Читать книгу Tramonto Al Lago Delle Tartarughe - Carol Lynne - Страница 8

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Capitolo Uno

Sam Burgman fissava le nuvole nere che preannunciavano la pioggia dalla finestra del suo ufficio, al ventitreesimo piano. Di solito gli piaceva guardare un temporale in arrivo, perché assomigliava tanto alla tempesta che si portava dentro.

Secondo Ian Mendoza, l’infermiere che si occupava di sua madre Gloria, ormai la donna era quasi alla fine. Era questione di settimane, al massimo un mese, prima che il cancro divorasse il suo fragile corpo.

A Sam non importava quello che dicevano gli altri: assistere alla sofferenza di qualcuno che ami è peggio che vederlo morire. In quel momento un fulmine saettò nel cielo, e lui se lo sentì in fondo al cuore. Non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe dovuto essere accanto a sua madre, vivere quell’agonia con lei, esserle di conforto, e invece si era buttato a capofitto nel suo lavoro. Quando i medici gli avevano detto che sua madre era affetta da tempo da un cancro incurabile allo stomaco non era rimasto sorpreso: sapeva che sarebbe successo. Lo sapeva da quando, dopo aver lottato fino allo stremo delle forze per un cancro al seno dieci anni prima, sua madre aveva rifiutato di tormentarsi con le cure di mantenimento. Sam si era sentito così furioso per la decisione di sua madre che aveva fatto ciò che ora gli pesava tremendamente nel cuore: l’aveva strappata alla sua casa, che lei amava tanto, per farla andare a vivere con lui in un lussuoso appartamento a nord di Bemidji, a Miami. E poi l’aveva abbandonata. Non lo aveva fatto a cuor leggero, ma all’epoca si era convinto di non avere altra scelta. O meglio: aveva voluto convincersi di questo, adducendo la scusa che era troppo impegnato nel lavoro. Si trovava nel bel mezzo di un processo difficile e non poteva occuparsi di lei. Quindi aveva assunto un infermiere privato e se ne era completamente disinteressato, trincerandosi dietro al fatto che aveva bisogno di pace per preparare la sua difesa. Lui si affogava nel lavoro e sua madre si spegneva lentamente, da sola.

Una rapida occhiata allo schermo del suo computer gli disse che si era già perso il momento in cui sua madre veniva accompagnata a letto. Non era insolito per lui trascorrere fuori intere settimane senza mai collegarsi con lei, nella sua stanza di morte, ma quel giorno era diverso. Aveva ormai capito che semplicemente non aveva il coraggio di tornare a casa, e che si nascondeva dietro l’illusione che, stando lontano, lei non si sarebbe mai spenta davanti ai suoi occhi, nel lussuoso appartamento di Miami.

Ultimamente era anche terribilmente geloso di Ian, che ormai lo aveva sostituito nel suo ruolo di figlio, ma intuiva che era solo una crudeltà contro il giovane infermiere. Più di una volta era corso fuori di casa perché non ce la faceva a reggere alle urla di dolore di sua madre, mentre Ian invece era rimasto per darle conforto.

E poi… c’era dell’altro. A volte Sam non riusciva a capire cosa fosse peggio, la gelosia marcia nei confronti di Ian… o l’oscura attrazione che provava per lui, e che non lo faceva dormire la notte. Alla fine afferrò il telefono e compose il suo numero di casa, a Miami.

“Pronto.” rispose Ian.

“Sono io, Sam. Com’è andata oggi la giornata? Mamma come sta?” disse.

Trascorsero alcuni secondi prima che Ian rispondesse. “Non ha fatto altro che parlare del lago. Credo che la maggior parte delle volte mi scambi per te, poi si rende conto che non sei tu perché io non so nulla delle storie che ti raccontava su quel posto. Non lo fa spesso, ma quando parla non fa che tirarle fuori, sperando che io l’aiuti a ricordare.”

Sam si strofinò la fronte. Il fatto che sua madre scambiasse Ian per lui gli faceva capire quanto lei stesse male. Lui e Ian non si assomigliavano per niente. Sam aveva gli stessi tratti nordici di suo padre e suo nonno, mentre la pelle scura di Ian rivelava chiaramente la sua origine Latina.

"È strano. - sussurrò Sam - Ma volte mi piacerebbe rivivere con lei quei momenti.”

