Читать книгу Il frutto acerbo: Commedia in tre atti - Bracco Roberto - Страница 4
ATTO PRIMO
SCENA II
ОглавлениеTILDE, NINO, UN CAMERIERE, poi ERNESTO
Tilde
(levandosi) Zitto! Hanno bussato. (A voce alta) Chi è?
Il Cameriere
(di fuori) Nella sala di lettura c'è un signore che cerca di lei.
Tilde
(sottovoce, quasi tra sè) Una visita! A quest'ora? (Al cameriere, attraverso l'uscio) Il nome di questo signore?
Il Cameriere
Non ne ha.
Tilde
Ma che dite?
Il Cameriere
Gliel'ho domandato. Non mi ha risposto.
Tilde
Sarà stata una distrazione. Fatevi dare la sua carta.
Il Cameriere
Proverò.
Tilde
(a Nino) Se è un amico, devo riceverlo qui. E voi? Per la porta non potete uscire perchè vi s'incontrerebbe certamente, e, nella mia stanza da letto, non potete nascondervi perchè rimarreste in trappola chi sa per quanto tempo.
Nino
Ma io me ne vado comodamente per dove sono entrato.
Tilde
E sì: per questa volta non c'è che la finestra.
Nino
(con solennità comica) La finestra!!
Tilde
Bébé, tu sei un eroe!
Nino
(correndo difatti alla finestra, gioiosamente) Io sono uno scimpanzè, e me ne vanto!
Tilde
Aspetta. Ti aiuto. Non c'è nessuno giù?
Nino
(si affaccia) Sì.
Tilde
(impaurita) Chi c'è?
Nino
Un asino.
Tilde
Stupido! (Lo raggiunge per aiutarlo.)
Nino
(celiando) Se raglia, siamo perduti! (Scavalca il parapetto.)
Tilde
(sostenendolo per le ascelle) Attento, bébé!.. Dove mettete il piede?
Nino
Non lo so. (Profittando della posizione le dà un bacio.)
Tilde
Questo bacio ve lo faccio scontare!
Il Cameriere
(di fuori, picchiando) Signora, ho qui la carta di quel signore.
Nino
(a lei) Ne parleremo dopo colezione. (Sparisce.)
Tilde
(dalla finestra, tutta gioconda) Mostro! (Col viso acceso, corre alla porta a sinistra. Apre.)
Il Cameriere
(avanzandosi, le porge la carta in un vassoio.)
Tilde
(la prende e legge. Ha una scossa ed esclama:) Ma questo è mio marito!
Ernesto
(di dentro, sganasciandosi dalle risa) Ah ah ah ah… Chi avevi creduto che fosse? (Entra, continuando a ridere.)
Il Cameriere
(esce.)
Tilde
(comprimendo la sua rabbia e nascondendo la sua emozione) Scusa, non ci arrivo. Perchè tante storie?
Ernesto
Ho pensato che la visita antimeridiana d'un estraneo t'avrebbe seccata non poco e ho voluto farti paura. Uno scherzo, insomma. Sono di buonissimo umore.
Tilde
Me ne compiaccio.
Ernesto
E vengo… a godermi la vita!
Tilde
Con me?
Ernesto
Con te.
Tilde
Vieni per restare?
Ernesto
Per restare, beninteso. Le mie valige arriveranno più tardi… e sono molte! (Canticchia) Trallalà là là, trallalà là là…
Tilde
(rodendosi) Il numero delle valige non ti riconcilierà certo con la campagna che hai sempre odiata. Ti annoierai.
Ernesto
Nossignora!.. Non mi annoierò. Trallalà là là, trallalà là là....
Tilde
(guardandolo curiosamente) Ma che è «trallalà là là»?
Ernesto
Che è «trallalà là là»? È il benessere, è la salute, è la forza! Non mi vedi?
Tilde
Ti vedo.
Ernesto
Come ti sembro?
Tilde
Come eri. Tale e quale.
Ernesto
Ah no! Non hai l'occhio clinico. Da parecchio tempo io non mi sentivo così bene.
Tilde
Tu me lo dici e io ti credo.
