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Capitolo 1 “Risate malvagie”

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Di solito, il film “La Casa 2” la spaventava a morte. Per fortuna, Kyoko era così assonnata da riuscire a malapena a vedere lo schermo della TV, e questo la diceva lunga, visto che si trattava di un sistema home theater da 73 pollici. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si destò di scatto, alzando la testa per guardare l’orologio digitale del lettore DVD.

Le tre del mattino! L’ultimo battito di ciglia era stato la sua rovina. Aveva dormito per più di un’ora.

Aveva l’abitudine di restare sveglia finché non vedeva che tutti erano tornati a casa sani e salvi, quindi iniziò subito a contare “le teste”. Fece per raddrizzarsi, ma si rese conto di essere bloccata tra lo schienale del divano e Toya.

Abbassò lo sguardo e arrossì violentemente. Lui le teneva la faccia premuta sullo stomaco e un braccio attorno alla vita. Come faceva ad addormentarsi con lui che girava per la stanza, per poi svegliarsi appiccicata lui nelle posizioni più strane? Era una cosa snervante. Se non avesse dormito così profondamente, lo avrebbe fatto rotolare a terra.

Kyoko alzò gli occhi al cielo, consapevole di averlo pensato decine di volte, ma finora... non l’aveva mai fatto.

La sua espressione s’intenerì vedendo i suoi capelli neri e argentati tutti spettinati. Sembrava sempre così dolce quando dormiva... era davvero un peccato che non potessero tenerlo sempre addormentato. Sorrise mentalmente per quella battuta. Accidenti, era la verità. Toya, segretamente dolce e affettuoso, era sempre il primo ad iniziare un litigio.

Si tirò su oltre lo schienale del divano per non strisciare sopra di lui, si rimise in piedi e si guardò attorno.

Scosse la testa, chiedendosi perché avevano preso tutti l’abitudine di dormire in quell’enorme soggiorno quasi ogni sera, quando ognuno aveva la propria stanza con letto matrimoniale. Dando una rapida occhiata in giro, notò che tutti quelli che stava aspettando erano presenti tranne Kyou, il che era normale, e Tasuki, che aveva il turno di notte quella settimana.

Con Kyou come capo, immaginava che fosse troppo chiedergli di divertirsi con i poliziotti, i detective e i sensitivi che lavoravano per lui.

Le balenò in mente un pensiero molto cattivo e divertente, e lei sorrise. Se qualcuno fosse stato sveglio per vederla, sarebbe scappato spaventato. I ragazzi la prendevano in giro così tanto, ultimamente, che decise che era arrivato il momento di vendicarsi... dieci volte peggio.

Si avvicinò di soppiatto a Shinbe, che dormiva sul divano. Con cautela, prese il telecomando della TV che, in qualche modo, era finito sul suo grembo. Kyoko si bloccò quando lui si mosse e mormorò qualcosa a proposito di pelliccia di coniglio e sciroppo di cioccolato nel sonno.

Scuotendo la testa, gli sottrasse il telecomando e abbassò il volume.

L’adrenalina la pervase, dandole una sensazione di leggerezza. Una piccola parte di sé si sentiva dispiaciuta, ma lei la represse finché non la ridusse al silenzio. Dopo l’incidente di Kotaro in biancheria intima e l’improvvisa voglia di Toya di intrufolarsi nella sua camera... se lo meritavano proprio.

E poi, la consideravano come la piccola del gruppo. Doveva sempre lottare con loro per lavorare a un caso paranormale tosto.

Il suo unico vero potere era il fatto che, a volte, quando toccava qualcosa o qualcuno, vedeva flash del passato che li aiutavano a risolvere i casi. Tuttavia, non sempre funzionava. Non poteva semplicemente avvicinarsi a un demone e toccarlo per vedere se andava in giro ad uccidere la gente.

Forse, battendo tutti sul tempo, avrebbe dimostrato loro che poteva farcela da sola. E poi... la vendetta era una cosa deliziosa.

Kyoko alzò il volume della TV al massimo. In quel film c’era una parte che la faceva rabbrividire ogni volta che la sentiva. Riavvolse fino a quella scena, in cui tutta la stanza iniziava a ridere del personaggio principale con voci distorte.

Si avvicinò di soppiatto alla porta, la aprì e fece un passo nel corridoio prima di voltarsi e sorridere. Premendo ancora una volta il pulsante del volume, lanciò il telecomando verso il divano e corse via.

