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CAPITOLO 6

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Il viaggio proseguì tra i discorsi che spaziavano su diversi argomenti, spesso interrotti da lunghe pause silenziose e dalle soste alle stazioni di servizio. Ognuno di noi rifletteva in questi momenti, cercando forse di raccogliere i propri pensieri prima che l’altro facesse la sua mossa. Mancava poco al nostro arrivo a Joseph e ancora non gli avevo detto nulla di veramente importante su di me, nulla che fosse realmente degno di nota e che lo aiutasse realmente a capirmi meglio. Dovevo farlo, non potevo attendere ulteriormente. Altrimenti sarebbe stato poi del tutto inutile parlarne, visto che un discorso simile non poteva essere lasciato a metà. Mi buttai nel vuoto, sperando di essere raccolta per tempo dalle sue braccia, prima di cadere a terra.

«John, ricordi quando ti dicevo che sono venuta fino a qui per incontrare una donna?», gli chiesi con evidente imbarazzo.

«Si, certo che me lo ricordo. E abbiamo anche convenuto che non sei omosessuale. Quindi la tua visita deve essere legata davvero a qualche cosa di realmente importante. Mi vuoi dire di chi si tratta? Chi è questa donna tanto importante nella tua vita?». Mi guardava, si aspettava la mia risposta. Finalmente ora avrei potuto svuotare tutto quello che avevo gelosamente conservato dentro di me per tanto tempo. Stavo proprio aspettando quel momento.

«Se ti dicessi che quella donna sono sempre io, mi crederesti?».

«Ti crederei. Mi staresti dicendo che sei alla ricerca di te stessa, della tua vita, delle tue aspirazioni, del…».

«No John», lo interruppi prima che potesse completare la sua frase, «Non si tratta di questo. Sto cercando proprio la “me stessa” che ha vissuto qui tanto tempo fa. La “me stessa” della mia vita precedente, John». Lo guardai mentre mi fissava negli occhi, distraendosi pericolosamente dalla guida. Con il dito gli indicai di non distrarsi troppo, ma si vedeva che la mia affermazione doveva averlo scosso non poco.

«Permettimi di trovare un’area di sosta, per parlare meglio e con più calma. Voglio capire meglio ciò che mi stai dicendo, perdonami». Guidò per qualche chilometro, senza parlare. Forse cominciava a pensare di aver caricato sulla sua auto una pazza. Trovammo un’area di sosta ampia a sufficienza per fermarci in sicurezza. Accostò, per poi spegnere il motore e abbassare il volume della radio. Si respirava un’atmosfera glaciale, ma non era dovuta al freddo.

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