Читать книгу Il Regalo Di Natale - A. C. Meyer - Страница 7

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Primo giorno

Davanti al computer, con l’editor di testo aperto, Samuel chiuse gli occhi toccandosi ripetutamente la punta del naso con l’indice, come se così l’ispirazione potesse apparire per magia. Fece un sospiro profondo, spinse indietro la sedia girevole e decise di andare in cucina a farsi un caffè. Aveva letto in qualche sito internet che la bevanda favoriva la concentrazione e stimolava la creatività, ma dopo la quarta - o forse la settima? - tazza del giorno, più che altro si sentiva elettrico.

Era sul punto di premere il pulsante della sua migliore amica, la caffettiera, quando sentì bussare forte alla porta.

- Cazzo - sbuffò, passandosi la mano sul viso, con la barba incolta, e sui capelli, che a quel punto della giornata erano ancora più disordinati di quando si era alzato dal letto. Passando tutto il giorno a casa da solo, non c’era motivo di pettinarsi o di radersi. Questo se non fosse stato disturbato da visitatori inaspettati e scomodi.

Il rumore alla porta si fece ancora più forte e, snocciolando una serie di imprecazioni, il ragazzo andò fino alla sala e girò la chiave, sapendo già chi avrebbe trovato dall’altro lato dello spesso portone.

- Non ti avevo detto di lasciarmi in pace, JP? - borbottò quando vide il suo editore attraversare la soglia ed entrare in casa come fosse il proprietario di quel posto.

Da quando le cose avevano iniziato ad andare male, poco più di sei mesi prima, la sua vita era completamente finita a gambe all’aria: la rottura del suo fidanzamento, l’allontanamento dal fratello - con il quale era molto legato prima che succedesse tutto -, l’impossibilità di allungare il termine di consegna del manoscritto e la perdita del suo migliore amico (che era anche il suo agente) - il che giustificava la presenza dell’editore a casa sua. Da quando la bomba era esplosa, JP si era assunto la responsabilità di cercare di mantenerlo concentrato per portare a termine il manoscritto e fare onore al sostanzioso anticipo che aveva ricevuto.

- Come ti ho già detto - disse JP, camminando all’interno della sala e passandogli accanto ignorando completamente le sue parole ostili. Ormai era abituato. Nel profondo JP sapeva che can che abbaia non morde. Soprattutto quello. -, lo chalet, nonostante sia un po’ lontano dal centro, è molto confortevole...

Samuca aggrottò la fronte, chiedendosi perché il suo editore si comportasse come un agente immobiliare, ma prima che avesse il tempo di chiedere cosa stesse succedendo, sentì un mormorio accanto a sé. Distolse lo sguardo da JP e si imbatté con la ragazza più... carina che avesse mai visto in vita sua. Aveva una folta chioma di capelli biondi che cadevano in onde sulle spalle. La ragazza socchiuse gli occhi, di un blu così brillante da sembrare colorati artificialmente, osservando l’interno dello chalet. I suoi tratti erano molto delicati, perfettamente proporzionati alla sua minuta statura - di, almeno, trenta centimetri meno di lui - il che risvegliava un istinto di protezione. Lo stesso che vide riflesso negli occhi di JP e che giurò a sé stesso di non provare mai più dopo essere stato preso in giro in quel modo. Senza dubbio era bella. Ma, oltre a questo, aveva una luce giovane e vivace che avrebbe potuto contagiare anche il più serio dei mortali.

Eccetto lui, è chiaro.

La ragazza gli passò davanti, ma lo ignorò, completamente concentrata sul luogo. Era così affascinata da ciò che stava guardando che sembrava avesse di fronte l’ottava meraviglia del mondo e non uno chalet ai confini di Gramado, lontano da tutto e da tutti - grazie a Dio.

Quando fece alcuni passi verso di lui, il ragazzo osservò il suo corpo curvilineo completamente vestito di bianco, con pantaloni attillati, camicia, giacca e persino le scarpe da tennis, stile Converse, completamente bianchi. Sembrava quasi che... brillasse... se ciò fosse stato possibile.

Ah, merda, sto delirando, pensò Samuca tra sé e sé. Deve essere colpa di quell’ultima tazza di caffè, si giustificò mentre sbatteva con forza la porta dietro di sé. Scuotendo la testa, decise di riprendere il controllo della propria vita. O della sua casa, almeno.

