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SENZA NOME

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Io non ho nome.—Io son la rozza figlia

Dell'umida stamberga;

Plebe triste e dannata è mia famiglia,

Ma un'indomita fiamma in me s'alberga.

Seguono i passi miei maligno un nano

E un angelo pregante.

Galoppa il mio pensier per monte e piano,

Come Mazeppa sul caval fumante.

Un enigma son io d'odio e d'amore,

Di forza e di dolcezza;

M'attira de l'abisso il tenebrore,

Mi commovo d'un bimbo alla carezza.

Quando per l'uscio de la mia soffitta

Entra sfortuna, rido;

Rido se combattuta o derelitta,

Senza conforti e senza gioie, rido.

Ma sui vecchi tremanti e affaticati,

Sui senza pane, piango;

Piango su i bimbi gracili e scarnati,

Su mille ignote sofferenze piango.

E quando il pianto dal mio cor trabocca,

Nel canto ardito e strano

Che mi freme nel petto e sulla bocca,

Tutta l'anima getto a brano a brano.

Chi l'ascolta non curo; e se codardo

Livor mi sferza o punge,

Provocando il destin passo e non guardo,

E il venefico stral non mi raggiunge.

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Fatalità

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