Читать книгу Sangue Saziato - Amy Blankenship, Amy Blankenship - Страница 4
Capitolo 3
ОглавлениеAlicia aveva appena finito di preparare il caffè quando il suo cellulare iniziò a squillare. Precipitandosi verso la borsetta, lo afferrò dando una rapida occhiata all’ID del chiamante. Se lo portò all’orecchio con un sorriso smagliante.
“Ehi Micah, che succede?”.
“Hai un po’ di tempo per il tuo fratellone?” chiese lui, voltando le spalle agli altri due nella stanza in modo che non potessero vedere l’espressione di sollievo sul suo viso. Si aspettava quasi che fosse Damon a rispondere al suo telefono.
Alicia scrollò le spalle “Sì, credo di sì. Damon è fuori con Michael e Kane. Probabilmente starà via ancora per un po’.”.
“Bene, perché mi serve un favore.” iniziò Micah. “In una cella c’è una lupa che abbiamo appena salvato dai commercianti di schiavi. Non si è ancora trasformata ma, quando lo farà… le serviranno dei vestiti. Pensi di poterle portare qualcosa qui in centrale?”.
Alicia guardò il suo enorme armadio pieno di vestiti prima di annuire “Sì, penso di riuscire a trovare qualcosa. Quando vuoi che venga?”.
“Appena sei pronta.” rispose Micah. “Non sappiamo quando finirà l’effetto del tranquillante.”.
“Arrivo subito.” disse Alicia. “Ti serve qualcos’altro?”.
“Sono contento che me l’hai chiesto.” rispose Micah, facendole percepire il proprio sorriso. “Ho bisogno che tu lanci l’incantesimo su un altro lupo e lo costringi a rispondere ad alcune domande per noi. Pensi di farcela?”.
“Sì.” rispose lei un po’ troppo in fretta. “Dammi un po’ di tempo per vestirmi e prendere qualcosa per quella povera ragazza e arrivo.”.
Riagganciò, e un sorriso smagliante le apparve sul viso mentre si affrettava a vestirsi. Era bello avere qualcosa da fare mentre Damon era via. Almeno adesso si sentiva utile e, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto dimostrargli che era davvero capace di fare qualcosa da sola.
Infilandosi i suoi jeans preferiti e una maglietta nera abbottonata di Damon, tirò fuori un borsone di pelle e prese due completi dall’armadio. Uno nel caso in cui alla ragazza piacessero le cose frivole e l’altro che la facesse sentire forte e sicura di sé. Perché non darle la scelta tra elegante o tosta? E poi, Damon aveva riempito più della metà del suo armadio con abiti da cattiva ragazza, che si abbinavano alle sue stesse azioni da cattivo ragazzo.
Una volta piegati i vestiti, rovistò tra alcuni capi di biancheria intima che non aveva ancora mai indossato e li mise nel borsone insieme a qualcosa da usare per la notte. Pensò che qualsiasi ragazza, dopo essere stata tenuta prigioniera, avrebbe apprezzato piccole cose come la biancheria intima pulita, lo spazzolino da denti e magari un po’ di trucco.
Diede un’ultima occhiata in giro per la stanza, per assicurarsi di non aver dimenticato nulla. Posando lo sguardo sui suoi accessori per capelli, prese un pettine e una spazzola insieme ad alcuni elastici cosicché la ragazza potesse legarsi i capelli, se voleva.
Alicia sorrise, si mise il borsone a tracolla e si diresse verso la porta. Era bello sapere che stava per rivedere Micah, anche se erano passati soltanto pochi giorni. Le mancava.
Il fatto che avesse chiesto aiuto proprio a lei era abbastanza emozionante. L’idea di lanciare un incantesimo di obbedienza per fini legittimi, e il fatto che il suo obiettivo fosse un lupo mannaro e non un umano, erano una sfida per lei.
Gli umani erano molto più facili da controllare perché non erano immuni, a meno che non fossero sensitivi o indossassero un ciondolo come il suo. Damon le aveva detto che era più difficile controllare i mutanti perché i loro sensi erano più acuiti. Purtroppo non aveva avuto molte occasioni per fare pratica sugli umani, Damon la lasciava uscire a malapena dalla camera da letto.