- Posso sapere che cazzo succede? - chiese con un grugnito, e JP smise di parlare spostando lo sguardo dalla ragazza su di lui. Samuca lo fissò con rabbia, sperando che il suo tono fosse feroce quanto bastava per cacciarlo di là. Quando guardò verso la ragazza, si sorprese nel vedere che questa si era portata le mani alla bocca e aveva gli occhi strabiliati, come se fosse scioccata dal suo comportamento.

JP scosse la testa in segno di disapprovazione e tornò a guardare verso la ragazza.

- Gabriela, questo è Samuca. - disse indicandolo. - Perdona i suoi modi - disse JP con un sorriso gentile. - Ha passato così tanto tempo lontano dalla civiltà che deve aver dimenticato come si ricevono gli ospiti.

- Gli ospiti sono benvenuti solo quando sono invitati... In questo modo è possibile rifiutarsi ed evitare questo... malessere - brontolò Samuca guardando verso la ragazza di cui ora conosceva il nome.

- Ti ho inviato una mail due settimane fa, avvisandoti che sarei venuto con la tua nuova assistente. Ovviamente tu non l’hai aperta, come fai con la maggior parte delle mie mail.

- Certo che non l’ho aperta. Non ho tempo da perdere in chiacchiere, dopo tutto ho un manoscritto da consegnare - ribatté e guardò di nuovo Gabriela, riuscendo a fatica a distogliere lo sguardo.

- Che non è pronto... - disse JP, e Samuca alzò le spalle.

- Quindi. Al di là di questo, non mi serve una nuova assistente.

Riuscendo finalmente a toglierle gli occhi di dosso, il ragazzo passò davanti ai due imprecando a bassa voce e venne colto di sorpresa dalla voce cristallina che sembrava avvolgergli l’intero corpo.

- È evidente che hai bisogno di un’assistente - disse la ragazza a bassa voce. - La casa è un disastro. Il tuo lavoro è in ritardo. E tu hai bisogno di un corso di buone maniere. E di un bel taglio di capelli.

Le sue parole lo paralizzarono, e fu sorpreso dall’audacia della ragazza, che a mala pena sembrava aver finito la scuola, anche il tono della sua voce non conteneva altro che gentilezza.

- Che merda... - iniziò, ma perse l'attenzione della ragazza quando questa si mise a guardare intorno alla stanza sembrando ben determinata. Evidentemente stava cercando qualcosa. Quando sembrò trovarlo, attraversò la stanza, andò fino al tavolo all’angolo e prese un barattolo di vetro.

- Questo deve servire per... - mormorò tra sé e sé e alzò il barattolo verso di lui. - Dove sono quelle cosette? - chiese con un sorrisino.

- Quali cosette? - chiese Samuca con la fronte aggrottata, e lei si voltò verso JP.

- Quelle cosette che lei ha usato per comprare il caffè - spiegò all’editore, che la osservava come se fosse diventata pazza.

Dopo alcuni istanti in cui i due uomini si scambiarono sguardi per cercare di capire cosa la ragazza volesse, JP chiese:

- Monete? - Ne tirò fuori qualcuna dalle tasche.

- Esatto! - esclamò e tutto il suo viso si illuminò di allegria. Samuca non poté evitare di pensare che quella ragazza fosse davvero strana. - Qual è quella che vale di più? - chiese a JP, che le porse una moneta da un real. - Ne hai una di queste? - chiese la ragazza a Samuca. Questi si chinò sul tavolo al centro della stanza, prese due monete da cinquanta centesimi e le porse alla ragazza, che gli rivolse un sorriso soddisfatto. Prese le monete, le mise dentro al barattolo di vetro. - Benissimo. È pagato.

Samuca sbatté varie volte le palpebre e inclinò la testa, cercando di capire cosa stesse farfugliando quella pazza.

- Cosa?

- Per ogni imprecazione, una... moneta - disse e guardò verso JP, come per ricevere approvazione.

JP scoppiò in una risata fragorosa.

- Sarà molto interessante... - mormorò continuando a ridere.

Impaziente e inquieto per la presenza dei due, Samuca fece un lungo sospiro e disse:

- Quando avete finito con gli scherzi, fate un colpo. Ho ben altro da fare.

Mentre si girava in direzione della cucina, venne interrotto dalla dolce voce della ragazza.

