Читать книгу Natale Nell'Abbraccio Del Duca - Amanda Mariel, Christina McKnight - Страница 6
PROLOGO
ОглавлениеDorset Inghilterra, 1812
Lady Marina Ellis si avviò cautamente verso la scrivania di suo padre, facendo attenzione a tenere gli occhi bassi pur mantenendo la testa alta. Lui non l’aveva convocata qui per una cortese chiacchierata. No, anzi, al contrario. Come aveva scoperto, lei era la causa di un tremendo imbarazzo e senza dubbio lui intendeva farle pagare le sue trasgressioni.
Deglutì per superare la tensione che si sentiva in gola mentre si avvicinava. Non poteva – non voleva – dare segni di nervosismo o di dispiacere , ma anzi manteneva un comportamento esteriore estremamente controllato, perché se non lo avesse fatto il Padre avrebbe distrutto in lei ogni dignità che ancora le rimaneva. Attingendo da ogni briciola di coraggio che possedeva, Marina incontrò il suo sguardo infuriato. “Padre.”
Gli occhi verdi di lui erano pieni di tempesta, la rabbia gli corrugava la fronte e gli arricciava il naso mentre la fissava. “Sedetevi.”
Lei si accasciò sulla poltrona dall’alto schienale che si trovava di fronte alla scrivania del padre e incrociò le mani sul suo grembo. Marina posò lo sguardo sulla madre, che era in piedi accanto suo padre. La rabbia non alterava i suoi lineamenti come faceva con suo padre. Invece, un’emozione molto peggiore si leggeva sul suo tenero viso addolorato. Il cuore di Marina si contrasse al pensiero che proprio lei avesse causato quella enorme tristezza a sua madre. Non aveva riflettuto su come le sue azioni sconsiderate avrebbero potuto ricadere sulla sua famiglia. Un errore di giudizio che certo non avrebbe ripetuto.
Il rimpianto , come la paura, la soffocava, ma non aveva nessun altro da biasimare tranne lei. Qualunque fosse stato l’esito di questo incontro, lei avrebbe dovuto farvi fronte e sfruttare al meglio la situazione.
Marina lottò contro l’impulso di agitarsi sulla sedia. Si ricordò di non mostrare segni di cedimento perché il padre di certo ne avrebbe approfittato. Banfeld aveva usato la sua debolezza, la sua ingenuità e fiducia, contro di lei. Forse tutti gli uomini usano comportarsi in questo modo. Era possibile che mentre le donne imparavano il ricamo, gli uomini si industriassero nell’ arte della seduzione? Santo cielo, sperava di no, anche se sembrava che le cose stessero davvero così.
“Guardatemi, ragazza,” disse il padre.
Il suo tono basso e minaccioso le fece venire un brivido lungo la schiena. Marina incontrò lo sguardo indagatore di lui e si sforzò di restare immobile e diritta sulla sedia.
Era stata sciocca e leggera a cadere nella trappola di Lord Banfeld. Tuttavia, era accaduto e ora avrebbe pagato caro le sue trasgressioni. Basandosi sul modo in cui il padre la stava fissando, avrebbe scommesso che il prezzo da pagare sarebbe stato superiore a quello che avrebbe mai immaginato. Un brivido di terrore le fece venire la pelle d’oca su tutto il corpo.
Lui non le avrebbe mostrato pietà.
Non importava che Lord Banfeld l’avesse sedotta con le sue dolci parole e le promesse di matrimonio. Non faceva alcuna differenza che lui avesse insistito sul fatto che non era necessario aspettare per fare l’ amore. Marina aveva accettato intenzionalmente di andare a letto con lui.. Lui non l’aveva costretta. E in realtà non avrebbe neanche avuto bisogno di chiederglielo.. Dopotutto, avevano deciso di sposarsi e lei era sicura che lui l’ amasse. Che motivo aveva per negargli il suo corpo?
Non le aveva dato nessun motivo per farlo, perché aveva promesso di avere cura di lei in futuro. Solo qualche mese di attesa, e se si fosse scoperta incinta, l’ avrebbe sposata subito. Diceva che il suo futuro non avrebbe avuto senso, perché niente era più importante del suo amore per lei. Col senno di poi avrebbe dovuto chiedersi che cosa
lui avesse da perdere. Era un signore, il suo futuro era chiaro e brillante . Avrebbe dovuto capire che stava prendendosi gioco di lei. Ma perché?
