantomeno non erano nemmeno impataccati. Era abbastanza soddisfatta degli eventi della notte da decidere di rischiare con le posate.

"C'era un'altra cosa di cui volevo parlarti," disse Jordan. "Come sai, domani vado fuori città a trovare mia madre."

Rhetta era contenta di avere in bocca un pezzo di pollo. Jordan era sempre fuori città a trovare sua madre. La donna era tornata a vivere in un insediamento umano dopo che il padre lunare di Jordan era morto diversi anni prima. I viaggi di Jordan sacrificavano molto del loro tempo insieme. Ma Rhetta avrebbe cambiato quella situazione una volta che le cose fossero diventate ufficiali tra loro.

"C'è qualcosa che non ti ho detto, Rhetta."

Lo sguardo di Rhetta si posò su quello di Jordan. Si vantava di sapere tutto di quell'uomo con cui aveva deciso di passare una bella vita comoda. Non aveva idea di quello che lui stava per dirle, e non le piacevano le sorprese.

"Ho un fratello."

Rhetta inclinò la testa di lato a quell’informazione. Era una novità. Sapeva della madre di Jordan, ma non aveva chiesto di eventuali fratelli. Solo la presenza di sua madre e i suoi continui bisogni le erano bastati.

"È il mio fratellastro; il figlio di mio padre. Ci siamo allontanati negli ultimi anni a causa del cattivo sangue che scorreva tra noi. Voglio che venga al matrimonio. Ma non vuole parlare con me. Credo che però parlerebbe con la mia futura sposa."

"Vuoi che parli con tuo fratello, anche se vi siete allontanati? Non posso viaggiare fuori città in questo momento, Jordan."

"Vive in città."

Rhetta appoggiò le posate a quella nuova informazione. "Com'è possibile? Usciamo insieme da tutto questo tempo e non l'abbiamo mai incontrato?"

In realtà non era così improbabile come lo faceva sembrare. C'erano alcune famiglie in campagna che non venivano mai in città. La madre di Rhetta odiava farlo, preferendo vagare per i campi e i vigneti come la creatura selvaggia che era.

"Mio fratello, Rory, è il proprietario della macelleria su Main Street," le spiegò Jordan.

"La macelleria? Quella dove le donne si mettono in fila sui tacchi per avere le loro bistecche?"

Aveva sentito parlare dello splendido macellaio di Main Street. Rhetta non aveva mai visitato il negozio da quando viveva in una fattoria sostenibile. E non aveva alcun interesse per un uomo per cui le donne sbavavano e litigavano.

"Cos'è successo tra voi due?" gli chiese.

"Sono sciocchezze.” Disse Jordan in modo evasivo. "Ma lui non mi perdonerà. Per favore, voglio che lo inviti al matrimonio. Fallo accettare e poi potremo cominciare a ricucire i rapporti. Lo farai per me?"

Luna Calante

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