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CAPITOLO TRE

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L’Agente Frisbie strinse forte il braccio di Riley, per tutto il tragitto fino in fondo al corridoio. Passarono attraverso un paio di doppie porte, raggiungendo poi la base delle scale, dove, infine, la donna lasciò la presa.

Riley si massaggiò il braccio, dove le doleva leggermente.

L’Agente Frisbie disse: “Mi spiace di essere stata brusca. Andiamo di fretta. Innanzitutto, come ti chiami?”

“Riley Sweeney.”

“Ti ho vista in giro in città. A che anno di college sei?”

“All’ultimo.”

L’espressione severa della donna si addolcì leggermente.

“Beh, innanzitutto, voglio porgerti le mie scuse per come l’Agente Steele si è appena rivolto a te. Poverino, proprio non può farne a meno. E’ solo che è … che parola userebbe mia figlia? Oh, sì. Un coglione.”

Riley era troppo stupita per ridere. Ad ogni modo, l’Agente Frisbie non stava sorridendo.

Lei disse: “Mi vanto di avere un istinto piuttosto affidabile, meglio dei “buoni vecchi ragazzi” con cui sono costretta a lavorare, comunque. E, ora, l’istinto mi dice che sei l’unica persona qui intorno che potrebbe dirmi esattamente ciò che mi occorre sapere.”

Riley provò un’altra ondata di panico, mentre la donna, che continuava a non sorridere, tirò fuori un taccuino e fu pronta a prendere appunti.

La giovane disse: “Agente Frisbie, io davvero non ne ho idea ...”

La donna la interruppe.

“Potresti sorprenderti. Va’ avanti, raccontami della tua serata.”

Riley era perplessa.

Parlare della mai serata?

Che cos’ha a che vedere questo con la faccenda?

“Dal principio” la Frisbie disse.

Riley rispose lentamente: “Beh, ero seduta nella mia stanza, cercando di studiare, perché ho lezione domattina, ma la mia compagna di stanza, Trudy, e la mia amica Rhea …”

Riley divenne improvvisamente silenziosa.

La mia amica Rhea.

Ricordò che era seduta sul suo letto, mentre Trudy e Rhea erano dall’altra parte della stanza a farsi le unghie, e c’era la musica a tutto volume di Gloria Estefan, e le due stavano facendo molta confusione, provando a convincere Riley ad uscire con loro. Rhea era stata così vivace, sorridente e maliziosa.

Non più.

Non avrebbe più sentito Rhea ridere e non l’avrebbe mai più vista sorridere.

Per la prima volta da quando questa tragedia era avvenuta, Riley si sentì sull’orlo delle lacrime. Si appoggiò contro la parete.

Non ora, si disse severamente.

Si tirò su e fece un respiro profondo e continuò.

“Trudy e Rhea erano intenzionate ad andare al Covo del Centauro.”

L’Ufficiale Frisbie diede a Riley un cenno incoraggiante e disse: “E a che ora è successo?”

“Intorno alle nove e trenta, credo.”

“E ci siete andate solo voi tre?”

“No” Riley rispose. “Trudy e Rhea hanno chiesto anche ad altre ragazze di andare. Eravamo in sei in totale.”

L’Agente Frisbie ora stava velocemente trascrivendo sul suo taccuino.

“Dimmi i loro nomi” disse.

Riley non dovette fermarsi a pensare.

“C’ero io, e Trudy e Rhea naturalmente. E Cassie DeBord, Gina Formaro, e la compagna di stanza di Rhea, Heather Glover.”

Lei restò in silenzio per un istante.

Dev’esserci dell’altro, pensò. Senz’altro poteva ricordare altri particolari da poter riferire alla polizia. Ma la sua mente sembrò bloccarsi sul gruppo immediato, e sull’immagine della sua amica morta in quella stanza.

Riley stava per spiegare che non aveva trascorso molto tempo con le altre al Covo del Centauro. Ma, prima di poter aggiungere altro, l’Agente Frisbie rimise improvvisamente matita e taccuino in tasca.

