Читать книгу Il Parlamento Nazionale Napoletano per gli anni 1820 e 1821: memorie e documenti - Autori vari - Страница 5

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PARTE I.

Viva Dio, il Re e la Costituzione!

Agli albori del 2 luglio 1820, due sottotenenti, Morelli e Salvati[1], e centoventisette fra sergenti e soldati del reggimento Reale Borbone cavalleria, disertarono dai quartieri di Nola, secondati dal prete Menichini e da venti settari carbonari, volgendo tutti ad Avellino per unirsi ad altri settari giorni innanzi sbanditi da Salerno e riparati colà, dove la sètta era numerosa e potente. Da Nola ad Avellino si cammina dieci miglia fra città e sobborghi popolosi, essendo fertile il terreno, l'aere salubre, gli abitatori disposti alla fatica, d'animo industrioso ed avaro. In mezzo a tante genti quel drappello, fuggitivo, non frettoloso, andava gridando: — Viva Dio, Re, Costituzione! — e poichè il senso della politica voce non era ben compreso dagli ascoltanti, e direi dai promulgatori, ma per universali speranze i tributari vi scorgevano la minorazione dei tributi, i liberali la libertà, i buoni il bene, gli ambiziosi il potere, ognuno il suo meglio, a quel grido dissennato dei disertori rispondevano gli evviva di affascinato popolo. Vogliono le rivoluzioni una parola, sebben falsa, lusingatrice degli universali interessi; perocché le furie civili, mostrate nude, non troverebbero amatori o seguaci.

Giunto il Morelli a Mercogliano, pose il campo, e scrisse lettere al tenente colonnello De Concilj, che stava in Avellino con autorità militare e potenza civile, essendogli patria quella città ed egli ricco, nobile, audace. Le lettere dicevano ch'eglino, primi, non soli, promulgavano il comune voto di governo piú libero; aiutasse l'impresa, desse gloria eterna al suo nome. Prima delle lettere, la fama aveva divulgato quelle mosse e costernate le autorità, concitate le milizie, sollevato e rallegrato il popolo. De Concilj restava incerto tra il secondar Morelli e combatterlo; aveva il pensiero, intanto, volto al governo[2].

Cosí cominciò quel moto che costrinse Re Ferdinando a dare la Costituzione e giurarla[3]. La sedizione aumentava. Un reggimento alloggiato a Foggia s'era aggiunto ai rivoltosi. La Puglia ed il Molise eransi levate in armi, cosí pure Terra di Lavoro. A Napoli furono aumentate le guardie a custodia della Reggia e pattuglie armate percorrevano la città. Il generale Nunziante[4], dopo breve racconto dell'animo avverso dei soldati, in un rapporto al Re scriveva:

Sire, la Costituzione è desiderio universale del vostro popolo; il nostro opporre sarà vano. Io prego V. M. di concederla.

Al generale Pepe — tenuto come sospetto — si fece credere che il governo del Re volesse incarcerarlo ed egli andò verso Monteforte, seguito da due reggimenti di cavalleria che trovavansi pronti al ponte della Maddalena. Piú tardi lo stesso Pepe si giustificò di questa sua fuga. Nelle sue Memorie, a proposito d'una visita da lui fatta al Re, dice:

— Il duca di Calabria m'interruppe, per farmi cosa grata, dicendo:

— Maestà, il generale Pepe se ne andò colla brigata in Monteforte perché gli dissero che qui sarebbe stato arrestato.

A ciò risposi:

— Altezza reale, io mal giustificherei la fidanza di cui mi onora in questo momento Sua Maestà, se confermassi ciò che a torto v'hanno riferito... La mossa dello squadrone di Nola fu un mero accidente senza del quale pochi giorni dopo, con ordini migliori, sarebbe successo quel che è successo: dacché ogni cosa era da me preparata: anzi ove alcuni miei ordinamenti non fossero stati ritardati, la sollevazione avrebbe avuto luogo negli ultimi giorni di giugno.

La voce del supposto arresto di Pepe fe' sí che cinque Carbonari, di notte, penetrassero nella reggia fino agli appartamenti privati del Re e dicessero al duca d'Ascoli, don Trojano Marulli:

— Siamo delegati di dire al Re che la quiete della città non può durare se Sua Maestà non concede la bramata Costituzione. E settarî, cittadini e popolo sono in armi: i Carbonari sono pronti, tutti attendono la risposta del Re.

Il duca rispose: — Andrò a prenderla; — ed indi a poco tornato, aggiunse che il Re aveva in animo di dare la Costituzione e ne studiava in quel momento i termini coi suoi Ministri.

Gli fu chiesto:

— Quando sarà pubblicata?

— Subito.

— Ossia?

— Tra due ore.

Uno dei Carbonari si mosse e, distesa la mano senza parlare al pendaglio dell'orologio del duca, glielo tirò di tasca inurbanamente e vôlto il quadrante in modo ch'egli e il duca ne vedessero le ore, aggiunse:

— È un'ora dopo mezzanotte: alle tre la Costituzione verrà pubblicata.

L'audace Carbonaro fu il duca Piccolelli, genero dell'Ascoli.

Realmente i Ministri, in quell'ora, circondavano il Re intimorendolo, ed il marchese Circello in ispecie fu quello che lo convinse e lo fece arrendere.

L'editto fu il seguente:

ALLA NAZIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE.

