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CAPITOLO XXVIII

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Alessandria. – Antichità

Potrebbesi formare facilmente una piccola biblioteca dei viaggi in Egitto e delle descrizioni di questo paese, il quale quantunque conosciutissimo, lo fu assai meglio dopo che tanti letterati francesi i quali accompagnavano l'armata che l'occupò in sul finire dell'ora decorso secolo, ebbero modo di esaminare in tre anni tutto quanto può meritare l'attenzione d'un osservatore. Forse più nulla rimane a dirsi di nuovo intorno alla patria di Sesostri, ma non è possibile di trovarsi in così celebre contrada, e di allontanarsene come un'ombra fuggitiva e muta, senza pagarle qualche tributo d'ammirazione. La posizione geografica d'Alessandria è di 31° 13′ 5″ di latitudine settentrionale, e di 27° 35′ 30″ di longitudine meridionale dell'osservatorio di Parigi.

È noto che l'antica Alessandria, uno de' più grandi emporii di commercio, e soggiorno della splendida corte de' Tolomei, era una immensa città che conteneva più di un milione d'abitanti. La sua dogana produceva in quei felici tempi enormi somme, che potrebbero valutarsi a circa sessantacinque milioni di franchi all'anno, il di cui valore relativo in ragione del presente abbassamento di prezzo dell'argento, può essere considerato equivalente a sei milliardi di franchi. Adesso non produce che un mezzo milione all'incirca.

Riferiscono gli Storici che quando gli Arabi conquistarono questo paese ai tempi del Califfo Omfor, Alessandria contava quattromila palazzi, altrettanti bagni pubblici, quattrocento mercati, e quarantamila Giudei tributarj. Tutti questi edificj più non esistono, ed appena si sa quale sia il luogo che occupavano.

Gli Storici ricordano un infinito numero di giardini e di orti che abbellivano i contorni della città: oggi non è circondata che da sterili deserti.

Finalmente questa magnifica città, opera del Magno Alessandro, doviziosa capitale de' Tolomei, non è più che l'ombra della sua passata grandezza. Un immenso ammasso di ruine in gran parte coperte da banchi di sabbia, la colonna di Pompeo, gli obelischi di Cleopatra, le cisterne, le catacombe, ed alcune colonne intiere o spezzate qua e là sparse sopra una superficie di alcune leghe, sono i soli testimonj del suo antico splendore. Un recinto di alte e larghe mura di circa due leghe con torri in parte ruinate, e molti casolari sparsi tra i rottami di caduti edificj occupano questo spazio: e questi sono i miseri avanzi dei mezzi tempi, ossia della seconda età d'Alessandria quando passò in potere dell'islamismo. Una popolazione di circa cinquemila abitanti d'ogni colore, d'ogni nazione, d'ogni culto, collocata sopra un'angusta lingua di terra che si prolunga entro al mare, senz'altri prodotti che quelli d'un commercio senz'attività, e che in quest'anno per colmo di sue sventure ha perduta l'unica acqua bevibile che possedeva: tale è lo stato della moderna Alessandria.

La massa principale degli abitanti è composta di Arabi, vale a dire di uomini generalmente ignoranti e grossolani: ma che invece d'essere indocili e cattivi verso i Cristiani, li servono, e soffrono perfino i loro capricci ed ingiustizie come se fossero loro schiavi. Io penso che in addietro questo popolo, anche per il solo motivo de' suoi pregiudizj religiosi, fosse assai meno affabile verso i Cristiani; ma la spedizione de' Francesi fece loro credere che il Cristiano non abbia in orrore il Musulmano, perchè avendo allora bastanti forze per farla da padrone, li trattava come fratelli: e queste circostanze produssero una fortunata rivoluzione nello spirito di questa gente. Gl'immensi vantaggi della civiltà, della tattica militare, dell'organizzazione politica, delle arti e delle scienze delle nazioni Europee ch'ebbero opportunità di notare, e le idee filantropiche comuni a tutte le classi della società ch'ebbero abbastanza tempo di apprezzare, loro ispirarono una specie di rispettosa ammirazione per nazioni che possedono così vantaggiose qualità sopra gli Arabi ed i Turchi.

Alcuni piccoli orti posti entro l'attuale recinto d'Alessandria, e sopra lo spazio che occupava l'antica città, non hanno che palme assai belle, e pochi altri alberi fruttiferi stentati perchè non possono inaffiarsi che coll'acqua de' pozzi. Per andare a passeggiare in questi giardini, e per passare da un canto all'altro della città adoperansi certi asini di così piccola razza, che appena bastano perchè il cavaliere non tocchi il suolo; ma la piccolezza è largamente compensata dalla loro vivacità e velocità del movimento, equivalendo l'ordinario loro passo al trotto forte di un cavallo. Vedonsi questi animali carichi di un uomo, e talvolta di enormi pesi correre continuamente da una all'altra parte della città come fossero cavalli di posta. I loro condottieri vanno sempre a piedi correndo quanto possono per poterli seguire, lo che spesse volte serve di piacevole intrattenimento agli spettatori. Io misurai l'altezza di questi interessanti animali, e trovai che il termine medio era di trentanove pollici di Francia, e taluno pure non ne ha più di trentasette. Quanto utili sarebbero questi animali nelle grandi città dell'Europa! Il loro giornaliero mantenimento non arriva al quarto di ciò che consuma un cavallo o un mulo, e i servigi che prestano sono egualmente grandi.

