Читать книгу Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3 - Bertini Giuseppe - Страница 1

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Laag (Enrico), viveva ancora nel 1783, benchè in un'età molto avanzata a Osnabruck, come maestro di cappella della chiesa di S. Maria. Egli scrisse e pubblicò in sua lingua, Elementi di cembalo e del basso continuo, Osnabruck in 4º, 1774 e Cinquanta canzonette con melodie per il forte-piano, Cassel 1777. I cembali da lui costruiti sono ancora in gran pregio.

Lacassagne (l'abate de), nel 1766 pubblicò in Parigi: Traité général des elemens du chant, dedié a Monseign. le Dauphin in 8vo. L'autore si è prefisso in quest'opera di esporre semplicemente e facilmente il metodo usitato d'imparare la musica, ponendo ad ogni precetto un esempio, per far vedere, che tutte le diverse misure si possono con facilità ridurre a due, e le chiavi ad una sola. Egli sviluppa meglio questa materia in un altro libro, cui diè per titolo: L'unicleffier musical, pour servir de supplement au Traité général, etc. La R. Accademia delle Scienze sulle relazioni de' Sig. d'Alembert, e de' Fouchy giudicò, che questo Trattato è chiaro, metodico e atto a conseguire l'intento dell'autore. V. l'artic. Boyer.

Lacépède (il conte Stefano de), membro dell'Instituto nazionale delle Scienze ed Arti, nacque a Angen l'anno 1756. Egli pubblicò in Parigi nel 1778, alcune sinfonie a piena orchestra, ed altre concertanti. Nel 1785 diè al pubblico la sua Poétique de la musique, in 8vo. L'autore applica i suoi precetti alle sue opere musicali non ancora impresse; avrebbe certamente fatto meglio se preso avesse i suoi esempj nelle produzioni ben note di qualche illustre compositore, come Gluck, Piccini ec., ciò sarebbe stato realmente più utile a' giovani studiosi. Quest'opera è scritta tutta via con molto fuoco e sensibilità. Il dotto Carpani la loda moltissimo, e con ragione (v. lettre 4, e 10). Nel primo libro ricerca l'autore da profondo filosofo l'origine della musica: egli dice che noi dobbiamo quest'arte al dolore ed alla triste malinconia; che nata in mezzo a' pianti conserva tuttora l'impronta della sua origine, e che ella non dipinge con successo se non i dolorosi eventi, le penose vicende, i disagiosi sentimenti o le affezioni profonde. Nel secondo con maestrevol mano disegna la carriera che percorrer dee l'Artista sotto 'l rapporto dello spirito di cui bisogna investirsi. È gran pena che quest'opera non sia conosciuta abbastanza.

Lachnith (Luigi-Venceslao), nato in Praga nel 1756 venne in Parigi nel 1773, a perfezionare i suoi talenti nella musica, ed ebbe quivi per maestro nella composizione il cel. Philidor. Egli ha scritto più drammi in musica, molte sinfonie e quartetti per violino molto stimati in Francia. Ha formato un gran numero di allievi, e compose con M. Adam Une Méthode de doigté pour le forte-piano, che è stato adottato dal conservatorio.

Lacombe (Giacomo), avvocato in Parigi può con ragione esser annoverato tra i migliori autori, che hanno scritto sulla letteratura e le arti. Egli pubblicò quivi le Spectacle des beaux-arts, in 12º, ove si trovano delle giudiziose osservazioni sulla musica, e le Dictionnaire portatif des beaux-arts in 12º, in cui dà notizie di molti musici. Lacombe era cognato del cel. M. Gretry, ed è morto sul principio del presente secolo.

Laffilard (Michele) è autore di un'opera intitolata: Principes très faciles, qui conduisent jusqu'au point de chanter toute sorte de musique à livre ouvert, dediés aux Dames religieuses, Paris 1710. Vi si trova la prima idea d'un cronometro, o pendolo destinato a misurar esattamente i movimenti nella musica: egli avea posto alla testa di alcune arie altrettante cifre ch'esprimevano il numero delle vibrazioni del suddetto pendolo durante ciascuna misura: (V. Diderot, Observat. sur le Chronometre). Progetto inutile, che non ha avuto giammai luogo nella pratica.

Lago (Gio. del) veneziano, autore di una Breve introduzione di musica misurata, Venezia 1540. (Martini, Stor., tom. 1)

Lagrange (Giov. Luigi de), nato a Torino nel 1736, vien riguardato come il più gran geometra che dopo il Newton sia stato in Europa. “Ancor giovinetto, dice l'ab. Andres, entrò coraggiosamente nel campo dell'Acustica dopo il Newton, il Taylor, i due Bernoulli, il d'Alembert e l'Eulero, e toccò a lui il raccorne gli allori. Egli esamina la dottrina del Newton su la propagazione del suono, espone l'analisi pura ed esatta del problema secondo i primi principj della meccanica, e fa conoscer l'insufficienza e la falsità del metodo newtoniano, e propone un'altra via per la soluzione fondata su principj sicuri ed incontrastabili. Discute le teorie del Taylor, dell'Alembert, dell'Eulero, e le riforme, e le obiezioni di Daniele Bernoulli; e pesate le ragioni degli uni e degli altri, conchiude, che i loro calcoli non bastano a decidere tali questioni, e propone una soluzione, che sembra avere tutto il merito della sodezza e della generalità. Passa poi a sviluppare la teoria generale de' suoni armonici, degli stromenti da corda e da fiato, e per una formola semplice determina il suono fisso ed i suoni armonici, che propose il Sauveur, con quell'esattezza e facilità, a cui quegli non potè giungere; e dà nuovi e sicuri lumi per la cognizione del suono, applicabili anche alla pratica della costruzione, e del maneggio degli stromenti, alla teoria dell'eco semplice e composto, e ad altri curiosi e difficili punti dell'acustica. Le formole sì semplici e generali, l'integrazione di tante equazioni, l'analisi sì fina, chiara ed esatta, la penetrazione del suo ingegno, la sodezza del suo giudizio chiamarono l'attenzione di tutti i geometri: gli stessi atleti di quella nobile lizza, l'Eulero, il d'Alembert e il Bernoulli, i venerati oracoli di questa scienza ascoltarono con rispetto la voce del nascente geometra, nè sdegnarono di metterlo al loro lato nel seggio, ch'essi occupavano nel matematico impero. Tutti e tre scrissero tosto al giovine Lagrange, abbracciando molti punti della sua dottrina, domandando d'altri maggiori rischiaramenti, e venerandolo in tutti quasi come loro arbitro e giudice; e se l'Accademia di Berlino era stata poc'anni prima il campo di battaglia fra que' tre illustri campioni, l'Accademia di Torino divenne nel suo nascere il teatro d'onore, dove fecero luminosa comparsa l'Acustica e l'algebra, e dove concorsero, si può dire a corteggio del Lagrange, l'Eulero, e il d'Alembert, i sovrani e principi delle matematiche discipline. Qual gloria per un giovin geometra vedersi alla prima produzione portato sull'ali della fama per tutte le accademie e le scuole ricevere gli applausi de' più applauditi geometri, e gl'incensi e le adorazioni di tutti gli altri? Questa singolar gloria, che ottenne allora il Lagrange, l'ha sempre mantenuta, ed accresciuta costantemente perfino a' nostri dì, spargendo ognor nuovi lumi su la presente materia, che sì copiosamente avea illustrata.” (Andres Origine ec. tom. 4, c. 8). M. Montuela, il dotto autore della storia delle matematiche, ha dato una dettagliata analisi della bella Dissertazione del Lagrange sulla propagazione del suono, che comparve al pubblico nel 1º vol. delle Memorie di Torino, 1759. Noi rapporteremo solo l'estratto dell'ultimo capitolo, in cui Lagrange applica la sua analisi a diversi punti della teoria del suono: 1. Come l'aria trasmette senza confusione i differenti suoni; 2. Come due suoni ne producono un terzo, il che rende ragione dell'esperimento che serve di base alla teoria del Tartini. Solamente Lagrange trova un suono all'ottava bassa di quello di Tartini. Il nostro geometra fissò quindi la sua dimora in Parigi, dove viveva ancora nel 1811, membro della classe delle scienze dell'Istituto nazionale, e senatore.