Eh sì. Sam era al punto che il suo senso di colpa gli stava rovinando la vita. Trasferire sua madre malata a Miami era stato un errore enorme, di cui dubitava che si sarebbe mai perdonato, ma ora che lei stava per morire aveva deciso che era giunto il momento di affrontare la realtà.

"Pensi che sia in condizioni di sopportare un viaggio alla sua vecchia casa, in Minnesota? La prossima settimana sarà Natale, e mi piacerebbe poterlo vivere insieme laggiù.”

"Penso di sì, ma dipende anche per quanto tempo vorrai farla rimanere. Dovrà essere abbastanza in forze da sopportare anche il viaggio di ritorno.” disse Ian. Sam si sentì un groppo in gola per l’emozione.

"Non voglio più staccarla da lì. Credo che anche lei desideri morire nella casa in cui è vissuta. Mi sono preso delle ferie e ho già avvertito il mio capo che starò con lei fino alla fine. So che non potrò mai compensarla del torto che le ho fatto, strappandola dalla sua casa, ma spero tanto che possa sentirsi felice, nei suoi ultimi giorni. Il problema è che non sono capace di occuparmi di lei da solo. Ho bisogno di una mano.”

Sam non aveva il coraggio di chiedere semplicemente a Ian di trasferirsi per qualche tempo da loro. Si sentiva in difficoltà. Forse perché era completamente all’oscuro della sua situazione personale, e non sapeva nulla della sua famiglia. Era davvero un peccato che fosse fatto così, un altro dei suoi tanti difetti.

Malgrado fossero tre mesi che Ian si occupasse di sua madre, Sam non aveva ancora stretto un rapporto con quel meraviglioso ragazzo. Anzi, aveva deliberatamente cercato di evitarlo. La situazione era troppo pesante per provare a combinarci qualcosa, ma era convinto che Ian non si sarebbe negato. Non aveva la sicurezza assoluta di piacergli, ma il suo intuito gli diceva di sì. Inoltre, non era cieco. Sam si era accorto dello sguardo libidinoso che Ian gli lanciava, ogni volta che si vedevano.

I due si erano conosciuti qualche mese prima. Avevano cominciato a parlare e poi Sam si era sfogato tirando fuori la situazione di sua madre e del fatto che stesse morendo. Ian allora aveva fatto ciò che gli sembrava più naturale, offrendogli il suo aiuto. Alla fine erano entrati in intimità e, a furia di bere, erano andati a letto insieme. Quando Sam si era svegliato il mattino dopo e si era trovato seminudo con lui accanto, era arrossito dalla vergogna e aveva provato a scusarsi per quello che aveva fatto. Da allora aveva evitato ogni occasione di rimanere di nuovo solo con lui.

"Hai capito che ho detto?” disse Ian, scrollandolo dai suoi pensieri.

"Ummm, no. Scusa, ero distratto. Che hai detto?"

“Ho detto che mia sorella capirà se non passo il Natale con lei.” ripeté Ian.

Sam sapeva che sarebbe stato pericoloso portarsi Ian nella sua casa di famiglia per un po’, d’altra parte trovare una persona così capace di occuparsi di sua madre sarebbe stato quasi impossibile. Non solo era un bravo infermiere, ma anche un volto amico per lei, e probabilmente l’unico conforto. Ian era perfetto, per sua madre Gloria. I due si capivano al volo.

"Credo che dovrai prendere accordi particolari con la Compagnia Aerea, per il viaggio.” gli disse Ian.

"Lo so. Pensi che abbia bisogno di lezioni? - rispose Sam, sgarbatamente - Forse è meglio non farne nulla. Magari non riconoscerebbe più la sua vecchia casa.”

Ian si schiarì la gola. "Non voglio complicare le cose, Sam. Sto solo cercando di aiutarti. E voglio che tu sia preparato, per ciò che potrà succedere…Dovrai usare tutto il tuo coraggio.”

“Una cosa che lei mi ha insegnato fin da piccolo. Mi diceva che non bisogna mai lasciarsi prendere dalla paura, altrimenti non si riuscirà mai a fare qualcosa di buono, nella vita. Ho paura di quello che succederà, Ian, ma non voglio che questo m’impedisca di starle vicino nei suoi ultimi giorni."

Sam non era affatto pronto a dire addio a sua madre, ma lei sarebbe morta comunque, che lui lo volesse o meno.

"Va bene. Dimmi solo quando vuoi che partiamo, così preparo tutto."