I cavalli che si vendono in Alessandria sono di razze diverse dell'Egitto, dell'Arabia, della Siria, dell'Affrica, ma tutti assai mediocri, ed i pochi buoni vi si vendono carissimi. Le staffe più grandi di quelle che si costumano a Marocco hanno alcuni angoli acuti che servono per spronare il cavallo. Qui come in Cipro quando uno è sceso da cavallo, non ha più nulla a pensare: il domestico lo prende per la briglia, e lo fa lentamente passeggiare per un quarto d'ora, onde l'animale passi gradatamente dallo stato di violento movimento a quello di riposo.

Trovansi in città molte persone che fanno professione di seguire il cavallo a piedi, e di averne cura, e sono chiamati di sàiz. Quando si acquista o si vende un cavallo, questi fanno le veci di cozzone; e quando si sorte a cavallo il sàiz cammina avanti con un bastone rosso o verde lungo sette in otto piedi, che tiene perpendicolarmente in una mano. I Pascià, ed i grandi sono preceduti da molti sàiz, che allora camminano due a due; e per poco che tale corteggio sia numeroso rassomiglia a certe processioni da me vedute in Europa.

Alessandria manca di scuole per le scienze, e perfino l'arte dello scrivere è ridotta in pessimo stato, perchè non venendo i maestri di scuola sottoposti a verun esame, formano ì caratteri della scrittura a capriccio; alterando ognuno a modo suo le lettere dell'alfabeto. I Cofti, i Greci, i Giudei, e dirò ancora ogni tribù hanno tratti e gradazioni insensibili; onde non basta la vita d'un uomo per imparare a leggere speditamente. Coloro che vogliono imparare le scienze vanno al Cairo.

Gli avanzi degli antichi edificj fatti di pietre, e coperti dall'arena, sono le cave ove gli abitanti della nuova Alessandria prendono i materiali per fabbricare le loro case. Tutto questo spazio è inoltre seminato di cisterne, alcune delle quali ornate da più ordini di colonne con archi gli uni sopra gli altri. Vi si vedeva anticamente una moschea detta moschea dalle mille colonne.

Molte colonne dissotterrate in questo luogo erano state in varie epoche condotte sulla riva del mare, di dove volevansi trasportare in diversi paesi di Europa; ma trovandosi un giorno in porto una flotta turca, e spiacendo ai capitani che la comandavano di non avere un comodo sbarco, fecero gettare in acqua tutte le colonne, ammonticchiandole le une sulle altre; ed in tal modo sorse ad un tratto un molo di preziosissimi materiali, rapiti un'altra volta e forse per sempre al lusso europeo.

Gli obelischi, detti ancora guglie di Cleopatra, trovansi in sull'estremità del porto di levante, presso ad una grossa torre chiamata la torre lunga. Sono due, una in piedi e l'altra rovesciata in terra, ambedue di granito rosso di tegola, e coperte di geroglifici assai ben conservati sopra alcuni lati, in altri quasi affatto cancellati. Si fecero alcuni scavamenti per discoprirli del tutto; e perchè i dotti europei ne hanno fatta un'accurata descrizione, come pure della colonna di Pompeo, e delle catacombe reali, ne ho copiato i loro disegni. La base dell'obelisco in piedi è appoggiata sopra tre scaglioni di marmo bianco cocleare.

La colonna Pompea, colosso forse unico nel suo genere, dello stesso granito degli obelischi fu pure esattamente descritta. È questa composta di quattro blocchi1 che formano il piedestallo, la base, il fusto ed il capitello: il fusto è lungo sessantatrè piedi un pollice e tre linee, sopra otto piedi due pollici e due linee di diametro nella parte inferiore. Quanto mai sono fallaci i sensi degli uomini! In distanza di cinquanta passi da questo monumento, l'occhio ancora non s'accorge della grandezza del colosso che gli sta d'avanti; e l'immaginazione anche a brevissima distanza non è altrimenti colpita da così enorme mole. Ciò procede dal trovarsi la colonna sopra una piccola altura senza avere in vicinanza verun oggetto di ordinaria dimensione, che faccia le funzioni di scala di agguaglio. I sensi rappresentanci una grande colonna, e nulla più, ma quando s'arriva in distanza di soli dieci o dodici passi, allora, come ci cadesse tutt'ad un tratto una benda dagli occhi, vediamo tutta la grandiosità del monumento. Noi impariamo a vedere toccando, e qui l'occhio non dà la misura dell'oggetto che quando siamo vicini a toccarlo, o in istato almeno di agguagliare alcune delle sue parti col nostro corpo: allora un lampo di luce viene a sorprendere la nostra immaginazione scoprendoci la maravigliosa mole che abbiam sotto gli occhi. Io sperimentai più volte questo fenomeno dell'ottica, che le persone dell'arte hanno dottamente spiegato. Il capitello forato in più luoghi ci fa conoscere che altra volta sosteneva una statua. Ignorasi affatto l'epoca della colonna e degli obelischi; ed i nomi di Cleopatra e di Pompeo non possono risguardarsi che quali moderne intitolazioni, mentre questi monumenti sono più antichi de' personaggi da cui ebbero il nome. Quello di Severo dato da taluni alla colonna è ancora più assurdo perchè non ha altro fondamento che l'ignoranza della lingua araba. Questi popoli la chiamano el Souari, vocabolo che significa colonna, e che nella imperfezione della scrittura araba scrivesi cogli stessi caratteri o lettere che il vocabolo Severo; lo che diede luogo all'errore.

