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CAPITOLO CINQUE

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Poco prima che Frances arrivasse con il caffè, tornò l’agente Lambert. Adesso che non era più chino sul cellulare, Mackenzie si accorse che era giovane, doveva avere sui trent’anni. Trovava strano che fosse un altro agente a fare da braccio destro a Clarke, invece di un vicesceriffo, ma non diede peso alla cosa.

La città è piccola, si rammentò.

I quattro erano seduti alla scrivania di Clarke, intenti a riesaminare i documenti. Clarke sembrò più che contento di lasciare a Mackenzie il timone, che dal canto suo apprezzò il cambiamento nell’atteggiamento dello sceriffo... adesso la accettava come sua pari.

“Dunque, partiamo dal caso più recente” disse Mackenzie. “Ellis Ridgeway, cinquantasette anni. Come ho avuto modo di constatare di persona, ha un figlio estremamente arrogante ed egocentrico. A parte il fatto ovvio che era cieca, cos’altro potete dirmi su di lei?”

“In pratica è tutto” disse Clarke. “Era una signora dolce. Da quel che ho capito, tutti alla casa di riposo le volevano bene. Quello che mi spaventa di tutta questa storia è che l’assassino doveva avere confidenza con lei, giusto? Doveva sapere che sarebbe uscita dalla struttura per prenderla di mira.”

“Anch’io ci avevo pensato” disse Mackenzie. “Ma se queste morti sono collegate – e sicuramente lo sembrano – questo significa che se è stato qualcuno del posto che la conosceva ad ucciderla, di sicuro ha dovuto viaggiare parecchio. L’altra vittima era... a due ore e mezza da qui?”

“Quasi tre” confermò Clarke.

“Appunto” disse Mackenzie. “Sapete, per un po’ mi sono persino chiesta se potesse essere stato un altro ospite, ma Randall Jones mi ha assicurato che nessuno l’ha seguita ieri. A quanto pare è dimostrato dal filmato della videocamera, che però non abbiamo ancora visionato, grazie all’interferenza di Langston Ridgeway. In quanto agli ospiti o al personale, non ci sono prove che qualcuno sia uscito durante l’assenza della signora Ridgeway.”

“E poi, tornando al primo omicidio” disse Ellington, “dovremo andare a parlare con i parenti, presto. Cosa può dirci della prima vittima, sceriffo?”

“Be’, viveva in un’altra casa per non vedenti” disse. “E tutto ciò che so è nel fascicolo che avete anche voi. Come ho già detto, è a quasi tre ore da qui, praticamente nella Virginia occidentale. La struttura non è messa bene, a quanto ho capito. Più una scuola che una casa, credo.”

Fece scivolare verso Mackenzie il foglio con il breve verbale della polizia della prima scena del crimine. Era avvenuto in una città chiamata Treston, a circa quaranta chilometri da Bluefield, nella Virginia occidentale. Il trentottenne Kenneth Able era stato strangolato a morte. C’erano leggere abrasioni intorno agli occhi. Era stato trovato nascosto nell’armadio della stanza in cui passava la maggior parte del tempo nella struttura.

I fatti erano raccontati in modo robotico, senza dettagli. Anche se c’era scritto che le indagini erano in corso, Mackenzie dubitava che avessero preso sul serio il delitto.

Adesso però scommetto di sì, pensò.

Questa nuova morte era troppo lampante per negarla. Le vittime erano troppo simili, così come i segni di violenza sui corpi.

“Ho chiesto a Randall Jones di compilare una lista di dipendenti e persone connesse con la casa su cui nutre anche il minimo sospetto” disse Mackenzie. “Direi che la prossima mossa sia parlare con qualcuno a Treston per vedere se ci sono collegamenti.”

“Lo svantaggio è che Treston è maledettamente lontano” fece notare Ellington. “Anche se fila tutto liscio, dobbiamo mettere in conto il tempo necessario per spostarci. A quanto pare, non sarà possibile chiudere il caso così velocemente come l’illustre signor Ridgeway vorrebbe.”

“Quando arriverà il referto del medico legale?” chiese Mackenzie.

“Mi aspetto di sentire qualcosa entro poche ore” disse Clarke. “Anche se un esame preliminare non ha evidenziato niente di evidente. Né impronte digitali, né capelli o altro.”

