Читать книгу Una Canzone Per Gli Orfani - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 12

CAPITOLO QUATTRO

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Sebastian non aveva alcun dubbio, mentre cavalcava, che ci sarebbero stati problemi per quello che stava facendo. Andarsene a quel modo, contro gli ordini di sua madre, evitando il matrimonio che aveva predisposto per lui? Per un nobile di un’altra famiglia sarebbe bastato per garantire di essere diseredato. Per il figlio della vedova era pari al tradimento.

“Non arriverà a questo,” disse Sebastian mentre il cavallo galoppava in avanti. “E anche se fosse, ne vale la pena per Sofia.”

Sapeva a cosa stava rinunciando comportandosi a quel modo. Quando l’avesse trovata, quando l’avesse sposata, non sarebbero potuti tornare ad Ashton trionfanti, prendendo residenza nel palazzo e dando per scontato che tutti fossero felici. Se fossero stati capaci di tornare, sarebbe accaduto sotto la nube della disgrazia.

“Non mi interessa,” disse Sebastian al suo cavallo. Preoccuparsi di disgrazie e onore era stato ciò che l’aveva messo in quel casino, tanto per cominciare. Aveva messo Sofia da parte per quello che credeva che la gente avrebbe pensato di lei. Non aveva neanche aspettato che alzassero le loro voci di disapprovazione, sapendo quello che avrebbero detto.

Era stata una cosa debole e codarda da fare, e ora lui intendeva risolverla, se poteva.

Sofia valeva più di una decina delle nobili con cui aveva passato il tempo crescendo. Più di cento di esse. Non importava che avesse il marchio della Dea Mascherata tatuato sul polpaccio: era l’unica donna che Sebastian avesse mai sognato di sposare.

Di certo non Milady d’Angelica. Era tutto ciò che rappresentava la corte: vana, vuota, manipolatrice, concentrata sul proprio benessere e successo piuttosto che su quello degli altri. Non importava che fosse bellissima, o della giusta famiglia, che fosse intelligente o ideale per sigillare un’alleanza all’interno del paese. Non era la donna che Sebastian desiderava.

“Sono stato duro con lei quando me ne sono andato,” disse Sebastian. Si chiedeva cos’avrebbe pensato un qualsiasi spettatore, e per molti aspetti il cavallo era un ascoltatore migliore della maggior parte delle persone che lo circondavano quando stava a palazzo.

Sapeva come funzionavano le cose lì. Angelica non aveva tentato di ingannarlo: aveva semplicemente tentato di descrivere nel miglior modo possibile qualcosa che sapeva lui avrebbe trovato spiacevole. Aveva guardato la cosa attraverso gli occhi di un mondo dove tutti e due non avevano scelta su chi sposare, e questo poteva addirittura apparire come un gesto gentile.

Solo che Sebastian non voleva più pensare così.

“Non voglio restare incastrato in un posto dove il mio unico dovere è semplicemente continuare a respirare in caso Rupert muoia,” disse al cavallo. “Non voglio trovarmi in un luogo dove il mio valore è una merce da linea di sangue, o qualcosa da potersi vendere e promuovere per i giusti collegamenti.”

Vista a quel modo, probabilmente il cavallo capiva le sue affermazioni come le avrebbe capite un qualsiasi nobile. I migliori cavalli non venivano forse venduti per le loro qualità di razza? Forse quei nobili che amavano gareggiare nelle piste di campagna o andare a caccia non tenevano registri di ogni linea di sangue, di ogni puledro? Non avrebbero forse ucciso il loro migliore stallone piuttosto che una sola goccia del sangue sbagliato entrasse nelle loro linee?

“La troverò, e troverò un sacerdote che ci sposerà,” disse Sebastian. “Anche se mia madre ci accuserà di tradimento, dovrà pur sempre persuadere l’Assemblea dei Nobili.”

Non avrebbero mai ucciso un principe per puro ghiribizzo. Magari alcuni di loro sarebbero stati solidali, dandogli tempo sufficiente. Se non fosse andata così, lui e Sofia sarebbero sempre potuti fuggire insieme verso le montagne del nord, o attraversare di nascosto il Tagliacqua, o magari semplicemente ritirarsi nelle terre di cui Sebastian doveva essere duca. Avrebbero trovato un modo per far funzionare le cose.