Lahoussaye (Pietro), uno de' migliori allievi del Tartini, nacque in Parigi nel 1735. Fornito di un'organizzazione adatta alla musica, all'età di 7 anni, da se solo senza maestro, sonava già assai soavemente di violino; ancor giovinetto ebbe la fortuna di sentire spesso i primi virtuosi su questo stromento, che abitualmente radunavansi presso il conte di Sennetterre; questi erano Pugnani, Giardini, Gaviniès, Pagin e Ferrari, e sonando ancor egli ne riscosse da' medesimi i più grandi elogj. La buona fortuna di cui godeva Lahoussaye non lo distolse dalla brama che aveva avuta sempre di vedere il gran Tartini. Egli attaccossi al principe di Monaco, e profittò d'un viaggio di questo principe in Italia per andar in Padova e render omaggio a quel sublime maestro. Sul punto ch'egli entrava in chiesa, cominciava Tartini il suo concerto, non può spiegarsi la sorpresa, l'ammirazione che gli produssero la purità, la giustezza, la qualità del suono, il sublime incanto dell'espressione, la magia dell'arco, tutte le perfezioni dell'arte di cui l'esecuzione del Tartini gli offrì per la prima volta il modello: non si sentiva più la forza di farglisi innanzi, vi si arrischiò non per tanto. Tartini lo ricevette con bontà, e riconoscendo in lui la sua maniera e la sua scuola, gli diè delle lezioni seguite. Lahoussaye, richiamato dal principe di Monaco, fu, con suo gran disgusto, obbligato a lasciar Padova. Le circostanze per alcun tempo lo stabilirono a Parma ove ebbe la fortuna di piacere all'infante D. Filippo e a tutta la corte. Quivi fu ch'egli apprese la composizione dal cel. Traetta, e dove la sua musica de' balli ebbe gran successo, come in Venezia. Ricolmo delle beneficenze dell'infante lasciò Parma per far ritorno in Padova presso Tartini, da cui fu con tenerezza accolto, e proseguì a prender lezioni sino al 1769. Egli ha diretto le più famose orchestre d'Italia, d'Inghilterra, di Francia. Alla fama de' successi del suo scolare, Tartini diceva con soddisfazione: Io non ne son niente sorpreso, ho sempre detto che Pietro il mio scolare sarebbe un giorno il terror de' violini. Ecco come descrive elegantemente il Bettinelli il carattere di questo gran Genio nella musica: Il Sig. Lahoussaye, egli dice, senza quello stromento era uomo quieto, modesto, amico d'ozio e di pace. Ma preso il violino, eccolo un altro. Si risveglia, si scuote, e s'accende co' primi arpeggi, come un amico, ed un amante all'incontro, e al possesso del suo caro bene. Par che l'abbracci, e s'interni e si perda in quel suono, non bada ad altro con una forza, una rapidità, un'applicazion di trasporto, che par fuor di se, ed io presente son da lui trasportato, nè mi ricordo più il suonatore, non veggo più l'arco e lo stromento, non ho altro senso, fuorchè l'orecchio, e l'anima è tutta armonia. Le note a lui non servono, che di un disegno o modello, su cui dipinge, vola, inventa, crea, signoreggia a talento, ed io non sentj da un violino giammai tante cose, poemi, quadri, affetti, contrasti, e non mi stanca per quanto pur suoni. Mi dicono ch'ei non si stanca in casa suonando da se; e passa l'intere giornate con l'idolo suo. Ben riflettei, conversando con lui che diviene eloquente parlando dell'arte sua, ch'è superiore ai pregiudizj della musica italiana o francese, che senza parzialità le concilia, ed è tutto fuoco parlando dell'armonia generosa, profonda e passionata, odiator della fredda, affettata e corretta (Dell'entusiasmo delle belle arti, part. 2, t. 4 delle op.). Lahoussaye viveva ancora l'anno 1810. “Padre ed avolo di una numerosa famiglia, consacra gli avanzi di un gran talento, di cui la tradizione di giorno in giorno va a perdersi, in una scelta compagnia di veri amici, che sa apprezzarlo, e si reca a maraviglia come non abbia ricevuto ancora dalla Francia una pensione a tanti titoli da lui meritata” (Fayolle nel suo artic.).

Lalande (Girol. de), celebre astronomo, morto in Parigi nel 1807. Madama la contessa de Salm ne ha pubblicato l'Elogio istorico, in 8.º 1810, nel quale alla pag. 16, ella dice, che M. Lalande nel 1751, pubblicò un'opera su la musica col titolo: Principes de la science de l'armonie et de l'art de la musique, che non è alla nostra cognizione. Nel suo Voyage en Italie in 8 vol. in 12º, Lalande ha inserite alcune osservazioni sulla musica di questo paese, ed alquanti aneddoti intorno a' suoi musici. Parlando di Napoli: La musica, egli dice, è in qualche modo il trionfo de' Napoletani: pare che il timpano dell'orecchio è in questo paese più delicato, più forte che nel resto dell'Europa. Tutta la nazione è cantante. Fin qui va bene. Ogni gesto, ogn'inflessione di voce degli abitanti, e anche la maniera della prosodia nelle sillabe conversando, respirano l'armonia e la musica. Il d. Burney, professore di musica inglese, che viaggiando pure per l'Italia venne in Napoli, tratta a ragione di enfatiche coteste espressioni del Lalande; Questa relazione, egli dice, è così lontana dall'esser esatta, che mette il suo lettore nell'alternativa di supporre l'una di queste due cose; o ch'egli non vi ha usata alcuna attenzione, o ch'egli non aveva orecchio in istato di ben giudicare. (Travels, ec. tom. 1).

Lalande (Mich. Riccardo de), cel. compositore francese su i principj dello scorso secolo, nato in Parigi, fu scelto da Luigi XV per maestro di cembalo delle due principesse sue figlie, e ne ebbe il collare dell'ordine di s. Michele. Egli morì in età di 67 anni nel 1726, de' quali 45 avevane impiegati in servigio di Luigi XIV e del suo successore, avendo dato in questo spazio di tempo 60 mottetti a gran cori, oltre molta musica pel teatro. Ne' suoi salmi o mottetti, dice l'ab. Laugier, Lalande ci offre delle bellezze di composizione più meditate e di più studio (che quelle di Camprà). Non vi si trova il naturale grande, facile, grazioso, elegante, ma egli è riuscito eminentemente nel divoto: vi si trova il tenero, il grave, l'augusto, il maestoso, il terribile. Si rimarca in tutto una singolare espressione delle grandi idee della Religione: de' nobili e teneri sentimenti ch'ella ispira a coloro, che profondamente l'hanno impressa nel cuore. (Apolog. de la Mus. franc. p. 128) V. l'artic. Camprà nel 2º tomo.

Lallemant, dottore in medicina e direttore di questa Facoltà in Parigi nel 1751 pubblicò Essai sur le mécanisme des passions en général. In questo trattato, parla degli effetti della musica, ed analizza principalmente la maniera, con la quale il canto e la musica istromentale influiscono sulle passioni.

Lamark (M.). Nel tomo 49, del Giornale di Fisica del 1799 in Parigi, vi ha di costui: Mémoires sur la matière du son, pag. 397.

Lambert (Giov. Enrico), nato a Malhause nel 1728 d'una famiglia francese quivi rifuggita per motivo di religione, coltivò con successo la fisica, le matematiche, la meccanica ed altre scienze. Egli era membro della Società R. di Berlino, nelle cui Nuove memorie nel vol. 31 vi ha di lui: Observations physiques sur les flûtes, an. 1776, Observations sur la vitesse du son. Nel vol. 30, del 1774, Remarques sur le tempérament en musique. “La difficoltà di accordare esattamente per quanto è possibile, le quinte e le terze nell'ottava (egli dice), ha in ogni tempo esercitato i musici sia teorici, sia pratici. Si cercò di giungervi a tastone, senza rimaner soddisfatti di quel che si era trovato, perchè prima dell'invenzione de' logaritmi non era possibile di risolvere metodicamente questo problema. Io impiegherò questi logaritmi per comparare insieme le quinte e le terze, e per avere un termine di comparazione fisso e costante metterò il temperamento medio per base.” M. Chladni loda molto gli sperimenti di M. Lambert nel suo Tratt. d'Acustica, pag. 74, e 310. Lambert morì in Berlino nel 1775.

Lamotta (Martino) siciliano, di cui rapporta Adami da Bolsena nella sua Storia della cappella pontificia, di cui era maestro di musica, che Lamotta nel 1610 era in quella uno dei tenori, dove veniva molto stimato a motivo de' suoi gran talenti.

Lampe (Feder. Adolfo), dottore e professore in teologia a Brema dove morì nel 1729, in età di 46 anni. Egli è autore di un trattato in latino de Cymbalis veterum, Utrecht 1703, in 12º con molti rami: vi si trova erudizione immensa, e sostenuta dalle testimonianze di antichi scrittori.

Lampro d'Eritrea, celebre musico filosofo dell'antichità, ebbe la gloria di essere stato uno de' maestri nella musica di Aristosseno, che fu capo-scuola in questa scienza. Suida dice, che le più pregiate tra le sue opere erano quelle, che egli aveva scritto sulla musica, e che per disavventura si sono perdute. In una di queste opere egli trattava della musica in generale, in un altra De' suonatori di flauto, de' flauti e d'altri stromenti, e finalmente nella terza Sulla maniera di bucare, e costruire i flauti. Egli fioriva cinque secoli innanzi l'era volgare. Non bisogna confonderlo con un altro Lampro di lui più antico, e poeta-musico, di cui presso Platone (in Menex), dice Socrate di avere appreso la musica. Ateneo in oltre rapporta (lib. 1, Deipnos) che da questo Lampro apprese Sofocle la danza e la musica, e Corn. Nepote nella vita di Epaminonda, c. 2, dice che questo Lampro fecesi gran nome tra' musici.

Lampugnani (Giov. Batt.). Milanese, eccellente melodista nella prima metà dello scorso secolo, scrisse la musica di più drammi serj, come l'Ezio nel 1737, il Demofoonte nel 1738, Tigrane nel 1747, e Amor contadino nel 1760. Egli fu il primo che cominciò a lussureggiare negli accompagnamenti delle arie, come dice il Carpani (Lettera 4), e a dare maggior movimento agli stromenti.

Landini (Francesco), cittadino di Firenze divenuto cieco dall'infanzia, si diè per diporto allo studio del canto e de' musicali istromenti specialmente dell'organo, nel quale così valente egli era, che non veniva con altro nome chiamato che Francesco degli organi. Filippo Villani afferma nella sua vita, che al 1364 un re di Cipri il coronò d'alloro in Venezia come il più celebre organista del suo secolo (V. Bettinelli Risorgimento ec. Cap. 3 della Poesia t. 2, p. 150). Fu anche inventore di più stromenti. Egli non occupossi in oltre così della musica, che riuscito non fosse del pari illustre nella grammatica, nella dialettica, e nella poesia sì italiana che latina. Nella biblioteca Riccardiana in Firenze di lui conservansi manoscritti otto latini poemetti. L'ab. Mehus ne ha dato un saggio, come ancora pubblicò un di lui sonetto; alcune sue Rime trovansi sotto il nome di Franc. degli organi nella raccolta dell'Allacci. Lo stile de' suoi versi latini, a giudizio del Tiraboschi, non è di molto inferiore a quello del Petrarca. Morì in Firenze al 1380.