Mackenzie annuì e tornò a guardare il fascicolo. Aveva appena iniziato a esaminarlo in modo più approfondito quando il suo cellulare squillò. Lo prese e rispose: “Qui agente White.”

“Sono Randall Jones. Come mi ha chiesto, ho quella lista di nomi. È piuttosto breve e comunque sono sicuro che tutti si dimostreranno estranei ai fatti.”

“Chi sono queste persone?”

“C’è un addetto alla manutenzione che non è molto affidabile. Ieri ha lavorato tutto il giorno, smontando poco dopo le cinque. Ho chiesto in giro e nessuno sembra averlo visto tornare. Poi c’è un altro uomo che lavora per i servizi sociali. A volte viene per fare giochi di società e passare un po’ di tempo con gli ospiti. Di tanto in tanto fa anche aiuta anche con le pulizie o a spostare mobili.”

“Potrebbe mandarmi nomi e recapiti per messaggio?”

“Ma certo” disse Jones, chiaramente non contento di dover considerare quegli uomini come sospettati.

Mackenzie terminò la chiamata e si voltò verso i tre uomini nella stanza. “Era Jones con due possibili sospettati. Un manutentore e un volontario che intrattiene gli ospiti. Sceriffo, a breve dovrebbero arrivarmi i nomi, le dispiace controllarli e...”

Il cellulare la avvisò che era arrivato il messaggio in questione. Lo mostrò allo sceriffo Clarke, che scrollò le spalle, scoraggiato.

“Il primo, Mike Crews, è il manutentore” disse. “So per certo che ieri sera non ha ucciso nessuno perché era con me a bere una birra al Rock’s Bar. E questo dopo essere stato a casa di Mildred Cann per aggiustare gratis il suo condizionatore. Quindi posso già dirvi che Mike Crews non è il vostro uomo.”

“E che mi dice dell’altro nome?” chiese Ellington.

“Robbie Huston. L’ho sempre visto soltanto di sfuggita. Se non sbaglio, lavora nei servizi sociali a Lynchburg. Da quel che so, alla Wakeman è considerato una specie di santo. Legge agli ospiti, è molto simpatico. Come dicevo, viene da Lynchburg, che si trova ad un’ora e mezza da qui, proprio sulla strada per Treston.”

Mackenzie tornò a guardare il messaggio di Jones e salvò il numero di Robbie Huston. Era una pista debole, ma almeno era qualcosa.

Guardò l’orologio e vide che erano quasi le sei. “Quando dovrebbero tornare il suo vice e gli altri agenti?” chiese.

“Presto. Comunque finora non mi hanno segnalato niente. Se intanto volete avviarvi, vi aggiorno se cambia qualcosa.”

“Per me va bene” disse Mackenzie.

Raccolse i fogli del fascicolo e si alzò in piedi. “Grazie per il suo aiuto.” disse allo sceriffo.

“Nessun problema. Vorrei solo poter fare di più. Se volete, posso chiedere alla polizia di stato di venire a darci una mano. Stamattina erano qui, ma se ne sono andati subito, però credo che alcuni agenti rimarranno in città per qualche giorno.”

“Le farò sapere se ce ne sarà bisogno” disse Mackenzie. “Buona serata, signori.”

Detto ciò, lei ed Ellington se ne andarono. La lobby era deserta e Frances a quanto pareva aveva finito il suo turno.

Nel parcheggio, Ellington esitò per un momento mentre prendeva le chiavi. “Hotel o viaggetto a Lynchburg?” chiese.

Mackenzie ci rifletté e, anche se la tentazione di proseguire le indagini fino a tardi era forte, pensò che contattare Robbie Huston telefonicamente sarebbe stata la stessa cosa che andare a Lynchburg di persona. Tra l’altro, iniziava a pensare che lo sceriffo Clarke sapesse il fatto suo e se lui non aveva sospetti su Huston, per il momento le poteva bastare. Era uno degli aspetti migliori del lavorare in una piccola città: quando tutti sapevano praticamente tutto di tutti, si poteva fare affidamento sulle opinioni della polizia del posto.

Però vale comunque la pena telefonargli una volta che ci siamo sistemati, pensò.

“Hotel” disse. “Se non sarò soddisfatta della telefonata, faremo tappa a Lynchburg domani.”

“Prima di andare a Treston? Sarà un lungo viaggio.”

Lei annuì. Avrebbero fatto avanti e indietro parecchio. Forse l’indomani sarebbe stato meglio separarsi. Ma potevano discutere di strategia dopo aver preso una stanza con l’aria condizionata.

