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La Funzione dell’Apprendimento

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Quando si pensa all’apprendimento, di solito lo si fa in relazione agli studi, quindi più anni una persona dedica alla formazione in una determinata materia, più alto sarà il suo livello di apprendimento e, al contrario, se una persona non è andata a scuola o ha abbandonato prima di completare gli studi, si può considerare che non abbia completato il proprio ciclo di apprendimento. Ma questa visione, nonostante non sia errata, è limitata, poiché viene preso in considerazione solo un campo di apprendimento relativo all’ambito accademico. Il concetto di apprendimento è più ampio e coinvolge qualsiasi nuova conoscenza o abilità che non era stata precedentemente posseduta e che ora viene acquisita.

Pertanto, competenze e abilità possono essere apprese oltre alle conoscenze teoriche, un esempio di questo può essere visto quando si impara a guidare, infatti si devono superare due tipi di test per ottenere la patente di guida, uno di tipo teorico, dove si deve dimostrare padronanza delle conoscenze relative al veicolo e al codice della strada; e l’esame pratico dove si dimostrano le capacità necessarie alla guida in città o in autostrada, senza mettere in pericolo i pedoni o altri veicoli, nel rispetto delle norme stabilite. Se la persona fallisce in uno dei due test non si ritiene che possa ottenere la patente di guida, poiché sarebbe un segno di apprendimento incompleto.

In altri casi, l’apprendimento è solo teorico, essendo superato mediante prove a scelta multipla o di scrittura; o esclusivamente pratico, la cui valutazione viene solitamente realizzata eseguendo quell’abilità per dimostrare la padronanza. L’apprendimento può essere considerato come un processo naturale che fa parte delle caratteristiche di molti esseri viventi, permette loro di dare una risposta migliore alle richieste dell’ambiente, in quanto si perfeziona attraverso tentativi ed errori, o altre pratiche di apprendimento, per cui richiede:

- Una capacità sensibile con cui percepire il mondo esterno.

- Un trattamento, anche elementare, di informazioni sensibili che provocherà una risposta.

- Un sistema di archiviazione delle informazioni, in cui vengono raccolte sia le informazioni sensibili che la risposta e le relative conseguenze.

È proprio a questo punto del feedback sulla risposta che si inizia a delimitare il processo di apprendimento, che consente di ottimizzare il modo di soddisfare le esigenze ambientali, adattandosi ad esse.

Senza l’apprendimento, sarebbe solo una risposta più o meno fortuita, ogni volta che si presenta uno stimolo, sebbene sia lo stesso più e più volte. Come accade a quelle persone che, a causa di qualche infortunio e trauma cranico, non possono accedere alla memoria a lungo termine, affidandosi esclusivamente alla memoria a breve termine, dove, dopo pochi istanti, quei “ricordi” si dissipano e tutto sembra nuovo e originale. Pertanto, l’apprendimento può essere considerato come un processo superiore, a cui partecipano altri più basilari, come la sensazione, la percezione, l’attenzione, la memoria e le emozioni.

A livello cerebrale ci sono diversi sistemi che parteciperanno al processo di apprendimento, come il sistema nervoso periferico, incaricato di ricevere informazioni sensoriali-ricettive e di far rispettare gli ordini, in termini di offerta della risposta comportamentale appropriata.

A livello del sistema nervoso centrale, l’informazione è condotta al cervello, che la elabora, la classifica e la memorizza, in caso di apprendimento, oltre a dare le precise indicazioni per la risposta pertinente, trovandosi in aree specializzate del cervello, dove intervengono i processi di attenzione, percezione, memoria ed emozione, senza i quali l’apprendimento non sarebbe possibile.

Va tenuto presente che il cervello è “progettato” per imparare, infatti, è ciò che fa “meglio”, ecco perché in esso sono coinvolte varie strutture neuronali, sebbene non esista un “centro di apprendimento” per così dire, ma sono le funzioni e le abilità che la persona sviluppa e che hanno il loro correlato nel cervello, che vengono modificate e adattate al nuovo apprendimento. Pertanto, le informazioni relative alla visione coinvolgeranno una serie di strutture cerebrali, che, man mano che la persona ha esperienza, cambiano e alterano il loro funzionamento, adattandosi all’apprendimento.

E tutto questo a partire da un cervello “vuoto”, che è stato strutturato e guidato geneticamente, senza necessità di intervento ambientale, ma che poi dovrà essere “plasmato” man mano che la persona acquisisce nuove conoscenze ed esperienze, che la aiuteranno a sviluppare se tue capacità e ad essere funzionale nel contesto sociale in cui vive.