“Ben fatto” lei disse, sembrando molto professionale. “Questo è esattamente ciò che volevo sapere. Andiamo.”

Mentre l’Agente Frisbie la ricondusse nel corridoio, Riley si domandò …

“Ben fatto”?

Che cosa ho fatto?

La situazione nel corridoio era quella di prima, con un piccolo gruppo di studenti stupiti e sconvolti, che si erano radunati, mentre l’Agente White osservava. Ma c’erano almeno altri due nuovi arrivi.

Uno era il Preside Angus Trusler, un uomo perfettino e facile all’agitazione, che si stava mescolando agli studenti, interrogandoli su quanto avvenuto, sebbene avessero ricevuto l’ordine di non parlare.

Il nuovo arrivato era un uomo alto e vigoroso e indossava un uniforme. Riley lo riconobbe subito. Si trattava del capo della polizia di Lanton, Allan Hintz. Riley notò che l’Agente Frisbie non sembrava sorpresa di vederlo, ma non appariva nemmeno contenta della sua presenza.

Stando con le braccia divaricate, chiese alla Frisbie: “Ti spiacerebbe dirci perché ci stai facendo aspettare, Frisbie?”

L’Agente Frisbie gli rivolse uno sguardo di disdegno a malapena celato. Per Riley era ovvio che il loro rapporto lavorativo era logorato nella migliore delle ipotesi.

“Mi fa piacere vedere che qualcuno l’abbia tirata giù dal letto, signore” l’Agente Frisbie disse.

Il Capo Hintz si accigliò.

Facendo del proprio meglio per apparire autoritario quanto il capo della polizia, il Preside Trusler avanzò e si rivolse severamente ad Hintz.

“Allan, non mi piace il modo in cui tu e i tuoi uomini state gestendo la cosa. Questi poveri ragazzi sono abbastanza terrorizzati senza che siano comandati a bacchetta. Che cosa sta succedendo, perché dire loro di stare fermi e in silenzio, senza alcuna spiegazione? Alcuni vogliono soltanto tornare nelle loro stanze e dormire. Alcuni, invece, vogliono lasciare Lanton e tornare a stare un po’ dalle loro famiglie, e chi può biasimarli? Altri si chiedono persino se hanno bisogno di ricorrere agli avvocati. E’ giunto il momento che sappiano che cosa volete da loro. Senz’altro nessuno dei nostri studenti é sospettato.”

Mentre il preside continuava a farneticare, Riley si chiese come potesse essere così sicuro che l’omicida non fosse proprio lì nel corridoio. Trovava difficile immaginare qualcuna delle ragazze commettere un crimine così orribile. Ma i ragazzi? Che cosa si poteva dire di quell’atleta grande e grosso di Harry Rampling? Né lui né gli altri ragazzi avevano l’aspetto di qualcuno che aveva appena squarciato la gola di una ragazza. Ma, forse, dopo una doccia e un rapido cambio di abiti …?

Resta salda, Riley si disse. Non lasciare che la tua immaginazione ti porti via.

Ma se non è uno studente, allora chi poteva esserci nella stanza di Rhea?

Si sforzò ancora di ricordare se avesse visto qualcun altro con Rhea al Covo del Centauro. Rhea aveva ballato con un ragazzo? Aveva bevuto con qualcuno? Ma Riley non riusciva a rammentare alcunché.

Comunque, domande simili non sembravano avere alcuna importanza. Il Capo Hintz non stava ascoltando una sola delle parole che il Preside Trusler stava dicendo. L’Agente Frisbie gli stava sussurrando qualcosa, mostrandogli gli appunti che aveva preso, mentre aveva parlato con Riley. Quando lei terminò, Hintz si rivolse al gruppo: “OK, ascoltate. Voglio che cinque di voi vengano nella sala comune.”

Poi ripeté velocemente i nomi che Riley aveva dato all’Agente Frisbie, incluso il suo.