Il forte rumore fece sussultare tutti, creando un effetto domino che avrebbe fatto ridere chiunque per settimane.

Kotaro fu il primo a reagire. Era seduto su una delle poltrone reclinabili, stava sognando un certo angelo dai capelli ramati quando la risata inquietante e rumorosa lo destò. Si alzò in piedi, estraendo la sua Beretta e sparando al televisore. Essendo un agente di polizia, era stato l’istinto a farlo reagire così in fretta.

Yohji, il suo partner, era seduto su un’altra poltrona. Il rumore lo fece saltare, ribaltando la poltrona. Si alzò in meno di un secondo, usando la poltrona capovolta come copertura e puntando la pistola contro i resti del televisore.

Shinbe balzò in piedi urlando qualcosa a proposito di abbandonare la nave, di Kyoko e dei pervertiti. Sbatté le palpebre, destandosi dal suo sogno e finendo in quello che poteva essere un incubo. Poi guardò la TV.

A causa della sua precaria posizione sul divano, Toya era caduto addosso a Kamui, che sonnecchiava steso a terra con il portatile aperto davanti a sé. La faccia di Kamui colpì la tastiera e il piede di Toya finì sullo schermo, distruggendo il dispositivo.

«Kotaro, ma che ti prende?» chiese Toya.

«Leva la tua faccia dal mio culo!» strillò Kamui scattando in piedi, lasciando cadere Toya sul pavimento.

Shinbe si strofinò la nuca, ringraziando qualunque dio in ascolto che nessuno lo avesse sentito.

Yohji si alzò lentamente e ripose la sua PPK nella fondina mentre fissava la TV in fumo. «Hai sparato di nuovo al televisore.» borbottò «È già la seconda volta, quest’anno». Si accigliò e aggiunse: «E penso che stia ridendo di te».

Anche Kotaro stava fissando il televisore rotto che risuonava ancora di risate malvagie, nonostante lo schermo distrutto. La sua espressione era di assoluta sorpresa, abbassò lo sguardo sulla Beretta che teneva in mano e la ripose lentamente. Notò dei flash e si voltò, vedendo Suki che scattava foto con il cellulare.

«Chissà di chi è la colpa!» esclamò Toya, precipitandosi di corsa verso la porta.

«Non ucciderla!» urlò Kamui rincorrendolo, «Tocca prima a me.»

Kotaro non si mosse mentre continuava a guardare il televisore. Shinbe inseguì Toya e Kamui con tutte le intenzioni di “salvare” Kyoko dalla vendetta di Toya.

«Non temere Kyoko, ti proteggo io!» esclamò Shinbe mentre correva nel corridoio.

Yuuhi, un ragazzino albino, si tolse i tappi dalle orecchie. «Te l’avevo detto.» bisbigliò, con una voce priva di emozioni che racchiudeva il suo lato inquietante.

Amni era seduto accanto a lui sullo stesso divanetto su cui era seduto anche Shinbe. Sorrise dopo aver tolto anche lui i tappi dalle orecchie. Loro due erano i sensitivi del gruppo e avevano previsto l’accaduto già da qualche giorno. Non si erano preoccupati di avvertire nessuno... quale sarebbe stato il divertimento?

«Almeno le telecamere di sicurezza installate da Kyou riprenderanno tutto.» disse Amni, «Il replay istantaneo è l’invenzione migliore dopo il pane a cassetta.»

«Che mi sono perso?» chiese Tasuki mentre entrava con calma, felice di essere finalmente a casa.

«Toya è appena andato a uccidere Kyoko.» disse Amni con voce minacciosa, come se stesse avendo una visione orribile. Poi scoppiò a ridere quando Tasuki corse fuori dalla stanza così in fretta da provocare uno spostamento d’aria.

Kotaro guardò Amni perplesso, «Ti hanno mai detto che hai qualcosa di perfido?»

Amni scrollò le spalle, «Non volevo che si sentisse escluso.»

*****

Darious se ne stava appoggiato al muro di mattoni, cercando di entrare in sintonia con la città. I rumori e gli odori di così tanti umani erano distorti da echi demoniaci che nessun altro notava. Poteva persino percepire ombre non proiettate dalla luce del giorno, ma rimase calmo per tenere i suoi poteri nascosti per un po’.