Alicia raddrizzò le spalle. Quella era la sua occasione per fare un po’ di pratica senza distrazioni sessuali. Proprio mentre usciva dalla camera da letto, Kane si fiondò attraverso la porta d’ingresso borbottando sottovoce.
“Tutto bene?” gli chiese Alicia.
Kane non sembrò ascoltarla e continuò a borbottare a proposito di una donna di nome Olivia. All’improvviso si bloccò e imprecò a gran voce.
“Accidenti!” gridò. “Victoria… non Olivia!”.
Michael e Damon entrarono proprio in quel momento, ridacchiando entrambi per la scenata di Kane.
Alicia quasi si lamentò per il tempismo di Damon. Era felice di vederlo tornare sano e salvo, tuttavia aveva sperato di avere il tempo di andare e venire dalla centrale prima che lui tornasse.
“E così tu saresti quello che si ricorda il nome di tutte le donne con cui è stato.” disse Damon lentamente.
“Certo che me li ricordo.” ringhiò Kane.
“E allora chi è Olivia?” chiese Michael.
“Va’ all’inferno!” borbottò Kane, prima di dirigersi verso la sua camera da letto.
“Chissà qual è la risposta a questa domanda.” disse Michael dirigendosi verso la tromba delle scale, poi si fermò vedendo Alicia in piedi sulla soglia della sua camera da letto, con l’espressione di chi è appena stato colto sul fatto.
Kane chiuse la porta della sua camera e trovò Tabatha in piedi, con le braccia incrociate sul petto.
“Allora, chi sono Olivia e Victoria?” gli chiese.
“Le ex di Damon e Michael.” rispose lui senza esitazione, e posò le labbra sulle sue.
Nell’atrio, Damon fu subito attirato da Alicia e quasi sorrise quando la vide con indosso una delle sue magliette. Tuttavia, si accigliò per il modo in cui lei si stava mordendo il labbro inferiore, e la scrutò attentamente. I suoi occhi si socchiusero pericolosamente quando vide il borsone a tracolla su una spalla.
Alicia sbatté le palpebre quando Damon apparve improvvisamente a pochi centimetri da lei, bloccandole la strada con i palmi sugli stipiti della porta e intrappolandola contro la superficie di legno. Si sporse e la guardò senza dire una parola, ma lei conosceva bene quell’espressione nei suoi occhi.
Si sentiva un po’ nervosa e cercò di nascondere la cosa sorridendo “Sono felice che tu sia tornato.”.
“Ah davvero?” chiese lui, incapace di impedire che il proprio lato oscuro avesse la meglio. “Se fossi arrivato qualche minuto dopo… ti avrei trovata ancora qui ad aspettarmi?”.
Alicia non poté resistere all’istinto di autoconservazione e alzò la mano per toccarsi la collana che non aveva più al collo. Si ricordò di averla data a Nick e sussultò quando si accorse che Damon aveva seguito con gli occhi il suo movimento nervoso, per poi lanciarle uno sguardo cupo color ametista.
A quel punto lei sapeva che mentire sarebbe bastato a farlo scattare, con il rischio di tante altre cose… compresa l’ennesima sculacciata. Sentendo il rossore affiorarle sulle guance, alzò il mento in segno di sfida e gli disse tranquillamente la verità.
“No.”.
Sospirò quando Damon girò la maniglia e la spinse indietro nella camera da letto. Sussultò quando la porta sbatté. L’espressione che vide sul volto di Michael prima che la porta si chiudesse la fece preoccupare.
“Dove stavi andando?” chiese Damon, assicurandosi di usare il verbo al passato.
“Stavo andando da Micah.” disse Alicia nel tentativo di chiarire l’equivoco, prima di ritrovarsi di nuovo a faccia in giù sulle ginocchia di lui.
“Pensavi di passare la notte da Micah?” le chiese Damon a bassa voce.
Un’espressione confusa apparve sul viso di Alicia prima che lei posasse lo sguardo sul borsone. Vide la biancheria intima e la spazzola in bella vista e sospirò. Okay… poteva capire il punto di vista di Damon, ma questo non le avrebbe impedito di punirlo con le parole per i suoi pensieri contorti.
“Ha bisogno di me.”. Le venne voglia di ringhiare quando lui la interruppe all’istante.
“Oh, ci scommetto.”. Damon si raddrizzò facendo un passo in avanti con imponenza. Quello di cui Micah aveva davvero bisogno era un prete per il suo funerale.