Langlé (Onorato Francesco), nato a Monaco nello stato di Genova nel 1731, all'età di 15 anni fu mandato in Napoli dal principe di Monaco, per apprendervi la composizione; entrò nel conservatorio della Pietà, e studiò sotto Caffaro uno de' migliori allievi del cel. Leo. Restò quivi otto anni, e ne divenne il primo maestro di cappella. Vi fece eseguire delle messe e de' mottetti, che meritaronsi gli applausi de' primi maestri dell'Italia. Nel 1768 venne a stabilirsi in Parigi, dove la musica ch'egli ha scritto per que' teatri acquistato gli hanno gran fama. Langlé è morto membro e bibliotecario del Conservatorio li 20 settembre del 1807, in età di 66 anni. Come teorico ha dato al pubblico molti trattati, che gli han fatto somma riputazione: 1.º Traité d'harmonie et de modulation, 1793; 2. Traité de la basse sous le chant, 1797; 3. Traité de la fugue, 1800; 4. Nouvelle méthode pour chiffrer les accords, nel 1801. (V. Mémoir. de l'Instit. Nation. tom. 2, e 3)

Lanzi (Petronio), maestro di cappella in Bologna, nel 1770 fu eletto a presedere il concorso, che i membri della Società Filarmonica, ed i compositori son usi di dare annualmente nella chiesa di S. Giovanni in monte, per l'esecuzione delle composizioni loro. Era questa la seconda volta che egli presedeva a questa lotta; ed i Kyrie e Gloria, che da prima eseguironsi, erano da lui composti. Da un suo Confitebor a 4 voci, che io ho avuto sotto gli occhi, si vede ch'egli scriveva con molta scienza, ma con poco gusto. Burney parla di lui nel 1º tomo de' suoi viaggi, p. 176.

Lasalette (Pier-Giov. de), antico generale di brigata, ispettore d'artiglieria, membro residente della Società Accademica di Grenoble, nel 1811 pubblicò in Parigi: Considérations sur les différens systèmes de la musique ancienne et moderne, et sur le genre enharmonique des grecs; avec une dissertation préliminaire, relative à l'origine du chant, de la lyre et de la flûte attribuée à Pan, in 8º. Abbiamo notizia di questa opera da un articolo di M. Champolion nel Magasin Encyclopédique an. 1811, e da un altro di M. Roquefort (Moniteur 21 mai 1811), dove si dice, che sia questa un'opera delle più importanti, che si siano scritte sinora sulla musica. M. Lasalette è autore eziandio d'una Sténographie musicale ou manière abrégée d'écrire la musique, in 8º, Paris 1805, che non ha avuto gran successo; e d'una Lettre sur une nouvelle manière d'accorder les forte-piano, ou plus généralement les instrumens à clavier, in 8.º, Paris 1808.

Lasceux (Gugl.), nato a Paissy nel 1740 di molto buona famiglia, allievo di M. Noblet per la composizione e maestro di cappella di S. Stefano del monte in Parigi, dove viveva ancora nel 1810, colla riputazione di buon compositore, specialmente per chiesa. Nel 1804 egli fece eseguire in S. Gervasio per la festa di S. Cecilia una sua messa a grande orchestra, e nel 1810 aveva disposto per le stampe Essai sur l'art de l'orgue, posto all'esame della classe delle Belle-Arti dell'Instituto.

Laso d'Ermione, poeta-musico assai celebre fiorì sei secoli innanzi l'era cristiana, e fu il maestro di Pindaro, e scolare di Pitagora. Egli fu il primo a scriver de' libri sulla musica che più non esistono. Teone di Smirna (De mus. cap. 12), dice che Laso ermionese, ed Ippaso di Metaponto tentarono e pubblicarono lo sperimento de' bicchieri or più, or meno pieni d'acqua, giusta i numeri armonici di Pitagora; e fecero palese ai Greci, suonandoli col bacchettino, la verità delle osservazioni del loro maestro intorno alle quantità proporzionali, corrispondenti a numeri, con cui aveva egli contrassegnati i tagli della corda armonica per la misura delle sei consonanze (V. Requeno, t. 1). Intorno alla verità di questo sperimento potrassi consultare il dottissimo ab. Andres nel 4º vol. dell'eccellente sua opera.

Lassus (Roland de), detto degli Italiani Orlando di Lasso, nacque a Mons nel 1520; apprese la musica e venne giovane in Italia, dimorò per alcun tempo in Sicilia, in Milano ed in Napoli, e vi fu maestro di musica. In Roma divenne maestro di cappella di S. Giov. Laterano. Errigo VIII lo accolse con onore in Inghilterra, e finalmente dopo aver ricevuto delle onorevoli distinzioni dall'Imperatore Massimiliano II, morì a Monaco nel 1594, colla riputazione di essere il primo soggetto dell'arte sua in un tempo, in cui la musica non era quel che è oggidì. I suoi contemporanei lo chiamarono la maraviglia del suo secolo, superiore ad Orfeo e ad Amfione. Il magistrato di Mons fecegli innalzare una statua nella parocchia di S. Niccolò, ove ragazzo aveva servito da cherico corista. Rodolfo de Lassus suo figlio pubblicò dopo la di lui morte, nel 1664 a Monaco l'opera la più stimata dagli intendenti, col titolo: Magnum opus musicum etc. Negli archivj musicali di Munich si conserva ancora un manoscritto prezioso delle opere di Orlando, adorno di superbi freggi e pitture. Forkel ha scritto la sua biografia nell'Almanacco di musica del 1784.

Latilla (Gaetano), maestro di cappella in Venezia, nacque in Napoli circa 1710. Giovane fu il rivale di Jommelli e di Galuppi nelle sue composizioni da teatro: ma conservò poi più che essi la maniera semplice e seria dell'antica scuola. Gl'Italiani l'hanno in conto de' migliori moderni contrappuntisti. Il d. Burney lo rincontrò in Venezia nel 1770. Egli era zio del cel. Piccini.

Latre (don Thomas-Sebastian), consigliere di stato di S. M. Cattolica, e suo secretario, nato circa 1740, e morto nell'anno 1804, faticò con successo alla riforma del teatro della sua nazione spagnuola. Egli è autore d'un'Istoria del teatro greco e romano, in 3 vol. in 4º, Madrid 1804, scritta in sua lingua, dove molte notizie egli raccoglie intorno alla musica di queste due nazioni. Il dotto Signorelli nella sua Storia de' Teatri antichi e moderni, l. 3, c. 6, parla con elogio del patriottismo di Latre per la riforma del teatro nazionale.

Lavalle (Raffaele). Palermitano, costruttore celebre di organi, di cui molti ve n'ha di sommo pregio in più città della Sicilia, e tra' quali per la sua grandezza, per la qualità del suono e per la quantità dei registri è con ispezialità rimarchevole quello della Cattedrale di Palermo, comecchè nel trasporto, che ne fu fatto dopo la riedificazione della medesima, sia deteriorato alquanto per la negligenza e poca capacità di coloro, che per adattarlo al nuovo sito, ne sminuirono le canne, ed altre ne sostituirono non lavorate con quell'arte ed industria, in cui primeggiò sempre questo valentuomo. La fama di sua celebrità in quest'arte giunse in Roma sino a Paolo V; che lo invitò a portarsi colà per fabbricarvi de' nuovi organi: ma glielo impedì la sua morte avvenuta a dì 7 aprile del 1621 all'età di 78 anni. Questo grand'artista fu onorevolmente sepolto dinanzi al grand'altare della chiesa di S. Maria Maggiore, cui la sua pietà ricolmato aveva di doni, col seguente epitafio: Raphaeli Lavalle Punorm. organario eminentissimo, ob artis peritiam Romam a Paulo V S. P. evocato; de majoris Pan. ecclesiæ illustribus editis operibus opt. merito. liberorum pietas grati animi monumentum posuit, et. (Mongit. MS. ap. Bibl. Senat. p. 399).

Laugier (l'ab. Marc-Antonio) di Provenza, fu da prima gesuita, ma lasciò quest'ordine per alcuni disgusti che ne ricevette, e si rivolse alle belle arti, e alle lettere. Il primo giornale di musica, che sia comparso in Francia, fu da lui pubblicato con questo titolo: Sentiment d'un armoniphile sur différens ouvrages de musique, Lyon 1756. Quest'opera non fu poi continuata. Egli scrisse ancora contro M. Rousseau, Apologie de la Musique Française, a Paris 1754, con quest'epigrafe: Nostras qui despicit artes – Barbarus est. Questo scritto dell'ab. Laugier può riguardarsi come il migliore tra tutti quelli, che comparvero in quella crise musicale, cosichè è stato inserito nelle opere del filosofo di Ginevra, tom. 2 dell'edizione di Neuchâtel 1764. Vi si trovano delle ottime riflessioni sulla musica in generale ed eccellente n'è lo stile. L'ab. Laugier è morto nel 1769.

Lavigna, maestro napoletano de' nostri tempi, ha composto per lo più la musica di opere buffe secondo il moderno gusto. Nel magazino musicale del Ricordi in Milano si trova di lui impresso, l'Impostore avvilito.

Lavit (J. B.), antico allievo della scuola politecnica di Parigi, nel 1808, ha dato quivi al pubblico: Tableau comparatif du système harmonique de Pythagore et du système des modernes.

Lebeuf (Giov.), dell'accademia delle iscrizioni, morto in Parigi nel 1769 pubblicò più opere di erudizione, tra le quali un Traité historique et pratique sur le chant ecclésiastique, a Paris 1741, in 8vo, pieno di ricerche curiose ed istruttive sopra questa materia.

Leblond (l'abate), intimo amico dell'illustre ab. Arnaud, e suo confratello all'accademia delle Iscrizioni, ha pubblicato les Mémoires pour servir à l'histoire de la révolution musicale opérée en France par le chev. Gluck, Paris 1781, in 8vo. Non è questa che una collezione molto interessante di più pezzi de' migliori scrittori, che presero parte allora a quella guerra musicale o in contro, o in pro della musica di Gluck.