Essendosi manifestato il voto generale della nazione del regno delle Due Sicilie di volere un governo costituzionale, di piena volontà consentiamo e promettiamo nel corso di otto giorni di pubblicarne le basi. Sino alla pubblicazione della Costituzione le leggi veglianti saranno in vigore.

Soddisfatto in questo modo al voto pubblico, ordiniamo che le truppe ritornino ai loro corpi ed ogni altro alle sue ordinarie occupazioni.

Napoli, 6 luglio 1820.

Ferdinando

Questo editto fu anche firmato dal Segretario di Stato ministro cancelliere, marchese Tommasi, e fu pubblicato nel Giornale delle Due Sicilie, che dal giorno 8 luglio prese il nome di Giornale costituzionale delle Due Sicilie.

Nelle prime ore del giorno il Re s'affacciò al balcone centrale della reggia e fu accolto dai gridi del popolo: — Viva il Re! Viva la Costituzione[5].

Però i torbidi ricominciarono piú furiosi nella stessa giornata per la lettera scritta dal Re al figliuolo, duca di Calabria, colla quale deponeva nelle sue mani l'autorità regia, dichiarandosi infermo, e per l'editto al popolo in cui s'annunziava la medesima cosa[6].

Col cadere del giorno le grida aumentarono sí che nella reggia ne furono spaventati, ed il duca, vicario generale, invitò (l'invito diceva: comunque vestiti, tanta era la paura) pochi fidi generali ed alcuni antichi consiglieri, e disse loro di tentare di porre argine in un modo qualsiasi al movimento. Dopo molto discutere prò e contro si venne a conchiudere nel decreto che riporto integralmente:

La Costituzione del regno delle Due Sicilie sarà la stessa adottata per il regno della Spagna nel 1812 e sanzionata da S. M. Cattolica nel marzo di quest'anno corrente, salvo le modificazioni che la rappresentanza nazionale, costituzionalmente convocata, crederà di proporci per adattarla alle circostanze particolari dei reali dominii.

Francesco, Vicario

Questo però non bastò, perché il popolo diceva che il decreto doveva essere firmato dal Re; e di qui nuovi tumulti sino a che lo stesso decreto ricomparve firmato da Ferdinando di Borbone.

Le cose allora cambiarono d'aspetto: tornò la calma e l'allegrezza; la sera tutti gli edifizi di Toledo furono illuminati. Piú ricca d'ogni altra riuscí l'illuminazione nel palazzo del Nunzio Apostolico al largo della Carità.

Il giorno 9 l'esercito costituzionale comandato dal tenente generale Guglielmo Pepe[7] fece il suo solenne ingresso nella capitale e la sera nel reale teatro San Carlo si rappresentò Solimano secondo e Gli amanti alla presenza del Vicario generale, della principessa e del principe di Salerno. Erano presenti allo spettacolo anche il principe di Danimarca ed il principe di Benthneim. Quel giorno fu vista la nuova bandiera tricolore: rosso, nero ed azzurro[8].

I nuovi ministri furono: il conte Zurlo, il conte Ricciardi, il duca di Campochiaro, il generale Carascosa, il cav. Macedonio e Ruggero Settimo, parte designati dal Re, in parte imposti dal campo di Monteforte.

Con decreto del giorno nove fu creata una giunta provvisoria di quindici persone che dovevano essere consultati dal Vicario e dal governo fino all'installazione del Parlamento, e l'incarico di formare detta giunta fu dato al tenente generale Giuseppe Parisi, al cavaliere Melchiorre Delfico, al tenente generale Florestano Pepe, al barone Davide Whinspeare ed al cavaliere Giacinto Martucci.

La lista fu presentata e sulle venti persone proposte il Vicario scelse le seguenti: monsignor Cardosa vescovo di Cassano, il duca di Gallo, il procuratore generale della Suprema corte di giustizia Troysi, l'avvocato generale della stessa Felice Parrilli, il giudice della Gran corte civile di Napoli Angelo Abbatemarco, il colonnello Ferdinando Visconti, il colonnello di cavalleria Giovanni Russo[9], tutti Napoletani; il tenente generale Fardella, il principe di Camporeale ed il capitano di vascello Staiti, di Sicilia.

Fu fissato il giorno tredici[10] di luglio per la cerimonia del giuramento che ebbe luogo nella cappella privata di Palazzo Reale alle undici di mattina.

Il re aveva alla dritta[11] il duca di Calabria principe ereditario ed a sinistra il principe don Leopoldo di Salerno. Dietro si collocarono i ministri, il generale in capo dell'armata costituzionale Guglielmo Pepe ed i capi di Corte. Il cappellano maggiore, don Gabriele Maria Gravina arcivescovo di Melitene, era vicino all'altare. Il re, dopo di aver ricevuto dal presidente e da tutti i membri della giunta gli omaggi secondo l'etichetta di Corte, dichiarò che intendeva mandare ad effetto la sua ferma risoluzione di giurare l'osservanza della Costituzione; quindi avverti la giunta di avvicinarsi all'altare, disse al cappellano maggiore di presentargli i libri santi e pronunziò il seguente giuramento:

Io, Ferdinando di Borbone per la grazia di Dio e per la costituzione della Monarchia Napoletana, re, col nome di Ferdinando I, del regno delle due Sicilie, giuro in nome di Dio e sopra i Santi Evangeli che difenderò e conserverò....... (seguivano le basi ordinarie della costituzione). Se operassi contra il mio giuramento e centro qualunque articolo di esso non dovrò essere ubbidito, ed ogni operazione con cui vi contravvenissi sarà nulla e di nessun valore. Cosí facendo, Iddio mi aiuti e mi protegga; altrimenti me ne domandi conto.