“Darò un’occhiata ai voli prima della fine della giornata. Verrò a stare da voi per qualche giorno, poi partiremo.”

Sam prese mentalmente nota di chiamare Jim Weatherly, l'uomo che aveva assunto per prendersi cura della sua casa di famiglia. Sam non sapeva che tempo facesse, a Turtle Lake. Diavolo, per quanto ne sapeva potevano essere in piena tormenta di neve, laggiù!

"Mi sta bene. Fammi sapere quando vieni, così ti preparo la cena.”

Era troppo servizievole per i gusti di Sam. Poteva prenderci gusto, a essere viziato da lui, e questo non andava bene. Per quanto a Sam piacesse, avrebbe troncato i rapporti con Ian non appena sua madre fosse…No! Sam scacciò via dalla mente quell’orribile pensiero.

“Ti pago per prenderti cura di mia madre, non di me.”

“Come ti pare.” brontolò Ian, e troncò la conversazione.

Sam chiuse il cellulare. Voltandosi di nuovo verso la finestra, provò a visualizzare un bel fuoco scoppiettante nel camino della sua vecchia casa, costruita da suo nonno poco prima che i suoi genitori si sposassero. Malgrado il padre, negli anni, avesse fatto vari ampliamenti, la parte originaria non era mai stata toccata.

Si chiese se tornare là sarebbe stato davvero un bene, per sua madre. Di certo sarebbe stata felice di ritrovare l’ambiente familiare e le sue vecchie cose, ma poi si sarebbe scontrata anche con i ricordi che la legavano al marito defunto, l’uomo che aveva amato per una vita e perduto troppo presto. Diavolo, erano passati quasi otto anni dalla morte prematura di suo padre, e Sam non aveva ancora elaborato la sua perdita! Forse era questo il problema.

E se fosse una mia incapacità, non riuscire a elaborare le emozioni? Come farò ad accettare la morte di…” rifletté.

Paula, una delle assistenti legali dello studio, fece capolino dalla sua porta aperta.

"Ho i documenti che mi hai chiesto sul caso Young; vuoi dargli un’occhiata?”

Merda. Sam scosse la testa. “Scusa, Paula. Ma devo parlare urgentemente con il signor Chessler. Ho intenzione di prendermi un periodo di ferie, quindi questo caso verrà riassegnato.”

La ragazza si morse il labbro inferiore. "Tua madre?" "Sì." Era stato difficile per Sam mantenere nascosta la malattia di sua madre ai suoi più stretti collaboratori, quindi non si stupì della sua domanda.

"Voglio trascorrere con lei le vacanze di Natale nella nostra vecchia casa."

"Bello." disse Paula. Forse. Sam non ne era così sicuro. Aprì l’ultimo cassetto della scrivania e ne tirò fuori un pacco incartato. "Nel caso non ci vedessimo prima che me ne vado, ti avevo comprato un pensierino per Natale."

Paula appoggiò sulla scrivania i fascicoli che aveva ancora tra le braccia e allungò una mano a prendere il pacchetto. "Grazie, ma lo sai che non dovevi farlo."

"Sapevamo entrambi che lo avrei fatto. Mi hai fatto risparmiare ore di lavoro negli ultimi tempi, e questo regalo è un modo per dimostrarti la mia gratitudine.”

”Vuoi che lo scarto adesso?” chiese Paula, ma Sam scosse la testa. Si sentiva sempre in difficoltà quando si trattava di scartare regali, soprattutto se erano destinati a delle femmine. A parte sua madre, non le conosceva abbastanza per capire i loro gusti e aveva sempre paura di sbagliare. Aveva comprato una sciarpetta firmata per Paula solo perché aveva notato che era solita portarne. "Meglio di no.” rispose.

Paula prese la scatola e la mise insieme ai fascicoli. "Bene, grazie allora. Ti auguro un Natale sereno.”

“Anche a te.” disse Sam.

* * * *

Mentre Gloria dormiva serena al lato opposto della stanza, Ian cominciò tranquillamente a fare i bagagli. Quando Sam l'aveva trasferita a Miami, aveva lasciato intenzionalmente la maggior parte dei suoi vestiti nella vecchia casa, quindi una volta lì avrebbe avuto a disposizione un guardaroba completo per cambiarsi. Guardò l'orologio prima di riporre le valigie nell'armadio. Sam era in ritardo. Ian non aveva ancora parlato a Gloria del viaggio, perché sapeva che a Sam avrebbe fatto piacere dirglielo lui e vedere il viso della sua vecchia madre illuminarsi di gioia, ma lei era crollata prima che lui arrivasse.