Sebbene non sia letteralmente “vuoto”, dato che il bambino può sentire, vedere e percepire anche dal grembo materno, inoltre il cervello acquisisce a poco a poco la capacità di controllo muscolare, a cui vanno aggiunti i movimenti riflessi che si mostreranno durante i primi mesi di vita.

Il processo di apprendimento è normalmente avviato dai sensi, le cui informazioni vengono portate al cervello, dove viene separato in due vie, una emotiva e l’altra cognitiva, dove lo stimolo viene percepito una volta analizzato, attraverso le aree specializzate per ogni senso e da lì rimane nella memoria. Per questo e come base fondamentale c’è l’ippocampo, dove verrà immagazzinata la memoria a breve termine, prima di essere scartata o archiviata nella memoria a lungo termine, producendo così apprendimento.

Va tenuto presente che, fino a pochi decenni fa, si considerava che l’apprendimento avvenisse dal momento della nascita, fino all’età adulta, perdendo questa capacità al raggiungimento della terza o quarta età. Oggi, e grazie ai progressi delle neuroscienze, si sa che questo processo inizia ancor prima della nascita e che accompagna l’essere umano, in tutte le sue fasi, compresa l’ultima. La velocità dell’apprendimento cambia con l’età: è maggiore durante le prime fasi della vita e rallenta nelle fasi successive.

Una capacità di apprendimento in cui i giovanissimi, come i giovani, sembrano privilegiati per acquisire nuove conoscenze, dove è facile per loro iniziare una nuova lingua o studiare la trigonometria. Qualcosa che fino a pochi anni fa la scienza aveva proibito agli anziani, sostenendo che loro, come i più piccoli, non erano preparati a questa nuova conoscenza.

La scoperta della rigenerazione neuronale e la creazione di nuove connessioni tra neuroni, anche in età avanzata, hanno messo in discussione queste affermazioni, difendendo la posizione secondo cui tutti, a qualsiasi età, possono imparare quello che vogliono, poiché il cervello è pronto per questo. Qualcosa che ha costretto a cambiare i quadri teorici esistenti, che da un lato ha confermato la difficoltà degli anziani e dall’altro avevano gli strumenti pronti per l’apprendimento.

L’importanza del cervello nell’apprendimento si riflette non appena si verifica il suo deterioramento, ad esempio nel caso dell’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa il cui sintomo principale è la perdita di memoria, che mostra come l’apprendimento “fallisca” gli apprendimenti acquisiti durante la vita, non sapendo come si chiamano gli oggetti, qual è la loro funzione o come vestirsi, aspetti che normalmente non si apprezzano come apprendimento e che sono essenziali per essere indipendenti e avere una buona qualità di vita.

Va tenuto presente che non tutte le esperienze implicheranno l’apprendimento, poiché affinché questo avvenga è necessaria una serie di “passaggi” nell’elaborazione cognitiva, che includerà aspetti legati alla sensazione, attenzione, percezione e memoria tra gli altri. Così, da quando siamo nati, osserviamo gli altri e da loro impariamo a rispondere all’ambiente, risposte che riproduciamo e che ci permettono di ottenere ciò che vogliamo o meno. In base a questo impariamo a dare o meno, la stessa risposta in un altro momento. Questo tipo di apprendimento è chiamato incidentale e può essere considerato come non è pre-programmato e che si verifica intenzionalmente o meno.

All’interno della categoria dell’apprendimento accidentale non intenzionale, ci sarebbero tutti quegli apprendimenti che vengono acquisiti senza che ci sia un’intenzione, al momento della sua realizzazione, ad esempio, un apprendimento osservativo, dove vediamo come una certa persona agisce e quali conseguenze ha, dato che la persona tende a ripetere quei comportamenti che hanno avuto risultati positivi e piacevoli; e al contrario, evitare quelli che non hanno permesso di raggiungere i risultati attesi e a causa dei quali ha persino ricevuto delle punizioni.

Un esempio potrebbe essere quello di vedere come una persona attraversa il centro della strada per raggiungere l’altro lato e prendere un autobus, che si è appena fermato alla fermata. Se la persona dopo essere passata, senza grosse preoccupazioni, raggiunge l’autobus, sale e parte, imparerà che questo è un comportamento utile, in modo da non perdere tempo ad aspettare un nuovo autobus, che può passare dopo un quarto d’ora, mezz’ora o un’ora. D’altra parte, se la persona è quasi investita quando attraversa la strada e dopo lo spavento non raggiunge l’autobus che parte senza aspettare, impara che mettere in atto un comportamento così sconsiderato non gli permette di raggiungere il suo obiettivo e quindi non lo ripeterà. Ebbene, proprio come in questo caso, stiamo continuamente imparando involontariamente, o mettendo in evidenza gli apprendimenti che già avevamo, come nel caso precedente, se già sapevamo che non si deve attraversare la strada da nessun lato, perché è pericoloso, vedere come la persona è quasi investita per averlo fatto rafforzerà il nostro apprendimento precedente.

