Читать книгу Prima Che Aneli - Блейк Пирс - Страница 15
CAPITOLO NOVE
ОглавлениеA causa dell'ora tarda, Quinn Tuck era comprensibilmente seccato quando Mackenzie l’aveva chiamato. Tuttavia, disse loro come entrare nel complesso e dove si trovavano le chiavi di riserva. Era quasi mezzanotte quando Mackenzie ed Ellington aprirono di nuovo il magazzino di Claire Locke. Mackenzie non poteva fare a meno di sentire che stavano girando in tondo – e quella sensazione non era particolarmente incoraggiante all'inizio del caso – ma pensava anche che fosse la mossa giusta.
Mackenzie entrò mentre ancora pensava alla bambola trovata nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Forse era solo una suggestione causata dall'ora tarda, ma stavolta quel luogo le appariva più inquietante. Gli scatoloni impilati sul retro non erano perfetti come quelli dell'unità di Elizabeth Newcomb, ma erano comunque in ordine.
“È un po’ triste, vero?” commentò Ellington.
“A cosa ti riferisci?”
“A tutte queste cose... le cassette, gli scatoloni. È probabile che non li aprirà più nessuno a cui importi del loro contenuto.”
Era effettivamente un pensiero triste, che Mackenzie cercò di scacciare in un angolo della sua mente. Si avvicinò agli effetti personali di Claire, sentendosi quasi un’intrusa. Con l’aiuto di Ellington, aprirono ogni scatolone per verificare l'eventuale presenza di bambole o altre stranezze, ma non trovarono nulla. Poi Mackenzie si rese conto che si aspettava di trovare qualcosa di lampante, come quella bambola, ma forse c'era qualcosa di diverso, qualcosa di più piccolo...
O forse non c'è alcun collegamento, pensò.
“Ehi, guarda qui” disse Ellington.
Era in ginocchio vicino alla parete destra. Indicò nell'angolo, in un anfratto tra il muro e una pila di scatole di cartone. Anche Mackenzie si mise in ginocchio e vide quello a cui si riferiva Ellington.
Era una teiera in miniatura – non nel senso di una teiera piccola, ma più simile a una teiera da gioco, di quelle usate dalle bambine per fare finta di prendere il tè.
Mackenzie si chinò e la raccolse dal pavimento. Era piuttosto sorpresa di scoprire che non era fatta di plastica, bensì di ceramica. Sembrava una vera teiera, solo che non era più alta di quindici centimetri. Poteva stare benissimo nel palmo di una mano.
“Se vuoi il mio parere” disse Ellington “Non credo proprio che sia finita lì per caso, lasciata da qualcuno che si era stufato di mettere a posto.”
“E non è semplicemente caduta fuori da una scatola” aggiunse Mackenzie. “È di ceramica. Se fosse caduta fuori da una scatola, si sarebbe frantumata sul pavimento.”
“Allora, che diavolo significa?”
Mackenzie non aveva una risposta. Entrambi rimasero ad osservare la teiera, piuttosto graziosa, ma al tempo stesso sporca, esattamente come la bambola nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Nonostante le dimensioni, Mackenzie aveva l’impressione che rappresentasse qualcosa di molto più grande.
***
Era l’una e cinque minuti quando finalmente fecero il check-in in un motel. Mackenzie era stanca, ma al tempo stesso rianimata dall’enigma offerto dalla bambola e dalla teiera. Una volta arrivata nella stanza, si cambiò rapidamente, indossando una maglietta e pantaloncini da ginnastica. Mentre Ellington si cambiava a sua volta, accese il portatile e aprì la casella di posta elettronica. McGrath aveva incaricato qualcuno di inviare loro ogni singolo file che avevano sugli omicidi di Salem, in Oregon, di otto anni prima.
“Cosa stai facendo?” chiese Ellington raggiungendola. “È tardi e domani sarà una lunga giornata.”
Ignorandolo, Mackenzie gli chiese: “Non c'era niente nei casi dell'Oregon che riconduca a tutto questo? Una bambola, una teiera... niente del genere?”