Sentendo dei rumori in cucina, uscì nel lungo corridoio dell’attico. Sam era in piedi, con le mani appoggiate sull'isola e la testa china ad ammirare il piano luccicante. Sembrava morto dalla fatica. "Giornata dura?"

Sam alzò la testa. "Si. Il mio capo non è stato molto contento, quando gli ho detto che mi sarei assentato per un po’. Ha fatto delle velate minacce sul mio futuro allo studio.”

Ian aprì il forno a microonde e tirò fuori la cena che aveva preparato prima per Sam. "Che schifo." esclamò. Mise il vassoio col cibo davanti all’amico. "Cos’ hai intenzione di fare?"

Sam scrollò le spalle. "Non lo so. Oltre quel venerdì libero per portare la mamma qui, non mi sono mai preso un giorno di vacanza in due anni. Il mio contratto di lavoro dice che ho diritto a tre settimane di ferie all'anno, quindi, secondo la mia stima, mi sono dovute almeno sei settimane. Se volessi fare lo stronzo, mi rivolgerei all’assessorato per il lavoro e mi farei dare dodici settimane di ferie pagate senza il pericolo di essere licenziato.”

“E questo secondo te sarebbe fare lo stronzo? Se ti sono dovute per legge è un tuo diritto, e basta.” esclamò Ian. Tirò fuori una birra dal frigo. “Ne vuoi una?”

Sam lanciò un'occhiata a Ian prima di scuotere la testa. "Ho bisogno di qualcosa di più forte."

"Vino o bourbon?"

"Bourbon." rispose Sam. "Se chiedo le ferie le otterrò senza problemi, ma al mio ritorno allo studio me la faranno pagare. Diavolo, probabilmente mi costringeranno a occuparmi di cause di serie B per almeno tre anni! Sarò condannato a sorbirmi bancarotte fraudolente e divorzi!”

"Sei un buon avvocato civilista. Se in quello studio non ti rispettano, riuscirai a trovare qualcosa di meglio.”

Ian fece cadere quattro cubetti di ghiaccio in un bicchiere, e due dita abbondanti di bourbon. Sam posizionò il suo vassoio al centro dell’isola, per stare più comodo mentre mangiava, e si accomodò su uno degli sgabelli da bar.

"Grazie, per avermi preparato la cena.”

"Te l'ho detto, devo comunque prepararla per me e per Gloria, quindi non è un problema." Ian si sedette sul bancone, proprio di fronte all’isola. Aveva notato in più di un'occasione che Sam si innervosiva se si sedeva troppo vicino a lui. “Hai già preso accordi con la compagnia aerea o preferisci che lo faccia io?”

“Se ne è occupata la mia segretaria. Partiremo giovedì mattina sul presto. Così avrò il tempo di sistemare le cose e dare un’ultima occhiata alle mie pratiche.”

Sam tagliò un pezzo di roast beef e Ian rimase a fissare la sua bocca mentre lo masticava. Vederlo mangiare lo eccitava, e lo distraeva da tutto il resto. Quante notti era rimasto a letto a pensare a come sarebbe stato sentirsi quella bocca carnosa intorno al suo pene! Aveva goduto con lui una volta sola, mesi prima; poi Sam aveva troncato la loro relazione sul nascere. Da quel giorno, anzi, lo aveva guardato a malapena.

"Ian?" lo chiamò Sam, mentre si metteva un altro pezzo di carne in bocca. Ian sbatté le palpebre.

"Sì?"

"Per favore, non fissarmi in quel modo. Te l'ho già detto, non posso avere una relazione con te.”

" Hai ragione. " Ian saltò giù dal bancone. "Comunque, non ho ancora detto niente a Gloria, del viaggio.” Afferrò una bottiglia di birra e uscì dalla cucina. "Ci vediamo domani." "Ian?" lo chiamò Sam.

"Sì?"

"Non c’è niente di personale. Solo, che non mi sembra una buona idea. Mia madre ha troppo bisogno di te per rischiare di far saltare tutto.”

Ian fece un sorso di birra. Avrebbe voluto dire a Sam che l’unica cosa di cui Gloria aveva davvero bisogno era l'amore del suo unico figlio, ma tacque: non erano affari suoi. Sam aveva ragione su una cosa: se si fossero messi insieme e qualcosa fosse andato storto, lui non avrebbe avuto altra scelta che andarsene e mollare sua madre. Sarebbe stato troppo difficile continuare a occuparsi di lei.

