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ATTO PRIMO
SCENA II

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TILDE, NINO, UN CAMERIERE, poi ERNESTO

Tilde

(levandosi) Zitto! Hanno bussato. (A voce alta) Chi è?

Il Cameriere

(di fuori) Nella sala di lettura c'è un signore che cerca di lei.

Tilde

(sottovoce, quasi tra sè) Una visita! A quest'ora? (Al cameriere, attraverso l'uscio) Il nome di questo signore?

Il Cameriere

Non ne ha.

Tilde

Ma che dite?

Il Cameriere

Gliel'ho domandato. Non mi ha risposto.

Tilde

Sarà stata una distrazione. Fatevi dare la sua carta.

Il Cameriere

Proverò.

Tilde

(a Nino) Se è un amico, devo riceverlo qui. E voi? Per la porta non potete uscire perchè vi s'incontrerebbe certamente, e, nella mia stanza da letto, non potete nascondervi perchè rimarreste in trappola chi sa per quanto tempo.

Nino

Ma io me ne vado comodamente per dove sono entrato.

Tilde

E sì: per questa volta non c'è che la finestra.

Nino

(con solennità comica) La finestra!!

Tilde

Bébé, tu sei un eroe!

Nino

(correndo difatti alla finestra, gioiosamente) Io sono uno scimpanzè, e me ne vanto!

Tilde

Aspetta. Ti aiuto. Non c'è nessuno giù?

Nino

(si affaccia) Sì.

Tilde

(impaurita) Chi c'è?

Nino

Un asino.

Tilde

Stupido! (Lo raggiunge per aiutarlo.)

Nino

(celiando) Se raglia, siamo perduti! (Scavalca il parapetto.)

Tilde

(sostenendolo per le ascelle) Attento, bébé!.. Dove mettete il piede?

Nino

Non lo so. (Profittando della posizione le dà un bacio.)

Tilde

Questo bacio ve lo faccio scontare!

Il Cameriere

(di fuori, picchiando) Signora, ho qui la carta di quel signore.

Nino

(a lei) Ne parleremo dopo colezione. (Sparisce.)

Tilde

(dalla finestra, tutta gioconda) Mostro! (Col viso acceso, corre alla porta a sinistra. Apre.)

Il Cameriere

(avanzandosi, le porge la carta in un vassoio.)

Tilde

(la prende e legge. Ha una scossa ed esclama:) Ma questo è mio marito!

Ernesto

(di dentro, sganasciandosi dalle risa) Ah ah ah ah… Chi avevi creduto che fosse? (Entra, continuando a ridere.)

Il Cameriere

(esce.)

Tilde

(comprimendo la sua rabbia e nascondendo la sua emozione) Scusa, non ci arrivo. Perchè tante storie?

Ernesto

Ho pensato che la visita antimeridiana d'un estraneo t'avrebbe seccata non poco e ho voluto farti paura. Uno scherzo, insomma. Sono di buonissimo umore.

Tilde

Me ne compiaccio.

Ernesto

E vengo… a godermi la vita!

Tilde

Con me?

Ernesto

Con te.

Tilde

Vieni per restare?

Ernesto

Per restare, beninteso. Le mie valige arriveranno più tardi… e sono molte! (Canticchia) Trallalà là là, trallalà là là…

Tilde

(rodendosi) Il numero delle valige non ti riconcilierà certo con la campagna che hai sempre odiata. Ti annoierai.

Ernesto

Nossignora!.. Non mi annoierò. Trallalà là là, trallalà là là....

Tilde

(guardandolo curiosamente) Ma che è «trallalà là là»?

Ernesto

Che è «trallalà là là»? È il benessere, è la salute, è la forza! Non mi vedi?

Tilde

Ti vedo.

Ernesto

Come ti sembro?

Tilde

Come eri. Tale e quale.

Ernesto

Ah no! Non hai l'occhio clinico. Da parecchio tempo io non mi sentivo così bene.

Tilde

Tu me lo dici e io ti credo.

Ernesto

E non ne provi una consolazione?

Tilde

Certamente. (Siede presso il tavolino.)