“Prima devo solo trovarla,” disse Sebastian, mentre il suo cavallo lo portava fuori dalla città, in aperta campagna.

Si sentiva sicuro di poterla raggiungere, anche se a quel punto doveva avere un grosso vantaggio su di lui. Aveva trovato gente che aveva visto ciò che era successo quando era scappata dal palazzo: aveva chiesto alle guardie i loro rapporti, e poi aveva ascoltato storie della gente della città. La maggior parte erano stati cauti nel parlargli, ma era riuscito a trovare sufficienti frammenti da mettere insieme per avere almeno un senso generale della direzione che Sofia aveva preso.

Da quello che aveva sentito si trovava in un carro, il che significava che si stava muovendo più rapidamente che a piedi, ma di certo non rapidamente quanto poteva fare Sebastian a cavallo. Avrebbe trovato un modo per raggiungerla, anche se ciò significava cavalcare senza sosta fino alla fine. Forse questo era parte della sua pena per essere stato quello che l’aveva cacciata.

Andò avanti a spron battuto fino a che non vide un incrocio, e finalmente fece rallentare il suo cavallo al passo cercando di capire da che parte andare.

C’era un uomo addormentato appoggiato al cartello dell’incrocio, un cappello di paglia a coprirgli gli occhi. Una bottiglia di sidro vicino a lui suggeriva il motivo del suo russare come un asino. Sebastian lo lasciò dormire e guardò il segnale. A est sarebbe arrivato alla costa, ma dubitava che Sofia avesse i mezzi per prendere una nave, o andare da qualsiasi parte se l’avesse comunque fatto. Verso sud sarebbe tornata ad Ashton, quindi era escluso.

Restava quindi la strada che portava a nord e quella che portava a ovest. Senza ulteriori informazioni, Sebastian non aveva idea di quale via prendere. Poteva tentare di riconoscere tracce di carri su una delle parti in terra della strada, forse, ma questo presupponeva che sapesse cosa stava cercando, o che fosse in grado di distinguere il carro di Sofia tra le centinaia di altri carri che potevano essere passati lì nei giorni scorsi.

Non gli restava che chiedere aiuto, e sperare.

Delicatamente, usando la punta dello stivale, Sebastian toccò il piede dell’uomo addormentato. Si tirò indietro mentre l’individuo si svegliava e sputacchiava, perché non aveva idea di come avrebbe potuto reagire un ubriaco vendendolo lì.

“Cosa c’è?” riuscì a dire l’uomo. Riuscì anche a tirarsi in piedi, cosa piuttosto impressionante, date le circostanze. “Chi sei? Cosa vuoi?”

Sembrava doversi tenere al segnale per stare in piedi. Sebastian iniziava a chiedersi se fosse stata una buona idea.

“Sei spesso qui?” gli chiese. Gli serviva che la risposta fosse affermativa e sperava allo stesso tempo che non lo fosse, perché cos’avrebbe detto questo della vita di quest’uomo?

“Cosa vuoi sapere?” chiese rudemente l’ubriaco.

Sebastian stava iniziando a rendersi conto che non avrebbe ottenuto quello che voleva. Anche se quest’uomo passava la maggior parte del suo tempo all’incrocio, Sebastian dubitava che fosse spesso tanto sobrio da notare molto di ciò che vi accadeva.

“Non importa,” disse. “Stavo cercando qualcuno che potesse essere passato per di qua, ma dubito che tu possa aiutarmi. Mi spiace di averti disturbato.”

Si rigirò verso il cavallo.

“Aspetta,” disse l’uomo. “Tu… tu sei Sebastian, vero?”

Sebastian si fermò di colpo sentendo il proprio nome e si girò pensieroso verso l’uomo.

“Come fai a sapere il mio nome?” chiese.

L’uomo barcollò un poco. “Quale nome?”

“Il mio,” disse Sebastian. “Mi hai appena chiamato Sebastian.

“Aspetta, tu sei Sebastian?”

Sebastian fece del suo meglio per restare paziente. Quell’uomo lo stava ovviamente cercando, e Sebastian poteva solo pensare a pochi motivi per spiegare la cosa.