Leboeuf, organista nella badia di S. Genovefa a Parigi, fece imprimere l'anno 1768, un'opera col titolo: Traité d'harmonie et règles d'accompagnement, suivant le système de M. Rameau, in 8vo.

Lebrun, eccellente suonatore di corno di caccia, nel 1785 era in Parigi, dove facevansi i più grand'elogj del suo talento. Egli è autore dell'articolo Cor nella parte musicale dell'Enciclopedia metodica. Sua moglie Francesca Danzy era celebre nell'arte del canto, e nella composizione. La sua voce sorpassava d'una terza il fa più alto del cembalo, e tutte le sue inflessioni aveano un'indicibil grazia. Nel 1771 cominciò a farsi ammirare sul teatro di Manheim sua patria; alquanti anni dopo venne in Milano, e cantò nell'Europa riconosciuta di Salieri: era ella nel fior degli anni, ed i suoi talenti, e le sue grazie le meritarono gli universali applausi a gran dispetto della Balducci, allora prima donna in quello stesso teatro. Cantò colla stessa gloria in Londra da prima-donna nel 1783, e quattr'anni dopo in Napoli nelle opere di Paesiello. Vi ha anche di Mad. Lebrun tre sonate pel forte-piano con violino, impresse a Offenbach nel 1783, che vengono stimate moltissimo.

Leclerc (M.), dell'Istituto nazionale di Francia, pubblicò nel 1798 in Parigi, Essai sur la propagation de la musique en France. V. Memoir de l'Instit. Litterat. etc. tom. 1.

Ledran (M.) nel 1765, diè al pubblico un'opera nella quale propone de' nuovi segni per notar l'armonia sul basso continuo. Il di lui sistema è così complicato che si sono dovute preferir le cifre già usate.

Leduc (Pier-Ant. Augusto), ha in Parigi, insieme con alquanti socj, una casa di commercio de' più considerevoli di quella gran città, e che singolarmente è assai commendevole agli occhi degli artisti pei servigi, che ella ha reso all'arte musica. Se le dee, oltre a più oggetti, la pubblicazione de' Principj di composizione delle scuole d'Italia, l'opera più ragguardevole che sia comparsa nel commercio di musica, e nella quale l'incisione sottomessa alle forme della tipografia, offre una nitidezza ed un'eleganza, di cui non vi era ancora verun modello (V. l'art, di M. Choron, nel 2º t.). Se le deve inoltre la Collezione dei classici musici, che forma la continuazione di que' Principj; una collezione delle sinfonie di Haydn in partitura; un'edizione delle opere di musica di Marpurg, la più bella e la meglio disposta di tutte, coll'aggiunta d'un trattato del contrappunto semplice del medesimo autore; ed una serie di opere, la più elegante e la più compiuta che possa desiderarsi su tutte le parti della composizione. Questa casa possiede oltracciò una bellissima biblioteca di trattati e d'opere di musica, di cui ne ha formato un gabinetto di lettura; ed è questa l'unica in cui si trovino in ogni tempo tutte le notizie possibili intorno a tutte le opere antiche e moderne; nazionali, o estere di musica, e relative a quest'arte. Con tai mezzi, e colla comodità d'una così ricca biblioteca di musica accessibile a chiunque, reca pur meraviglia come ne abbia tratto così poco profitto M. Fayolle per il suo Dizionario, non presentando egli che notizie assai superficiali e sterili delle opere e degli autori.

Legipons (Olivieri), benedettino del monastero di Rayhraden nella Moravia, godeva di gran rinomanza per la sua rara erudizione. Nelle sue Dissertationes philologico-bibliographicæ, in quibus de adornandâ Bibliotecâ ac musices studio, ec. ch'egli pubblicò a Norimberga in 4º nel 1746 si trova una Dissertazione de musicâ, ejusque proprietatibus, origine, progressu, cultoribus et studio bene instituendo, di cui fa grandi elogj il dottor Forkel.

Lemaire, maestro di musica verso la medietà del secolo 17º. Brossard a lui attribuisce l'opera, che reca per titolo: Méthode facile pour apprendre à chanter la musique, par un maître célèbre de Paris, 1666 in 8vo. Egli fu, soggiunge Brossard, non già l'inventore, ma il primo che insegnò nella Francia a far di meno de' cambiamenti, con aggiungere la nota si: fu dapprima contraddetto dagli antichi maestri di musica, per il che fu senza dubbio costretto a nascondere il suo nome; ma la facilità di questo metodo fece ben presto adottarlo, e si tolsero via i cambiamenti.

Lemoyne (Giov. Batt.), nato a Eymet nel 1751, fece i suoi studj di musica a Perigueux, passò quindi in Germania, e studiò la composizione sotto i cel. Graun, e Kirnberger. Fece gran fortuna in Berlino, fu maestro del teatro del principe reale di Prussia, e il gran Federico, a cui ebbe egli l'onore di dare alcune lezioni di musica, fecene moltissima stima. In Varsavia la cel. Mad. Saint-Huberty, che quivi cantò per la prima volta un di lui dramma in musica, volle da lui ricevere la sua educazion teatrale, e ne divenne poi così rinomata in Francia. Lemoyne è il solo compositore francese di cui le opere siansi sostenute accanto a quelle del Piccini, del Gluck, del Sacchini, che furono i rigeneratori del teatro lirico de' francesi. Egli morì in Parigi nel dicembre del 1796. Gabriele Lemoyne di lui figliuolo nato in Berlino nel 1772, è un celebre sonatore di forte-piano attualmente in Parigi, dove vi ha di lui impresse più sonate, e romanzi per quest'instromento.

Leo (Leonardo), nato in Napoli nel 1694, divide con lo Scarlatti, col Pergolesi, e alcuni altri suoi contemporanei la gloria di aver fatto levare tant'alto in tutta l'Europa la scuola di Napoli per la musica teatrale. Tra i primi autori di sì felice rivoluzione, dice Arteaga, debbono annoverarsi Alessandro Scarlatti, e Leonardo Leo, nelle composizioni de' quali incominciarono le arie a vestirsi di convenevol grazia, e melodia, e fornite si veggono d'accompagnamenti più copiosi e brillanti: Il loro andamento è più spiritoso, è più vivo che non soleva essere per lo passato: donde spicca maggiormente il divario tra il recitativo, e il canto propriamente detto. Le note però, e gli ornamenti sono distribuiti con sobrietà in maniera, che senza toglier niente alla vaghezza dell'aria, non rimane questa sfigurata dal soperchio ingombro (t. 2). Leo fu per più anni maestro del Conservatorio della Pietà, dove ebbe per discepoli Trajetta, Jommelli, Caffaro e moltissimi altri celebri compositori del secolo 18º, che quali novelli prodigj ammirar si fecero da tutta l'Europa. Comechè il genio di questo grande artista lo portasse per preferenza alle composizioni nobili, e patetiche, ebbe anche del successo nelle opere buffe, e tra le di lui opere in questo genere si distingue quella che aveva per titolo: Il cioè. Erane il soggetto un uomo, il cui abitual ghiribizzo era di aggiungere un cioè a tutto quel che diceva, e per volere spiegar tutto, ne diveniva più oscuro. Egli scrisse ancora molta eccellente musica per chiesa. Il distintivo carattere di questo gran maestro era il grandioso, il sublime. Cotesta qualità eminentemente riluce nel suo Miserere, ove si ammira una scienza profonda del contrappunto, una nobiltà, e chiarezza di stile, l'arte di condurre con naturalezza ed abilità insieme le imitazioni, e le modulazioni, che danno alla scuola di Napoli una distinta maggioranza su tutte le altre scuole di musica. Leo aveva somma diligenza nel far eseguire la sua musica. Dicesi che dovendo far sentire questo suo Miserere nella settimana santa, cominciavane i concerti nel mercordì delle ceneri, e proseguiva così tutt'i giorni colla massima attenzione sino al termine stabilito. Egli morì immaturamente di apoplesia nel 1745, di sua età 51. Mio padre, ch'ebbe la sorte di averlo avuto per maestro, raccontava che egli era stato trovato morto una mattina sul suo cembalo, e che fu incredibile il lutto di tutto il conservatorio alla nuova di sua morte: che egli non lasciava mai di portare al dito un anello d'ingente somma statogli regalato dall'imperatrice delle Russie, e che era di bella figura, e di nobil portamento.

Leona, cortigiana ateniese, celebre per la grande sua abilità sulla lira e nel canto, e famosa ancora per i suoi intrighi con due giovani uniti insieme colla più tenera amicizia, Armodio e Aristogitone. Congiurarono costoro contro Ippia ed Ipparco tiranni d'Atene, e figli di Pisistrato; Leona benchè al fatto del secreto de' suoi amanti preferì la morte alla viltà di tradirli: temendo di non poter resistere a' tormenti della tortura, ella medesima fece in pezzi coi denti la sua lingua, perchè si togliesse infino la possibilità di dire alcuna cosa contro i suoi amici. Gli Ateniesi, ricuperata appena la libertà, resero sommi onori alla memoria di tutti e tre, innalzaron a' due giovani delle statue sulla pubblica piazza: e per evitare al tempo stesso il rimprovero di avere eretto un pubblico monumento ad una cortigiana, scolpir fecero per allusione, al di lei nome una lionessa senza lingua (Plin. l. 34). Conservasi questa tuttora sulla porta dell'arsenal di Venezia, dove è stata trasferita da Atene.

Lepileur d'Apligny, nel 1779 pubblicò in Parigi Traité sur la musique et sur les moyens d'en perfectionner l'expression. Quest'opera è ben scritta, ma piena di viste superficiali.

Leprince (Mr.), morto nel 1781, era, non che eccellente pittore, ma eziandio un piacevolissimo musico. Sonava molto ben di violino: essendosi imbarcato in Olanda per andare in Pietroburgo, un corsare inglese venne ad attaccare il vascello, che fu costretto a rendersi prigioniero. Leprince prese allora il suo violino, e cominciò a sonarlo con la più gran disinvoltura del mondo. I corsari sbalorditi sospesero il saccheggio, e gli restituirono tutte le sue robe; nello stesso tempo lo pregarono di farli ballare, e di accompagnar col suono la loro danza. Fortunatamente per gli altri passaggieri, la presa fu dichiarata nulla nel primo porto.