Nonostante Mackenzie non fosse attratta dal lusso, l’idea di un condizionatore in quel caldo opprimente era troppo allettante. Entrarono nella macchina bollente, Ellington abbassò i finestrini e si diressero a ovest, verso il cuore di Stateton.

***

L’unico motel di Stateton era un edificio quadrato sorprendentemente curato, chiamato Stateton Inn. C’erano solo dodici stanze, nove delle quali erano libere quando Mackenzie ne chiese una. Adesso che McGrath sapeva della loro relazione, lei ed Ellington non si preoccupavano più di prendere due camere solo per salvare le apparenze. Presero una singola con letto matrimoniale e, dopo quella giornata stressante passata a guidare nell’afa, ne fecero buon uso appena chiusa la porta alle loro spalle.

Dopo, mentre Mackenzie si faceva la doccia, non poté fare a meno di apprezzare la dolce sensazione di sentirsi desiderata. C’era dell’altro, però; il fatto che avessero iniziato a spogliarsi nel primo istante in cui erano soli e avevano un letto a disposizione la faceva sentire dieci anni più giovane. Era una bella sensazione, ma si sforzava in ogni modo di tenerla a freno. Vero, si stava godendo le cose con Ellington e, comunque si volesse chiamare quello che c’era tra loro, era una delle più cose più eccitanti e promettenti che le capitavano da anni; però sapeva anche che, se non fosse stata attenta, avrebbe interferito con il suo lavoro.

Mackenzie intuiva che anche lui lo sapeva. I rischi per lui erano gli stessi: reputazione, derisione e un cuore infranto. Anche se ultimamente non era sicura che fosse preoccupato di quest’ultima cosa. Più lo conosceva, più era certa che Ellington non fosse il tipo da andare a letto con chiunque o che trattasse male le donne, però sapeva anche che era appena uscito da un matrimonio fallito e procedeva con molta cautela nella loro relazione, se così la volevano definire.

Aveva l’impressione che Ellington non sarebbe rimasto scosso più di tanto se le cose tra loro fossero finite. In quanto a lei... non sapeva come l’avrebbe presa.

Mentre usciva dalla doccia e si asciugava, Ellington entrò in bagno. Forse avrebbe voluto unirsi a lei sotto la doccia, ma era arrivato tardi. La guardò malizioso, come sempre, ma il suo sguardo era anche carico di qualcos’altro; lei la definiva la sua “espressione da lavoro.”

“Che c’è?” gli chiese scherzosamente.

“Domani... non vorrei, ma forse dovremmo dividerci. Uno di noi può andare a Treston, mentre l’altro rimane qui a lavorare con la polizia e il medico legale.”

Mackenzie sorrise quando si rese conto di quanto a volte fossero in sintonia. “Stavo pensando la stessa cosa.”

“Hai preferenze?” le chiese.

“Non direi. Posso andare io a Lynchburg e Treston. Guidare non mi dispiace.”

Pensò che avrebbe protestato, insistendo per mettersi lui in viaggio. Sapeva che Ellington non amava particolarmente guidare, ma non gli andava nemmeno a genio l’idea di saperla sola per strada.

“Per me va bene” disse invece. “Se a fine giornata saremo riusciti a raccogliere informazioni dalla casa di cura a Treston e dal medico legale qui, forse riusciremo davvero a risolvere il caso velocemente come tutti si aspettano tutti.”

“Sarebbe fantastico” gli disse, poi lo baciò sulle labbra e uscì dal bagno.

Tornata in camera, si affacciò alla sua mente un pensiero che la fece sentire quasi un’innamorata persa, ma che era innegabile.

E se lui non prova le stesse cose che io provo per lui?

Nell’ultima settimana l’aveva sentito un po’ distante e, anche se Ellington aveva fatto del proprio meglio per nasconderlo, lei se n’era accorta.

Forse si è reso conto di quanto tutto questo potrebbe influenzare il nostro lavoro.

Era una buona motivazione, a cui anche lei pensava spesso. Però non poteva preoccuparsi di quello adesso. Con il referto del medico legale che stava per arrivare, il caso poteva essere ad un punto di svolta. E sapeva che, se la sua mente rimaneva concentrata su Ellington e su quello che significavano l’uno per l’altra, forse le indagini non sarebbero riuscite a decollare.

Prima Che Senta

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