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CAPITOLO OTTO

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Mackenzie ed Ellington arrivarono da U-Store-It alle 22:10. L'impianto era diverso dal Seattle Storage Solution, in quanto si trattava di un edificio vero e proprio. La struttura stessa sembrava essere un ex capannone, ma l'esterno era stato abbellito da un giardino curato, visibile solo in parte alla luce dei faretti che delimitavano il marciapiede. Avevano avvertito del loro arrivo, e infatti c’era una luce era accesa all'interno, dove il proprietario e direttore del posto li attendeva.

L’uomo, di nome Ralph Underwood, li accolse sulla porta. Era un tipo con gli occhiali, basso e in sovrappeso. Sembrava contento della loro visita e non si sforzò di nascondere che fosse molto preso da Mackenzie.

Li condusse attraverso la parte anteriore dell'edificio, dove si trovavano una modesta sala d'attesa e una sala riunioni ancora più piccola. Aveva fatto un buon lavoro rendendo il posto caldo e accogliente, ma aveva ancora l'odore di un vecchio magazzino.

“Quante unità ci sono qui?” chiese Ellington.

“Centocinquanta” disse Underwood. “Ogni unità ha una porta che dà sul retro, così è più facile caricare e scaricare gli oggetti dall'esterno, piuttosto che dover accedere dalla parte anteriore dell'edificio.”

“Sembra molto funzionale” commentò Mackenzie, che non aveva mai visto un complesso di magazzini all'interno di un altro edificio.

“Al telefono ha detto volevate saperne di più sul corpo che ho trovato due settimane fa, giusto?”

“Esatto” confermò Mackenzie. Si era fatta inviare sul cellulare il dossier da Rising, e da lì lesse: “Elizabeth Newcomb, trent'anni. Secondo il rapporto della polizia, è stata trovata nel suo magazzino, morta a causa di una coltellata all’addome.”

“Non so tutti i particolari” disse Underwood. “Tutto quello che so è che, quando sono arrivato quella mattina e sono andato in giro per il capannone come sempre, ho visto qualcosa di rosso lungo il bordo della porta dell'unità. Avevo capito immediatamente di cosa si trattava, ma ho cercato di convincermi che avevo torto. Invece, quando ho aperto il box, lei era lì, stesa sul pavimento, morta in una pozza di sangue.”

Parlava come se fosse seduto attorno ad un falò a raccontare una storia. Mackenzie lo trovava irritante, ma sapeva anche spesso erano proprio le persone con una tendenza al melodrammatico a rivelarsi buone fonti di informazione.

“Aveva mai trovato niente del genere prima d'ora?” volle sapere Ellington.

“No. Però... ho avuto circa una dozzina di depositi abbandonati. È scritto nel mio contratto che, se l'unità non viene aperta almeno una volta in tre mesi, chiamo l’affittuario per assicurarmi che sia ancora interessato a quello spazio. Se dopo sei mesi non vengo contattato, metto le unità all'asta, compresi gli effetti personali all’interno.”

Mackenzie sapeva che si trattava di una pratica comune, ma le sembrava al limite della legalità.

“A volte le cose che la gente lascia in questi magazzini sono... ecco, inquietanti” proseguì Underwood. “In tre delle unità abbandonate che mi sono capitate, c'erano giocattoli erotici di ogni tipo. Qualcun altro ci teneva quindici fucili, compresi due AK-47. Un’unità doveva essere di un tassidermista, perché dentro c'erano quattro animali impagliati... e non sto parlando di peluche.”

Underwood li accompagnò oltre una porta in fondo all’ingresso. Oltrepassando la soglia, si trovarono direttamente in un corridoio molto ampio. Il pavimento era di cemento e il soffitto si innalzava per sei metri sopra le loro teste. Adesso Mackenzie aveva la certezza che quel luogo fosse stato un capannone di qualche tipo. I magazzini erano divisi in gruppi di cinque, e ogni gruppo era interrotto da un corridoio che correva al lato dell'edificio in entrambi i sensi. Guardando lungo il corridoio centrale, sembravano esserci infinite unità. Adesso che si trovavano all’interno, Mackenzie realizzò che il capannone era enorme, lungo almeno un centinaio di metri.

“L'unità che volete vedere è da questa parte” disse Underwood. Camminarono per circa due minuti, mentre Underwood continuava a parlare degli strani oggetti che aveva trovato in alcune delle unità abbandonate, così come alcuni piccoli tesori, come giochi nuovi di zecca, fumetti rari, e una cassaforte chiusa che conteneva più di cinquemila dollari.