Lesueur (Giov. Franc.), nato a Ponthieu di un'antica e distinta famiglia circa 1766, fece i primi suoi studj di musica in Amiens, ed entrò poco dopo nel collegio di quella città per terminare il suo corso di lingue antiche, e di filosofia. Egli è stato maestro di cappella di molte cattedrali della Francia e precisamente di quella di Parigi, per la quale ha composto un gran numero di messe, di oratorj e di mottetti. I straordinarj successi che la sua musica ha ottenuti in quella metropoli, e gli elogj, che se ne sono pubblicati ne' giornali da Piccini, Sacchini, Philidor e Gretry, han posto M. Lesueur da trent'anni in quà nel primo rango de' compositori di Europa. Io non conosco in Italia, diceva di lui il Sacchini circa 1785, che due maestri di cappella che possono uguagliarlo. M. Lesueur era allora assai giovane. Paesiello nel 1805 gli scrisse una lettera molto onorevole, congratulandosi seco del buon successo della sua musica sul dramma les Bardes. In occasione di questa musica sono stati tutti d'accordo gli intendenti nell'asserire che il sublime e 'l grande sono il carattere della medesima scritta colla semplicità e il gran gusto dell'antico. Quì il compositore si propose di rinnovare le impressioni, che i suoi uditori hanno provato nella lettura delle opere d'Ossian; e la stranezza medesima della sua melodia produsse l'effetto che dovevasene attendere. La morte di Adamo, tragedia lirica in tre atti, fu rappresentata nel 1809. S'intende benissimo quanto un tal soggetto abbia dovuto offrire delle difficoltà a un compositore del volgo. La sola musica adatta era quella de' primi uomini: doveva respirare dunque quel carattere di nativa semplicità, da cui i nostri costumi e la perfezion medesima dell'arte vie più ci discostano. Lesueur, che possiede un genio musicale eminentemente Biblico, trattò questo soggetto d'una maniera sublime, e stabilì per sempre la sua riputazione. Questa musica è semplice, energica e solenne. La grandiosità che Lesueur ha saputo spargere in tutte le sue opere per teatro e per chiesa, gli ha meritato il favor del governo, e l'onorevole posto di successor di Paesiello. Egli si è fatto conoscere ancora come autore di più scritti sulla musica. Nel 1787, diè al pubblico, Exposé d'une musique une, imitative, et particulière à chaque solennité, in 8º. Tra i diversi elogj accordati a quest'importante opera, quello del conte de Lacépède, gran scrittore, e gran compositore insieme, è certo di gran peso agli occhi de' lettori. M. Lesueur non si è contentato (scriveva nel 1787 M. de Lacépède) di dare una forma drammatica alla musica di chiesa componendola di quadri sempre analoghi alle cerimonie della religione: ha voluto in oltre (e questa è un'idea molto bella e tutta nuova), che presentasse un particolar carattere alla solennità per la quale sarebbe composta; per giungervi, egli ha ideato di situare ne' differenti pezzi della sua musica, la dipintura delle diverse circostanze della Storia sacra richiamate alla memoria da ciascuna particolare festività. Conoscendo in oltre, che se i quadri offerti della musica rappresentano con forza i diversi sentimenti, ed eziandio i differenti loro ombreggiamenti, mancano sempre della precisione necessaria perchè si possano, senza un soccorso straniero, riconoscer tutte le intenzioni del compositore, egli ha creduto dover far sentire assai spesso le arie sacre, che dopo gran tempo unite a delle parole note abbastanza, hanno acquistato, per così dire, una determinata espressione, e fissar possono i significati vaghi a rischiarar le intenzioni oscure. Ecco il piano di M. Lesueur. (Poétique de la musiq.) Vi ha oltracciò di questo eruditissimo artista: Notice sur la Melopée, la Rhythmopée, et les grandes caractères de la musique ancienne, impressa nella traduzione di Anacreonte di M. Gail. Molti scrittori periodici, fra quali M. Ginguené, l'han trovata dottissima, e adatta a spargere una nuova luce sulla storia, ancora molto oscura, della musica de' Greci. Nel 1802 M. Lesueur pubblicò una Lettera al suo amico M. Guillard, divisa in sei parti. I compositori vi trovano dell'eccellenti vedute intorno all'arte, e particolarmente sulla musica scenica: ha gran tempo ch'egli prepara una più lunga opera col titolo: Traité général sur le caractère méthodique de la musique théâtrale et imitative.

Levens (Carlo), compositore e maestro di Bordeaux, ha dato al pubblico: Abrégé des règles de l'harmonie, pour apprendre la composition, 1743 in 4º. Quest'opera è divisa in due parti: la prima riguarda la composizione; l'altra offre un nuovo sistema di suoni, ma non ha avuto il merito di far fortuna.

Liberati (Antimo), da Foligno, cantore della cappella pontificia, ed organista della SS. Trinità de' Pellegrini, maestro di cappella finalmente di S. Maria dell'anima della nazione Teutonica in Roma, viveva nell'ultima medietà del sec. 17º. Nel 1784, pubblicò Lettera in riposta ad una del Sig. Ovidio Persapegi, che chiesto gli aveva il suo parere intorno a cinque candidati, che aspiravano al posto di maestro di cappella in una chiesa di Milano. Questa lettera contiene moltissime osservazioni sulla musica che fecero allora gran sensazione. Si ha in oltre di Liberati Epitome della musica, eccellente manoscritto della Biblioteca Chigi.

Lichtenthal (Pietro), dottore di medicina tedesco, ma stabilito in Italia dove fece i suoi studj in questa facoltà sotto il cel. D. Frank. Gli si dee un eccellente libro, che cinque anni prima da lui pubblicato in sua lingua fu applaudito in Germania, e quindi alle istanze di alcuni celebri professori di medicina in Italia, da lui stesso in questa lingua tradotto ed accresciuto fu stampato in Milano nel 1811, con questo titolo: Trattato dell'influenza della musica sul corpo umano, e del suo uso in certe malattie, in 8º. L'introduzione è il vero Si quæris miracula della musica, benchè dichiari l'autore di essere ben avverso dall'introdurre chimere nell'arte medica. I soggetti su cui egli si versa, sono: 1. Analisi storica e ragionata dell'effetto della musica sull'uomo sano, con alcune osservazioni sopra certi animali. 2. Prospetto istorico di tutti gli esperimenti empirici che si fecero nella medicina sino dagli antichissimi tempi. 3. Ragionamento come si debba considerare l'effetto della musica. 4. Quali sono le malattie in cui possiamo prometterci un buon uso della musica. 5. Quando si abbia a far uso d'una musica dolce e d'una musica strepitosa. 6. Finalmente alcuni cenni sul modo d'intendere una buona musica. Noi rapporteremo alcune di lui riflessioni, il che non sarà discaro a' lettori. Nella caratteristica, ch'egli dà di varie specie di musica, ecco com'egli parla di quella di chiesa. Egli è senz'altro la specie più sublime di musica. Il suo oggetto è un ideale che porta l'impronta della divinità e della virtù, emanazione di quella. La sua tendenza è di concentrare i sentimenti diversi in un solo, cioè la divozione. Nella Caratteristica delle voci cantanti egli avverte da prima, che generalmente ogni voce, se tiene le ottave di mezzo fa più bell'effetto di quelle che cantano colle ottave alte o basse. Che il Soprano d'un castrato lusinga soltanto l'orecchio le prime volte che viene ascoltato, ma non giunge sino al cuore, quando anche il cantore eunuco fosse eccellente. Che il Soprano di una donna o ragazza formata è pieno di sentimento e produce un grand'effetto: che il Soprano di un ragazzo corista è raramente di molto effetto. Che il contralto d'una donna è espressivo e virile, e invade perfettamente l'animo degli ascoltanti. Il Contralto d'un ragazzo è alquanto più da riputarsi che il soprano di esso. Ma tra gli uomini non c'è voce più bella del tenore. Essa è la pittrice vera di tutte la passioni: i suoi quadri portano il sigillo della verità. Il tenore è pieno di forza, e il suo effetto è grandissimo. Un'altra voce degli uomini è il Basso: il suo carattere è grande, sublime, solenne e pieno di serietà. Ciò ch'egli ha di terribile e di ardito sembra non produrre un effetto sulle anime deboli. Nella caratteristica degli stromenti, il clarinetto, egli dice, è il più bello stromento da fiato, e merita senz'altro il primo ordine nella musica istromentale. Egli corrisponde nel suo ambito a tutte le bellezze d'un pezzo musicale. Il suo respiro è molle, pieno di forza, tenero e soave. Il suo tuono non è quel grido penetrante ch'è l'anima dell'oboè, ma un sentimento diffuso in amore, il tuono de' cuori sensibili trasportati. Il Corno di bassetto è assai vicino alla dolcezza del clarinetto, se non che ha un tuono alquanto malinconico. Ne' corni di caccia i tuoni escono dolci e teneri, e danno la più bella ombra a' quadri musicali: eccellente è l'effetto de' quartetti per 4 corni di caccia, composti dal Sig. Belloli. I meriti del fagotto distano poco da quelli del clarinetto: ambidue ci dipingono gli effetti teneri. Il flauto ha un tuono ingenuo e di natura incorrotta e campestre. Diviene solo d'incarico ove si sente troppo sovente. Gli oboè hanno un tuono molto penetrante e non durevole. I soli abilissimi oboisti possono rendere questo stromento veramente grato a chi lo sente. (Qui in Palermo ne abbiamo un esempio nel Sig. Cukel, sonator di oboè di una singolare dolcezza ed agilità). I tromboni stromenti antichissimi giungono a un più gran fine. Esprimono il sublime, il grande, il solenne, fanno alzare dalle loro tombe gli spiriti, e parlare co' vivi. Maraviglioso è il loro effetto ne' cori. Le trombe hanno un suono eroico, guerriero ed esultante. Un organo tenero spesse volte non lo sopporta. Mozart aveva nella sua gioventù un'antipatìa contro questo stromento, e una volta cadde per esso in convulsioni. Il violoncello agguaglia co' suoi pregi que' del fagotto. Ha un tuono assai dolce, che s'accorda per lo più col tenore: il suo effetto riesce grande s'egli passi a vicenda dalla voce di basso a quella di tenore e di soprano. (Noi possiamo vantarci in Palermo, d'avere un sonatore di quest'istromento, che gareggiar può co' più celebri di tutta Europa. Egli è il Sig. Massettina, che ha formati molti bravi allievi, e che al suo gran talento e scienza musicale unisce una vera pietà e singolare modestia). La viola fa il contralto, e corrobora il basso della musica istromentale, il suo effetto non è dissimile da quello del violoncello, e fa la transizione ai violini. Il violino fa il soprano della musica strumentale; e un buon sonatore produce con esso un ottimo effetto. Nel Pianoforte tutto è melodia e armonia; se non ch'esige sempre un contrappuntista capace onde comunicargli quella maestà, che dee corrispondere a tutto quel grande e bellissimo effetto che può produrre. Quest'istromento è amico dell'uomo in qualsivoglia circostanza delle passioni umane, e la sua efficacia è riconosciuta. Il contrabbasso regge tutto il carico dell'armonia, parla con arditezza, e scuote fortemente nell'unisono col suo organo strepitoso, ec. Intorno al diverso gusto de' tedeschi e degli italiani: Abbiamo egli dice, nelle grandi città di Germania, quasi in ogni casa, quartetti, concerti ec.: perchè sì poca musica vocale? Io dubito esserne questo il motivo: 1.º perchè si manca in Germania di buoni poeti d'opera. 2.º perchè la lingua tedesca non è troppo favorevole. E però direi in Italia esservi più musica vocale che istromentale, perchè la lingua arride sommamente, e vi abbondano buoni poeti d'opera. I suoi cenni sul modo d'intendere una buona musica sono veramente di un ottimo amatore di quest'arte, e filosofo insieme, e possono leggersi con profitto.