“Onestamente, non ricordo. Come ha detto McGrath, io ho avuto solo piccoli incarichi nelle indagini. Ho interrogato alcuni testimoni, ho riordinato rapporti e documenti, cose del genere. Se c'era qualcosa di simile, non è saltato all’occhio. Non sono pronto ad affermare che i casi siano collegati. Certo, sono terribilmente simili, ma non identici. Eppure... non farebbe male controllare in modo più approfondito. Magari potremmo parlare con il dipartimento di polizia di Salem per vedere se qualcuno più vicino al caso ricorda qualcosa del genere.”
Mackenzie si fidava della sua parola, ma non poté fare a meno di studiare diversi file prima di arrendersi al bisogno di dormire. Sentì la mano di Ellington sulla spalla e poi la sua voce nell’orecchio.
“Sono pigro se mi metto a dormire?”
“No. E io sono troppo ossessiva se non lo faccio?”
“No. Sei solo molto dedita al tuo lavoro.” La baciò sulla guancia, poi si buttò sull’unico letto della stanza.
Mackenzie era tentata di unirsi a lui – non per qualche attività extracurricolare, ma solo per godersi un po’ di sonno prima di una nuova, frenetica giornata di lavoro. Tuttavia, sentiva di dover trovare almeno qualche altro pezzo del puzzle, anche se probabilmente erano sepolti in un caso di otto anni prima.
Ad una prima occhiata, non c'era nulla di rilevante. Erano state uccise cinque persone, tutte ritrovate dentro a magazzini. In uno erano state trovate figurine di baseball per un valore di diecimila dollari, in un altro una macabra collezione di armi medievali. Sette persone erano state interrogate in merito alle morti, ma nessuna era mai stata condannata. La teoria condivisa da polizia ed FBI era che l'assassino rapisse le sue vittime per poi costringerle ad aprire i loro magazzini. Stando ai verbali originali, sembrava che l'assassino non avesse rubato nulla, anche se era ovviamente quasi impossibile esserne certi.
Da quello che Mackenzie poteva vedere, sulle scene del crimine non erano stati lasciati oggetti particolari. I dossier contenevano foto delle scene del crimine e delle cinque vittime. Tre dei magazzini erano piuttosto disordinati; evidentemente non erano usati da persone maniache dell’ordine come Elizabeth Newcomb.
Due delle fotografie erano sorprendentemente nitide. Una ritraeva il magazzino della seconda vittima, l'altra quello della quinta. Entrambi gli ambienti erano in uno stato che Mackenzie avrebbe definito un “caos organizzato”: c'erano pile di oggetti qua e là, ma erano stati messi insieme alla rinfusa.
Guardando la seconda scena del crimine, Mackenzie ispezionò la parete di fondo, ingrandendo il più possibile senza che l’immagine si sgranasse. Vicino al centro della stanza, in cima a tre scatole accatastate precariamente, le parve di notare qualcosa di interessante. Sembrava una brocca, di quelle dove mettere l’acqua o la limonata. Era poggiata su quello che sembrava un piatto. Nonostante non fossero gli unici oggetti a non essere chiusi in una scatola, la brocca e il piatto sembravano essere stati posizionati con cura al centro della stanza.
Mackenzie fissò lo schermo finché la vista cominciò ad offuscarsi per la stanchezza. Era probabilmente un tentativo alla cieca, ma non poteva ignorare il suo istinto. Così si mise a scrivere un’e-mail indirizzata a due agenti che sapeva avrebbero agito in modo rapido ed efficiente. Le venne in mente in quell’istante che lei ed Ellington non li avevano ancora invitati al loro matrimonio: si trattava degli agenti Yardley e Harrison.
Allegò i file che aveva ricevuto all'e-mail e scrisse un messaggio conciso: Uno di voi due potrebbe esaminare i dossier di questi casi e verificare se qualcuno abbia fatto un inventario di ciò che si trovava all'interno dei magazzini? Potreste chiedere ai proprietari dei complessi.
Sapendo che c'era ben poco da fare, Mackenzie finalmente si lasciò cadere sul letto. Era talmente esausta che si addormentò in meno di due minuti.
Anche se nella sua mente si affacciò l’inquietante immagine della bambola del magazzino di Elizabeth Newcomb, riuscì ad ignorarla e a dormire sonni tranquilli.