Il giuramento profferito era scritto; finito di leggerlo il re alzò gli occhi al cielo, li fissò alla croce e spontaneamente aggiunse:

Onnipotente Iddio che collo sguardo infinito leggi nell'anima e nell'avvenire, se io mentisco o se dovrò mancare al giuramento, tu in questo istante dirigi sopra il mio capo i fulmini delle tue vendette.

Giurarono i figliuoli, dopo, ed immediatamente tutti gli altri; e il Pepe racconta:

Si avvicinò a me, che per debita modestia tenevami lungi fra gli ultimi, e mi disse col volto bagnato di lagrime: «Credimi, generale, questa volta ho giurato dal fondo del cuore»[12].

La sera vi fu spettacolo e grande illuminazione. A San Carlo fu rappresentato Khoa-Kang, la donna del lago; al Teatro Nuovo: La giardiniera abruzzese; al San Carlino: Le cantanti ed alla Fenice L'impostore[13].

Data la Costituzione, giuratala cosí solennemente, bisognava dar principio alle nuove riforme ed ai novelli ordinamenti, e cosí infatti si fece, col decretare le elezioni dei deputati al Parlamento Nazionale[14].

* * *

Ecco il decreto col quale si davano le norme per le elezioni:

Ferdinando I.

Per la grazia di Dio e per la costituzione della Monarchia Re del regno delle due Sicilie, re di Gerusalemme, ecc.: Infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, Castro, ecc.: Gran principe ereditario di Toscana, ecc. ecc.

Noi, Francesco duca di Calabria principe ereditario e vicario generale.

Intesa la Giunta provvisoria consultiva di governo abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue:

Art. 1. Il Parlamento nazionale per gli anni 1820 e 1821 si convoca secondo il prescritto degli articoli 104 e 108 al Capitolo VI Titolo III della Costituzione Spagnuola, adottata per lo regno delle due Sicilie.

Sarà convocato in Napoli.

Art. 2. A tale effetto si procederà alle elezioni conformemente a quanto ordina la Costituzione nei Capitoli I-V del Titolo III e secondo la forma che qui si prescrive.

Art. 3. Per questa prima volta l'apertura delle sessioni del Parlamento avrà luogo nel dí primo d'ottobre del corrente anno.

Art. 4. Attesa l'urgenza delle convocazioni del Parlamento non saranno per questa volta osservati gli intervalli stabiliti dalla Costituzione tra le Giunte parrocchiali, distrettuali e provinciali. Le parrocchiali si uniranno nella domenica 20 d'agosto, le distrettuali nella domenica 27 del suddetto mese d'agosto, e le provinciali nella domenica 3 di settembre; procedendosi in tutte conformemente alle istruzioni che accompagnano il seguente decreto.

Art. 5. Verificate le elezioni dei deputati, dovranno questi trovarsi nella città di Napoli dieci giorni innanzi l'apertura del Parlamento.

Art. 6. I deputati, nell'arrivare, assisteranno il Segretario di Stato ministro degli affari interni, onde far registrare i loro nomi e quello della provincia che gli ha eletti, come dovrebbesi praticare, se esistesse la deputazione permanente del Parlamento, in virtú dell'articolo III della Costituzione. Il Segretario di Stato farà comunicazione di tutto alla Giunta provvisoria consultiva di governo.

Art. 7. I deputati dovranno portare le ampie facoltà degli elettori, secondo la formola inserita nelle istruzioni che accompagnano il presente decreto.

Art. 8. Non esistendo la deputazione permanente che deve presiedere le Giunte preparatorie del Parlamento, e raccorre i nomi dei deputati, i deputati per supplire a tale mancanza si uniranno il dí 22 settembre in prima giunta preparatoria e nomineranno tra di loro a pluralità di voti e per questo solo oggetto il presidente, il segretario e gli esaminatori dei quali parla l'art. 112 della Costituzione in luogo delle commissioni di cinque e tre individui che prescrive l'art. 113 per l'esame delle facoltà. La seconda Giunta preparatoria si unirà il dí 25 di settembre, e le altre se fossero necessarie infino al dí 28 di questo mese, in cui si terrà l'ultima giunta provvisoria. A questo modo resterà costituito e formato il Parlamento che darà principio alle sue sessioni il dí 1º d'ottobre conformemente agli articoli 114-123 della Costituzione.

Art. 9. Sarà destinato con altro decreto un locale per le sessioni del Parlamento[15] in questo anno, salvo a determinare per le future sessioni di accordo col Parlamento un locale stabile.

Art. 10. In quanto alle variazioni contenute nel presente decreto per rispetto alla convocazione del Parlamento, alle giunte elettorali ed all'epoca dell'apertura del Parlamento medesimo, dichiariamo esser questo l'effetto indispensabile delle circostanze e della imminenza che è di stabilire il nuovo regime; dovendosi, col tempo successivo, eseguire letteralmente tutto quello che è stabilito nella Costituzione politica adottata, salvo le modificazioni che verranno proposte nel Parlamento medesimo.

Art. 11. Il nostro Segretario di Stato, ministro per gli affari interni è incaricato dell'esecuzione del presente decreto.

Napoli il dí 22 di luglio 1820.

FRANCESCO, Vicario generale.

Il Segretario di Stato per gli affari interni Giuseppe Zurlo.

Cosí gli animi si volsero alle cure delle prossime elezioni.