Alcuni Arabi più istruiti pensano che la colonna sia opera d'Alessandro, da loro detto Scander: ma io ho trovato fra i dotti del paese una più rispettabile tradizione, e più analoga alla natura ed alla grandezza dell'oggetto; questa vuole che la colonna fosse inalzata a' tempi di Ercole, ch'essi dicono Scander-el-Carnéinn, ossia Alessandro dai due secoli, perchè la traduzione lo fa vivere due secoli; e non Alessandro dalle due corna, come alcuni autori tradussero questo nome. Carn significa secolo, e carneinn, duale di carn, due secoli.

Le catacombe o grotte che formano l'antica Necropoli, (città de' morti) sono un altro oggetto degno dell'attenzione del viaggiatore. Molte sono cavate nella roccia a guisa di camere più o meno grandi, con uno, due e tre ranghi di nicchie destinate a ricevere i corpi. Presso alla casa di un marabotto detto Sidi-el-Pabbari vedesi una specie di strada tutta composta di catacombe poste a' piedi di due côlli l'uno in faccia all'altro. Da una banda quasi tutte le catacombe sono chiuse dalla sabbia, ad eccezione di una grandissima che contiene tre sale ed un infinito numero di nicchie. Dall'altro lato numerai undici catacombe in generale assai ben conservate, le quali hanno tre ranghi di nicchie.

Ma le più magnifiche grotte sono quelle al S. O., due miglia distanti dalla città. Sembra che queste fossero destinate ai re d'Egitto; ed oggi sono ridotte ad estremo deperimento; onde non tutte sono praticabili. Prima d'inoltrarvisi convien tirare alcuni colpi di fucile o di pistola per atterrire le bestie feroci che d'ordinario ricoveransi in questi lugubri soggiorni, come per mettere l'aria in movimento. Si entra poscia con più fiaccole, e muniti d'una corda che serve di guida per il ritorno, attaccandone una estremità all'ingresso.

Per l'eccessivo calore che vi regna si suda come in un bagno a vapore, talchè prima d'uscire fummo forzati d'intrattenerci mezz'ora nel primo salone, mettendoci gradatamente al livello dell'esterna temperatura. Le tenebre sono così dense, che più fiaccole riunite appena bastano per distinguere alcuna cosa assai da vicino, anche dopo esservi rimasti un'ora, e quando la pupilla dell'occhio ha già acquistato tutto il dilatamento di cui è capace. Le bestie feroci che abitano queste catacombe vi portano le loro prede per divorarle, onde il suolo è pieno di ossa d'ogni specie d'animali, alcune delle quali recentemente spogliate. Non sonovi pipistrelli come in quelle di Amatunta, ma in vece un infinito numero di falene, ossiano farfalle notturne, e mosche di vivaci colori come le cantaridi. Vi si trovano pure molti rospi i di cui buchi s'internano nel suolo, ove trovano l'acqua a poca profondità: la loro pelle d'un bianco grigio sembra coperta di polvere. Tali sono i presenti abitatori di questo soggiorno della morte, che l'uomo preparò con tanto lusso onde perpetuare l'esistenza delle mortali sue spoglie. I corpi postivi dalla vanità, ridotti da più secoli in polvere, non lasciarono veruna traccia, ed ignoriamo i nomi di tutti coloro che fecero scavare questi monumenti.

A pochi passi all'ovest delle catacombe vedonsi i bagni di Cleopatra, i quali sono composti di tre camere cavate nella roccia, di forma quasi quadrata di circa undici piedi da ogni lato. L'acqua del mare può entrarvi per tre aperture alcuni piedi più alte del suolo. Bagni accanto alle case della morte?.. Per chi, ed in qual tempo furon fatti?.. Nulla, assolutamente nulla sappiamo di tutto questo. Oh perdita irreparabile della biblioteca d'Alessandria…! Ma io rispetto la decisione del Califfo del maggior de' profeti.

Seguendo la riva del mare una lega più all'O. si trova l'abitazione d'un marabotto detto Sid iel-Ajami. È questo il luogo in cui sbarcò l'armata francese.

1

Termine usato universalmente dagli artisti per dinotare un pezzo di marmo grezzo.

Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3

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