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Capitolo Otto

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Lo stivale pesante dell’uomo grasso mi colpì nel fianco, facendomi cadere all’indietro. Provai a gridare, ma non ne avevo fiato. Mi misi in ginocchio e mi sporsi in avanti, stringendomi lo stomaco con entrambe le mani, facendo fatica a respirare. Mentre l’uomo afferrava il braccio della ragazza per trascinarla verso la sua capanna, provai ad alzarmi, ma sentii una grande pressione sul mio petto e caddi di nuovo a terra, ancora senza fiato.

La ragazza aprì gli occhi e fece un debole tentativo di rimettersi in piedi, ma inciampò e cadde mentre l’uomo la trascinava via. Gridò e afferrò un palo vicino alla porta con la mano libera, ma lui la staccò via, la portò dentro e sbatté la porta. Sentii poi il bullone di legno cadere in posizione, segno del fatto che la porta veniva bloccata.

* * * * *

Non so per quanto tempo restai lì a piangere, ma alla fine riuscii ad alzarmi. Mi girava la testamentre raccoglievo le foglie e i ramoscelli dai tre gomitoli e li mettevo nel cestino. Quando poi posizionai il cestino accanto alla porta, non sentii alcun rumore all’interno. Bussai e aspettai una risposta, ma non ne arrivò nessuna. Bussai più forte e cercai di aprire la porta, ma non cedeva.

“Tin tinbansunia,” sussurrai attraverso una crepa nel legno. Non mi rispose nessuno

Dopo un altro momento, mi allontanai, dirigendomi verso il sentiero. Per quando arrivai alla tenda di Bostar, le mie lacrime si erano asciugate. Mi sentivo male. Non solo mi faceva male lo stomaco e il fianco, ma mi sentivo ferita nel profondo. Non era un sentimento che riuscivo a capire. Mi disturbava, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato non aiutando la ragazza. Volevo solo andare da Obolus e rannicchiarmi in quel luogo morbido tra il suo mento e il petto dove avevo dormito la sera prima.

Feci un sorriso a Bostar perché sembrava felice di vedermi e disse che gli piaceva il mio vestito. Era un omone come quello sullaCollina Rocciosa. Gli diedi il quadrato di stoffa del giorno prima, che avevo nascosto dietro la cintura, e lo vidimettere fuori le pagnotte. Sicuramente non era paragonabile all’uomo che aveva colpito Tin Tin Ban Sunia così forte.

“Hai…”cominciai con tono rauco, non rendendomi conto del fatto che non avessi più la voce. Deglutii e ricominciai. “Possiedi uno schiavo, Bostar?”

Lui corrugò la fronte e studiò il mio viso prima di rispondere. “No, bambina mia. Non posso permettermi schiavi.”

“Oggi abbiamo bisogno di otto pagnotte.”

Lo guardai per un momento mentre sistemava il pane sul panno. Quindi presi due monete e i gioielli che Yzebel aveva spedito con me e glieli porsi.

“Quanto costa uno schiavo?”Chiesi.

Bostar prese la minuscola catena d’oro per esaminarla. “Uno schiavo costerebbe una manciata di queste.” Teneva la catenina da una sua estremità.

“Oh.” Rimisi il resto dei gioielli nella borsa.

“Aspetta qui un momento.” Andò nella sua tenda.

Strinsi le corde della mia borsa e raccolsi gli angoli del panno per legarli insieme, però Bostartornò con altre pagnotte.

“Questa catena d’oro è troppo per otto pani. Eccone altri tre, così siamo pari.”

“Mm,”dissi. “Yzebel aveva ragione.”

“Riguardo cosa?”Aggiunsele pagnottealle altre sul panno.

Yzebel mi aveva detto che Bostar era un uomo buono, un commerciante leale. Come faceva a saperne degli uomini? Come fa una ragazza a imparare la differenza tra le persone, distinguendo il bene dal male?

“Vedi dov’è il sole, Bostar?”

Lanciò uno sguardo al cielo. “Quasi alle cime degli alberi.”

“Yzebel mi ha detto di tornare ai suoi tavoli prima che raggiungesse le cime degli alberi.”

“Allora dovresti sbrigarti, Piccola.” Mi legò la cintura dietro; si era allentata quando avevo tolto il panno per il pane. “Ti vedrò domani?” chiese.

“Potresti vedermi ogni giorno per molto tempo.”Lo guardai.

“Ottimo. Questo significa che gli dei non sono scontenti di me.” Si fermò, mi guardò, poi aggiunse, “Non ancora.”