“Sai una cosa?” gli disse lei lentamente mentre alzava lo sguardo per incrociare il suo. “Sei un idiota.”.
“Se impedirti di lasciarmi fa di me un idiota… beh, allora così sia.” ribatté Damon.
“No, sei un idiota per aver pensato che ti stavo lasciando.” sbottò Alicia, sentendo crescere la propria rabbia per il fatto che lui stava ancora traendo conclusioni affrettate. “I vestiti non sono per me, Damon.” disse a denti stretti.
“Oh certo, vediamo come stanno addosso a Micah.” borbottò lui, immaginando già di strangolare Micah con quelle mutandine nere di pizzo.
Alicia avrebbe voluto ringhiare ma si trattenne perché c’era del vetro nella stanza. In realtà, era orgogliosa che Damon non avesse ancora distrutto nulla. Poi sussultò quando lo specchio della toeletta s’incrinò… la legge di Murphy.
“Maledizione Damon, smettila di essere così stupido!” sibilò, avvicinandosi ancora di più a lui e afferrandogli il davanti della camicia per fargli abbassare il viso. Aveva imparato come intimidire qualcuno dal miglior insegnante del mondo… lui. “Stanotte Micah e la sua squadra hanno salvato una femmina di lupo mannaro dai trafficanti di schiavi. Le stavo portando dei vestiti così avrà qualcosa da mettere quando si trasformerà di nuovo. Stavo per andare alla centrale perché sono adulta, Damon, e sarebbe andato tutto bene.”.
“Oh, tu credi?” chiese lui, sapendo che Alicia aveva completamente dimenticato che la città era piena di demoni.
“Non lo credo, io lo so. Tu hai appena aiutato tuo fratello… adesso è ora che io aiuti il mio. Da quando mi è proibito aiutare la mia famiglia?”. Alicia alzò un sopracciglio sfidandolo a dirle di no.
“Allora non è un problema se vengo con te… vero?”. Damon ringhiò, non gli piaceva vederla stringere quel borsone improvvisato come se stesse fuggendo.
Lei sogghignò “Bene, e quando dimostrerò che la tua teoria è sbagliata… ti farai ammanettare al letto.”.
“Questa non è una negoziazione.” dichiarò Damon, incrociando le braccia sul petto.
“No, infatti… è una scommessa.” ribatté lei con arroganza. “E se mi segui fuori da quella porta allora vuol dire che accetti l’accordo.”. Detto questo, alzò il mento, gli passò accanto e uscì dalla stanza.
Lui serrò le labbra e guardò lo specchio quando sulla sua superficie apparvero altre crepe. Placò la propria rabbia, felice di aver frainteso il comportamento di Alicia. E poi, doveva ammettere che farsi ammanettare al letto era un’idea piuttosto allettante.
Quando Alicia e Damon erano scomparsi nella loro stanza, Michael si diresse verso il tetto, non sopportava di starsene rinchiuso tra quattro mura. Sogghignò per la porta che non si chiudeva bene, avrebbero dovuto aggiustarla. La serata si preannunciava fresca e lui chiuse gli occhi, godendo della brezza che lo circondava.
Sentendo la porta d’ingresso chiudersi, si avvicinò al parapetto e guardò giù. Vide Damon e Alicia che lasciavano l’edificio, lei camminava con aria quasi altera. Sentì un sorriso affiorargli sulle labbra quando Damon dovette affrettarsi per raggiungerla e prenderla per mano.
Poteva anche non pensarla così, all’inizio, ma adesso doveva ammetterlo… Alicia era la ragazza perfetta per suo fratello. Sapeva come gestire la sua rabbia e ottenere quello che voleva.
Alzò un sopracciglio quando Damon la fece girare per baciarla. La coppia si prese un momento per riconciliarsi, poi Damon alzò lo sguardo verso suo fratello, con aria perplessa. Michael fece un cenno con la testa e scrollò le spalle, resistendo all’impulso di sgridarli. Come se percepisse cosa stava accadendo nella testa di Michael, Damon abbracciò Alicia più forte e la trascinò nell’ombra.
Michael scosse la testa e fece un sorrisetto prima di girarsi, con il pensiero di tornare in casa. Si fermò quando percepì la passione di Tabatha e Kane dall’interno.