Aveva imparato tanto tempo fa che il proprio umore aveva un effetto sul clima e, fino a quel giorno, il cielo era sereno e la temperatura era perfetta. Era mezzogiorno e desiderava la luce del sole più della solitudine. Sembrava averle entrambe.

Sorrise mentre osservava gli umani. Camminavano così vicini al ciglio dell’ampio marciapiede che un passo falso li avrebbe fatti finire nel traffico intenso.

Era abituato alle persone che lo evitavano e non gli importava più... non che gli fosse mai importato, in realtà. Avrebbe potuto fare loro un favore e rimanere invisibile, ma essere un fantasma 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, gli dava sui nervi. L’unica ragione per cui si trovava in mezzo a una popolazione così numerosa era perché aveva seguito l’odore di parecchi demoni in quell’area.

Stava ancora cercando di capire perché quel posto era diventato il loro punto di interesse. Era così affollato, rumoroso e sporco che quasi comprendeva perché i demoni lo avessero scelto, ma ciò non significava che a lui sarebbe piaciuto. Evitava il più possibile le aree popolate perché aveva imparato che erano luoghi come quello a generare gli umani della peggior specie. Alcuni di loro erano quasi malvagi quanto i demoni che inseguiva.

Nel corso dei millenni aveva ucciso innumerevoli demoni... ma quelli più forti e più veloci si erano dispersi e si erano nascosti mentre lui era impegnato ad uccidere quelli più deboli. Tutte quelle piste inconcludenti sembravano portare lì... in quella città.

I suoi pensieri s’incupirono, sapeva che i demoni maestri ora tramavano insieme, pensando erroneamente che il loro esercito, confuso tra così tanti umani, potesse sconfiggerlo. Nascondersi tra gli umani non li avrebbe aiutati. Le loro aure spiccavano come fari nella notte per lui, somigliando più a ombre distorte che a veri e propri esseri viventi.

Gli occhi di Darious si oscurarono a quel pensiero. Se doveva distruggere quella città e tutti i suoi abitanti, allora così sia. Non doveva niente ai mortali. Inoltre, loro sapevano dei demoni e avevano scelto di ignorare la cosa. Tutti i film horror ne erano una prova, anche se loro li chiamavano “finzione”. Avevano dimenticato che ogni leggenda umana era basata su una piccola dose di verità.

Quella notte era la notte dei demoni... gli umani la chiamavano “Halloween”. La notte in cui la gente ignorava ciò che aveva davanti agli occhi. Supponeva che fosse una delle ragioni per cui gli umani si travestivano da mostri una volta l’anno... così i mostri veri non li avrebbero riconosciuti. Com’era diventata ignorante la razza umana.

Con la sua vista acuta, Darious guardò la superficie di vetro dei grattacieli dall’altro lato della strada e vide il proprio riflesso. Restrinse lo sguardo, chiedendosi che cosa vedessero le persone quando lo guardavano, tanto da allontanare i bambini dalla sua presenza.

Vedevano la propria mancanza di conoscenza, avevano paura o forse era una sfida alla loro nota ignoranza? Volevano continuare ad essere ignari dei veri pericoli del mondo. Lui era lì per salvarli, eppure lo trattavano come se fosse un demone. Solo gli innocenti incrociavano il suo sguardo... i bambini, mentre i loro genitori li tenevano a distanza.

*****

Kyoko era in piedi nell’ufficio per il pubblico, contenta che ci fosse solo Suki. Rise nervosamente mentre preparava la sua prima tazza di caffè. Sapeva che i ragazzi si sarebbero vendicati per quello che aveva fatto la scorsa notte. Deglutì, ricordando il pavimento che vibrava per il volume alto e lei che correva nel tentativo di raggiungere la sua stanza prima che la prendessero.

Aveva sentito Toya rincorrerla imprecando di tutto. Entrambi sapevano che, se l’avesse raggiunta davvero, non le avrebbe fatto niente.

Nella sua folle corsa, aveva svoltato l’angolo e aveva trovato Kyou in piedi sulla porta della sua stanza. Indossava i pantaloni di un pigiama di seta nera, pericolosamente bassi sui fianchi, e i suoi lunghi capelli argentati erano perfetti anche nel cuore della notte. Erano stati i suoi occhi a farle venire voglia di scappare nella direzione opposta. Erano color oro fuso e la fissavano mentre gli passava accanto.

