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Una volta salito nella sua stanza, attentamente curata e sorprendentemente grande per le dimensioni della struttura, Slim tirò fuori l’orologio impacchettato dallo zaino e lo tolse dalla busta di plastica.

Non ne sapeva nulla di orologi. Nel suo appartamento ne teneva solo uno, di plastica e da quattro soldi, che l’ultimo inquilino aveva lasciato lì. Per sapere l’ora, usava sempre il suo vecchio Nokia, o l’orologio da polso di turno, che di solito comprava ad un mercatino e usava fino a quando i graffi sul quadrante non gli impedivano di leggere l’ora.

L’orologio era composto da un rettangolo di legno, intagliato per sembrare una baita di montagna, con uno sporgente tetto a punta e un foro in basso, da cui mancava il pendolo. Il quadrante, con numeri romani in metallo leggermente rovinati, era contornato da incisioni e ghirigori: animali, alberi, simboli che forse rappresentavano il sole e la luna, oppure le stagioni. In un semicerchio sotto al quadrante, c’erano delle linee che sembravano raffigurare una luna inclinata verso l’alto, o forse un ferro di cavallo incompiuto. C’erano anche alcuni graffi indecifrabili. L’intero orologio era stato rivestito di una vernice spessa, che avrebbe dovuto essere levigata e lisciata per ultimarne il design.

Slim scosse la testa perplesso. Non si era mai imbattuto in un orologio fatto a mano prima d’ora. Se qualcuno aveva perso del tempo per creare qualcosa di così complesso, perché metterlo in una busta di plastica e sotterrarlo nella brughiera?

Paradossalmente, anche senza il pendolo, stava ancora ticchettando, anche se le lancette erano un paio d’ore avanti — stava segnando le undici — e il fondo era stato danneggiato dall’acqua nel punto in cui la busta si era rotta. Slim provò a rimuovere il retro per dare un’occhiata all’interno, ma era stato saldamente avvitato e, dal momento che non aveva i propri attrezzi con sé, non voleva disturbare la Signora Greyson di nuovo. Il legno, però emanava un forte odore di muschio di torba bruciato, così come di stantio. Non era affatto da escludere che l’orologio contasse più dei suoi quarantasei anni.

Slim prese un panno umido dal lavabo e diede una ripulita all’orologio. La vernice recuperò velocemente la sua lucentezza regale, con lo svanire di sporco e polvere. Anche gli intagli si fecero più chiari: topi, volpi, tassi ed altri emblemi della fauna inglese si nascondevano tra curve e gli archi degli alberi. Il ticchettio risoluto degli ingranaggi suggeriva che la competenza tecnica eguagliasse quella artistica e che chiunque avesse costruito questo orologio, l’avesse fatto con orgoglio e grande maestria.

Slim sistemò l’orologio sulla cassettiera accanto al letto e prese il cappotto. Era ora di uscire per la sua camminata notturna verso il pub, possibilmente arrivando in tempo per l’ultimo turno di ordini. Non se la sentiva di mangiare dei noodle di pollo e funghi per la terza notte di fila. Non gli dispiacevano i noodle riscaldati in generale, ma il mercatino locale aveva solo quel sapore. Una sera era riuscito ad accaparrarsi un barattolo di fagioli e delle salsicce, per poi scoprire che però erano andati a male da tre mesi.

Mentre camminava sotto la pioggerellina che caratterizzava la Brughiera di Bodmin e i suoi dintorni dopo il tramonto, non riusciva a smettere di pensare all’orologio.

Se al suo posto avesse trovato un sacco pieno d’oro, non ne sarebbe stato altrettanto intrigato.

Il Segreto Dell'Orologiaio

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