Lo fissai, chiedendomi a quali dei pregasse e perché. Quell’uomo di Via degli Elefanti aveva detto che gli dei degli inferi dovevano avermi creato per provare a far ribellare gli elefanti contro gli ammaestratori. Forse quegli stessi dei stavano operando quando quell’uomo ha ferito Tin Tin Ban Sunia.

“Non pensarci su così tanto, Piccola. Questo è solo un po’ di umorismo da fornaio.”

“Bostar?”

“Sì?”

“C’è un uomo sullaCollina Rocciosa, che vive in una baracca tra gli alberi. È grande come te, ma è coperto di peli. Lo conosci?”

Bostar tirò su i quattro angoli del panno per legarli insieme.“Quello che commercia i fili?”

Annuii.

“Ne ho sentito parlare.”

“Ha una schiava che tratta molto male.”

“Sì, dicono che si occupi di schiavi.”

“Penso sia un po’più giovane di me e molto dolce, anche se non parla la nostra lingua.”

“Molti degli schiavi portati a Cartagine provengono da luoghi lontani dove si parlano lingue strane.”

“Sono stato lassù con lei oggi, e lui le ha tirato un pugno.”

Le mani di Bostar si fermarono dov’erano, in cima al fascio.

“Tutto ciò che ha fatto di sbagliato è stato fare solo tre gomitoli per lui. Non pensava che fossero abbastanza, quindi l’ha colpita in faccia.”

Bostar scosse la testa. “Così crudele,”disse. “Non c’è mai alcun motivo per colpire un bambino.”

Non gli ho parlato del fatto che dell’uomo che mi abbia dato un calcio nel fianco.

Quando presi il fagotto, Bostar mi mise una mano sulla spalla. “I mercanti del male alla fine incontreranno la salvezza.”

Non capii cosa significasse.

Bostar deve aver visto l’espressione confusa sul mio viso, perché sorrise e disse: “Non preoccuparti, bambina. E ricorda, le cose vanno sempre per il meglio.”

“Me lo ricorderò, Bostar. Arrivederci.”

“Arrivederci,” disse mentreme ne andavo. “Fai attenzione.”

* * * * *

Non volevo passare per dove avevo incontrato Tin Tin Ban Sunia prima. Mi chiesi se ci fosse un altro sentiero che mi avrebbe portato a Yzebel, ma mi sentii forzataa passare vicino alla tenda della ragazza schiava. Vidi un altro cestino di capsule di cotone poggiato sul tappetino e accanto al suo strumento per la filatura. Lei non c’era e il posto sembrava deserto.

Poco oltre la tenda, qualcuno mi parlò da dietro. Mi girai, quasi perdendo l’equilibrio e anche il carico di pane.

“Mi hai spaventata.”

“Mi dispiace.” Queste erano le parole morbide di Tendao.

Il mio fianco midoleva più di prima, ma non volevo dire a nessuno cosa era successo. Felice per un po’ di riposo, appoggiai il mio fardello sull’erba accanto al sentiero e pensai a quanto Tendao sembrava essere come Annibale, tranne per il fatto che Tendao non possedeva la forza dell’autorità che vedevo in Annibale. Obolus, anche se un elefante, era anche lui un maschio, più forte di tutti loro, ma si spaventava per le piccole cose, come facevo io.

“Andraida Lotaz per me?” Chiese Tendao.

Esitai, non volendo vederla di nuovo. Ma sapevo che Tendao aveva problemi a parlare con le persone e mi aveva aiutato, per cui non avrei neanche dovuto fermarmi per pensarci.

“Certo.”

Mi diede un oggetto. “Questo deve arrivare da lei prima del tramonto.”

Quando lo presi da lui, era molto più pesante di quanto mi aspettassi. “Che cos’è?”

“È la nostra dea, Tanit. Lotaz la vuole per il suo altare.”

La figura in cima all’oggetto era adorabile e aggraziata, alta due mani e scolpita in onice nera, con pietre blu lucide per occhi. Le due perle che Lotaz mi aveva regalato la sera prima erano ora modellate in orecchini pendenti. La dea Tanit sedeva su un trono che si trovava su una base quadrata, il tutto scolpito da un unico blocco di pietra.

“L’hai fatto tu?”Lo guardai.

“La pietra è stata scolpita un paio di giorni fa. Avevo solo bisogno delle perle per completare la statua.”

“È così bella.”Notai alcune parole scolpite sulla base. “Sai fare le parole?”

“Sì, un po’.”

“Dimmi le parole.”

“Io sono Tanit tua dea tua Tanit sono io,” lesse Tendao.

“Mi insegnerai?”

Tendao mi guardò per un momento, poi distolse lo sguardo e si volse verso il sentiero. Alla fine, si girò di nuovo verso di me.

“Perché tu–”Abbassò la voce. “Perché vuoi imparare le parole?”

