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Capitolo Tre

Mel lasciò la stanza prima che Krista cominciasse a lavorare su Cassie. Sia Maya che Luke rimasero indietro, cosa che la fece sentire un po’ in colpa, avendo di fatto abbandonato la sua socia in mezzo a leoni potenzialmente ostili. Ma in quella stanza sentiva un’energia magica così potente da risultare eccessiva per lei, e allontanandosi ne sentiva alleggerirsi il peso sulle spalle ad ogni passo. Non tutti i mutaforma potevano percepire la magia. In realtà, la maggior parte non ci riusciva. Ma Mel aveva avuto a che fare con le streghe da quando aveva otto anni, e anche se non sarebbe mai stata in grado di praticare la magia lei stessa, aveva appreso la capacità di percepirla.

Arrivò in camera sua e tirò fuori il diamante da sotto la camicetta. Raccolse nella mano la catenina d’argento, resa tiepida dal calore della sua pelle. Rigirò la gemma fra due dita. Sembrava non esserci nulla di magico, non c’erano segni particolari, ma nelle mani di una strega sufficientemente potente quella pietra poteva essere usata per rintracciare Ava. Avrebbe puntato su di lei finché Mel non l’avesse trovata e sconfitta una volta per tutte.

Era quella l’unica ragione per cui era rimasta nei paraggi della tenuta di Luke da quando erano tornati dal Messico.

Non era forse così?

Prese la borsa e infilò la collana in una tasca nascosta. Per quanto riguardava la sicurezza, non era a un livello accettabile già in normali circostanze. Ma non aveva altro posto in cui nascondere il diamante a meno di non indossarlo sempre, e se Krista l’avesse visto si sarebbe chiesta perché Mel non avesse fatto le valigie e non se ne fosse andata nell’istante in cui Luke le aveva fatto penzolare la pietra davanti al naso.

Mel spinse la borsa sotto il letto e saltò sul materasso appena in tempo per vedere Krista entrare zoppicando. La strega era coperta da un velo luccicante di sudore e la sua pelle solitamente ambrata era quasi pallida. Sembrava che non dormisse da tre settimane.

“Ha funzionato?” chiese Mel. Non aveva sentito alcun grido, il che sembrava un progresso, ma non si poteva mai dire.

Krista appoggiò la schiena alla porta e si lasciò scivolare lentamente sul pavimento. Atterrò con un piccolo tonfo e avvicinò le gambe al petto posando la testa sulle ginocchia. “Credo di sì. La ragazza ha tenuto duro. Maya farà venire a controllarla uno dei membri anziani del branco. Penso che se non si trasformerà nelle prossime dodici ore avrà ripreso abbastanza il controllo da sopravvivere fino a...” Non terminò la frase. Non ce n’era bisogno.

“Ottimo, sono contenta che stia bene.” Mel non aveva intenzione di preoccuparsi di cosa potesse succedere a quel punto. Avevano fermato la minaccia immediata, il che era tutto ciò che potevano fare in quel momento. “Sei riuscita a capire chi ha lanciato la maledizione?” Mel era abituata a non sapere per chi lavorava, ma non sopportava di non conoscere i suoi nemici.

La voce di Krista le arrivava attutita dalla gamba su cui si era appoggiata e Mel riusciva a malapena a vederla scuotere la testa. “No, ho dovuto interrompere la ricerca dopo che Cassie ha cominciato la serie di mute.”

“Non ne hai neanche una vaga idea?” Le maledizioni erano cose strane. Quasi ogni strega poteva lanciarne una, ma farlo senza lasciare una chiara traccia della connessione fra chi esegue e chi subisce faceva pensare a qualcuno di davvero capace e molto potente. Poche streghe sceglievano di usarle, proprio perché creavano un legame che poteva essere manipolato e ritorcersi contro loro stesse. La maggior parte le vedeva come un rischio troppo grande da correre.

“Un nome mi viene in mente.” Krista si alzò lentamente e si diresse verso la sua branda. La stanza originariamente non era stata pensata per ospitare due persone e Mel aveva reclamato il letto non appena era entrata. Così a Krista era rimasta la branda improvvisata che a suo dire era davvero molto comoda. Mel aveva cercato di offrirle il letto dopo che Krista era stata ferita, ma la strega non ne aveva voluto sapere. “Ma se fosse lei,” continuò, “sarebbe una coincidenza troppo grande.”