Salutò Sam con un cenno del capo e si diresse verso la sua piccola camera da letto. Aveva telefonato a sua sorella la sera prima per informarla che non avrebbe passato con lei le feste di Natale, e per sapere come stava papà.

Maria era sembrata sconvolta all'idea di non vedere Ian per Natale e aveva cercato di convincerlo ad andare dicendogli che i suoi nipoti, Kyle e Patrick, si sarebbero messi a piangere, quando lo avessero saputo. Lui aveva promesso che, una volta che fosse riuscito a liberarsi, avrebbe portato loro un bellissimo regalo dal Minnesota e poi aveva chiesto di nuovo come stava papà. Maria gli aveva detto che non era cambiato molto, era scontroso e taciturno come sempre. La cosa non lo sorprese affatto, ma si sentiva molto in colpa nei confronti di sua sorella maggiore.

La morte della loro madre, Claudia, quattro anni prima, era stata uno shock per tutti; e ancor più assistere al tracollo dell’attivo cinquantenne che conoscevano, divenuto di colpo una larva umana. Nessuno poteva prevedere quell’ictus, mentre lui era al lavoro. Chissà perché, ma suo padre Joe si era sentito ingiustamente in colpa, per la morte della moglie. In famiglia nessuno si era mai sognato di accusarlo di qualcosa, eppure suo padre non era riuscito a farsene una ragione. Non era mai stato un padre particolarmente affettuoso, ma la vedovanza lo aveva reso ancora più taciturno e solitario, fino a quando…

Ian finì la sua birra. Posò la bottiglia vuota sulla mensola della tv prima di tirare fuori la valigia da sotto il letto. Aveva sperato di poter tenere compagnia alla sorella e ai nipoti durante le feste ma…pazienza. A Sam avrebbe fatto bene prendersi cura di sua madre per un po’ e Gloria sarebbe morta in pace. Ian non aveva mai tollerato il comportamento da stronzo di Sam nei confronti di quella povera donna, ma non aveva mai pensato di costringerlo a fare il suo dovere di figlio, anche se era profondamente convinto che sarebbe stato suo dovere scambiare quattro chiacchiere con lui, a riguardo.

Ian non sapeva con sicurezza quanto a Gloria restasse da vivere, ma intuiva che Sam aveva poco tempo per regolare i conti con se stesso. Quando pensava alla propria madre, non faceva che tormentarsi per non averle potuto dire addio un’ultima volta, e si augurava che Sam non provasse mai un simile dolore.

Meccanicamente, tirò fuori dal cassetto un paio di pantaloni da pigiama nuovi e si preparò per farsi una doccia. La sua camera da letto era accanto a quella di Sam, e quello era l'unico momento della giornata in cui poteva toccarsi senza il timore che nessuno l’ascoltasse. Uscì un attimo fuori al corridoio per controllare Gloria e vide Sam, sulla soglia della porta e con le mani in tasca, che la guardava dormire in silenzio.

"Tutto bene?" A Ian non sembrava che il monitor di emergenza avesse segnalato qualcosa, ma poteva non aver sentito.

Sam si voltò di scatto. “Tutto ok. Le sto solo dando un’occhiata, prima di andare a dormire. " Il suo sguardo si posò sul pigiama verde che Ian aveva in mano. "Vai a farti una doccia?" Ian annuì. "Mi dispiace per prima." disse Sam, voltandogli di nuovo le spalle. "Ho molti problemi, per la testa, e non sono dell’umore giusto."

"Non fa niente.” rispose Ian. Gli dispiaceva, ma non poteva biasimarlo per la sua decisione di rimanere distanti, fin quando Gloria fosse rimasta in vita. "Ci vediamo domattina."

"Probabilmente uscirò di casa presto, quindi se non ci sono, ci vediamo domani sera." "Okay," mormorò Ian, avviandosi verso il bagno.

Di solito, quando Sam veniva a trovarli, non trascorreva mai con lui tanto tempo. Non aveva la più pallida idea di come sarebbe stato trovarselo sempre intorno, una volta arrivati in Minnesota. Chiuse la porta del bagno, e fissò la sua erezione traditrice.

"Qualcosa mi dice che sono in arrivo dei guai.” mormorò.

Tramonto Al Lago Delle Tartarughe

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