Lingke (Giorgio-Federico), consigliere del re di Polonia, fecesi ricevere nel 1742 nella società di musica di Mitzler, alla quale presentò egli nel 1744, un quadro degli intervalli, che fu adottato dalla società. Nel 1766, pubblicò Die sætze, ec. cioè Teoremi degli assiomi musicali. Nel 1779 pubblicò in Lipsia una seconda opera: Kurze ec. cioè Istruzione di musica, nella quale si dà a conoscere l'affinità di tutte le scale de' tuoni, e i principj dell'armonia proprj a ciascuna di loro, con esempj. Lingke nel 1790 viveva a Weissenfels.

Linguet (Simone Nic. Arrigo), nato a Rheims nel 1736, scrittore rinomatissimo di più opere, dopo lunghi viaggi ed esilj, dopo infinite fatiche letterarie fu dal tribunale rivoluzionario condannato a morte a 27 giugno del 1794 in età di 58 anni, ch'egli soffrì con coraggio, per avere lodati ne' suoi scritti l'imperatore e il re d'Inghilterra. Delle sue opere non faremo menzione, che di quella che ha per titolo: Journal politique et littéraire depuis 1774 jusqu'en 1778, dove vi ha più articoli intorno alla musica, e dell'Histoire du siècle d'Alexandre, la cui prima edizione è d'Amsterdam in 8.º 1762. L'autore, benchè allora assai giovane, scelse quest'epoca interessante dello spirito umano per presentare da filosofo, da critico, da storico il governo, i costumi, gli usi, le arti degli antichi popoli dell'Asia e de' Greci: questo soggetto forma l'ultima parte dell'opera. Egli vi tratta eziandio dello stato della musica in quell'epoca: spiega gli effetti maravigliosi che le attribuiscono gli antichi, e particolarmente ciò che dissero dell'efficacia di essa per formare i costumi ed inspirare la virtù. Sostiene in oltre, che quest'arte tra le mani de' Greci giunse al più alto grado della perfezione, e merita di esser paragonata alla nostra, per il che vien egli immeritamente censurato in un giornale letterario di Berna del 1763.

Lippio, professore in Vittemberga, ove pubblicò nel 1610 Dissertatio de musicâ, che secondo il Lichtenthal merita di esser letta.

Lirou (Giov. Franc. Espic; cav. de), passionato amatore di poesia e di musica, nacque nel 1740. Egli pubblicò in Parigi nel 1785 un'opera col titolo Système de l'harmonie, in 8vo, che è piuttosto un problema, di cui dar ne pretende la soluzione. Quest'opera è molto oscura, anche per le persone dell'arte, quando se ne vogliono applicare i principj alla pratica. L'autore medesimo ne conveniva, e proponevasi di darne le necessarie spiegazioni per renderla chiara e facile, e nel tempo stesso di fondare una cattedra per ispiegarla a un certo numero d'allievi. Possiamo assicurare, dice M. Fayolle, che avendo ricevuto da lui alcune lezioni d'armonia, niuno certamente ragionava sulla musica con maggiore chiarezza, eleganza e precisione della sua: veniva ascoltato per ore intiere senza farci accorgere, e senza che se n'accorgesse egli stesso, che si affaticava alquanto. M. de Lirou, profondamente versato nella scienza dell'armonia, si era dato alla composizione: in società col cel. Piccini compose la musica di Diana ed Endimione, che fu eseguita con successo nel 1784; vi sono in oltre più scene liriche di cui ha fatto la musica e le parole, e de' canoni d'ogni specie. Egli è morto in Parigi di podagra nel 1806.

Locatelli (Pietro) da Bergamo; sin da fanciullo fu mandato in Roma, e prese lezioni di violino dal gran Corelli. Dopo aver molto viaggiato, ritirossi in Olanda, e stabilì un pubblico concerto in Amsterdam, egli impiegava il suo tempo nell'insegnare altrui la musica, e nel comporre. Alla sua morte quivi giunta nel 1764, la società degli amatori d'Amsterdam prese il lutto. Egli era un fecondissimo compositore, e un abile violinista, de' cui scritti la miglior parte ancor si studia e si loda, dice il conte di S. Raffaele; i lunghi e difficilissimi capricci, onde egli ha deformato i suoi concerti, intendendo però d'abbellirli, sono scogli famosi per mille naufragi. Sembra che in quest'opera abbia l'autore pensato a raunar tutto ciò che può screditar chi suona e nojar chi ascolta. Una difficoltà incalza l'altra, e un rompicollo s'accavalla a un rompicollo. Talchè per quanti s'ostinino a volerne venir a capo, tutti si trovan per via colle ali d'Icaro, e sul carro di Fetonte. E sarebbe pur bene che si smarrissero queste mattezze; affinchè la posterità stuonatrice, che certo sarà numerosa, non possa recare ai nostri nipoti la stessa insoffribil molestia, che ci recano i non puochi stuonatori presenti. Ben altro è il pregio delle dotte e bellissime sonate a solo di questo autore. Qui si trova la maschia ed esatta armonia, senza la stitichezza del gusto antico; qui l'impensate modulazioni senza stento e senza stravaganze; quì la novità delle idee, la sublimità de' concetti, la naturalezza del canto. Dall'ingegnosa Follia Corelliana attinse egli il pensier felicissimo delle sì varie e sì dilettevoli sue Variazioni; come altresì dai brevi Adagi del maestro apprese l'arte di distendere que' maestosi suoi Gravi, i quali benchè lunghissimi pur non annojano. Tanto è grandioso lo stile, flebile il canto, squisito l'artificio, con cui sono orditi e tessuti. Laonde a buona equità si può dare al Locatelli il vanto d'essere stato il più erudito e rinomato discepolo della scuola d'Arcangelo Corelli. (Letter. su l'Arte del suono).

Lock (Matthew), cantore della cattedrale d'Exeter, e buon compositore del sec. 17º, ha scritto le seguenti opere: Modern church music ec. cioè La moderna musica di chiesa; criticata e fermata ne' suoi progressi avanti il regno di S. M., 1666; An essay ec., cioè: Saggio su i progressi che ha fatti la musica con levar via la difficoltà delle diverse chiavi e con riunire sotto un carattere universale, ogni sorta di musica, ec. 1672.

Lockmann (John), della società d'Apollo che esisteva in Londra verso la medietà dello scorso secolo. Al suo dramma intitolato Rosalinda posto in musica dal maestro Smith nel 1740, precede un di lui Discorso sull'origine e i progressi dell'Opera e della Musica, in 4.º in lingua inglese, di cui può leggersene un estratto nella Biblioth. Britannique. Questo Discorso è scritto con giudizio, con erudizione e con gusto: noi non ne rapporteremo che un grazioso aneddoto, che Lockmann dice essergli stato narrato da Smith ocular testimonio. “Si tratta d'un piccione del colombajo di M. Lee del contado di Chesh. Aveva costui una figliuola, che sonava bene il cembalo. Il colombajo non era distante dall'appartamento, dov'era quell'istromento. Essa suonava diverse arie, e tra le altre quella di Spera si nell'Ottone di Hendel. Quest'era l'aria favorita del piccione: dachè la sentiva, volava dal colombajo alla finestra: quivi a suo modo esprimeva le più aggradevoli commozioni: ed al momento che più non si suonava la sua aria, volava altrove. Questo ghiribizzo dinotato per lo Spera si piacque tanto alla giovinetta musica, che non volle chiamar più con altro nome quest'aria, che l'aria del piccione, e la copiò sotto questo titolo nel suo libro de' pezzi scelti di musica.” Un tal fatto conferma quel che già diceva Aristotele: Belluina etiam animantia, melodiis accentuque congruo oblectantur. (De nat. anim.)