Kyoko si era voltata e aveva urlato quando aveva visto Toya che sfrecciava verso di lei. Proprio mentre chiudeva la porta, le sembrò di vedere Kyou sporgere il piede di qualche centimetro, facendo inciampare Toya, che cadde a faccia in giù.

Le veniva ancora da ridere.

Si fidava di Kyou, sembrava prendersi cura di tutti quelli che vivevano e lavoravano all’interno dell’edificio. Non sapeva quasi niente di lui ma, allo stesso tempo, sentiva di conoscerlo così bene che spesso si sentiva in imbarazzo.

Tutto quello che sapeva era che lui sembrava avere una montagna di soldi e si assicurava che tutti avessero più di quello di cui avevano bisogno. Aveva anche uno strano modo per sapere esattamente quali casi paranormali affidargli e di quali armi avrebbero avuto bisogno. Era il fratello maggiore di alcune persone che lavoravano lì... anche se lei non aveva mai capito bene la loro età.

Toya era il secondogenito, con i capelli color ebano caratterizzati da strie argentate come i capelli di Kyou. Proprio come tutti i suoi fratelli, aveva un corpo che sarebbe potuto comparire su un cartellone pubblicitario di biancheria intima. Di quelli che fanno fermare le ragazze per strada.

Per quasi tutti i casi di cui si occupava, era Toya il suo partner e lei gli si era affezionata molto. Non poteva essere diversamente, visto che lui l’aveva salvata infinite volte da mostri di cui le persone normali non sapevano neanche l’esistenza. Per molti versi, lo vedeva quasi come un eroe.

Il terzo fratello era Shinbe, con i suoi lunghi capelli blu notte e gli occhi color ametista. Sembrava l’enigma del gruppo, si comportava sempre come un pervertito e il suo senso dell’umorismo la divertiva spesso. Ma c’erano momenti in cui era molto serio. In quei momenti, nessuno del gruppo lo dava per scontato.

Il quarto fratello, Kotaro, era un detective di polizia e si occupava dei casi che non convincevano le forze dell’ordine. Aveva lunghi capelli color ebano e occhi color ghiaccio che lasciavano senza fiato. Mentre gli altri sbirri correvano alla ricerca di un sospettato umano, era l’esigua squadra di Kotaro ad attirare l’attenzione dell’agenzia paranormale e ad aiutare a rintracciare i demoni.

Sorprendentemente, una volta risolto il caso, gli agenti non facevano mai troppe domande al riguardo. Era quasi come se non volessero saperlo.

Tasuki e Yohji erano due ragazzi che lavoravano per Kotaro in centrale. Kyou li aveva invitati a vivere lì, dal momento che lavoravano più lì che al dipartimento di polizia. Avevano anche “rubato” la segretaria all’ufficio di polizia e ora lei lavorava lì. Si chiamava Suki, e Kyoko le voleva bene come se fosse la sua migliore amica. Inoltre, Kotaro aveva convinto Kyou ad accogliere due fratelli sensitivi... Amni e Yuuhi. Erano di grande aiuto.

Il più giovane dei fratelli era Kamui, sebbene lei non fosse del tutto sicura dell’età, visto che sembravano avere tutti tra i diciannove e i ventisette anni. I suoi capelli erano multicolore, con strepitosi riflessi ametista. Sapeva per certo che i suoi occhi cambiavano colore più spesso di quanto un adolescente si cambia i vestiti... il che era tutto dire.

Era il mago dei computer e poteva entrare in qualsiasi banca dati del mondo per ottenere le informazioni di cui avevano bisogno. Più di una volta si era infiltrato nei sistemi delle agenzie governative solo per creare scompiglio.

Kyoko si voltò con la tazza di caffè in mano e cercò di concentrarsi su quello che aveva detto Suki negli ultimi due minuti. Quasi si ustionò quando incrociò lo sguardo di Kyou.

Era di nuovo appoggiato allo stipite della porta, stavolta quella del suo ufficio, con lo stesso sguardo che aveva la sera prima. Guardarlo le provocò un brivido sensuale in tutto il corpo.

Prima o poi avrebbe scoperto come faceva a farla sentire così. Aveva visto molte donne inciampare nei propri passi quelle rare volte in cui Kyou lasciava il suo “santuario”, l’ufficio, e camminava per le strade della città.