Ernesto

Ti do un consiglio: abbracciami.

Tilde

Io non ci penso neppure. (Prende un libro.)

Ernesto

Va là! Non dissimulare. Tu desideri ardentemente di abbracciarmi. La solitudine non è per te. L'aria ossigenata non ti basta. Non di sola aria… vive la donna! Guarda come ti riduci! Hai dei lividi qui (si tocca sotto gli occhi) che mi rivelano… tutto! Nella solitudine, tu deperisci, mia cara. Vuoi rifiorire?.. Abbracciami.

Tilde

(apre il libro come per leggere.)

Ernesto

(togliendole di mano il libro senza bruschezza) Non metterti a leggere, Tilde. Non ci vediamo da tanti giorni! Sii un po' graziosa. (Pausa) (Sedendole accanto) Sai che cosa sono io?

Tilde

Più o meno, lo so.

Ernesto

Tu credi di saperlo, ma mi calunni. Io sono… un nevrastenico. Niente altro. Cioè, rettifico: ora non lo sono più. O, meglio, lo sono e non lo sono. La natura del nevrastenico – mi ha detto il dottore – ci è sempre, e devo stare in guardia. Ma dopo la cura che ho fatta, ho guadagnato il cento per cento. Se io non fossi sicuro d'essere la stessa persona che ero, non mi riconoscerei più. E sai qual'è la cura che ho fatta?

Tilde

(lievemente) No.

Ernesto

L'elettroterapia! Elettricità, senza risparmio. Correnti elettriche… da per tutto. E non vanno via, no! Restano dentro. Io mi sento pieno di correnti. Suppongo che se di notte mi si applica una lampada, io sono buono ad illuminare un tunnel. Fa miracoli, mia cara Tilde, la scienza moderna.

Tilde

Per i mariti antichi.

Ernesto

Per i mariti antichi che abbiano delle qualità resistenti come le ho io.

Tilde

Tu hai delle qualità resistenti?!

Ernesto

Sì che le ho.

Tilde

Dimmene una.

Ernesto

Te ne dico una che è rarissima: (con prosopopea) la fedeltà!

Tilde

Ah, senti: è il colmo dell'improntitudine!

Ernesto

Sospetti che io abbia dei capricci fuori di casa?

Tilde

Dei capricci, tu?! Sta tranquillo: so bene che non è verosimile.

Ernesto

Dunque, non sono infedele.

Tilde

Per la medesima ragione per cui non sei neppure fedele.

Ernesto

Ecco il solito pessimismo che mi paralizza! Tu sei pessimista. Tu sei… oscurantista. Nelle tue parole non manca mai l'idea che ti sei fitta in mente: cioè che io sono un ferro vecchio, che io sono arrugginito, che io non so amarti più. A via di ripetermelo, ne hai persuaso anche me. Il medico appunto questo mi spiegava: – «Voi siete impressionabile come tutti i nevrastenici. Se vi si ripete, mettiamo, che non potete camminare, ve ne convincete voi più di ogni altro… e non camminate davvero. Dovreste pregare chi vi vuol bene di non impressionarvi a vostro svantaggio. Altrimenti, siete perduto». E tu, al contrario, oggi come sempre, non fai che impressionarmi nel modo più… debilitante. Mi cascano le braccia.

Tilde

Me ne duole assai; ma non per te.

Ernesto

E per chi?

Tilde

Per le correnti elettriche.

Ernesto

(cercando di aver fiducia in sè stesso) Verrà, verrà il momento in cui non le piglierai più in canzonella!

Tilde

E la nevrastenia? E le impressioni? E il mio pessimismo? Il mio oscurantismo?

Ernesto

Quando avrò la ferma volontà d'infischiarmene, me ne infischierò. Non sorgerà il sole di domani se io non ti avrò dimostrato che so amarti freneticamente, furiosamente.

Tilde

Tra gli altri guai, c'è che ne parli troppo di questa cosa.

Ernesto

Te ne ho parlato per difendermi.

Tilde

Ma continui a parlarmene.

Ernesto

Soltanto per dirti quello che certamente farò.