Loehlein (Giorgio-Simone), maestro di cappella a Danzica, all'età di 16 anni fu arrollato nelle truppe del re di Prussia, e tra le altre campagne fu egli alla battaglia di Collin, dove restò sul campo in mezzo ai morti. I vincitori Austriaci trovato avendogli alcuni segni di vita, lo trasportarono nell'ospedale, e dopo alcun tempo guarito tornò in sua patria, dove la sua famiglia era ancora in lutto. Nel 1760, portossi a Jena col disegno di farvi i suoi studj. La sua grand'abilità sull'arpa gli acquistò molte conoscenze, e diegli ingresso nelle migliori famiglie. Sin d'allora applicossi alla musica con sì gran zelo, che nel 1761 ottenne il posto di direttore di musica in luogo di Wolff, che divenne maestro di cappella a Weimar. Passò quindi in Lipsia, dove fu ricevuto nel gran concerto, ed un altro particolare ne stabilì egli composto per la più parte de' suoi allievi, in ambidue suonava egli ogni sorta di stromenti, senza eccettuarne quelli da fiato, e vi faceva eseguire le sue composizioni che imprimeva egli stesso ad acqua-forte. Nel 1779 fu chiamato a Danzica come maestro di cappella, ma non confacendosi il clima colla sua delicata salute, vi morì sul principio del 1782, in età di 55 anni. Abbiamo di lui alcune opere di teoria pubblicate in Lipsia: I. Klavierschule ec. cioè Scuola di cembalo, o breve e ragionata istruzione sull'armonia, e la melodia, spiegata con esempj, 1765 in 4º. II. Scuola di cembalo, vol. 2, nel quale s'insegna l'accompagnamento del basso non cifrato, e le altre armonie omesse nel primo, vi si ha aggiunto un trattato del recitativo, 1781, in 4º. III. Anweisung ec. ossia: Elementi di violino: spiegati con esempj e con 24 duo, Lipsia 1774.

Loen (Giov. Mich. de) di Francfort, dotato dalla natura de' più rari talenti, ebbe in oltre la fortuna di avere un'eccellente educazione: fece i suoi studj nell'università di Marbourg, e studiò quindi le belle lettere ed insieme la musica a Halle. Egli morì nel 1776. Di molte sue opere sulla teologia e la politica, una ve ne ha che abbia rapporto alla musica nel 4º vol. delle sue Opere diverse.

Loescher (Gasp.), dottore nell'università di Vittemberga morto nel 1718, dove pubblicò una Dissertazione col titolo: De Saule per musicam curato in 4º, 1688, citata da Lichtenthal, p. 82, e da Walther.

Logroscino (Niccolò), celebre compositore napoletano specialmente di opere buffe, a cui deesi sovra tutto l'invenzione de' finali. Egli fu il primo maestro di contrappunto nel Conservatorio de' figliuoli dispersi in Palermo dopo il 1747, e vi fece de' buoni allievi, tra' quali molto si distinsero il Muratori, e il Vermiglio, che gli succedettero in quel posto. I primi saggi nel genere burlesco debbonsi a Leo, a Pergolesi e al Sassone, ma “Logroscino genio originale e fecondo, loro contemporaneo, diè la vera idea di ciò che poteva divenire questa specie di dramma. Fu egli il primo che pensò di terminar ciascun atto con un pezzo, in cui il motivo, proposto da prima da una sola voce, si sviluppi in appresso a due, a tre, a quattro, continovamente interrotto da nuovi canti, ridotto continovamente sotto tutte le forme della melodia e dell'armonia, finalmente col divenir la materia di un coro del più grand'effetto.” (Framery, art. Bouffon, dans l'Encycl. method.) Logroscino morì in Napoli circa 1760.

Lolli (Antonio), da Bergamo, celebre violinista morto in Palermo nel 1802, e quivi onorevolmente sepolto nella chiesa de' Padri Capuccini fuori la Città. M. Fayolle lo dice per errore morto in Napoli nel 1794. Lolli fu dapprima maestro di concerti del duca di Wurtemberg sino al 1773: passò quindi in Russia, ove eccitò talmente l'ammirazione di Caterina II, che donogli un arco, sul quale aveva ella medesima scritto di sua mano in francese: Archet fait par Catherine II pour l'incomparable Lolli. Nel 1785, fece egli un viaggio in Inghilterra ed in Spagna. Venne quindi in Francia, e dopo il 1789 ritirossi in Italia godendo delle ricche pensioni della Moscovia e di Napoli: passò gl'ultimi anni di sua vita nel ritiro in Palermo; io non voglio più sonare, egli diceva, che per le teste coronate. La destrezza, che egli aveva acquistata sul suo stromento, era del tutto sorprendente: egli saliva più al di là di qualunque altro suonatore; i suoi capricci talmente lo trasportavano negli a solo, che il più esercitato accompagnatore poteva appena seguirlo: egli medesimo non poteva accompagnare il canto, perchè difficilmente andava in misura. La prima volta che Lolli fecesi sentire in un suo concerto sul teatro di Palermo nel 1793, mi sovviene d'aver inteso sgridar in pubblico il Sig. Blasco primo violino dell'orchestra, che non aveva uguale nell'arte di dirigerla, perchè non si erano trovati insieme in misura, ma lo sbaglio era piuttosto del Lolli, che affrettava sempre il tempo, ed andava avanti. Essendo stato pregato un giorno di sonar un adagio, ricusò di farlo: Io son di Bergamo, ei soggiunse, i cittadini di questo paese son troppo matti per poter sonare l'adagio. “Lolli che aveva delle ragioni per non amare gli adagio, dice M. de Ginguené, raccorciolli assai ne' suoi concerti, e vi mise in oltre sì poca espressione e melodia che di raro diè da lagnarsi della loro breve durata, anzichè fè riguardarli come una sorta di riposo e di transizione di un allegro all'altro.” (Encycl. method. art. Concerto).

Lorente (Andrea). Spagnuolo, scrittore didattico del sec. 17º, pubblicò nel 1672, El porqué de la musica, canto llano, canto de organo, contrapunto, y composicion, Alcalà in fol. La grandezza del volume non bastò a difender dall'oblio totale l'autore e l'opera, sorte ordinaria dei libri men che mediocri.

Lotti (Antonio), capo della scuola veneziana, e maestro di cappella in San Marco di Venezia, godeva d'una gran riputazione sulla fine del secolo 17º. Egli aveva delle profonde cognizioni dell'armonia, che lo resero superiore a tutti gli altri compositori del suo tempo. Il Sassone, che lo conobbe in Venezia nel 1727 lo scelse per suo modello: un dì, ch'egli era presente all'esecuzione di un'opera di Lotti, Qual espressione! egli esclamò, quale varietà! e nel tempo stesso quale precisione d'idee! Il dot. Burney parla con trasporto dell'impressione da lui risentita nell'ascoltare in Venezia una messa di questo gran maestro. Gl'Italiani rendongli testimonianza, ch'egli univa all'arte ed alla regolarità degli antichi, tutte le grazie, l'abbondanza e 'l brio de' compositori moderni. Può giudicarsi del successo ch'egli ebbe come compositore di teatro, dalla sola circostanza che dal 1683 sino al 1718 scrisse sempre per lo stesso teatro di Venezia. Chiamato a Dresda scrisse quivi la musica di un Dramma per le nozze del principe elettore di Sassonia nel 1718, e tornò l'anno di appresso in sua patria. Walther cita con elogio i di lui madrigali, ed in Lipsia si conserva un suo eccellente Miserere a 4 voci e 4 stromenti.

Loulié (Mr.). Nelle memorie dell'Accademia delle Scienze an. 1701 si trova di lui una scala per gradi, ossia regola divisa in più parti per misurare la durata de' suoni, per determinare i loro diversi valori, e sino i rapporti de' loro intervalli, con de' calcoli per il temperamento! (V. Rouss. Dictionn. art. Temperam.).

Lucchesi (Andrea), nato a Motta nel Friuli veneziano nel 1741: ebbe per maestri nell'arte della composizione, Cochi napoletano per lo stile di teatro, ed il P. Paolucci allievo del Martini per lo stile di chiesa, e poi Seratelli, maestro di cappella del doge di Venezia. Nel 1767, in occasione di una gran festa che diè la repubblica di Venezia al duca di Wittemberga, che trovavasi allora colà, Lucchesi scrisse una Cantata per il teatro di S. Benedetto, che fu sommamente applaudita. Scrisse ancora quivi più opere buffe, ma nel 1771 essendosi portato a Bonn, con una compagnia di attori, entrò tosto al servizio dell'elettore di Colonia coll'onorario di mille fiorini, e dopo avere scritto molta musica pel teatro e per la chiesa, morì a Bonn nel 1810. Per il Conservatorio degli Incurabili di Venezia vi ha di lui un vespro a due cori, un oratorio, e un Te Deum; una messa per la collegiale di S. Lorenzo, una di Requiem per l'esequie del duca di Mont'allegro ambasciadore di Spagna in Venezia, e più messe e mottetti per la cappella di Bonn, oltre più sinfonie, concerti e sonate per cembalo.

Luciano di Samosata nella Siria, di povera famiglia, fu destinato dal padre ad apprendere da un suo zio l'arte della scultura, ma alcuni cattivi trattamenti ricevuti da costui gliela fecero abbandonare, e diessi interamente allo studio delle scienze. Egli fu uno de' genj più brillanti dell'antichità, e tutte le sue opere ridondano delle grazie di un vero bello spirito, tranne la sua irreligiosità e la mordacità delle sue satire. Dopo aver vissuto lungamente in Atene, e nell'Egitto, dicesi di esser morto in età di 90 anni. Nelle sue opere, che sono in gran numero, trovansi molti passaggi sulla musica, e specialmente in quella sulla danza (De saltatione), e ne' suoi Dialoghi degli Dei ec. M. Fayolle nel suo articolo mette ridicolosamente nel numero de' libri musicali di Luciano quello che è intitolato Harmonides, ingannato dal nome, quasichè dinotar volesse che tratti d'armonia: ma questo libro non è, che una Lettera dedicatoria di tutte le di lui opere ad un amico, a cui dà il titolo d'Harmonide per allusione ad un altro dello stesso nome discepolo del musico Timoteo. Tale è l'inavvertenza di questo autore, e la poca esattezza del suo Dizionario. Perchè non si creda che io ne lo accusi a torto, ecco le sue parole: De divers écrits de Lucien, nous ne citons ici que ceux qui ont rapport à la musique, tels que ses Harmonides etc. Luciano fiorì nel secondo secolo dell'era cristiana (V. Burdelot in vitâ Luciani ap. Fabric.).