Infine l’uomo disse: “Voi altri invece, tornate nelle vostre stanze. Ragazzi, questo significa che dovete tornare al vostro piano. Restate tutti fermi lì per la notte. Non lasciate questo edificio, fino ad ulteriori istruzioni. E non lasciate il campus nell’immediato. E’ probabile che interrogheremo molti di voi.”

Si rivolse al preside e disse: “Si assicuri che tutti gli studenti nell’edificio ricevano lo stesso messaggio.”

La bocca del preside rimase spalancata per lo sgomento e riuscì solo ad annuire il proprio assenso. Nel corridoio riecheggiavano i mormorii di confusa insoddisfazione. Le ragazze si dispersero ubbidientemente, tornando alle loro stanze, e i ragazzi tornarono al piano di sotto.

Il Capo Hintz e gli Agenti Frisbie e White accompagnarono Riley e le sue quattro amiche in fondo al corridoio. Lungo il tragitto, Riley non riusciva a fare a meno di guardare in direzione della stanza di Rhea. Scorse l’Agente Steele indagare al suo interno. Lei non riusciva a vedere il letto dove aveva trovato Rhea, ma era sicura che il corpo fosse ancora lì.

In qualche modo, non sembrava giusto.

Tra quanto tempo la porteranno via? si chiese. Sperava che l’avrebbero almeno coperta, nascondendo l’orribile squarcio alla gola, e gli occhi spalancati alla vista altrui. Ma suppose che gli investigatori avessero cose più importanti di cui occuparsi. E, forse, erano tutti abituati a tali scene, comunque.

Era sicura che non avrebbe mai dimenticato la vista di Rhea morta, e quella pozza di sangue sul pavimento.

Riley e le altre giunsero, come ordinato, nella sala comune, ben arredata, e si accomodarono su sedie e divani.

Il Capo Hintz disse: “Io e l’Agente Frisbie parleremo con ognuna di voi individualmente. Nel frattempo, non voglio che voi altre parliate tra voi. Neanche una parola. Sono stato chiaro?”

Senza nemmeno guardarsi, le ragazze annuirono nervosamente.

“E per adesso, non usate nemmeno i cellulari” Hintz aggiunse.

Tutte annuirono nuovamente, poi restarono sedute a fissare le loro mani, spostando lo guardo sul pavimento, o nel vuoto.

Hintz e la Frisbie accompagnarono Heather nella cucina del dormitorio, adiacente alla sala comune, mentre l’Agente White stava stravaccato, sorvegliando Riley, Trudy, Cassie e Gina.

Dopo alcuni istanti, Trudy ruppe il silenzio. “Riley, che cosa diavolo ...?”

White interruppe: “Silenzio. Sono gli ordini del capo.”

Ci fu di nuovo silenzio, ma Riley vide che Trudy, Cassie e Gina la stavano guardando tutte. E lei distolse lo sguardo.

Credono che, se sono qui, è per colpa mia, comprese.

Poi pensò che forse era vero, forse non avrebbe dovuto riferire i loro nomi. Ma che cosa avrebbe dovuto fare, mentire ad una poliziotta? Eppure, Riley odiava l’atmosfera di diffidenza di cui le amiche erano responsabili ma non poteva davvero biasimarle per il loro risentimento.

In che tipo di guai ci troviamo, comunque? lei si chiese. Solo per essere uscite insieme?

Era preoccupata specialmente per Heather, che era ancora in cucina a rispondere alle domande. La povera ragazza era particolarmente legata alla sua compagna di stanza, Rhea. Naturalmente, questo era un incubo per tutti, ma Riley non poteva neppure immaginare quanto dovesse essere difficile per Heather.

Presto sentirono riecheggiare nervosamente la voce del preside negli altoparlanti del dormitorio.