In questo spazio di tempo Palermo insorse, e fu mandato a domare la sedizione, dopo molte preghiere, Florestano Pepe fratello di Guglielmo, ed una squadriglia al comando di Bausan che salpò da Napoli sul finire d'agosto. Palermo si arrendeva agli 11 d'ottobre ed eccone l'avviso ufficiale[16]:

Ultime notizie di Palermo:

Palermo s'è resa. Le nostre truppe l'ànno tutta occupata. Una perfetta tranquillità è succeduta al disordine che ivi è dominato finora. Trentasette morti e 200 feriti è tutta la perdita che contiamo: tra i primi con rammarico si annovera il prode capitano Cosa[17].

Abbiamo questa lieta novella per mezzo d'una bombardiera comandata dal signor Michele Astarita, proveniente da quella città in 34 ore, ed ha recato sul suo bordo l'aiutante di campo di S. E. il generale don Florestano Pepe.

Tra le condizioni fissate fra questo bravo generale ed i Palermitani, per ora si sa che questi ultimi pagheranno le spese della guerra. Villafranca perseguitato s'è rifuggito in Trapani.

Napoli 11 ottobre 1820.

Per quella prima ed unica volta fu nominato un delegato speciale per presiedere la giunta preparatoria d'ogni provincia, nominato dal governo su triplice lista presentata dalla giunta provvisoria consultiva di governo.

Questi delegati speciali furono: per la provincia di Napoli, Tommaso de Liso; Terra di Lavoro, Carlo Cianciulli; Principato Ulteriore, il colonnello dei militi De Filippis; Principato Citeriore, Giustiniano Vecchio; Capitanata, Giulio Cassitti; Terra di Bari, Domenico Acclario; Terra d'Otranto, Benedetto Mangarelli; Molise, Eugenio Palassolo; Basilicata, Saverio Carelli; Calabria citeriore, il barone Ferrari; Calabria Ulteriore (seconda), Gregorio Rossi; 1ª Calabria Ulteriore, Giacinto Sacco; 2ª Abruzzo Ulteriore, marchese Quinzio; 1ª Abruzzo ulteriore, il presidente Arcovito; Abruzzo Citeriore, Francesco Mezzanotte; Valle di Palermo, Salvatore Finocchino; Messina, monsignor Grano; Catania, Carlo Pagliari; Siragusa, Gerolamo Bartolini; Caltanisetta, Mauro Cominelli; Girgenti, Giuseppe Sileggio; Trapani, Giuseppe Lombardo[18].

Ciascuno di questi delegati con un ecclesiastico ed un capo di famiglia nominarono altri quattro cittadini per precisare le diverse giunte preparatorie. Ognuna di esse poi, avvenuta l'elezione, doveva presentare al Segretariato di Stato degli affari interni le mappe relative, col nome di tutti gli elettori. Alla Nazionale di Napoli è conservato[19] il rapporto del delegato speciale de Liso per la giunta preparatoria della provincia di Napoli.

Ecco gli articoli della Costituzione Spagnuola dell'anno 1812 concernenti il sistema delle elezioni[20].

CAPITOLO II.

Della nomina dei deputati per le corti.

Art. 34. Per la nomina di questi deputati si convocheranno le Giunte elettorali di parrocchia, partito e provincia.

CAPITOLO III.

Delle giunte elettorali di parrocchia.

Art. 35. Le giunte elettorali di parrocchia si comporranno di tutti i cittadini domiciliati e residenti nel territorio rispettivo: fra i quali sono compresi gli ecclesiastici secolari.

Art. 36. Nella penisola, nelle isole e nelle possessioni adiacenti si convocheranno sempre queste Giunte la prima domenica del mese di ottobre dell'anno precedente a quello della convocazione delle Corti.

Art. 37. Nelle provincie di oltremare si convocheranno tali Giunte la prima domenica del mese di dicembre, e quindici mesi prima della convocazione delle Corti, in seguito dell'avviso che per le une e per le altre dovranno dare anticipatamente le pubbliche autorità.

Art. 38. Nelle Giunte di parrocchia si nominerà un elettore parrocchiale per ogni 200 capi di famiglia.

Art. 39. Quando il numero de' capi di famiglia della parrocchia ecceda quello di trecento, sebbene non giunga a 400 si nomineranno due elettori, quando ecceda il numero di 500, ne saranno nominati tre e cosí progressivamente.

Art. 40. Nelle parrocchie, il di cui numero di capi di famiglia non ascende a dugento né a cencinquanta almeno, si nominerà un elettore: nelle parrocchie in cui non si abbia almeno questo numero, i capi di famiglia si riuniranno a quei dell'altra immediata, che riuniti nomineranno l'elettore, o gli elettori, in proporzione del numero che risulti dalla loro riunione.

Art. 41. La Giunta parrocchiale eleggerà a pluralità di voti undici compromessarî:[21] ed essi nomineranno in seguito un elettore parrocchiale.

Art. 42. Quando nella Giunta parrocchiale dovessero eleggersi due elettori parrocchiali, si nomineranno preventivamente ventuno compromessarî. Quando il numero degli elettori fosse di tre, quello dei compromessarî sarà di trentuno. Lo stesso numero di trentuno compromessarî dovrà impiegarsi in tutti gli altri casi successivi che progressivamente potranno occorrere, onde schivare la confusione.