Ludwig (Giov. Adamo), membro della Società economica del Palatinato, morto nel 1782 nell'immatura età di 52 anni, ha lasciato molti scritti sulla costruzione degli organi; eccone i titoli tradotti dal tedesco: 1. Saggio sulle qualità necessarie a un costruttore d'organi, 1759 in 4º; 2. Lettera a M. Hoffmann primo organista a Breslavia, 1759; 3. Difesa di M. Sorge contro M. Marpurg; 4. Idee su i grand'organi; 5. Ai detrattori degli organi, Erlange 1764, in 4º.

Lulli (Giov. Batt.), nacque in Firenze nel 1633, ma trasportato in età di 14 anni a Parigi, divenne mercè il suo grandissimo ingegno, onde avealo fornito la natura, l'eroe riformatore della musica francese. La prima sua abilità, che lo rese celebre in Francia, fu quella di sonare il violino; prima di lui ne' concerti di strumenti solo uno di questi cantava, gli altri non facevano se non un semplice accompagnamento a quello: Lulli mise in movimento tutte le parti, e creò il vero concerto. Nell'infanzia della musica strumentale a lui deesi l'invenzione opportunissima all'oggetto di aprire con pompa uno spettacolo teatrale, cioè, la sinfonia, detta perciò ouverture da' francesi; invenzione, dice il Carpani, “che restò per gran tempo così priva d'imitatori, che in Italia stessa pochissime furono le sinfonie composte per tal uso: una di Lulli fu sonata contemporaneamente in diversi teatri d'Italia in capo a molte opere di varii de' più rinomati maestri senza ch'alcuno d'essi si desse la briga di stenderne di nuove: il fatto è che l'ouverture francese regnò lungamente su i nostri teatri, quantunque vi si udissero con maraviglia infinita le divine opere dei Vinci, dei Pergolesi, dei Leo ed altri simili.” (Letter. 1). Coll'abilità di sonare il violino Lulli si acquistò la benevolenza di Luigi il grande, che lo fece direttore dell'orchestra della sua corte, e poi divenne capo, e compositore dell'opera francese, incominciatasi ad eseguire a' giorni suoi. Egli trasse la musica francese dalla scipitezza in cui aveva sino allora languito: egli fu un uomo di genio che ha spianato il cammino a tutti coloro che gli sono venuti dopo, e 'l di cui nome risuonerà ne' posteri, quali sian per essere le rivoluzioni della musica. Ma l'entusiasmo dei francesi per la musica di Lulli, che durò oltre a un secolo, è stata la cagione di ritardare presso quella vivace nazione i progressi di quest'arte. Che Lulli sia stato l'eroe della musica francese, dice il dotto Eximeno, non si può certamente dubitare; ma che la musica francese non abbia colpito nel vero scopo della musica, è stato già bastantemente deciso da tutta l'Europa, e dagli stessi francesi, i quali svanito già l'entusiasmo per la musica di Lulli, fanno particolare studio della musica italiana. La musica di Lulli parla più all'orecchio che non al cuore (Lib. 3, c. 3). Il carattere di Lulli era gajo e brioso, egli rallegrava le compagnie con novellette e con de' buoni motti, onde i più alti signori si facevano a gara per ammetterlo alla loro familiarità: conservò sino alla morte il suo brio e la prontezza del suo spirito. Essendo agli estremi ed abbandonato dai medici, venne a visitarlo il cavalier di Lorena. Sì veramente, gli disse allora la moglie di Lulli, voi siete il suo più grande amico, voi che siete stato l'ultimo ad ubbriacarlo, e che siete causa di sua morte. Lulli riprese tosto: Zitto, mia cara, il signor cavaliere è stato l'ultimo ad ubbriacarmi, ed in caso che io ne guarisco, sarà egli il primo a far lo stesso. Egli morì in Parigi li 22 Marzo del 1687, in età di 54 anni: il cel. poeta latino Santeuil fece il suo epitafio.

Luneau de Boisgermain (Pier Giuseppe), nato a Issoudun di una comoda famiglia nel 1752, coltivò ben presto le belle lettere. Le cognizioni, ch'egli si dava premura di acquistare, non si limitavan solo alla sua propria istruzione, ma dirigevansi ancora a rendersi altrui utili. Oltre a più opere di varii generi, Luneau pubblicò per tre anni l'Almanach musical, 1771-1783. Fayolle lo chiama una collezione senza scelta, e senza gusto, come tutte le altre sue compilazioni: non posso giudicarne, perchè non lo conosco. Questo laborioso scrittore morì subitamente a 2 dicembre del 1801.

Lunier (M.), autore di un'opera, cui diè per titolo Dictionnaire des sciences et des arts, t. 3, in 8vo a Paris 1805, egli vi tratta ancora della musica considerata come scienza e come arte, ma i brevi articoli che ne ha fatti sono trascritti dal Dizionario di musica di Mr. Rousseau.

Lupi (Mario), canonico e primicerio della cattedrale di Bergamo sua patria, cameriere d'onore di papa Pio VI, nacque di nobil famiglia nel 1710. Co' suoi studj fatti in Bergamo, e nel collegio Cerasoli a Roma, e colle sue opere si acquistò la riputazione di un uomo profondamente dotto. Morì egli in sua patria li dì 7 novembre del 1789. Vi ha di lui manoscritta una Dissertazione intorno al suono.

Luscinio (Otmaro), in tedesco Rachtigal, canonico di S. Stefano in Strasburgo sua patria, dove in un'estrema vecchiezza morì l'anno 1535. Tra le molte sue opere noi non rammenteremo che quella, che ha per titolo: Musurgia, seu praxis musicæ, a Strasburgo 1536, in 4.º, libro estremamente raro ed ornato di figure incise in legno, che rappresentano ogni sorta di stromenti di musica usati al suo tempo in Francia, ed in Germania.

Lusitano (Vincenzo), professore ed autore di musica viveva in Roma verso la metà del sec. 16º. Egli sostenne contro il Vicentini che l'antica musica de' Greci non comprendeva che il solo genere diatonico. Questa disputa divenne così interessante che divise la maggior parte dei letterati italiani, e si sostenne dai due campioni una spezie di pubblica tesi nella cappella del papa alla presenza del Cardinale di Ferrara, e di tutti gli intendenti nelle scienze armoniche, che allora si trovavano in Roma. Il Vicentini, che difendeva altro non essere stata la musica greca se non una confusione de' nostri tre generi cromatico, diatonico ed enarmonico fu riputato aver il torto in paragone del Lusitano. V. Arteaga t. 1, pag. 226.

Lustig (Giac. Guglielmo), nato in Amburgo, studiò la teoria e la composizion musicale sotto Mattheson, ed esercitossi nello stesso tempo nella pratica di quest'arte sotto la direzione del cel. Telemann, al di cui figlio insegnò egli il cembalo. Frequentava i teatri ed i concerti, ove ebbe occasione di sentire alcuni gran virtuosi, fra' quali Bach, e formarsi così sopra tai modelli. Nel 1734 si rese per alcuni mesi in Londra per sentir ivi in tutta la loro perfezione le opere di Hendel, ed ha sempre di poi soggiornato a Groninga dove occupava il posto di Organista della chiesa di S. Martino sin dall'età di sedici anni, essendovi stato eletto per la morte del padre suo. Lustig dee annoverarsi tra que' puochi maestri che han saputo riunire ad una grande abilità molto gusto, e delle profonde cognizioni, egli viveva ancora nel 1772. Abbiamo di lui molti scritti sulla musica in lingua olandese: I. Introduzione alla conoscenza della musica; II. Grammatica della musica, Amsterdam 1754 2 vol. in 8vo; III. Giornale de' viaggi di musica del d. Burney tradotto dall'inglese. Quest'opera è molto pregevole per le note e le addizioni di Lustig. Egli ha tradotto ancora molte opere dal tedesco in sua lingua, come l'Istruzione di Quanz per il flauto traverso, 1756, Prove dell'organo di Werkmeister, Musico-theologia di Schmidt, Elementi di violino di Woditzka, Nuova istruzione per l'uso del flauto di Mahaut, Lezioni di cembalo di Marpurg. IV. Una collezione molto interessante di notizie intorno a 145 musici di Lustig si trova inserita nel 2º vol. delle lettere critiche di Marpurg, dove vi ha eziandio la sua biografia, scritta da lui medesimo.

Luzaschi (Luzasco), uno de' celebri maestri di musica del sec. 16º che han diritto alla nostra venerazione, per avere intrapreso dopo tanti secoli di barbarie di ridurre a miglior forma quest'arte e scienza. Luzaschi era di Ferrara, e vi ha di lui per la musica pratica Quattro Libri di madrigali a 5 voci, quivi impressi nel 1584. Egli in oltre fu uno degli autori di quel tempo, che tentarono di stabilire l'antico genere enarmonico. Scorrendo io gl'autori del 1500, dice l'ab. Requeno, ne ho trovato uno della corte di Ferrara, il quale volle correggere ed imitare allo stesso tempo il Vicentini, fabricando un gravicembalo co' tre generi d'antica armonia, con cui lo storico dice, ch'esso accompagnò i cantanti di certe composizioni, fatte a bella posta per questo stromento. (Saggi tom. 2, p. 123)

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3

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