“Voglio imparare tutto. Parole, elefanti, persone.”

“Ti insegnerò, ma devi promettermi di non dirlo mai a nessuno. I sacerdoti vietano a chiunque al di fuori del tempio di saper leggere e scrivere.” Indicò ogni gruppo di simboli sulla statua mentre li pronunciava. “Noti qualcosa di insolito nello schema delle parole?”

Le guardai di nuovo ma non riuscii a capire cosa volesse dire. “Mi dispiace, Tendao, non so leggere. Vedo solo che alcune parole sono ripetute.”

“Sei più brillante di quanto pensi, amica mia. Sì, le parole si ripetono.”Lesse di nuovo, questa volta partendo dall’estremità sinistra della riga anziché dalla destra, ma tutto suonava esattamente come prima. “Vedi, si legge lo stesso, siada destra che da sinistra.”

“È fantastico, Tendao. Tutte le parole sono scritte in questo modo?”

“No, non tutte.”

Poi mi ricordai del mio braccialetto. “Puoi leggere questo?”

Spostai la statua nell’incavo del braccio destro e gli tesi il polso sinistro per farglielo vedere. I suoi occhi si spalancarono mentre ruotava il braccialetto sul mio polso per esaminare le belle incisioni.

“Dove l’hai preso?”

“Uno dei soldati l’ha lasciato sul tavolo di Yzebel ieri sera. Me l’ha dato lei.”

“Questo non è stato fatto qui o a Cartagine.” Esaminò l’altro lato. “Nessun artigiano della nostra regione può fare un lavoro di così tanta qualità.”

“Riesci a leggere le parole?”

“Parole?”Chiese. “Dove?”

“Intorno al cerchio in alto, parole molto piccole.”

“Ah, sì. Adesso le vedo. Queste parole sono nostre, ma l’artigiano non proviene da qua.”

“Dì le parole per me.”

“‘Tutti gli elefanti tornano in Valdacia,’”disse Tendao.

“Valdacia?”

“C’è dell’altro. Inclinò la testa per leggere il resto, continuando attorno al cerchio, da destra a sinistra. “Non importa quanto lontano vaghino.”

“Che cos’è Valdacia?”Domandai.

“Non ho mai sentito parlare di quel posto.”

“Tutti gli elefanti tornano in Valdacia,” dissi. “Qual è il resto?”

“Non importa quanto lontano vaghino.”

“Tutti gli elefanti tornano in Valdacia, non importa quanto lontano vaghino.” Ripetei la frase e tolsi il polso dalla sua mano per vedere le parole da sola. Mentre socchiudevo gli occhi nella luce fioca, improvvisamente mi resi conto che il sole sarebbe presto scomparso dal cielo. “Oh, no!”Eslamai.“Devo tornare in fretta ai tavoli di Yzebel.”

“Sì,”disse Tendao. “Si sta facendo tardi.”

“Guarda il pane mentre vado a Lotaz con la statua.”

“Lo farò.”

Corsi lungo il sentiero, tenendo tra le braccia la statuetta di Tanit. Il dolore al fianco era quasi insopportabile, ma dovevo sbrigarmi.

Quando arrivai alla tenda di Lotaz, il suo grande schiavo sedeva sul tappeto, con le caviglie incrociate e gli avambracci appoggiati sulle ginocchia. Si alzò quando rallentai.

“Dunque,” disse. “La Ragazza Elefante ritorna.”

“Ragazza Elefante?”

“Ho sentito di come hai creato frastuono tra tutti gli animali su Via degli Elefanti.”

“Non ho creato alcun trambusto tra di loro.”

“Davvero?” Lui sorrise, e potei vedere che non intendeva nulla di male; mi stava solo prendendo in giro.

“Beh,” dissi, “c’è stato un po’di trambusto.”

“Un po’di tumulto a volte è una buona cosa.”

“Come ti chiami?”

“Sono Ardon. E tu?”

“Liada.” Mi piacevaArdon e pensai che potesse aiutarmi. “Voglio parlarti di una schiava, ma devo tornare ai tavoli di Yzebel. Posso dare questo a Lotaz ora? È di Tendao, il lavoro che ha promesso per la brocca di vino passito.”

“Lotaz non è qui al momento. È andata a incontrare Artivis. Di quale schiava parli?”

“Quella che fa i gomitoli di cotone, alla tenda da quella parte.” Feci un cenno con la testa.

“Quellaalta più o meno così?” Tese la mano, con il palmo verso il basso. “Con gli occhi scuri?”

“Sì,”risposi.

“Perché chiedi di lei?”

“Per favore, devo andare adesso. Lo darai a Lotaz quando tornerà?” Gli tesi la statua. “Parlerò domani della ragazza schiava.”