«Immagino che tu abbia dormito bene.» le disse lui stoicamente, anche se Kyoko notò un accenno di divertimento nei suoi occhi.

«Sì, benissimo.» affermò lei con un sorriso.

«Mmm, la vedo piuttosto difficile, con quattro maschi che hanno sgomitato e litigato per tutta la notte per chi sarebbe stato il primo a sfondare la porta della tua stanza.»

Voltandosi rapidamente per nascondere il proprio imbarazzo, Kyoko guardò fuori dalla grande finestra che dava sulla strada trafficata. A volte vivere in quell’edificio era davvero difficile per il suo cuore... per non parlare dei suoi ormoni.

Sentendo i brividi dietro la nuca, capì che non poteva scappare, quindi cercò di distrarre la mente. Guardò dall’altra parte della strada, verso la fila di edifici di fronte... immaginando di trovarsi in uno di essi... almeno finché l’angoscia adolescenziale della sera prima non sarebbe svanita.

Rimase a bocca aperta quando notò un uomo. Sembrava che la stesse guardando, ma sapeva che non era possibile perché il rivestimento dei vetri permetteva di guardare fuori ma non all’interno. Kyoko si avvicinò alla finestra e poggiò una mano sul vetro colorato, in corrispondenza di quell’uomo.

Era la personificazione dell’immobilità mentre tutto intorno a lui si muoveva a passo veloce. Emanava una calma che era seducente e spaventosa al tempo stesso. Da qualche parte, nel profondo della sua mente, sapeva che doveva essere una bugia... era lui a muoversi e tutto il resto era fermo in sua presenza.

Indossava occhiali da sole scuri e un lungo trench nero che era aperto abbastanza da lasciar intravedere la camicia attillata. Aveva il corpo di un dio greco e il viso impeccabile, anche se i suoi lunghi capelli scuri ne coprivano una buona parte. Aveva qualcosa di pericoloso e di eccitante allo stesso tempo. Sembrava uscito direttamente dai secoli bui, quelli con i draghi e i maghi.

Una visione improvvisa di lui inginocchiato, nudo e insanguinato, con catene attorno ai polsi, alle caviglie e al collo, in una caverna sotterranea dimenticata a lungo, balenò nella sua mente, facendole venire voglia di piangere per l’angoscia. Kyoko sentiva se stessa che strisciava verso di lui in un lago di sangue... voleva salvarlo. Si sentiva la pelle umida e i vestiti intrisi letteralmente.

Si accigliò mentre le sensazioni e l’immagine svanivano, poi si avvicinò al vetro ed ebbe la netta sensazione che in realtà stesse cercando di avvicinarsi a lui.

Darious sentì qualcosa invadere il proprio spazio e restrinse lo sguardo oltre il proprio riflesso nei vetri, notando la ragazza che lo osservava. Di solito gli umani distoglievano lo sguardo appena lo vedevano, a meno che non fossero innocenti, cioè bambini. Non aveva mai capito perché, ma i bambini non lo avevano mai temuto. I suoi occhi scuri scrutarono la ragazza con curiosità, non era certo una bambina.

Aveva lunghi capelli ramati che non erano né lisci né ricci, ma avevano una vita propria. Concentrandosi, vide i suoi luminosi occhi color smeraldo circondati da sensuali ciglia scure. Lo stava guardando con espressione meravigliata e questo gli fece riscaldare il sangue, lasciandolo confuso.

Ringhiò quando il sole scomparve improvvisamente dietro nuvole scure. Non si era mai interessato degli umani... solo dei demoni, e soltanto per il tempo necessario per rintracciarli e ucciderli. Nell’istante in cui lei si voltò di spalle, Darious usò il proprio potere per diventare invisibile.

«Kyoko, hai sentito quello che ho detto?» le chiese Suki, consapevole di aver passato gli ultimi minuti a parlare da sola.

Lei sussultò e si voltò a guardare la sua migliore amica dietro la scrivania. «Oh... ehm... eh?» Sbatté le palpebre, «Qual era la domanda?». Vedendo un’ombra alla sua destra, guardò verso la porta dell’ufficio di Kyou e si rilassò vedendo che era svanito di nuovo.

Suki scosse la testa, «Ho detto che tra cinque minuti c’è la riunione della mattina.». Prese una pila di fogli e si avvicinò alla scrivania mentre lei si voltava di nuovo verso la finestra. «Che cosa stavi guardando così attentamente?» le chiese.