Quella era una domanda a cui non avrebbe mai ottenuto risposta. Quando si recò dall’ amante per dirgli che era in attesa di un bambino, lui l’aveva congedata. Si era comportato come se non avesse alcuna responsabilità nella faccenda, e per le sue conseguenze.. Dopo averla accusata di essersi comportata lei come una donna di malaffare e aver ripudiato il figlio che portava in grembo, lui le aveva chiuso la porta in faccia.
Sentì una fitta al cuore al ricordo. Era stata tremendamente ingenua, la donna più stupida di tutta l’ Inghilterra. Mai più avrebbe permesso a un uomo di approfittarsi di lei.
Preparata ad affrontare le conseguenze, Marina scacciò i suoi pensieri e fissò gli occhi del padre . Rimuginare sugli errori del passato e avvilire se stessa non l’avrebbe aiutata. Il danno era ormai fatto, ma aveva imparato una lezione importante. Non avrebbe più concesso il suo cuore a nessun uomo che non si dimostrasse degno del suo amore. Lo avrebbe custodito con ferocia, la lezione di oggi le sarebbe bastata.
Il padre si sporse in avanti e Marina sussultò nonostante i migliori sforzi per rimanere calma. Per come la fissava, le sembrava di starsene seduta davanti al suo carnefice. I suoi occhi verdi irradiavano rabbia costringendola ad abbassare lo sguardo per un attimo. Una parte di lei avrebbe piuttosto desiderato di trovarsi di fronte al boia. Il carnefice almeno avrebbe fatto presto, mentre il padre stava trascinando la sua punizione a un ritmo insopportabile.
Forse avrebbe dovuto difendersi, ma cosa poteva dire? Il padre non avrebbe ascoltato nessuna delle sue parole. A lui non importava affatto che lei provasse rimorso, né che fosse stata sedotta e abbandonata da un signore che parlava con garbo e che le aveva promesso di sposarla. No, usò le sue parole solo per ferirla ulteriormente.
Al padre non interessava altro che il suo titolo e la sua reputazione. Era sempre stato così. Le figlie non erano che ragazze con l’ obbligo di sposarsi e l’amore era un sentimento inutile. Quante volte le aveva detto che l’affetto era una debolezza? E ora che era rovinata, era inutile replicare.
Tuttavia, quel silenzio era atroce. Marina lanciò un’occhiata verso la madre, chiedendole aiuto senza parlare. La madre sorrise debolmente con le labbra tremanti, poi fece un cenno con la testa verso il padre. Era l’ultima persona su cui Marina avrebbe desiderato soffermare lo sguardo, ma chiaramente non aveva molte possibilità di scelta. Guardò di nuovo verso il padre. Rimase un attimo in silenzio, inspirò profondamente e poi disse: “Per quanto possa valere, ho rimorso per ciò che ho fatto. Sono terribilmente pentita.”
La tempesta di rabbia negli occhi del padre si intensificò e un’ ombra ne oscurò il colore facendoli apparire quasi neri. “Voi non comprendete affatto il significato della parola pentimento. Altrimenti, non ci troveremmo in questa situazione.”
Marina trattenne le sue lacrime che stavano aumentando. Non si era aspettata che il padre le credesse, ma la violenza delle sue parole la addolorava ugualmente. Aveva trascorso la sua infanzia cercando di meritarsi il suo affetto e, da ragazza, cercava disperatamente di ottenere il suo amore. Stanca di essere stata allontanata e ignorata, Marina aveva finalmente raggiunto la conclusione che non c’era niente che potesse fare per indurlo ad amarla.
Era solo una ragazza che viveva sotto la sua autorità. Una figlia da maritare per migliorare lo status della famiglia. C’era poco o nessun valore nelle ragazze. In ogni caso, questo è quello che diceva sempre suo padre. In cuor suo Marina sapeva di valere più di qualcosa, anche se non aveva mai osato sfidare la sua convinzione..
Il padre si sporse sulla scrivania puntando verso di lei un dito nodoso. “Che iI cielo mi aiuti, ragazza, capirete cosa significa davvero chiedere scusa quando avrò finito con voi !” La sua voce rimbombò, rimbalzando sui muri rivestiti di legno dello studio e risuonando nelle sue orecchie.