Ernesto
E non ne provi una consolazione?
Tilde
Certamente. (Siede presso il tavolino.)
Ernesto
Ti do un consiglio: abbracciami.
Tilde
Io non ci penso neppure. (Prende un libro.)
Ernesto
Va là! Non dissimulare. Tu desideri ardentemente di abbracciarmi. La solitudine non è per te. L'aria ossigenata non ti basta. Non di sola aria… vive la donna! Guarda come ti riduci! Hai dei lividi qui (si tocca sotto gli occhi) che mi rivelano… tutto! Nella solitudine, tu deperisci, mia cara. Vuoi rifiorire?.. Abbracciami.
Tilde
(apre il libro come per leggere.)
Ernesto
(togliendole di mano il libro senza bruschezza) Non metterti a leggere, Tilde. Non ci vediamo da tanti giorni! Sii un po' graziosa. (Pausa) (Sedendole accanto) Sai che cosa sono io?
Tilde
Più o meno, lo so.
Ernesto
Tu credi di saperlo, ma mi calunni. Io sono… un nevrastenico. Niente altro. Cioè, rettifico: ora non lo sono più. O, meglio, lo sono e non lo sono. La natura del nevrastenico – mi ha detto il dottore – ci è sempre, e devo stare in guardia. Ma dopo la cura che ho fatta, ho guadagnato il cento per cento. Se io non fossi sicuro d'essere la stessa persona che ero, non mi riconoscerei più. E sai qual'è la cura che ho fatta?
Tilde
(lievemente) No.
Ernesto
L'elettroterapia! Elettricità, senza risparmio. Correnti elettriche… da per tutto. E non vanno via, no! Restano dentro. Io mi sento pieno di correnti. Suppongo che se di notte mi si applica una lampada, io sono buono ad illuminare un tunnel. Fa miracoli, mia cara Tilde, la scienza moderna.
Tilde
Per i mariti antichi.
Ernesto
Per i mariti antichi che abbiano delle qualità resistenti come le ho io.
Tilde
Tu hai delle qualità resistenti?!
Ernesto
Sì che le ho.
Tilde
Dimmene una.
Ernesto
Te ne dico una che è rarissima: (con prosopopea) la fedeltà!
Tilde
Ah, senti: è il colmo dell'improntitudine!
Ernesto
Sospetti che io abbia dei capricci fuori di casa?
Tilde
Dei capricci, tu?! Sta tranquillo: so bene che non è verosimile.
Ernesto
Dunque, non sono infedele.
Tilde
Per la medesima ragione per cui non sei neppure fedele.
Ernesto
Ecco il solito pessimismo che mi paralizza! Tu sei pessimista. Tu sei… oscurantista. Nelle tue parole non manca mai l'idea che ti sei fitta in mente: cioè che io sono un ferro vecchio, che io sono arrugginito, che io non so amarti più. A via di ripetermelo, ne hai persuaso anche me. Il medico appunto questo mi spiegava: – «Voi siete impressionabile come tutti i nevrastenici. Se vi si ripete, mettiamo, che non potete camminare, ve ne convincete voi più di ogni altro… e non camminate davvero. Dovreste pregare chi vi vuol bene di non impressionarvi a vostro svantaggio. Altrimenti, siete perduto». E tu, al contrario, oggi come sempre, non fai che impressionarmi nel modo più… debilitante. Mi cascano le braccia.
Tilde
Me ne duole assai; ma non per te.
Ernesto
E per chi?
Tilde
Per le correnti elettriche.
Ernesto
(cercando di aver fiducia in sè stesso) Verrà, verrà il momento in cui non le piglierai più in canzonella!
Tilde
E la nevrastenia? E le impressioni? E il mio pessimismo? Il mio oscurantismo?
Ernesto
Quando avrò la ferma volontà d'infischiarmene, me ne infischierò. Non sorgerà il sole di domani se io non ti avrò dimostrato che so amarti freneticamente, furiosamente.
Tilde
Tra gli altri guai, c'è che ne parli troppo di questa cosa.
Ernesto
Te ne ho parlato per difendermi.
Tilde
Ma continui a parlarmene.