“Sono il Preside Trusler. Io, io sono sicuro che tutti voi ormai siate a conoscenza del fatto che qualcosa di terribile è accaduto al piano delle ragazze. Il Capo della Polizia Hintz ha emanato l’ordine di restare nelle vostre stanze e di non lasciare il dormitorio. Un agente della polizia del campus potrebbe venire nella vostra stanza a parlare con voi. Assicuratevi di rispondere a tutte le domande. Per ora, non lasciate il campus domani. Avrete tutti presto ulteriori istruzioni.”

Riley ricordò un’altra frase che il capo aveva pronunciato …

“Probabilmente interrogheremo molti di voi.”

Ora avrebbe iniziato con Riley e con le altre quattro ragazze.

Per lei, stava cominciando ad avere senso. Dopotutto, erano state tutte insieme a Rhea, poco prima che fosse uccisa. Ma che cosa pensava Hintz che le ragazze potessero sapere?

Che cosa pensa che io possa sapere? si chiese.

Riley non riusciva ad immaginarlo.

Finalmente, Heather uscì dalla cucina, accompagnata dall’Agente Frisbie. La ragazza sembrava pallida e malata, come se fosse sul punto di vomitare di nuovo. Riley si chiese dove Heather avrebbe trascorso la notte. Non poteva tornare di certo nella stanza che condivideva con Rhea.

Come se avesse sentito per caso i pensieri di Riley, l’Agente Frisbie disse: “Heather passerà il resto della notte nella stanza dell’assistente del dormitorio.”

Heather uscì tremando dalla sala comune. Riley fu lieta di vedere che l’assistente del dormitorio la aspettava sulla porta.

L’Agente Frisbie chiese a Gina di andare in cucina, dove Hintz era ancora in attesa. Gina si alzò rigidamente e seguì la donna attraverso la porta scorrevole, lasciando Riley, Trudy e Cassie sedute, immerse in un silenzio scomodo. A Riley sembrò che il tempo rallentasse, mentre aspettavano.

Infine, Gina riapparve. Senza rivolgere una sola parola alle altre, attraversò la sala comune e uscì dall’altra porta. Poi, l’Agente Frisbie chiese di Cassie, che si avviò nella cucina.

Ormai restavano soltanto Riley e Trudy sedute sulle sedie, l’una di fronte all’altra. Mentre aspettavano, Trudy continuò a rivolgere a Riley occhiate arrabbiate e di disapprovazione. Riley avrebbe voluto spiegare ciò che aveva detto, durante la breve conversazione avuta con l’Agente Frisbie. Tutto ciò che aveva fatto era rispondere ad una semplice domanda. Non aveva accusato nessuno di aver commesso qualcosa di male.

Ma l’Agente White le stava ancora sorvegliando, e Riley non poté dire una sola parola.

Infine, Cassie uscì dalla cucina e tornò nella sua stanza, e fu il turno di Trudy ad essere chiamata in cucina.

Ormai Riley era rimasta da sola con l’Agente White e si sentiva isolata e spaventata.

Non avendo nulla che la distraesse, continuava a ripensare al cadavere della povera Rhea, con gli occhi spalancati e la pozza di sangue. Ora, quelle immagini si mescolarono con i ricordi di sua madre che giaceva morta, risalenti a tanto tempo prima, ma ancora orribilmente vivi nella sua mente.

Come poteva essere accaduta una cosa simile quel giorno, nel dormitorio di un college?

Questo non può essere vero, pensò.

Sicuramente, non era davvero seduta lì, preparandosi a rispondere a delle domande di cui non conosceva affatto la risposta.

Sicuramente una delle sue migliori amiche non era appena stata brutalmente uccisa.

Si era quasi convinta dell’irrealtà del momento, quando l’Agente Frisbie accompagnò Trudy fuori dalla cucina. Con un’espressione accigliata, Trudy lasciò la sala comune, senza neanche rivolgere uno sguardo a Riley.

L’Agente Frisbie annuì verso Riley, che si alzò e la seguì obbedientemente nella cucina.

Questo non sta succedendo, continuava a ripetersi.

La Prima Caccia

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