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CAPITOLO UNO
ОглавлениеDue anni e mezzo dopo…
Eric fissò il suo amico privo di sensi, Wes Novak, e aggrottò la fronte. Era arrivato troppo tardi. Miguel aveva Vivian, e probabilmente la sua gemella Vittoria. Aveva sbagliato. Il suo piano era fallito molto tempo prima e sarebbe dovuto uscire dalla clandestinità. Vivian era più importante di ogni altra cosa, per lui. Aveva simulato la sua morte per salvarla. Aveva pensato che se fosse morto lei sarebbe stata al sicuro. Aveva sempre saputo chi era lei: Vivian Miene, l'amore della sua vita. Lo sapeva anche quando aveva finto di essere Vivian Martel. All'inizio lo aveva attratto di lei che lavorasse sotto copertura, poi quando aveva capito quanto l’amava era rimasto terrorizzato. Avrebbe dovuto dirle la verità. Eric avrebbe dovuto portarla con lui, quando aveva inscenato la sua morte. Quanti errori ... Ma adesso basta coi rimpianti. Doveva salvarla, e per farlo avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di Wes. Prese una tazza da un tavolo, la riempì d'acqua e gliela rovesciò addosso. L'acqua piovve come una fontana sulla faccia di Wes, che si riprese sputando e imprecando: “Che diavolo…"
"Alzati e risorgi, principessa!” lo canzonò Eric, inginocchiandosi davanti a lui.
Wes si asciugò l'acqua che gli gocciolava dagli occhi e cercò di mettere a fuoco la vista. Rimase paralizzato, quando scorse Eric. Si strofinò gli occhi, mormorando: “Devo avere le traveggole…”
"No, sono davvero io.” lo rassicurò Eric.
"Non capisco, come è possibile?"
"È una storia lunga e ora non ho tempo di spiegartela” Eric si alzò e gli tese la mano. " Alzati, abbiamo un mucchio di cose da fare.”
Wes rimase immobile. Non era ancora completamente in sé ed Eric si sentiva parecchio stizzito. Non voleva che Wes scoprisse che era vivo. Era una mossa azzardata, ma Eric l’aveva fatta per salvare il suo amico. Tuttavia, adesso lo aveva messo doppiamente in pericolo: chiunque avesse capito che lui non era morto rischiava la vita, e ad Eric non piaceva che qualcuno pagasse per i suoi errori.
"Tori ..." Wes si guardò freneticamente intorno, a mano a mano che riprendeva conoscenza. E’ chiaro che i suoi primi pensieri sarebbero andati alla donna che amava.
Non riusciva a guardare Wes negli occhi. Dio, che casino! " L’ha presa Miguel. Lei e la mia Vivian. Dobbiamo tirarle fuori di lì.” Maledizione! Troppi errori! “Miguel l’ha scambiata per Vivian. Ormai deve aver capito che ha rapito due gemellee” Era da allora che le cose si erano complicate, dopo l’abbaglio di Miguel.
Wes balzò in piedi. "E come faremo?"
"Ho un piano, ma ho bisogno che tu mi dia una mano perché da solo non posso farcela.” Ormai Miguel doveva anche aver saputo che lui non era morto. Era per questo che aveva rapito quelle donne, per stanarlo. Bene, se era questo che voleva quel bastardo, lo avrebbe accontentato! Questa volta l’avrebbe pagata una volta per tutte!
Eric andò in confusione. Era convinto che Wes l'avrebbe aiutato, ma ora temeva che potesse dirgli di no. Avrebbe dovuto metterlo in conto. " So dove le ha portate. Andiamo. Strada facendo ti spiegherò cosa ho in mente di fare.”
"Se non ti dispiace vorrei saperlo prima. Non mi va di rischiare la vita senza sapere a cosa vado incontro.”
Eric gemette. Non voleva sprecare il poco tempo che gli rimaneva. Ma perché diavolo Wes non si fidava e basta? Era questione di buon senso! "Ti ripeto che non c’è tempo per scendere nei particolari!” sibilò.
"Beh, trovalo.” s’impuntò Wes.
"Wes, per favore, ti supplico: vieni con me e basta!”
"Ok, ma non mi piace. Ti consiglio di spiegarmi tutto mentre andiamo.”
Eric annuì. “Te lo prometto.”
Wes lo seguì fuori e salì sul lato passeggero di una Ford Escape nera. Eric accese il motore e guidò velocemente l’auto fuori del parcheggio. I due uomini rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Wes esclamò: “Ok, allora?”
A quanto pare Wes non era disposto ad andare avanti alla cieca.
"Che vuoi sapere?" mugugnò Eric, continuando a guidare.