- JP, grazie per il passaggio. Prometto di non deluderla - disse con una tale serietà che sembrava gli stesse promettendo di ristabilire la pace nel mondo.

Intanto tutto fu molto chiaro, e Samuca capì che la ragazza sarebbe rimasta. Lì. A casa sua. Nel suo rifugio. Dove lui non voleva nessuno.

Ah, questo no.

- Non so cosa vuoi, ma non resterai qui - ribatté, sapendo di risultare sgarbato, ma non gli importava. Tutto quello che voleva era la sua vecchia solitudine. - Non ti voglio in casa mia.

JP si offese per le sue parole scortesi, ma la ragazza sembrò non ascoltarlo.

- Samuca! - protestò l’editore mente la ragazza iniziava a camminare per la stanza osservando tutto ciò che aveva intorno, mentre mormorava tra sé e sé, facendo considerazioni su quella che sarebbe stata la sua nuova casa. - Gabriela resterà con te fino a Natale. È il termine ultimo per la consegna del manoscritto.

Lo scrittore mugugnò un lo so, ma non distolse gli occhi dalla ragazza che camminava in direzione del corridoio.

- Non ho bisogno di lei qui - protestò.

- Resterà per semplificarti la vita. Terrà in ordine la casa, scriverà quello che vuoi, si assicurerà che ti alimenti e che consegni quella merda di manoscritto.

Gabriela si voltò verso i due indignata, attraversò di nuovo la sala e prese il barattolo di vetro, porgendolo a JP. Questo estrasse una banconota da due real dalla tasca e la mise nel barattolo.

La ragazza sorrise, soddisfatta, rimise il barattolo sul tavolo e riprese a camminare. Samuca ruotò gli occhi e protestò.

- Non voglio nessuna pazza qui, JP. Ho bisogno di pace, non di una fanatica del barattolo che censura le mie parole.

- Non sono una fanatica del barattolo - mormorò tranquillamente la ragazza, senza sembrare offesa da tutte le parole che il giovane aveva detto su di lei. - Dov’è l’albero di Natale? - chiese, cambiando argomento così velocemente da lasciarlo confuso.

- Cosa?

- L’albero di Natale. Mancano quindici giorni alla grande notte. Dov’è il tuo? - chiese, sembrando davvero curiosa e persino preoccupata.

- Vi lascio discutere di questi... hm... dettagli - disse JP, lasciando sorpreso il ragazzo con il suo tentativo di fuga. Ma prima che quest’ultimo potesse impedirglielo, l’editore continuò. - Gabriela, se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami. Buona fortuna. - Si voltò e uscì.

- JP, hai dimenticato il tuo pacco qui. - Si gettò alla porta e gridò all’uomo che era già salito in auto ed era filato via. Figlio di buona donna.

- Non vedo nessun pacco. - Samuca sentì la voce di Gabriela, si girò e la vide guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa. - Sono sicura che non abbia portato nessun pacco... - Aggrottò la fronte, sembrando confusa. Il ragazzo non poté fare a meno di pensare che erano molto carina con quell'espressione.

- Sei tu il pacco - bofonchiò, infastidito dal vedere bellezza in quell’intrusa, e sbatté la porta. Quando si voltò, lei stava guardando nella sua direzione e sembrava divertirsi.

- Non sono un pacco, sciocco. Sono una ragazza. La tua... hm... assistente - disse, mostrando orgoglio nel pronunciare quelle parole. - Dov’è la tua famiglia? - chiese.

- A casa loro - La risposta non fu esente da un grugnito. La ragazza inclinò leggermente la testa a destra e lo osservò, aprendo la bocca stupita.

- Non abiti con la tua famiglia? - Lui fece cenno di no con la testa. - Come fai per stare con tua... moglie?

Al sentire quella parola Samuca non poté fare a meno di aggrottare la fronte.

- Ti sembro il tipo da avere una moglie? - chiese sarcastico, e lei rispose, ma le sue parole erano completamente prive di ironia.

- Assolutamente no... sei troppo scontroso.

La ragazza si voltò mentre lui sbuffava e iniziò a seguirla per la casa.

- Ehi, dove stai andando?

- A fare qualcosa! - disse animata e continuò per il corridoio come se fosse pronta a trovare un tesoro. - Ho molte cose da fare.

Senza alternativa, il ragazzo la seguì, per evitare che quella pazza combinasse qualche disastro in casa sua.

Il Regalo Di Natale

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