Tilde

(sentenziando argutamente) «Chi lo dice, non lo fa.»

Ernesto

(alzandosi) Santi numi del cielo, sei implacabile!

Tilde

(riprende il libro e lo riapre.)

Ernesto

(passeggiando nervosamente) «Chi lo dice, non lo fa!» Io non intendo che gusto ci trovi a crearmi queste prevenzioni che hanno sempre messo del ghiaccio fra me e te. È una illegalità! (Poi, a un tratto, assumendo un aspetto orgoglioso) Or bene, Tilde, io rompo il ghiaccio e vado avanti! (Si slancia appassionatamente su lei.)

Tilde

Ahi!.. Mi hai pestato un piede.

Ernesto

Accidente anche ai piedi! (Si allontana dicendo quasi tra sè:) È bell'e finita: mi sono smontato. (Le si riavvicina con cortesia affettuosa) Ti ho fatto male? Ti ho fatto molto male? Senti dolore?

Tilde

Non ti accorare. Sono dolori che passano. Pensa piuttosto che il mio piede ti ha trattenuto sull'orlo del precipizio. Ma è forse questa l'ora più adatta per rompere il ghiaccio? È incredibile che la tua carriera di uomo non ti ammonisca. E poi, stammi a sentire: Non ti ci fissare. Distraiti. Scegli qualche argomento diverso per discorrere con me. Ciò ti curerà la nevrastenia meglio di tutti gli espedienti a cui sei ricorso fino adesso.

Ernesto

(siede lontano, contrariatissimo.Pausa) Dimmi tu stessa, in questo momento, per esempio, di che cosa dovrei discorrere.

Tilde

(alzandosi) Avresti dovuto già darmi notizie di casa nostra.

Ernesto

(seccamente) È piena di polvere.

Tilde

Perchè?

Ernesto

Perchè i domestici non spolverano.

Tilde

Ma io desidero notizie di mia zia, di mia sorella…

Ernesto

(balza in piedi percotendosi la fronte con la mano) Bestia che sono! Avevo completamente dimenticata la commissione di tua sorella e di tua zia.

Tilde

Di che si tratta?

Ernesto

D'una novità importantissima. C'è in campo un matrimonio.

Tilde

Per mia zia?!

Ernesto

Per tua sorella.

Tilde

(indignandosi) E io non ne so nulla?!

Ernesto

Sono io appunto incaricato d'informartene.

Tilde

Ma che! Sarà una semplice chiacchiera. Bice è appena uscita di collegio. Non ci mancherebbe altro! E poi, l'averla io affidata per qualche mese alla zia non vuol dire che rinunzio al diritto e al dovere di guidarla in ogni suo passo.

Ernesto

Una semplice chiacchiera non è. Iersera, Gustavo Franchesi fece la sua brava dichiarazione alla ragazza, e, con molta correttezza, ne parlò subito alla zia, sollecitando un abboccamento con te.

Tilde

(meravigliata) E la piccina?

Ernesto

La piccina piangeva di gioia e si lasciava asciugare le lagrime da lui con un fazzoletto all'opoponax. Quando vorrai ricevere il pretendente, non avrai che a recarti per un giorno a Napoli o ad invitarlo a venir qui, il che sarebbe più semplice.

Tilde

Io sono intontita.

Ernesto

Eppure, tua sorella te ne aveva scritto spesso di Gustavo Franchesi.

Tilde

Mi aveva scritto che le era stato presentato dalla zia e in due o tre lettere, con una certa compiacenza bambinesca, aveva accennato alle cortesie di costui. Nulla di saliente. Come mai in meno d'un mese il cuore di questo signore e il cuore di questa ragazza hanno fatto tanto cammino!?

Ernesto

In automobile.

Tilde

(austera) Ti prego di prendere sul serio il cuore di mia sorella.

Ernesto

E che devo sposarla io? Del resto, è stato proprio così. La zia ha fatto quasi ogni giorno una gita in automobile con tua sorella ed ha sempre invitato Gustavo Franchesi. In automobile, capirai… si fa presto ad andare avanti.

Il frutto acerbo: Commedia in tre atti

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