All’interno della categoria dell’apprendimento incidentale intenzionale, ci sarebbero, ad esempio, i programmi “educativi” in televisione, i corsi a fascicoli che accompagnano alcuni giornali, o i video di autoapprendimento su YouTube, tra le altre cose. Ma sono anche le ripetizioni che fa la madre finché il bambino non riesce a dire mamma o papà, tutti alla ricerca di un fine, quello di modificare il modo di pensare, sentire o agire dell’individuo. Nonostante ciò, l’intenzione esplicita di trasmettere informazioni o conoscenze non è considerata apprendimento istituzionale, poiché non è all’interno di un sistema di apprendimento formale, con una struttura per tema ed età, né ricerca obiettivi appropriati per ogni fase evolutiva. Ma questi apprendimenti intenzionali non sono solo finalizzati ad aumentare la conoscenza degli altri, poiché possono concretizzarsi nello sviluppo di determinate abilità e capacità, come le scuole calcio, finalizzate al miglioramento delle prestazioni sportive dei minori.

A volte questo apprendimento non richiede che nessuno si istruisca in modo intenzionale, per lo sviluppo di determinate capacità e abilità, dato che per tentativi ed errori si impara a perfezionarsi, come accade con la bicicletta, che con la pratica si riesce controllare l’equilibrio per non cadere, senza bisogno che nessuno ci istruisca al riguardo. Questo tipo di apprendimento è considerato più “naturale”, poiché è legato alla vita quotidiana di ogni giorno, ed è diventato esso stesso una metodologia di insegnamento, dove si cerca di “far scendere in strada” la scuola, in modo che lo studente impari abilità che può sviluppare per il resto della sua vita.

Un approccio a questo si può trovare in alcune innovazioni educative dove si tratta di offrire esperienze quotidiane con applicazioni di concetti matematici visti in precedenza in classe, ad esempio incoraggiando gli studenti ad organizzare un mercatino per raccogliere fondi per una causa di beneficenza, dove i minori impareranno a gestire le somme di denaro, a stabilire una percentuale di profitto sulle vendite, a realizzare un progetto di beneficienza programmata…

Questo modello di insegnamento incidentale offre anche una serie di vantaggi, come facilitare l’apprendimento significativo, cioè che può essere applicato a posteriori nella vita di tutti i giorni; coinvolgere gli studenti nell’apprendimento; sviluppato in un ambiente flessibile e motivante; accrescere la curiosità degli studenti. Sulla base di questi vantaggi, alcuni genitori propongono che l’insegnamento si svolga nelle proprie case, senza richiedere scuole a questo riguardo, e che i genitori siano i docenti, insegnando ciò che “servirà” nella vita al bambino, e non conoscenze poco “pratiche” per la vita quotidiana.

Una posizione non priva di limitazioni, dovute alla scarsa preparazione dei genitori, per il ruolo di insegnanti, di tutte le materie che il bambino deve imparare per mantenere lo stesso livello di apprendimento dei suoi coetanei che frequentano le lezioni scolastiche. Allo stesso modo, la valutazione dell’apprendimento incidentale è difficile, poiché non è conforme agli standard stabiliti nel sistema educativo. Nonostante quanto sopra, a seconda del Paese in cui si vive, questa sarà la possibilità o meno che i genitori possano istruire i propri figli a casa (istruzione parentale).

Contrariamente all’apprendimento incidentale, l’apprendimento istituzionale è stabilito in piani di formazione finalizzati all’acquisizione di determinate abilità, capacità e modi di comportarsi come parte di un piano strutturato più o meno flessibile che cerca:

- L’integrazione dell’individuo nella società, per la quale scuole e centri educativi sono trasmettitori di valori che, a seconda di ciascuna società, si specificano in un modo o nell’altro.

- Adattamento del comportamento alle regole sociali, stabilendo premi e punizioni per modellare il comportamento degli studenti.

- Raggiungimento di determinati traguardi in base all’età del minore, questi possono includere l’apprendimento più o meno meccanico, nonché lo sviluppo di altre capacità e abilità.

Per quanto riguarda le ricompense e le punizioni utilizzate, queste evolveranno con l’età degli studenti, quindi, e rispetto alle ricompense, queste vengono inizialmente somministrate fisicamente, dove lo studente che conosce la lezione, o che si comporta bene in classe, riceve una sorta di “regalo” che sarà gradualmente sostituito da premi sociali, cioè riconoscimenti sociali davanti ai coetanei, come un “bravo studente”, a parte applausi e congratulazioni. Nelle fasi successive, i premi non sono più amministrati dall’insegnante e diventano l’asse motivazionale dello studente, per raggiungere la promozione, o un voto più alto, come compenso per lo sforzo di apprendimento.