Art. 43. Ad oggetto di proporzionare dei mezzi facili e pronti anche alle piú piccole popolazioni, rimane stabilito che la parrocchia, i di cui capi di famiglia ascendano a venti nominerà un compromessario: la parrocchia che abbia trenta o quaranta capi di famiglia, nominerà due compromessarî e cosí via. La parrocchia che avesse meno di venti di detti capi, si riunirà alla piú immediata per la elezione dei compromessarî.

Art. 44. I compromessarî delle parrocchie delle piccole popolazioni eletti nel modo additato, si riuniranno nel sito piú atto all'uopo: o quando il numero monti a undici o a nove almeno nomineranno un elettore parrocchiale; se il numero dei compromessarî monti a ventuno o almeno a diciassette, nomineranno due elettori parrocchiali; quando il numero dei compromessarî monti a trentuno, nomineranno tre elettori o quelli che corrispondano al loro numero.

Art. 45. Per essere nominato elettore parrocchiale si richiede la qualità di cittadino, l'età di 25 anni compiti ed essere domiciliato nella parrocchia.

Art. 46. Le Giunte delle parrocchie saranno presiedute dal corpo politico o dell'alcaide[22] della città, paese o villaggio dove si congregassero: e dovrà assistervi il parroco per maggiore solennità dell'atto. Se in uno stesso luogo, per ragione di numero, dovessero congregarsi due o piú Giunte una di queste verrà presieduta dal capo politico o dall'alcaide del luogo, l'altra dall'altro alcaide e le rimanenti da reggitori eletti a sorte.

Art. 47. Giunta l'ora della riunione che seguirà nelle case comunali, o ne' luoghi ove sia solito riunirsi, dopo che i cittadini vi sieno giunti, passeranno insieme riuniti col di loro presidente alla parrocchia. In questa sarà quindi celebrata la messa solenne dello Spirito Santo dal parroco che pronunzierà altresí un discorso analogo alla circostanza.

Art. 48. Terminata la messa ritorneranno al luogo donde partirono, ed in esso si darà principio alla Giunta, nominando a questo riguardo, due scrutinatori ed un segretario tra i cittadini presenti: tutto a porta aperta.

Art. 49. Ciò seguito, domanderà il presidente se alcuno dei cittadini avesse doglienza alcuna da esporre, subornazione o corruzione, onde l'elezione ricada su qualche persona determinata che quando ciò fosse, dovrà immantinenti farsene pubblico processo verbale. Risultando certa l'accusa, saranno i delinquenti privati di voce attiva e passiva; risultando calunniosa, soffriranno i calunniatori la stessa pena: e di tal giudizio non si ammetterà gravame alcuno.

Art. 50. Se sorgessero dubbi su d'alcuno dei presenti, quanto alla concorrenza in questi delle qualità richieste per votare, la stessa Giunta deciderà sull'istante ciò che ne pensa; e le sue decisioni si eseguiranno senza gravame alcuno per questa sola volta, e per questo solo effetto.

Art. 51. Si procederà in seguito e senza ritardo alcuno alla nomina dei compromessarî. A tal uopo ogni cittadino si avvicinerà alla tavola presso di cui seggono il presidente, gli scrutinatori ed il segretario, e nominerà un numero di persone uguale a quello dei compromessarî da eleggersi. Il segretario formerà un elenco dei nomi delle persone nominate, e ciò in presenza del nominatore. Tanto in questo, quanto negli altri atti d'elezione, niuno potrà dare il voto a se stesso sotto pena di perdere il dritto di votare.

Art. 52. Terminato questo primo atto d'iscrizione, il presidente, gli scrutinatori ed il segretario scrutineranno le liste formate, indi verranno pubblicati ad alta voce dal segretario i nomi dei cittadini eletti compromessarî per aver riunito un numero maggiore di voti.

Art. 53. I compromessarî nominati si ritireranno in luogo separato da scegliersi dalla Giunta e conferendo fra essi procederanno alla nomina dell'elettore o degli elettori di quella parrocchia, eleggendo la persona o le persone che riuniscono piú della metà dei voti. Ciò fatto si nominerà tal nome dalla Giunta.

Art. 54. Il segretario distenderà un atto firmato da esso dal presidente e dai compromessarî e ne darà copia firmata dalle stesse persone all'eletto o agli eletti onde possano far constare la di loro nomina.

Art. 55. Niun cittadino potrà scusarsi a queste funzioni per qualsivoglia motivo o pretesto.

Art. 56. Nella Giunta parrocchiale niun cittadino potrà presentarsi armato.

Art. 57. Seguita che sarà la nomina degli elettori, la Giunta verrà immantinenti sciolta; e sarà nullo qualunque altro atto in cui volesse ingerirsi.

Art. 58. I cittadini che han composta la Giunta si trasferiranno nuovamente alla parrocchia, ove si canterà un Te Deum solenne, conducendo l'elettore ossia elettori fra essi, il presidente gli scrutinatori ed il segretario.

CAPITOLO IV.

Delle giunte elettorali di partito[23].

Art. 59. Le Giunte elettorali di Partito si comporranno di elettori parrocchiali che dovranno congregarsi nel capoluogo di ogni partito ad oggetto di nominare l'elettore o gli elettori, i quali debbono in seguito trasferirsi nel capoluogo della provincia, onde eleggere i deputati per le Corti.

Art. 60. Queste Giunte si convocheranno sempre nella penisola, nelle isole e nelle possessioni adiacenti, la prima domenica del mese di novembre dell'anno antecedente a quello in cui debbono formarsi le Corti.