“Hanno fatto pace.” mormorò, poi rivolse la propria attenzione verso gli alti edifici circostanti.
Si sgranchì spalle e collo, sentendo un’improvvisa ondata di energia repressa. Ripensò ad Aurora e alla passione ardente che avevano condiviso quando le loro strade si erano incrociate. Lei era come una forza della natura che lo eccitava con un solo sguardo. Chiuse gli occhi, immaginando di affondare i denti nella sua carne mentre raggiungevano il culmine insieme, saziandola mentre beveva il suo sangue.
Quel dolce sapore persisteva ancora sulle sue labbra e lui se le sfiorò con la lingua mentre il desiderio di un altro assaggio iniziava a sopraffarlo. Lui voleva… anzi, doveva entrare in lei mentre assaggiava di nuovo il suo sangue.
Poi aprì gli occhi di scatto, ammettendo la propria dipendenza. Scuotendo la testa, decise che doveva liberarsi di quell’energia che gli scorreva nelle vene a causa del sangue di Aurora. Quella scarica sarebbe scomparsa una volta per tutte o era condannato a bramare per sempre l’eccitazione del primo assaggio?
Saltando dal tetto, vagò per la città alla ricerca di qualcosa… qualsiasi cosa che lo distraesse dalla tentazione. Aveva combattuto per ridare ad Aurora la sua tanto agognata libertà da Samuel e non aveva intenzione di sostituirsi a lui come suo padrone.
Ricordò il modo in cui lei teneva le mani di colui che aveva chiamato ‘fratello’… quel tipo bellissimo di nome Skye. Era una stretta leggera, tenera e infantile… non era la passione che Aurora aveva mostrato con lui. Le avrebbe permesso di stare con suo fratello e, intanto, si sarebbe tenuto occupato nell’attesa che lei tornasse.
Muovendosi per le strade, Michael cominciò a percepire sempre più demoni… quelli che uscivano tardi e catturavano le povere anime che si avventuravano nel buio. La voglia di combattere prese il sopravvento e lui sorrise, sapendo che avrebbe potuto contribuire a liberare il mondo da qualche demone e magari smaltire anche un po’ della sua eccitazione. Aveva trovato la sua distrazione.
Quella decisione lo portò nella zona malfamata e il suo sguardo acuto guizzava di persona in persona alla ricerca della vittima perfetta, proprio come i vampiri senz’anima cacciavano i loro umani preferiti… i suoi bersagli, però, appartenevano al lato oscuro. Passò accanto ad alcuni demoni di basso livello accalcati ad un angolo della strada. All’apparenza sembravano una normale gang di quartiere e Michael li guardò mentre camminava.
Prima del suo arrivo erano rumorosi e turbolenti ma, mentre lui si avvicinava, si zittirono. Le sue labbra si curvarono quasi in un ghigno, come per fargli capire che sapeva esattamente cos’erano. Non si preoccupò di voltarsi indietro quando sentì il rumore di passi che si allontanavano rapidamente. Forse quei demoni erano più intelligenti di quanto pensasse.
Giungendo all’incrocio successivo, Michael scrutò gli edifici e le strade sporche, continuando a cercare. Stava per proseguire quando sentì un picco di potere… potere puro, dolce e pericoloso. Restrinse lo sguardo quando quell’odore lo avvolse e un senso di vertigine gli pervase la mente. Non era un potere grande ma era abbastanza forte da fargli venire voglia di annientarlo.
Il suono di un campanello lo fece voltare e il suo sguardo color ametista osservò la donna che uscì dal bar malandato dall’altra parte della strada. Indossava un top di pelle e una minigonna corta in pizzo trasparente, con calze a rete e tacchi a spillo neri. I suoi capelli erano di una miriade di colori che andavano da verde e rosa fluorescente a viola, nero e biondo.
Lei estrasse una bottiglia di liquore dalla borsa e svitò il tappo. Alzandola, ne bevve quasi metà tutta d’un fiato e poi si asciugò la bocca con il dorso della mano. Anche se all’apparenza sembrava umana, lui poteva vedere il vero volto del demone nascosto.
Michael si rilassò mentalmente e fisicamente. La maggior parte dei demoni incontrati in passato non sapevano cos’era lui in realtà… al massimo lo credevano erroneamente un vampiro. Sentendosi sopraffare da una finta calma, scese dal marciapiede.