"Perché non mi hai detto che ti eri salvato?”
"Non avevo intenzione di tornare. L’ho fatto solo quando Miguel mi ha messo alle strette.” Aveva i suoi informatori, come Miguel aveva i propri. Non appena qualcuno gli aveva riferito del rapimento, era dovuto uscire allo scoperto. E ora la vita di Vivian era in pericolo…
"Dove sei stato tutto questo tempo?"
Eric sospirò. "Ho lavorato per la CIA. Non sono rimasto negli Stati Uniti. Non posso dirti altro, quindi smettila di fare domande." Aveva sempre lavorato per la CIA, ma la maggior parte del suo lavoro era stato normale amministrazione…fino a quando si era scontrato con Miguel Santiago. Avevano bisogno di un contatto diretto con lui e quindi si era messo in gioco ... Tutta la sua vita era cambiata, dopo l’incontro con quel criminale. La persona che Wes conosceva era diventata qualcun altro. Doveva farlo, se voleva rimanere in vita. Eric aveva molti rimpianti, ma dover rinunciare al suo miglior amico e alla donna che amava erano stato sacrifici quasi insostenibili. Si era costretto a sopportare solo per tenerli al sicuro. Avevano una vita davanti e non potevano pagare per i suoi errori.
"Ok, per ora non ti chiederò più nulla. Confido però che un giorno mi darai delle spiegazioni…” mugugnò Wes, con tono risentito.
"Se riuscirò a tirarmi furi dai guai ti racconterò tutto…” Avrebbe tanto voluto confidarsi con Wes…ma non poteva. Dio, quanta solitudine nella sua vita!
"Ok.” rispose Wes. E tacque. Era evidente che la cosa non gli piaceva affatto. “Ora dimmi come faremo a salvare le ragazze.”
"Ho un gancio lì dentro…e mi auguro che sia ancora vivo.” Se Miguel non avesse scoperto la talpa le cose sarebbero andate per il meglio. “Ci sono sette squadre in attesa d’intervenire a un mio segnale…ma ti avverto che sarà tutto un casino!”
"Non ne dubito.” rispose Wes, stringendosi nelle spalle.
In realtà sarebbe stato un massacro, ma non voleva che Wes lo sapesse…anche se probabilmente lo aveva già intuito. “Ce la faremo!” esclamò Eric, provando a infondere fiducia nell’amico."
Eric accostò una strada laterale e parcheggiò il suo veicolo. Spense tutte le luci e fissò una casa in lontananza.
"È lì che le tiene?" domandò Wes.
"Si." Eric Fissò la casa dove erano state imprigionate Vivian e Vitoria.
"Cosa stiamo aspettando?"
Un miracolo ... Aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per riuscire a liberarle e restare vivi. “Il segnale di via libera.”
Proprio in quel momento, il cellulare di Eric cominciò a vibrare, L’uomo fece un cenno all’amico ed entrambi scesero silenziosamente dall’auto.
"Va bene, ora ti dirò quello che faremo. Cercherò di tenere impegnato Miguel. Tu raggiungi la stanza in cui sono prigioniere le ragazze e cerca di portarle fuori. Poi scappa il più rapidamente possibile.”
Wes si fermò e lo fissò. "Che cosa? Dovrei lasciarti qui? Non se ne parla nemmeno!”
"Fa come ti dico. I rinforzi arriveranno in tempo.” Aveva bisogno che Wes seguisse il suo piano. Se si fosse rifiutato o avesse fatto di testa sua sarebbe andato tutto a rotoli.
"Non lo so…"
“Fallo e basta, va bene? Ho bisogno di sapere che le ragazze sono in salvo. Non discutere con me, Wes, ti prego.”
Wes annuì e seguì Eric dietro casa. Penetrarono di soppiatto. La talpa che Eric aveva dentro gli fece cenno di entrare. Eric si avviò da solo verso la parte anteriore della villa.
Wes invece seguì la talpa in casa e si avviò verso la stanza che gli era stata indicata. Eric era già dentro e stava cercando Miguel. Lo trovò nel suo ufficio. Miguel sedeva a una scrivania, con una pistola in mano. Quando Eric entrò gliela puntò dritta contro, prendendolo alla sprovvista. Eric imprecò: non aveva preventivato una cosa del genere, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Si tuffò sull’uomo e la sua pistola. Non vedeva sentinelle in giro, quindi meglio approfittare dell’attimo. Ma proprio mentre i due uomini cominciarono a colluttare, Wes e le ragazze, con alle spalle un uomo che gli puntava una pistola alla nuca, fecero la loro comparsa nella stanza. Eric era riuscito a disarmare Miguel e ora gli teneva la pistola puntata alla tempia.