Finalmente si fermò davanti a un'unità contrassegnata come C-2. A quanto pareva, si era preparato in anticipo, perché tirò fuori dalla tasca una sola chiave, che subito inserì. Dopo aver sbloccato la serratura, alzò la porta avvolgibile, rivelando l’interno che puzzava di chiuso. Underwood azionò un interruttore a parete e la luce si accese rivelando una stanza per lo più vuota.

“Non si è presentato nessun familiare a reclamare le sue cose?” chiese Mackenzie.

“Ho ricevuto una chiamata da sua madre, quattro giorni fa” rispose l’uomo. “Prima o poi passerà, ma non ha fissato una data.”

Mackenzie si aggirò nel magazzino, alla ricerca di qualcosa di simile a quello che avevano visto in quello di Claire Locke, ma non trovò niente. Forse Elizabeth Newcomb non aveva lo stesso spirito combattivo di Claire, oppure le prove della sua lotta erano già state ripulite dalla polizia.

Mackenzie andò verso i pochi oggetti accatastati in fondo alla stanza. Per lo più si trattava di contenitori di plastica, etichettati con nastro adesivo e pennarello nero: Libri e riviste, Infanzia, Roba della mamma, Decorazioni natalizie, Vecchie stoviglie.

Anche il modo in cui erano impilati sembrava molto organizzato. C'erano alcune scatole di cartone piene di album fotografici e foto incorniciate. Mackenzie sfogliò alcuni degli album, ma non vide nulla che potesse essere d'aiuto. C’erano solo famigliari sorridenti, viste sulla spiaggia e un cane che, a quanto pareva, doveva esserle stato molto caro.

Ellington si avvicinò e osservò le scatole. Aveva le mani sui fianchi, segno che non sapeva bene cosa fare. Di tanto in tanto ancora si stupiva di quanto lo conoscesse bene.

“Credo che, se ci fosse qualche indizio, sia stato già trovato dalla polizia” disse Ellington. “Forse possiamo trovare qualcosa nei verbali.”

Mackenzie annuì, ma i suoi occhi erano caduti su qualcos'altro. Raggiunse l'angolo più lontano, dove tre dei contenitori di plastica erano stati impilati uno sopra l'altro. Incastrata nell’angolo, tanto nascosta che non l'aveva notata durante la sua ispezione iniziale, c’era una bambola. Era vecchia, con i capelli ingarbugliati e macchie di sporco sulle guance. Sembrava uscita da un film horror di serie B.

“Inquietante” commentò Ellington, seguendo lo sguardo di Mackenzie.

“E stranamente fuori posto” rispose lei.

Prese la bambola, facendo attenzione a non toccarla troppo, nel caso in cui potesse costituire una prova. Certo, a prima vista sembrava solo un oggetto casuale, forse gettato nel mucchio all'ultimo minuto, quasi come per un ripensamento.

Ma tutto il resto qui dentro è meticolosamente organizzato e catalogato. Questa bambola salta all’occhio. Anzi, sembra quasi che sia stata messa lì intenzionalmente.

“Credo che dovremmo metterla in una busta per la raccolta prove” disse. “Perché questo è l’unico oggetto a non essere dentro una scatola? Questo posto è davvero ordinato. Perché lasciare fuori solo la bambola?”

“Pensi che sia stato l'assassino a metterla lì?” chiese Ellington. Non aveva ancora finito di formulare quella domanda, che iniziò a considerarla estremamente plausibile.

“Non lo so” ammise lei. “Ma penso di voler andare a dare un'altra occhiata al magazzino di Claire Locke. E voglio anche vedere in quanto tempo riusciamo ad ottenere il dossier completo degli omicidi in Oregon a cui hai lavorato... ai vecchi tempi.” Pronunciò l’ultima parte ridendo, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di prenderlo in giro per il fatto che aveva sette anni più di lei.

Ellington si voltò verso Underwood, che era rimasto sulla porta, fingendo di non origliare. “Immagino che non abbia mai parlato con la signorina Newcomb al di fuori delle questioni legate all’affitto, vero?”

“Temo di no” disse Underwood. “Cerco di essere amichevole e ospitale con tutti, ma ce ne sono tantissimi, sa?” Poi vide la bambola che Mackenzie aveva ancora in mano e si accigliò. “Ve l’ho detto... ci sono un sacco di stranezze qui dentro.”

Mackenzie non ne dubitava. Ma quella bambola in particolare sembrava completamente fuori posto. E aveva intenzione di scoprire cosa significasse.

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