Per quanto riguarda le punizioni, nei precedenti modelli educativi la punizione fisica era utilizzata come mezzo per “insegnare” ai più piccoli, per mantenere comportamenti appropriati, frequentare le lezioni o conoscere la lezione. Tuttavia, queste punizioni sono state sostituite da altre di natura sociale, in cui gli studenti che non rispondevano alle aspettative stabilite dall’insegnante venivano “ridicolizzati” o sminuiti; passando ad età più avanzate, diventa “sospensione”, la punizione ottenuta per un lavoro carente o non adeguato ai criteri accademici del proprio corso o livello.

Al giorno d’oggi si ritiene che la pratica della punizione fisica o sociale sia inadeguata e che gli studenti si sentano più motivati da stimoli positivi che da quelli negativi. Nonostante quanto sopra, voti in età più avanzata e la bocciatura per “ripetere l’anno” sono ancora utilizzati per modellare la velocità di apprendimento dei contenuti stabiliti nel corso in base all’età dello studente. Questi apprendimenti sono più o meno durevoli nel tempo, sia a breve che a lungo termine. L’obiettivo delle istituzioni educative è che gli studenti acquisiscano conoscenze che rimangono, a lungo termine, in modo che possano essere applicate in futuro.

Inoltre, questa conoscenza è solitamente strutturata, a seconda del livello di complessità, quindi nelle prime fasi vengono insegnate le conoscenze e le abilità necessarie per poter acquisirne altre più complesse a livelli educativi superiori. Sebbene l’apprendimento sia un’attività relativamente semplice a seconda dell’ambito a cui si riferisce, può essere enormemente complicato, quindi il livello di esperto in una materia richiede in molti casi anni di studio o pratica prima di raggiungere la padronanza su di essa. Pertanto, un primo approccio all’apprendimento consiste nella differenziazione tra inesperto ed esperto, sapendo che in molti casi la distinzione tra i due è la mancanza di esposizione, studio e pratica del primo rispetto all’esperto.

Proprio in base a questa differenza è nata l’idea dell’insegnamento, come mezzo per trasmettere informazioni su conoscenze e abilità da un esperto a uno studente, un aspetto dura nel tempo fino a quando l’allievo impara la materia. A volte questa trasmissione del sapere veniva effettuata all’interno della famiglia, perpetuando così il mestiere di generazione in generazione, sapendo che i loro discendenti avrebbero mantenuto viva la conoscenza.

Un aspetto che per molti anni ha “segnato” le famiglie, rendendo difficile l’accesso a tali conoscenze e pratiche per chi non era nato in quell’ambiente. Ma l’istruzione e soprattutto il sistema educativo sono intervenuti per rompere questa esclusività dell’apprendimento, consentendo a chiunque abbia interesse e voglia di studiare di scegliere il proprio corso di studi, indipendentemente dalla precedente formazione dei genitori, arrivando così ad essere, per esempio, il primo medico o avvocato della famiglia.

Nonostante quanto sopra, e le strutture che esistono per accedere all’apprendimento, non tutti sembrano “interessati” allo stesso modo a questa opportunità, mostrando qualche problema in più per mantenere lo stesso livello del resto della classe, che in alcuni casi “costringe” i genitori a “rimuoverli” dal sistema, perché capiscono che il loro bambino è “non utile” per l’apprendimento. Un approccio che denota un rapporto scuola-apprendimento non del tutto corretto, poiché quello stesso ragazzo collocato in un altro tipo di istituzione scolastica come gli istituti professionali, dove le abilità e le conoscenze pratiche sono ulteriormente sviluppate, riesce non solo a stare al passo con i suoi coetanei, ma può anche distinguersi; e tutto questo per fare una scelta migliore riguardo all’apprendimento del bambino, adattato ai suoi bisogni e interessi.

Pertanto, l’apprendimento è un’attività che viene svolta “ogni volta” che viene acquisita nuova conoscenza, ma anche quando vengono sviluppate nuove abilità. Può anche essere considerato apprendimento quando le conoscenze e le abilità precedenti vengono migliorate, avvicinando la persona al livello di esperto, sviluppando il dominio delle abilità stesse.

Bisogna tener conto che una persona può essere esperta in una materia e non in un’altra, questo perché il nostro tempo è limitato e dobbiamo “scegliere” dove occuparlo, quindi a ciò che dedichiamo più tempo è più probabile che il nostro apprendimento si sviluppi più velocemente e più sostenuto nel tempo, rispetto ad altre attività che iniziamo e “abbandoniamo” a breve, il che significa che non saremo in grado di diventare esperti in quella materia.

Approccio Alla Neuromatematica: Il Cervello Matematico

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