Art. 61. Nelle provincie d'oltre mare si convocheranno tali Giunte la prima domenica del mese di gennaio prossimo seguente a quello di dicembre in cui siensi convocate le Giunte di parrocchia.

Art. 62. Per conoscere il numero degli elettori che ogni partito deve nominare si attenderà ai seguenti precetti:

Art. 63. Il numero degli elettori di partito sarà il triplo di quello dei deputati che debbonsi eleggere.

Art. 64. Se il numero dei partiti della provincia fosse maggiore di quello degli elettori che si richiedono in conformità dell'articolo precedente, per la nomina dei deputati che gli corrispondono, si nominerà, ciò non ostante, un elettore per ogni partito.

Art. 65. Se il numero dei partiti fosse minore di quello degli elettori che debbonsi nominare, ciascun partito ne eleggerà uno, due, tre o piú, fino al completo del numero che si richiede. Se mancasse un elettore, verrà questi nominato dal partito che abbia maggiore popolazione; se ne mancasse un secondo sarà nominato dal partito immediato che piú abbondi in popolazione e cosí successivamente.

Art. 66. Dopo ciò che si è stabilito negli art. 31, 32, 33 e nei tre ultimi precedenti, il censimento determina quanti deputati corrispondono ad ogni provincia e quanti elettori ad ogni partito.

Art. 67. Le Giunte elettorali di partito verranno presiedute dal capo politico o dal primo alcaide del capoluogo del partito: ed a questi funzionari si presenteranno gli elettori parrocchiali muniti dei documenti che assicurino la di loro elezione, onde i di loro nomi vengano registrati nel libro in cui debbono distendersi gli atti della Giunta.

Art. 68. Nel giorno stabilito si riuniranno gli elettori di parrocchia col presidente nelle sale decurionali, a porte aperte, e daranno principio alle di loro funzioni colla nomina d'un segretario e di due scrutinatori scelti tra' medesimi elettori.

Art. 69. Gli elettori presenteranno in seguito il certificato della di loro nomina, onde essere esaminati da essi segretario e scrutinatori, ove dovranno nel giorno seguente informare se i certificati presentati siano o no in regola. I certificati del segretario e degli scrutinatori saranno quindi esaminati da una commissione composta di tre individui della Giunta nominati a questo oggetto: ed essi dovranno del pari nel giorno seguente informare della validità di tali documenti.

Art. 70. In questo giorno, dopo che saranno nominati gli elettori parrocchiali, si leggeranno gli informi che risulteranno da' certificati presentati: e se vi sia cosa da opporre agli accennati documenti, o agli elettori per mancanza di alcuna delle circostanze richieste, la Giunta deciderà definitivamente, senza interrompere le sue funzioni, ciò che ne giudichi: e tali giudizi verranno eseguiti senza gravame.

Art. 71. Terminato questo atto gli elettori parrocchiali col di loro presidente si trasferiranno alla Chiesa maggiore, ove si canterà la messa solenne dello Spirito Santo dall'ecclesiastico di maggiore dignità che pronunzierà altresí un discorso analogo alle circostanze.

Art. 72. Dopo quest'atto religioso si restituiranno tutti alle case comunali: gli elettori si sederanno senza preferenza alcuna; ed il segretario leggerà alla di loro presenza questo capitolo della Costituzione. Il presidente quindi farà la stessa domanda enunciata nell'art. 49 ed a questo riguardo si osserverà quanto si prescrive nel medesimo articolo.

Art. 73. Si procederà immantinente alla nomina dell'elettore, o degli elettori di partito, eleggendoli da uno in uno per mezzo di scrutinio segreto, e con cartelli, nei quali sia notato il nome della persona che si elegge.

Art. 74. Tosto che siensi presi tutti i voti nella forma prescritta, il presidente, il segretario e gli scrutinatori li ordineranno, e rimarrà eletto quegli che ne abbia avuto almeno un voto piú della metà: ciò fatto, il presidente pubblicherà ciascuna elezione. Se niuno avesse riunito la pluralità assoluta di voti, pe' due che abbiano ottenuto il maggior numero si praticherà un secondo scrutinio, e rimarrà eletto quegli che abbia raccolto il maggior numero di voti. Nel caso di parità deciderà la sorte.

Art. 75. Per essere eletti di partito si richiede la qualità di cittadino nell'esercizio dei suoi diritti: l'età di venticinque anni almeno compiti e quella di capo di famiglia residente nel partito benché sia secolare, o ecclesiastico secolare. Nel fissare la circostanza di residente nel partito si è avuto presente quella elezione che potrebbe ricadere o nei cittadini che compongono la Giunta o in quelli assenti da questa.

Art. 76. Il segretario distenderà un atto firmato da esso, dal presidente e dagli scrutinatori e ne darà copia firmata dalle stesse persone all'eletto, o agli eletti, onde possano far constare la di loro nomina. Il presidente della Giunta rimetterà altra copia conforme firmata da esso e dal segretario al presidente della Giunta della provincia ove l'elezione avvenuta sarà iscritta nei pubblici fogli.

Art. 77. Nelle Giunte elettorali di partito si osserverà quanto si previene per le Giunte elettorali di parrocchia negli art. 55 e 58.

CAPITOLO V.

Delle giunte elettorali di provincia.

Art. 78. Le Giunte elettorali di provincia si comporranno dagli elettori di tutti i partiti della medesima, che si riuniranno nel capoluogo ad oggetto di nominare i corrispondenti deputati per assistere presso le Corti in qualità di rappresentanti della nazione.