"Stavano cercando di scappare." disse l'uomo che teneva sotto mira Wes, Vittoria e Vivian.
Solo allora Eric si voltò a guardarli. Il dolore che gli si disegnò sulla faccia era evidente: non erano riusciti a fuggire, cazzo! Wes aveva fallito. Doveva provare il tutto per tutto. Sferrò un enorme colpo sulla testa di Miguel col calcio della pistola e poi puntò l’arma contro la sentinella. Ma Miguel si riprese e gli si avventò addosso mente le ragazze erano ancora sotto tiro. Ne seguì una colluttazione tremenda, che s’interruppe solamente quando il rumore di uno sparo echeggiò nella stanza. Un colpo andato a vuoto, ma tanto bastò per distrarre la sentinella, che puntò l’arma dritta contro la testa di Eric. Le ragazze cominciarono a urlare, ma Eric con un pugno poderoso fracassò la mascella di Miguel, che cadde riverso sulla scrivania in un lago di sangue.
Un grido soffocato fece voltare Eric, giusto in tempo per vedere la sentinella cadere a terra, tramortita da un enorme vaso di pietra che Wes, approfittando dell’attimo di disattenzione, gli aveva rotto sulla testa. L’uomo cadde a terra con un grande tonfo. Miguel fece per reagire, ma un ennesimo pugno in faccia lo mise definitivamente fuori combattimento. Ora sia Miguel che la sentinella giacevano riversi sul pavimento.
"Oh Dio, Wes, stai bene?" gridò Vittoria precipitandosi al fianco di Wes.
"Tu…chiedi a me come sto?” rispose Wes, con voce tremante.
I due si abbracciarono spasmodicamente, scoppiando a piangere. “Oh, Dio cara… - gemette Wes - Ti hanno fatto del male?”
"Sto bene, sto bene…” continuava a singhiozzare Vittoria.
Wes colava sangue dalla spalla. Alzò lo sguardo e incontrò lo sguardo di Eric.
"Non hai un bell'aspetto amico." Afferrò il cellulare e compose il numero interno della polizia, chiedendo di inviare subito soccorsi e un’ambulanza. Wes non sarebbe morto.
Nel frattempo, Wes non faceva altro che singhiozzare e stringere Vittoria convulsamente a sé. “Ti amo, ti amo…” continuava a ripeterle.
"E io amo te, Wes!” singhiozzava di rimando Vittoria. Una scena davvero straziante.
Wes crollò a terra di colpo e perse conoscenza, mentre Vittoria urlava. Poco dopo la sirena di un’ambulanza echeggiò nel cortile interno della villa.
Eric strappò Vittoria dal suo amato, mentre entravano i paramedici. “E’ tutto a posto, cara. Wes non morirà. E’ una ferita profonda ma non mortale, si rimetterà presto. E’ svenuto perché ha perso molto sangue.” Un gruppo di agenti in divisa ammanettarono i malviventi ancora svenuti a terra, poi furono chiamate altre ambulanze. C’era sangue dappertutto…e di sicuro le guardie del corpo avevano già preso il largo. Che macello! Eric gemette: Dallas non sarebbe stato molto contento.
Si rivolse a Vivian, che per tutto il tempo se n’era rimasta in disparte, in silenzio. “Stai bene?” mormorò.
La ragazza annuì: sembrava sotto shock. Eric le si avvicinò, la strinse a sé e poi provò a trascinarla via, afferrandola per un braccio. “Dai, ti porto in ospedale.”
Vivien si divincolò con violenza: “Non ne ho bisogno!” sibilò.
Eric la guardò stralunato. “Voglio che ti visitino. Sei sotto shock.”
"Per me puoi anche andare all’inferno! Non farò nulla di ciò che dici!”
"Viv ..."provò a dire Eric. Ma la ragazza gli tappò la bocca con la mano: “Basta Eric. Per me sei morto! Non ti perdonerò mai!”
Eric annuì. Sapeva che ottenere il perdono di Vivian non sarebbe stato facile.
"Ok, ma devi comunque farti visitare. Ne parleremo dopo. So che non mi perdonerai mai…e non posso darti torto.”
"Giusto, che stupida! Sparisci per un anno, mi lasci in un mare di lacrime e ora risorgi sperando che nulla sia cambiato tra noi? Vattene, e lasciami in pace! In ospedale ci andrò con i piedi miei!”
Si diresse vero Tori, ancora in lacrime, ferma a guardare come i paramedici imbracavano Wes sulla barella e gli infilavano il respiratore nel naso. “Andiamo, Tori. Saltiamo su un’ambulanza. Precediamo Wes. Non gli sarai molto d’aiuto se stai male anche tu.”