Il demone si girò verso di lui e sorrise attraverso il corpo che aveva rubato per attirare la sua vittima. Michael sapeva che in passato i demoni si nutrivano di vampiri… persino Misery li aveva usati in quel modo.
“Buonasera, bellezza.” il demone fece le fusa sbattendo le sue lunghe ciglia.
Michael si avvicinò e la sfiorò con una spalla, girandole intorno e mantenendo il contatto fisico.
“In effetti è proprio una buona serata.” le sussurrò stando al gioco. “Chi sei?”.
“Qualsiasi cosa che tu vuoi che io sia.” sussurrò lei in risposta.
“Io voglio che tu sia te stessa.” le disse Michael all’orecchio, poi si mise davanti a lei. Sorrise lentamente mostrando i canini, che portavano sempre la gente a confondere lui e i suoi fratelli con i vampiri.
Il demone inclinò la testa di lato e sorrise di nuovo “Oh, capisco.”.
Michael annuì mentre rilassava il proprio sorriso “Certo che capisci.”.
“Puoi chiamarmi Morgana.”. Lei gli si mise a braccetto e si avviarono entrambi verso un vecchio edificio alla fine dell’isolato.
Entrarono e lei chiuse la porta. Michael si guardò intorno e notò la quantità di cadaveri che giacevano lì. Quel posto puzzava di sangue vecchio e di marciume… un luogo adatto a quel vorace demone che adesso era aggrappato al suo braccio.
“Ti piace la mia casa?” sussurrò Morgana, poi ridacchiò mentre si voltava per ammirare la propria fatica.
Michael scrollò le spalle “Sarà ancora meglio quando il tuo corpo senza vita finirà in mezzo agli altri.”.
Si chinò appena in tempo per evitare gli artigli di Morgana, improvvisamente lunghi, che cercavano di staccargli la testa. Torcendo il busto, Michael le affondò un gomito nel torace, facendola piegare. Le sferrò un pugno, colpendola al naso abbastanza forte da farla volare all’indietro.
Morgana finì a terra e guardò il vampiro, con il viso contorto in una maschera grottesca che mostrava la sua vera natura. I suoi occhi color nocciola si assottigliarono e divennero rossi, le sue sopracciglia s’incurvarono e la sua bocca, che prima era piuttosto attraente, si allargò in un orrido sorriso con denti aguzzi e malmessi. Lei fece scivolare fuori la sua lingua lunga e si leccò il sangue che le colava dal naso.
Michael fece una smorfia… era nauseante. Avrebbe fatto sicuramente un favore alla città liberandola da quel mostro. Tale bruttezza guastava il panorama.
Arrampicandosi all’indietro sul muro, lei balzò di nuovo verso Michael, dimenando i lunghi artigli davanti a sé. Stavolta gli lasciò un paio di graffi sul petto attraverso la camicia… non erano gravi ma sanguinavano comunque. Lui strinse il pugno destro e colpì il demone al viso, facendogli girare la testa in modo innaturale. Dandogli un rapido calcio al ginocchio, sentì le ossa frantumarsi. Non provò alcun rimorso, sapendo che il demone si era nascosto in un corpo già morto.
Quando Morgana cadde per la seconda volta, Michael si avvicinò lentamente e la afferrò per i capelli. Sollevandola da terra, si fermò per un istante e chiuse gli occhi quando l’odore del suo sangue lo pervase.
“Voi demoni non siete altro che mostruosi ibridi rinnegati dai Caduti che vi hanno generato.”. sibilò Michael, improvvisamente consapevole di cosa fossero davvero i demoni. Finora non aveva mai notato le deboli tracce di sangue di Caduto nei demoni… ma adesso conosceva il loro sapore.
I Caduti e gli Dei del Sole erano simili, in questo senso… creavano mostri a caso. L’unica differenza era il modo in cui li creavano.
Morgana allungò una mano verso il braccio che la teneva per i capelli e affondò gli artigli nella carne. Rimase senza fiato quando, all’improvviso, si ritrovò sollevata da terra, a fissare quei furiosi occhi color ametista. Le sue scarpe alte caddero sul pavimento e lei avvolse l’altra mano attorno alla nuca di Michael, sperando di spezzargli il collo e liberarsi.