Colpita all’ improvviso dalla veemenza delle sue parole sobbalzò sulla sedia, mentre le lacrime le colmavano gli occhi. Marina si sforzò di raddrizzare il capo. Non avrebbe pianto. Piangere avrebbe solo peggiorato le cose. Il padre detestava le donne in lacrime.
Sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime e raddrizzò le spalle. “Sono pronta ad assumermi la responsabilità delle mie azioni.”
“Bene,” urlò il Padre, mantenendo il tono aspro della sua voce . “Lascerete subito questa casa.”
Marina lottò contro l’impulso di distogliere lo sguardo dal pavimento ricco di tappeti. Un desiderio disperato di protestare la attanagliava, ma poi strinse le labbra per evitare di pronunciare anche solo una parola. Interiormente, voleva urlare contro di lui. Voleva battere i piedi a terra e lanciargli contro degli oggetti. Marina avrebbe voluto fargli del male ma per adesso lui lo stava facendo a lei. Questo avrebbe solo accresciuto la sua rabbia e peggiorare le conseguenze, così tenne a freno la lingua.
Il padre continuò: “Ho disposto che andiate a stare con vostra zia, mia sorella Teresa nel Northumberland. Lì partorirete da sola il vostro bastardo . In seguito, vi verrà tolto. Per sempre. “Parlò sputando veleno e scandendo ogni sua parola. “Voi, Marina,” – il suo sguardo s’intensificò – “non farete mai più ritorno nella società. E non metterete mai più piede in questa casa.”
Lei soffocò il nodo che le si formò in gola mentre desiderava piangere per non svenire. Intendeva privarla del suo bambino!. Strappare il figlio dalla propria madre! Marina sentì la testa girarle, la nausea si impadronì di lei e le procurò dei conati di vomito.
Ma il padre continuò a puntarle il dito addosso e a guardarla con occhi duri come pietra. “Per quanto mi riguarda, voi non esistete più.”
“Augustus,” disse la madre con il tono straziato dal dolore e dall’angoscia, “È nostra figlia.”
“Silenzio!” Il padre alzò la mano, con il palmo rivolto verso la madre. “Questa non è più mia figlia.”
Le parole trafissero il cuore di Marina, ma non fu questo a distruggerla… no, le lacrime che scorrevano sulle guance della Madre lo fecero. Marina avrebbe venduto l’ anima per cancellare il dolore che aveva causato a sua madre, l’unica persona che l’ avesse mai amata, e ora proprio lei le aveva spezzato il cuore.
“Mi capite, ragazza?” il Padre continuò a fissarla, gli occhi duri e furiosi.
Marina tentò di parlare ma non uscì alcun suono dalle sue labbra. Invece fece un piccolo cenno con la testa. Non c’era più niente che potesse fare. Aveva già fatto abbastanza.
Aveva distrutto il suo destino e ora doveva . accettarne le conseguenze. Non c’era nient’altro da dire..
“Molto bene.” Il padre appoggiò le mani sulla scrivania. “Voglio che siate fuori di qui entro un’ora. Preparate l valigie e poi raggiungete la carrozza che vi sta già aspettando.”
Fece un altro piccolo cenno, desiderando sprofondare nelle assi del pavimento e scomparire del tutto. Il padre aveva sempre avuto il potere di farla sentire inetta. Questa volta era addirittura peggio perché era riuscita ad attirare le ire del padre su di se.. Poteva a malapena biasimarlo in quanto qualsiasi padre nella sua posizione si sarebbe infuriato.
“E questo è tutto.” Il padre le indicò la porta dello studio. “Scomparite dalla mia vista.”
Marina lottò contro l’impulso di guardare la madre mentre si alzava e si avvicinava alla porta. Non sarebbe morta per la perdita del padre, come era accaduto anni prima, ma il pensiero di perdere la cara madre la stava letteralmente facendo a pezzi. Con mano tremante allungò il braccio verso la porta e la aprì.
La voce del padre la fermò prima che potesse sparire nel corridoio. “Intendiamoci, non porterete con voi nessun oggetto di valore, oltre ai vostri effetti personali. Gioielli e cose del genere rimangono di mia proprietà . Non vi sarà permessa neanche la compagnia di una cameriera.”