Ernesto
Soltanto per dirti quello che certamente farò.
Tilde
(sentenziando argutamente) «Chi lo dice, non lo fa.»
Ernesto
(alzandosi) Santi numi del cielo, sei implacabile!
Tilde
(riprende il libro e lo riapre.)
Ernesto
(passeggiando nervosamente) «Chi lo dice, non lo fa!» Io non intendo che gusto ci trovi a crearmi queste prevenzioni che hanno sempre messo del ghiaccio fra me e te. È una illegalità! (Poi, a un tratto, assumendo un aspetto orgoglioso) Or bene, Tilde, io rompo il ghiaccio e vado avanti! (Si slancia appassionatamente su lei.)
Tilde
Ahi!.. Mi hai pestato un piede.
Ernesto
Accidente anche ai piedi! (Si allontana dicendo quasi tra sè:) È bell'e finita: mi sono smontato. (Le si riavvicina con cortesia affettuosa) Ti ho fatto male? Ti ho fatto molto male? Senti dolore?
Tilde
Non ti accorare. Sono dolori che passano. Pensa piuttosto che il mio piede ti ha trattenuto sull'orlo del precipizio. Ma è forse questa l'ora più adatta per rompere il ghiaccio? È incredibile che la tua carriera di uomo non ti ammonisca. E poi, stammi a sentire: Non ti ci fissare. Distraiti. Scegli qualche argomento diverso per discorrere con me. Ciò ti curerà la nevrastenia meglio di tutti gli espedienti a cui sei ricorso fino adesso.
Ernesto
(siede lontano, contrariatissimo. – Pausa) Dimmi tu stessa, in questo momento, per esempio, di che cosa dovrei discorrere.
Tilde
(alzandosi) Avresti dovuto già darmi notizie di casa nostra.
Ernesto
(seccamente) È piena di polvere.
Tilde
Perchè?
Ernesto
Perchè i domestici non spolverano.
Tilde
Ma io desidero notizie di mia zia, di mia sorella…
Ernesto
(balza in piedi percotendosi la fronte con la mano) Bestia che sono! Avevo completamente dimenticata la commissione di tua sorella e di tua zia.
Tilde
Di che si tratta?
Ernesto
D'una novità importantissima. C'è in campo un matrimonio.
Tilde
Per mia zia?!
Ernesto
Per tua sorella.
Tilde
(indignandosi) E io non ne so nulla?!
Ernesto
Sono io appunto incaricato d'informartene.
Tilde
Ma che! Sarà una semplice chiacchiera. Bice è appena uscita di collegio. Non ci mancherebbe altro! E poi, l'averla io affidata per qualche mese alla zia non vuol dire che rinunzio al diritto e al dovere di guidarla in ogni suo passo.
Ernesto
Una semplice chiacchiera non è. Iersera, Gustavo Franchesi fece la sua brava dichiarazione alla ragazza, e, con molta correttezza, ne parlò subito alla zia, sollecitando un abboccamento con te.
Tilde
(meravigliata) E la piccina?
Ernesto
La piccina piangeva di gioia e si lasciava asciugare le lagrime da lui con un fazzoletto all'opoponax. Quando vorrai ricevere il pretendente, non avrai che a recarti per un giorno a Napoli o ad invitarlo a venir qui, il che sarebbe più semplice.
Tilde
Io sono intontita.
Ernesto
Eppure, tua sorella te ne aveva scritto spesso di Gustavo Franchesi.
Tilde
Mi aveva scritto che le era stato presentato dalla zia e in due o tre lettere, con una certa compiacenza bambinesca, aveva accennato alle cortesie di costui. Nulla di saliente. Come mai in meno d'un mese il cuore di questo signore e il cuore di questa ragazza hanno fatto tanto cammino!?
Ernesto
In automobile.
Tilde
(austera) Ti prego di prendere sul serio il cuore di mia sorella.
Ernesto
E che devo sposarla io? Del resto, è stato proprio così. La zia ha fatto quasi ogni giorno una gita in automobile con tua sorella ed ha sempre invitato Gustavo Franchesi. In automobile, capirai… si fa presto ad andare avanti.