Sentendosi penetrare da quello sguardo color ametista, finì per indebolirsi, rimanendo appesa per i capelli.
“Lasciami andare.” sussurrò Morgana, improvvisamente impaurita. Lei era forte, una delle più forti in quella zona malfamata, eppure quel vampiro, che lei aveva creduto una vittima facile, era assai più forte di qualsiasi creatura avesse mai incontrato.
“Lasciarti andare?” chiese Michael, come se quel concetto gli fosse estraneo. “Hai ucciso per fame tutti questi umani e questi demoni, in base al loro aspetto, e vuoi che ti lasci andare?”.
“Ti darò tutto il sangue umano che vuoi.” Morgana piagnucolò e sibilò allo stesso tempo. “Sarò la tua serva… io li attirerò e te li porterò.”.
“Non mi serve aiuto per procurarmi da mangiare.” disse sardonicamente Michael. La sua voce si ammorbidì all’improvviso “Però… scommetto che i demoni hanno un sapore migliore di quello degli umani.”.
Morgana sussultò quando un improvviso dolore lancinante le pervase la spalla, e la sensazione del vampiro che assorbiva la sua essenza le fece emettere un verso disumano. Riprese a dimenarsi e lo graffiò con furia, ma la vera oscurità stava iniziando ad offuscarle la vista.
“Chi sei tu?” sussurrò con un ultimo respiro.
Michael resistette e succhiò l’ultima goccia di forza vitale di Morgana, prima di lasciarla cadere a terra. Sogghignò quando sentì il tonfo sordo del cadavere. Non sapeva di poter uccidere i demoni prosciugandoli… scommetteva che neanche loro ne erano a conoscenza, visto che i vampiri senz’anima bramavano soltanto il sangue umano.
Guardò con disgusto il demone raggrinzito “Puoi chiamarmi Michael.”.
Atterrò piano sul pavimento e si diresse verso la porta. Usando le maniche, si ripulì il sangue sulle labbra, poi lo guardò… sangue nero, sangue contaminato. Aprendo la porta, uscì sul marciapiede e si sistemò la giacca in modo che non si notassero gli strappi sulla camicia.
Poi si voltò e tornò da dov’era venuto, notando che un gruppo di demoni si era radunato all’ingresso dell’edificio. Dovevano essere i subalterni di Morgana accorsi per ammirare colui che aveva ucciso la loro padrona. Quelle creature non mostravano alcun segno di vita umana e Michael non vi prestò attenzione mentre gli passava tranquillamente davanti.
Aveva fatto quello che voleva fare e nessun’altra creatura lì meritava la sua attenzione… il loro potere di basso livello non valeva il suo tempo. Più erano potenti, più avevano il sapore dei Caduti… ne era sicuro.
La scarica procuratagli dal sangue di Morgana adesso gli pulsava nelle vene ad un ritmo pacato e caotico. Lo stava riscaldando e stava intensificando i suoi sensi… ciò gli ricordò di quando aveva bevuto il sangue di Aurora.
Michael si bloccò quando si rese conto di cosa stava pensando. All’eccitazione si aggiunse subito il panico e il pensiero di Aurora gli fece accumulare la paura nello stomaco, accompagnata da un brivido profondo. Ricordò l’avvertimento di Kane dopo aver ucciso Samuel sul tetto. Aveva fatto notare ad Aurora la pericolosità del lasciargli bere il proprio sangue.
Cercando un motivo, si ricordò di Samuel che sfidava Aurora, dicendole che i demoni in città erano abbastanza forti da uccidere con facilità un Caduto… e che ne avevano già uccisi altri finora. Quei demoni erano un pericolo per lei… Samuel non aveva mentito su questo.
Un lento sorriso affiorò sulle labbra di Michael. Adesso aveva un valido motivo per nutrirsi dei demoni che vagavano per Los Angeles. Non solo avrebbe protetto Aurora, ma avrebbe anche soddisfatto la propria brama con il sangue diluito degli ibridi. Assumendolo a piccole dosi sarebbe riuscito a controllarne meglio gli effetti collaterali indesiderati, come i terremoti o l’essere ucciso da Syn.
“Sarà un bene per tutti.” concluse Michael, poi infilò le mani in tasca godendo della propria eccitazione e cercò la sua prossima vittima.