Le sue parole di saluto diedero un ultimo colpo alla sua compostezza. Marina permise alle lacrime di sgorgarle dagli occhi mentre barcollava nel corridoio con un disperato bisogno di fuggire da lì.
Non le importava dei gioielli e di tutto il resto. No, questo non aveva alcuna importanza. Le cose vere, concrete – amore, famiglia, amicizia – non potevano essere comprate col denaro. Tuttavia, questa ennesima durezza le confermò ancora una volta quanto al padre importasse poco di lei.
Marina entrò nella sua camera da letto e si buttò sul letto. A lungo permise alle sue emozioni di affluire con violenza. Calde lacrime le rigarono il viso e le sue spalle sussultarono mentre il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi. Aveva scatenato l’ inferno, davvero. Ma lei non poteva fare nulla per cambiare le sue azioni passate o la testa di suo padre. Tutto quello che poteva fare era ricostruirsi un futuro.
Esausta, si asciugò la faccia con il dorso delle mani. Piangere non le avrebbe certo fatto bene. Doveva farsi coraggio e affrontare la sua nuova realtà. Sfruttare al meglio le circostanze e tenere d’occhio il futuro. Solo questo le avrebbe permesso di non soccombere..
Riprendendo il controllo, Marina andò verso il suo guardaroba. Scelse alcuni abiti e una camicia da notte, insieme a una vestaglia, poi li mise nella sua valigia. La sua determinazione aumentava ad ogni oggetto che infilava nella borsa da viaggio, e quando alla fine ebbe terminato decise di affrontare il suo destino a testa alta.
Al diavolo il padre!
Poteva rinnegarla. Poteva mandarla via. Poteva bandirla dalla sua casa e dalla società – ma non poteva distruggerla. Non poteva prendersi suo figlio e il suo futuro. In qualche modo avrebbe trovato un modo per salvarli entrambi. Un sorriso le increspò le labbra quando si rese conto che avrebbe potuto magari crescere il suo bambino, e ancor più, ottenere quello che desiderava.
Marina appoggiò la mano sulla sua pancia gonfia e guardò in basso dove il suo bambino le riempiva l’ addome. “Andrà tutto bene, piccolino.”
La porta cigolò e Marina si mise sulla difensiva mentre la madre entrava nella stanza. La mamma abbracciò Marina con calore. “Sono terribilmente addolorata.”
“Non avete nulla di cui rimproverarvi,” disse Marina, poi sprofondò nel calore della madre, nutrendosi dell’affetto che lei le offriva. L’unico vero amore che avesse mai provato proveniva dalla mamma, e di questo le sarebbe sempre stata grata.
“Mi dispiace per il dolore che vi ho causato.” Marina si irrigidì leggermente, aspirando il profumo di lavanda della madre mentre l’abbracciava. Come desiderava poter consolare sua madre, alleviare il dolore che le aveva causato. Purtroppo, un abbraccio non avrebbe mai potuto cancellare la ferita che Marina aveva causato, e non solo a sua madre,
Marina si staccò dalla madre e la guardò, sperando che la mamma potesse intuire l’amore e la gratitudine che irradiavano dalla sua anima. “Devo andare,” la voce di Marina si incrinò tradendo le sue forti emozioni
Una lacrima scivolò dagli occhi della madre mentre con il dorso della mano accarezzava la guancia di Marina. “Cambierà idea, tesoro. Dategli un po’ di tempo e lo farà. Lui non vi caccerà davvero. Non per sempre.”
Marina non osava dare credito alle parole della madre perché sapeva che il padre non le avrebbe mai permesso di tornare. Ma si impose di non sconvolgere ancora di più la madre esponendo il suo pensiero. Invece, si sforzò di sorridere. “Fino ad allora…” La gola le si chiuse definitivamente e le parole echeggiarono mute “Sì, finché non tornate, cara.” La mamma la baciò sulla fronte. “Per amor vostro sicuramente lo farà.”
Marina si allontanò e sollevò la valigia dal letto. Liberando un respiro che non si era resa conto di aver trattenuto, alzò il mento e uscì dalla stanza.
Una silenziosa speranza si fece luce nel suo cuore mentre si dirigeva verso la carrozza in attesa. Una speranza per il futuro, quello che avrebbe condiviso con suo figlio.