Kyoko scrollò le spalle vedendo che lo sconosciuto non c’era più. Si morse il labbro inferiore, pensando alla delusione. «Sto cercando un taxi per sfuggire alla riunione.» rispose facendole l’occhiolino.

«Sì, beh... se non ti volessi bene, ieri sera ti avrei ammazzato quando ho sentito quel trambusto. Ma alla fine ho scattato delle belle foto da postare in rete. Avresti dovuto vedere l’espressione di Kotaro quando si è reso conto di aver sparato alla TV. Te le faccio vedere più tardi.»

Vedendo che Kyoko stava guardando di nuovo la strada, le mise le mani sulle spalle e la fece voltare verso l’ascensore. «Forza... è ora di affrontare la responsabilità dei tuoi atti vandalici.»

«Atti vandalici?» Kyoko si difese, «E quello che loro fanno a me di continuo, come lo chiami?»

Suki ridacchiò e la spinse nell’ascensore. «Sali, e se senti gridare... assicurati che siano loro a farlo.»

Darious alzò lo sguardo verso il nome stampato sul vetro del palazzo dov’era la ragazza... “Paranormal Investigations”. Chiuse gli occhi, entrando mentalmente nell’edificio, e serrò le mascelle quando il suo potere percepì anime antiche. Inspirò quando la sentì all’ultimo piano dell’edificio. Era diretta verso quel raggruppamento di anime che erano contaminate da qualcosa di non umano... ma non erano demoni.

Riaprì gli occhi proprio mentre iniziava a piovere, il marciapiede si bagnò tranne dove si trovava lui nell’invisibilità.

Era per questo che lei lo aveva guardato con tanto interesse, perché aveva a che fare con il paranormale? Lasciò che il proprio potere raggiungesse la sua anima ancora una volta mentre cercava una presenza demoniaca nella sua aura. Il potere la circondò per diversi istanti e sentì la sua forza vitale sorgere e guardarlo negli occhi.

Fu allora che la sentì... l’eco di un pianto sommesso che riusciva a malapena a ricordare di aver sentito al di sopra delle sue stesse grida di agonia. L’unica volta che aveva sentito quel suono era stato nel momento in cui le catene dell’eternità si erano spezzate. Si era lasciato alle spalle quel suono mentre si faceva strada per uscire dalla fossa, e questo era ritornato molte volte nella sua mente. Più si avvicinava a quella città... più il ricordo lo perseguitava.

Che cosa c’era in quel grido che gli faceva stringere il petto adesso, e non secoli prima quando aveva più importanza? Perché adesso era importante? Darious scosse la testa infastidito. Non poteva cambiare il passato, quindi perché indugiarvi?

Proprio mentre apriva la porta della stanza dove tutti stavano aspettando, Kyoko si sentì come se qualcuno la abbracciasse e respirasse profondamente. Voltandosi alla propria destra, guardò nell’oscurità. Lì vide lo stesso volto che aveva visto dall’altra parte della strada... questa volta senza occhiali da sole. Erano i suoi occhi ad affascinarla... erano di una stranissima tonalità di argento, con un accenno di riflessi color ghiaccio.

Kyou si voltò verso la porta, percependo al presenza di Kyoko, ma la sua espressione strana lo fece scattare. Si precipitò e la afferrò prima che cadesse a terra. Percependo qualcosa di indesiderato che la toccava oltre a lui, ringhiò in tono di avvertimento, disperdendo il potere soprannaturale che la circondava.

Darious si allontanò da Kyoko in preda alla rabbia proprio mentre un tuono scuoteva le finestre. Kyou restrinse lo sguardo mentre la prendeva possessivamente tra le braccia e la adagiò delicatamente sul divano, con tutti che guardavano. Fecero per avvicinarsi ma lui alzò una mano, ordinando loro di restare dov’erano.

Darious si ritirò e aprì gli occhi, guardando verso l’ultimo piano dell’edificio. Poteva ancora sentire il calore dell’anima della ragazza ed era la prima volta che accadeva da quando aveva memoria. Era passato molto tempo anche da quando era stato respinto dal potere di qualcun altro.

Sorrise freddamente mentre svaniva. Il punto asciutto sul marciapiede divenne più scuro quando scoppiò un acquazzone.

L'Angelo Dalle Ali Nere

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