“Ava.” Quel nome riempì Mel di rabbia e di determinazione. Se era stata lei a lanciare la maledizione su Cassie, allora a Mel non sarebbe servita la pietra con la catenina da tenere al collo. Ci sarebbe stato un intero branco di leoni a darle la caccia, e non sarebbe passato molto tempo prima che la trovassero. Ma non si trattava solo di Cassie. Ava aveva sterminato la famiglia di Mel, il suo intero branco, quando lei era solo una bambina. Mel aveva fatto della vendetta contro la strega l’obiettivo della sua vita, e non era mai stata così vicina a raggiungerlo.

“O qualcuno a cui lei ha insegnato. Non riesco a immaginare nessuna delle grandi congreghe che l’avrebbe fatto.” Tutto si riduceva alla politica. Ava non controllava ufficialmente nessun territorio e non era affiliata a nessuna congrega. Tutto ciò di cui rivendicava la proprietà veniva ceduto non appena otteneva ciò che voleva. “Ma,” continuò Krista, “anche se fosse lei, vogliamo davvero combatterla qui? Ora?” Indicò con un gesto la sua ferita. “Non sono esattamente in forma smagliante, e non conosciamo questa gente.”

“Stai seriamente suggerendo di scartare potenziali alleati? Non è che ci sia esattamente una folla, là fuori, pronta a darle la caccia.” Nessuno che conoscesse Ava la osteggiava a lungo. La linea d’azione migliore per combatterla era evitarla.

“Queste persone erano i nostri nemici fino a due settimane fa. Non credi che si rivolteranno contro di noi non appena ne avranno l’occasione?” C’era una veemenza inaspettata nelle parole di Krista. “Non c’è niente per noi qui, Mel. Probabilmente dovremmo considerare di fare i bagagli prima che il loro territorio vada a fuoco.”

Mel non rispose. Non poteva litigare con Krista, soprattutto dal momento che verosimilmente aveva ragione. Lasciò la strega a se stessa e si diresse fuori, determinata a sfogare un po’ dell’energia che le bruciava dentro.

Lungo il tragitto vide Maya che scendeva le scale con un vassoio pieno di zuppa fumante. La leonessa non disse nulla e lei restituì il favore. Maya non sembrava essere di buon umore e Mel non aveva alcun desiderio di contrariarla. Non ancora.

Le parole di Krista la assillavano. Non era mai stata così pronta a fidarsi, così veloce ad offrire la sua lealtà. Eppure, quando si trattava di Luke Torres, Mel aveva paura di scoprire fino a che punto sarebbe arrivata esattamente. Il tradimento era fuori questione. Il solo pensiero la faceva star male e non poteva nemmeno prendere in considerazione la possibilità che lui le si rivoltasse contro. Semplicemente non sapeva se poteva rimanere e sperare per il meglio. Lui era un alfa, lei una ladra senza branco. I loro mondi non si incontravano.

Mai.

Si ritrovò fuori, nel giardino di Luke. Un breve tratto di prato ben curato terminava bruscamente nella fitta foresta del Colorado. Si incamminò fra gli alberi, e una volta al riparo si spogliò dei vestiti e si chinò per cambiare forma. Le ci volle un po’ di tempo. Le sue mute complete non erano niente di speciale, non erano più dolorose dopo anni di pratica, ma ci voleva più di un minuto per passare da donna a leopardo.

Una volta completata la trasformazione si stiracchiò, lasciando che i lunghi artigli scavassero nella terra morbida. La smaterializzazione della sua forma umana e la ricomposizione in forma animale erano una bella sensazione. Percepiva ogni muscolo del suo corpo felino e la forza racchiusa nelle sue linee flessuose e letali. Non c’era niente di meglio. Nemmeno l’ebbrezza del furto.

Si mise a correre, lasciando che il vento la guidasse attraverso la foresta, schivando gli alberi e arrampicandosi. Continuò senza mai fermarsi così a lungo da perdere la cognizione del tempo. Non che per lei fosse importante, in quella forma. Un leopardo non aveva bisogno di orologi.

Dopo un’eternità, o forse solo un secondo, sentì un odore delizioso, felino come il suo ma diverso, maschile e che sapeva di savana invece che di giungla. Un leone. Il suo leone. Era uscito per giocare, e per il momento avrebbe avuto occhi solo per lui.

Nel Letto Dell'Alfa

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