“Sì, sono io,” disse. “Quello che voglio sapere è perché mi stai cercando.”

“Dovevo…” L’uomo fece una piccola pausa e aggrottò la fronte. “Dovevo darti un messaggio.”

“Un messaggio?” disse Sebastian. Sembrava troppo bello per essere vero, ma lo stesso osò sperare. “Da parte di chi?”

“C’era questa donna,” disse l’ubriaco, e questo fu sufficiente ad alimentare le braci della speranza facendole avvampare in un fuoco vero e proprio.

“Quale donna?” disse Sebastian.

L’uomo però adesso non lo stava guardando. Più che altro pareva che stesse per rimettersi a dormire. Sebastian lo afferrò, tenendolo in piedi e scuotendolo per tenerlo sveglio.

“Quale donna?” ripeté.

“C’era qualcosa… una donna con i capelli rossi su un carro.”

“È lei!” disse Sebastian, l’eccitazione al massimo in quel momento. “È successo pochi giorni fa?”

L’ubriaco si prese del tempo per pensarci. “Non lo so. Potrebbe essere. Che giorno è oggi?”

Sebastian ignorò la domanda. Era sufficiente che avesse trovato l’indizio che Sofia aveva lasciato per lui. “La donna… cioè Sofia. Dov’è andata? Qual era il messaggio?”

Diede all’ubriaco un altro scossone vedendo che era sul punto di prendere ancora sonno, e dovette ammettere era più che altro per frustrazione. Voleva sapere il messaggio che Sofia aveva lasciato a quest’uomo.

Perché a lui? Non c’era nessun altro a cui Sofia avrebbe potuto lasciare un messaggio? Guardando l’uomo che stava praticamente tenendo in piedi, Sebastian capì la risposta: era certa che Sebastian si sarebbe imbattuto in lui, perché aveva immaginato che non sarebbe andato da nessuna parte. Era stato il modo migliore per fare arrivare un messaggio a Sebastian in caso l’avesse seguita.

Il che significava che voleva che lui la seguisse. Voleva che fosse in grado di trovarla. Il solo pensiero bastò a sollevargli il cuore, perché significava che Sofia poteva essere pronta a perdonarlo per tutto quello che le aveva fatto. Non gli avrebbe dato un modo per seguirla se non avesse pensato alla possibilità di loro due insieme, no?

“Qual era il messaggio?” ripeté Sebastian.

“Mi ha dato dei soldi,” disse l’uomo. “Ha detto che… dannazione, so che me lo ricordo…”

“Pensaci,” disse Sebastian. “È importante.”

“Mi ha detto di dirti che è andata a Barriston!” disse l’ubriaco con una nota di trionfo. “Mi ha detto di dirti che l’ho visto con i miei occhi.”

“Barriston?” chiese Sebastian lanciando un’occhiata al segnale. “Ne sei sicuro?”

Quella città non sembrava il genere di posto in cui Sofia avesse motivo di andare, ma forse era quello il punto, dato che stava scappando. Era una specie di cittadina provinciale, senza la grandezza e la popolazione di Ashton, ma aveva della ricchezza grazie all’industria dei guanti. Forse era un posto come un altro per Sofia dove andarsi a rifugiare.

L’uomo annuì e a Sebastian bastò. Se Sofia gli aveva lasciato un messaggio, non contava chi avesse scelto per consegnarlo. La cosa importante era che lui aveva ricevuto il messaggio, e ora sapeva da che parte andare per seguirla. Come ringraziamento diede all’uomo una moneta presa dalla sua sacca, poi si affrettò a rimontare a cavallo.

Fece girare la bestia verso ovest e lo spronò in direzione di Barriston. Ci sarebbe voluto del tempo per arrivarci, ma sarebbe andato avanti il più velocemente possibile. L’avrebbe raggiunta lì, o forse l’avrebbe addirittura avvistata lungo la strada. Ad ogni modo l’avrebbe trovata, e sarebbero stati insieme.

“Sto arrivando, Sofia,” promise, mentre attorno a lui il paesaggio delle Vie Equestri scorreva a tutta velocità. Ora che sapeva quanto lei volesse essere trovata, avrebbe fatto qualsiasi cosa possibile per raggiungerla.

Una Canzone Per Gli Orfani

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