"Ti ho detto che ti ci porto io. Tori può venire con noi…” insistette Eric.
“Lasciami in pace, Eric! - sibilò Vivian - Te lo dico per l’ultima volta: per me sei morto!”
Eric rimase in silenzio. Vivian aveva tutto il diritto di odiarlo. Quando le ragazze saltarono su un’ambulanza lui prese l’auto e le seguì fino in ospedale. Rimase in sala d’attesa per tutto il tempo, mentre le ragazze venivano visitate. Poi arrivarono i familiari di Wes e lui ebbe un bel da fare per rassicurarli e raccontare il disastro in cui si erano trovati. Tori e Vivian attendevano di avere notizie dai medici. Wes era andato sotto i ferri e, dopo circa tre ore, era uscito. Ora stava in sala di rianimazione e Tori piangeva in un angolo. Quando un medico le fece cenno di entrare, la ragazza non si mosse.
Eric la raggiunse e l’abbracciò. Vivian, ancora al fianco della sorella, lo guardò torva. “Tori, puoi entrare.” le sussurrò.
Tori alzò lo sguardo piangente su di lui. “Ho…ho paura…” gemette.
“Andrà tutto bene, Tori. Wes guarirà. Se hai paura che il dottore stia mentendo ti assicuro che non è così.”
Tori riprese a singhiozzare, ma non si mosse.
“Tori, entra. Se vuoi ti ci accompagno io. Stagli vicino, lui ha bisogno di te. Non fare lo stesso errore che ho fatto io.” le sussurrò Eric. E guardò Vivian.
Vitoria puntò gli occhi su di lui. Aveva rinunciato a Vivian per proteggerla. Forse lei lo aveva capito. Annuì, lanciò uno sguardo a Vivian e lentamente entrò nella stanza. Eric la seguì. Wes era disteso in un letto, sotto una tenda di plastica trasparente. Era pallido, ma aveva il volto sereno. Quando si accorse che c’era qualcuno al suo capezzale aprì gli occhi. Provò a sollevare una mano per accarezzare Tori, ma non ci riuscì a causa della tenda. Lei scoppiò a piangere e si afferrò con tutte le sue forze alla tenda che faceva da muro tra loro. “Ciao, dolcezza.” riuscì a mormorare Wes.
"Oh, caro, sono qui!” gridò Vittoria, per farsi sentire. Wes sorrise lievemente.
“Ehi, stai cercando di rompermi i timpani? Sono ferito, non sordo.”
Tori sorrise tra le lacrime, poi si voltò verso Eric. “Ce la farà.” bisbigliò.
“Che ti avevo detto?” esclamò Eric, con un sorriso. Alzò due dita all’amico in segno di vittoria, e Wes, con sforzo, gli puntò il dito medio…in un gesto inequivocabile. “In culo, Eric.” mormorò.
“E’ tornato il solito stronzo. Sì, Vittoria, hai ragione. Ce la farà.” Scosse il capo e, sorridendo, uscì dalla stanza per lasciarli soli.
Era contento per l’amico, ma quella scena d’amore gli aveva fatto un po’ male al cuore. Gli mancava Vivian. Gli mancava la particolare intimità che c’era tra loro. Gli mancava la loro vita insieme. Avrebbe dovuto parlarle, spiegarle perché era sparito. Chissà se avrebbe capito. Non era il loro motto: sempre insieme per sempre? Beh, lui l’aveva tradita. L’aveva salvata, protetta…ma non aveva preservato il loro amore. Se avesse potuto tornare indietro non si sarebbe mai comportato così.
Un forte senso di infelicità e di solitudine gli squarciò il petto: era tutta colpa sua. Non doveva escluderla dai suoi progetti, avrebbe dovuto quanto meno spiegarle cosa aveva in mente di fare. Non avrebbe dovuto lasciarla così, sola e abbandonata, e ormai a conoscenza della sua vera identità…del suo ruolo all’FBI. Scoprire tutta a un tratto che l’uomo che ami non è quello che hai imparato a conoscere è qualcosa che ti distrugge dentro…
Eccola lì, accanto al davanzale della finestra in un corridoio d’ospedale, che gli voltava le spalle. Era furiosa, addolorata, e lo odiava…si probabilmente lo odiava. Quanto avrebbe voluto stringerla tra le braccia! Ma forse non tutto era perduto. Poteva ancora provarci. Spiegarle tutto…e aprirle il suo cuore. Implorarla di concedergli una seconda possibilità. Non sapeva se sarebbe riuscita a penetrare in quella donna caparbia e a vincere le sue resistenze…ma ci avrebbe provato. Lo doveva a se stesso, a lei…e al loro amore.