Art. 79. Queste Giunte si convocheranno sempre nella penisola e nelle isole adiacenti la prima domenica del mese di dicembre dell'anno antecedente a quello della formazione delle Corti.

Art. 80. Nelle provincie d'oltremare si convocheranno la seconda domenica del mese di marzo dell'anno stesso in cui si convochino le Giunte di partito.

Art. 81. Le Giunte elettorali di provincia saranno presiedute dal capo politico del capoluogo della provincia a cui si presenteranno gli elettori di partito muniti del documento della di loro elezione, onde i nomi di essi vengano notati nel libro in cui si debbono distendere gli atti della Giunta.

Art. 82. Nel giorno designato si riuniranno gli elettori col presidente, a porte aperte, nelle case comunali, o in altro edifizio che si giudichi piú convenevole per adempire un atto cosí solenne. Daranno quindi principio alle di loro funzioni colla nomina a pluralità di voti d'un segretario e di due scrutinatori scelti fra gli stessi elettori.

Art. 83. Se ad alcuna provincia corrisponda un sol depurato, concorreranno nella di lui nomina almeno cinque elettori; distribuendosi questo numero tra i partiti che compongono la provincia o formandone dei nuovi per questo solo effetto.

Art. 84. Si leggeranno i quattro capitoli della presente Costituzione che trattano dell'elezione ed indi gli atti delle elezioni fatte nei capiluoghi dei partiti, rimesse dai rispettivi presidenti. Dovranno del pari gli elettori manifestare i certificati della di loro nomina, ond'essere esaminati dal segretario o dagli scrutinatori; e questi nel giorno seguente dovranno rappresentare se quei documenti sieno o no in regola. I certificati del segretario e degli scrutinatori sono esaminati da una commissione composta di tre individui della Giunta nominati a quest'oggetto, e dovranno essi altresí dare nel giorno susseguente il di loro parere dei medesimi documenti.

Art. 85. Riuniti che saranno in questo giorno gli elettori di partito si leggeranno gli informi rispettivi sui documenti manifestati e se sorgessero dei dubbî da apporre a tali documenti, agli elettori per deficienza di alcuna delle qualità richieste la Giunta risolverà definitivamente, e senza interruzione delle sue funzioni ciò che le sembri opportuno. Queste risoluzioni saranno eseguite senza gravame.

Art. 86. Gli elettori di partito col di loro presidente si dirigeranno in seguito alla cattedrale, ove si canterà la messa dello Spirito Santo; ed il vescovo pronunzierà un discorso[24].

Art. 87. Terminato quest'atto religioso, ritorneranno tutti al luogo donde partirono; ed a porte aperte dopo che gli elettori sieno seduti senza preferenza alcuna, farà il presidente la stessa domanda esposta nell'art. 49, osservandosi pienamente a questo riguardo, quanto si prescrive nell'articolo medesimo.

Art. 88. In seguito si procederà dagli elettori che sono presenti alla elezione del deputato, o dei deputati, da uno in uno; gli elettori a questo oggetto si avvicineranno alla tavola presso di cui seggono il presidente, gli scrutinatori ed il segretario, e questi nella presenza dei nominatori scriverà nei registri il nome della persona da essi eletta. Il segretario e gli scrutinatori saranno i primi a dare il loro voto.

Art. 89. Subito che siensi presi tutti i voti; il presidente, il segretario e gli scrutinatori gli ordineranno, e rimarrà eletto quelli che abbia raccolto almeno un voto piú della metà. Se niuno avesse raccolto la pluralità assoluta dei voti, pei due che ne avessero ottenuto il maggior numero si praticherà un secondo scrutinio, e rimarrà eletto quegli che riunisca la pluralità. Terminata l'elezione sarà immantinente pubblicata dal presidente.

Art. 90. Dopo l'elezione dei deputati si procederà a quella dei supplenti collo stesso metodo e forma; ed il di loro numero sarà in ogni provincia la terza parte dei suoi corrispondenti deputati. Se ad alcuna provincia spettasse soltanto la elezione di uno, o di due deputati, eleggerà ciò non ostante un deputato supplente. Questi assisteranno presso le Corti sempre quando si verifichi la morte del proprietario o a parere delle stesse Corti la sua impossibilità di rappresentare, e ciò in qualunque tempo che avvenga o l'uno o l'altro accidente, dopo seguita la elezione.

Art. 91. Per essere deputato si richiede la qualità di cittadino nello esercizio dei suoi diritti: l'età di venticinque anni compiuti, e la nascita nella stessa provincia, o il domicilio in essa con sette anni almeno di residenza, tanto se sia del ceto secolare quanto dell'ecclesiastico secolare.

Nel fissare l'accennata residenza si è avuto presente che l'elezione può ricadere nei cittadini che compongono la Giunta e nei cittadini assenti di questa.

Art. 92. Per essere deputato di Corti si richiede altresí il possesso d'una proporzionata rendita annuale procedente dai beni proprî.

Art. 93. La disposizione dell'articolo precedente rimane sospesa sino a che le Corti che dovranno riunirsi, dichiarino essere giunto il momento e disegnino cosí la quota della rendita, come la qualità dei beni da cui debba procedere. Ciò che le Corti decideranno a quell'epoca, si terrà per costituzionale, e come se fosse qui espresso.

Art. 94. Se avvenisse che la stessa persona sia eletta dalla provincia di sua nascita, e da quella in cui sta domiciliata sussisterà la elezione per causa di domicilio; e per la provincia di sua nascita verrà presso le Corti il supplente a cui corrisponda[25].