Prese la statua e io corsi di nuovo da Tendao. Gli riferii che Lotaz non era lì.

“È andata da qualcuno chiamato Artis.”

Tendao parve sorpreso da questa notizia. “Vuoi dire ‘Artivis’?”

“Sì, Artivis. Il suo schiavo ha detto che Lotaz è andata a incontrarlo.”

“Devo andare.”

Si allontanò in fretta, lungo il sentiero.

* * * * *

Quando arrivai ai tavoli di Yzebel con le sue pagnotte, era il tramonto, ma non era ancora buio. Nessuno dei soldati era ancora arrivato.

“Hai un grosso carico da trasportare,”mi disse quando misi il mio fagotto su un tavolo.

“Sì, Bostar ci ha dato undici pagnotte per la catenella.” Le porsi la borsa, poi, senza pensare, premetti la mano sul fianco destro.

“Perché ti tieni il fianco in quel modo?”

“Oh,” dissi, togliendomi la mano per sciogliere il nodo del panno con il pane. “Non è niente.”

Se le avessi detto cosa era successo con il grassone sullaCollina Rocciosa, avrebbe potuto decidere di non mandarmi più a fare commissioni. Oppure avrebbeanche potuto insistere sul fatto che Jabnet mi accompagni. Volevo dimostrarle che avrei potuto lavorare da sola e non finire nei guai.

Yzebel aprì la borsa e si versò nel palmo le monete di rame e gli orecchini rimanenti. Sorrise.

“Hai fatto un buon lavoro con Bostar.” Ripose gli oggetti nella borsa e tirò forte il cordoncino. “Ma ora mettiamoci al lavoro. I soldati saranno qui presto.”

Jabnet aveva il maiale allo spiedo su un secondo fuoco, quindi mi sono data da fare con le lampade. Quando furono tutte illuminate, tagliai i meloni gialli e raccolsi i semi, sentendomi molto sollevata dal fatto che Yzebel non mi avesse chiesto perché ci avevo impiegato così tanto tempo per prendere il pane.

“Per favore, sguscia quelle arachidi per me,” mi disse da accanto al fuoco, dove stava tagliando le carote per lo stufato. “Metti una ciotola piena su ogni tavolo e cospargili di sale. Ma solo un poco. Il sale è prezioso fino a quando i prossimi carri con i buoi non attraverseranno il deserto.”

Finii con le arachidi e misi otto ciotole di terracotta vuote su ogni tavolo, insieme a cucchiai di legno, come se gli uomini li avrebbero mai usati.

Subito dopo il tramonto, arrivarono due soldati e chiesero di essere nutriti. Riempii le loro ciotole con lo stufato e servii loro fette di melone, insieme a piccole fette di pane. Arrivarono altri uomini e presto tutti i tavoli furono occupati. Mi affrettai da un soldato all’altro con i succosi bocconcini di maiale che Yzebel aveva tagliato.

“Annibale verrà stasera?” Chiesi quando allungai una ciotola per prendere un pezzo che Yzebel stava tagliandodall’osso.

“No. Probabilmente sta cenando con quella donna, Lotaz.”

La guardai. ‘Quella donna?’Cosa intendeva? Ho sentito un accenno di veleno nelle parole di Yzebel, come se Lotaz fosse un tipo di creatura diversa da lei?

Proprio mentre stavo per chiederle cosa intendesse, un uomo affamato urlò per avere altra carne.

Per tutta la notte, ci fu un andirivieni di soldati. Cercai Annibale, ma quella notte non venne. Alla fine, solo tre uomini rimasero ai tavoli. Impiegarono molto tempo con il loro cibo e le bevande, parlando di una grande spedizione in preparazione per Gadir, in Iberia. Non sapevo nulla dell’Iberia, quindi decisi di chiedere a Yzebel più tardi.

Qualche tempo dopo mezzanotte, gli ultimi tre uomini se ne andarono. Yzebel, Jabnet e io iniziammo a pulire i tavoli.

“Bene,”disse Yzebel, “almeno hanno lasciato un po’di cibo per noi stasera.”

Raccogliemmo le monete e i gioielli dai tavoli, poi ci sedemmo per cenare.

“Dov’è Iberia?”Chiesi a Yzebel.

Prima che potesse rispondermi, quattro uomini ubriachi vennero lungo il sentiero, barcollando verso di noi.

“Ha-ha!”Urlò uno di loro. “Guardate là, amici miei. È proprio la Ragazza Elefante.” Mi indicò e rise. “Chiamiamo il potente Obolus, e lei lo farà ballare sui tavoli per l’intrattenimento di stasera.”

Riconobbi l’uomo odioso. Era l’ultima persona che avessi mai voluto vedere.

La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno

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