Art. 95. Le segreterie di Stato, i consiglieri di Stato, e tutti coloro che occupano impieghi della casa reale non potranno essere eletti deputati.

Art. 96. Neppure potrà essere eletto deputato qualunque straniero; sebbene abbia ottenuto decreto di nazionalità.

Art. 97. Niuno impiegato pubblico nominato dal governo potrà essere eletto deputato per la provincia in cui esercita le sue funzioni.

Art. 98. Il segretario distenderà l'atto della elezione, e lo firmerà una col presidente e con tutti gli elettori.

Art. 99. Tutti gli elettori in seguito, senza esenzione, daranno a tutti, ed a ciascuno dei deputati eletti ampli poteri nella forma che in appresso si prescrive, onde presentarsi nelle Corti. Ciascun deputato dovrà separatamente ricevere una copia uniforme di tali poteri.

Art. 100. I poteri saranno concepiti nei termini seguenti:

Nella città, o villaggio di..... il giorno..... del mese di..... dell'anno.... nella sala di.... essendosi congregati i signori (seguiranno i nomi del presidente e degli elettori) hanno dichiarate innanzi a me pubblico notaro ed a testimoni chiamati a quest'oggetto, che essendosi proceduto in conformità della Costituzione politica della Monarchia Spagnola, alla nomina degli elettori parrocchiali e di partito, con tutte le solennità prescritte dalla stessa Costituzione, siccome constava dai certificati originali a questo riguardo; ed essendosi riuniti in seguito gli elettori suddetti dei partiti della provincia di...... del corrente anno...... mese...... giorno...... hanno nominato i deputati che in nome di questa provincia debbano concorrere per rappresentarla alle Corti, e che furono eletti per tali deputati dalla stessa provincia i signori N. N. N. siccome consta dall'atto disteso e firmato. Per conseguenza i nominati elettori concedono ampli poteri ai medesimi deputati insieme riuniti ed a ciascuno d'essi in particolare, onde adempiere e disimpegnare le auguste funzioni dei di loro incarichi[26].

E perché riuniti cogli altri deputati di Corti come rappresentanti della Nazione Spagnola possano concedere e risolvere quanto giudichino convenevole al bene generale della stessa, dovendo in ciò usare delle facoltà fissate dalla Costituzione, e conservarsi nei limiti prescritti da questa, senza poter derogare, alterare o variare in modo e sotto pretesto alcuno niuno dei suoi articoli, gli stessi elettori quindi in virtú di tutte le facoltà ad essi concedute per l'adempimento del presente atto si obbligano, tanto in nome proprio quanto in quello di tutti i capi di famiglia di questa provincia a tener per valido, ubbidire ed adempiere tutto ciò che i nominati deputati di Corti facessero, e tuttociò che da queste si risolvesse in conformità della Costituzione politica della Monarchia Spagnola[27]. Tanto hanno dichiarato e concesso in presenza dei testimoni N. N. che insieme con essi elettori si sono firmati. Di tutto ciò fò fede, ecc.

Art. 101. Il presidente, gli scrutinatori e il segretario rimetteranno immantinenti una copia da essi firmata dell'atto seguito delle elezioni alla deputazione permanente delle Corti, e procureranno che tali elezioni si pubblichino per mezzo della stampa, e di queste si spedisca copia ad ognuna delle popolazioni della provincia.

Art. 102. I deputati godranno d'una indennità a carico delle rispettive Provincie e la di cui quantità verrà fissata dalle Corti nel second'anno d'ogni deputazione generale. A' deputati d'oltremare si abbonerà altresí per ispesa di gita e ritorno la somma che giudichino necessaria le rispettive Provincie a cui appartengono.

Art. 103. Nelle Giunte elettorali della Provincia si osserverà quanto si prescrive negli art. 55-58. In queste Giunte rimarrà luogo ciò che si prescrive nell'art. 328[28].

Stabilite cosí le cose, niente altro rimaneva a fare che nominare i deputati al solenne Congresso.

Nei tre mesi che precedettero le elezioni è fama che Ferdinando I passeggiando pei dorati saloni della sua reggia esclamasse in presenza dei suoi cortigiani piú devoti: — Sono nato libero e voglio morir libero! Significando che la sua libertà non era compatibile con quella dei suoi popoli. Certo che in quei giorni si mostrò sempre poco inchinevole al nuovo ordine di cose e non solo cessò di frequentare i teatri dei quali era amantissimo, ma si astenne dall'andare alla parata di Piedigrotta, il dí 8 di settembre, cosa che destò quasi uno scandalo in Napoli[29].

Ora bisogna notare che le provincie essendo tenute in ordine dall'esercito, ed essendo i militari elettori di primo grado, grande fu la loro influenza sugli elettori. I ministri ne aspettavano con ansia i risultati temendo che fossero scelti a deputati i patriotti piú caldi e piú avventati.

Pure fra i settantadue eletti nel Napoletano pochissimi avevano voce di sfrenati Carbonari. Dei deputati uno era cardinale[30], nove sacerdoti, ventiquattro possidenti, otto professori di scienze, undici magistrati, due impiegati del governo, nove dottori, cinque militari e tre negozianti.

Le elezioni furono fatte onestissimamente ed il Colletti si lagna che vi furono eletti due nobili unicamente. Ecco le sue precise parole:

Il Parlamento Nazionale Napoletano per gli anni 1820 e 1821: memorie e documenti

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