Читать книгу Il Fantasma Di Margaret Houg - Elton Varfi - Страница 7

Оглавление

Capitolo III

Luisa non riusciva a capire cosa l’avesse spinta a chiamare Ernest e invitarlo a cena. Ormai era troppo tardi per ripensarci, fra poco lui sarebbe arrivato da lei. Ella era consapevole che durante la cena il discorso avrebbe preso una piega che non le sarebbe affatto piaciuta. Ernest avrebbe fatto delle domande legittime, ma lei non era pronta a rispondere e lui ci sarebbe rimasto male ancora una volta. Si sentiva una stupida, ma la cosa che la faceva stare ancora più male era che ormai non poteva più fare niente; poteva solo stare ad aspettare gli effetti collaterali della sua brillante idea. Stava pensando queste cose quando suonò il campanello della porta.

Luisa andò ad aprire e si sentì terribilmente in colpa quando vide Ernest con un gran mazzo di rose in una mano e una bottiglia di vino nell’altra.

“Le rose sono tutte per te, invece il vino è per me.” disse Ernest che si sentiva l’uomo più felice sulla faccia della terra.

“Sono bellissime, ma non dovevi disturbarti tanto.”

“Ma quale disturbo! Tu stasera hai deciso di assumerti il difficile compito di sfamarmi e questo è il minimo che potessi fare per ricambiare.” rispose Ernest sorridendo.

Luisa rimase di sasso davanti alla porta, prese le rose fra le mani e non sapeva che cosa dire. Ernest, che sembrava non avere perso l’uso della parola, chiese: “Non è meglio se entriamo, adesso?”

“Ma si, certo, scusami. Accomodati pure.” disse Luisa, liberando l’ingresso.

“Lo trovo carino, qui, veramente delizioso.” disse Ernest appena entrò, ma non ricevette risposta “Suppongo che ti trovi bene, in questo appartamentino” continuò allora lui.

“Si, per la verità mi trovo molto bene” rispose Luisa, sistemando i fiori in un vaso “Non è niente male, veramente. Sto quasi pensando di trasferirmi qui. Che ne dici?... Ti piace l’idea?”

“Non penso proprio che sia una buona idea che tu….”

“Ehi, cosa ti succede? Sto scherzando, Luisa, non sono ancora impazzito.” l’interruppe Ernest “Dimmi la verità: non sei per niente contenta di avermi invitato o mi sbaglio?”

“No, no. Ma mi fa uno strano effetto essere di nuovo a cena con te dopo tutto questo tempo.” disse Luisa, cercando di sorridere.

“Sono passati solo dieci mesi, non è tantissimo tempo.” mormorò allora lui “Comunque ho molto gradito il tuo invito e non ci vedo niente di strano se ceniamo insieme. Per me è la cosa più normale del mondo e non…”

“Da quando sei diventato così chiacchierone?” lo interruppe Luisa, sorridendo con gusto.

“Che cosa vedono i miei occhi! Luisa sta sorridendo, non riesco a crederci.” disse Ernest, scherzando.

Forse non si poteva parlare di risate vere e proprie, ma certamente era più sciolta. Ernest si avvicinò e l’abbracciò per manifestare tutta la sua approvazione.

“Tutto a posto, allora?” proseguì lui “Vedi, non ci vuole tanto per stare meglio.”

“Complimenti, sei diventato un chiacchierone con uno spiccato senso dell’umorismo. Da te proprio non me lo sarei aspettato.”

“Lo so, purtroppo hai un’idea sbagliata di me, ma pazienza. Allora, cos’è questo delizioso odore che viene dalla cucina?”

“Fra poco lo vedrai.” rispose Luisa.

“Come cuoca sei bravissima. Mi hai cucinato cose buonissime; ancora oggi rimpiango i tuoi fagottini ripieni di carne …”

“Il lavoro come va?” interruppe Luisa, come se volesse cambiare discorso “Ora sei un investigatore privato o mi sbaglio?”

“Si, ma a dire il vero non ho avuto molto da fare. Da pochissimo, però, ho ricevuto una proposta seria.”

“Di cosa si tratta? Se non sono indiscreta…” chiese Luisa.

“Devo dare la caccia a… una donna.”

“Qualche marito geloso ti ha messo alle costole della moglie?” ipotizzò Luisa, sorridendo “Non riesco ad immaginarti come guardone.”

“No, ti sbagli, non si tratta di questo. Sarebbe più facile. La cosa è molto più complicata di quello che sembra. Purtroppo non posso dire di più.”

“Capisco, segreto professionale. Non ti faccio più domande. Ora è meglio che ci mettiamo a tavola, penso che la cena sarà pronta.” disse Luisa e andò in cucina.

Ernest si accomodò a tavola e proprio mentre stava per sedersi squillò il telefono. Luisa uscì dalla stanza e rispose: “Pronto? Si, è qui. Te lo passo. È per te.” disse ad Ernest, il quale si alzò molto stupito e curioso di sapere chi lo cercasse.

Lo stupore crebbe quando dall’altra parte del telefono sentì la voce di Roni.

“Cosa vuoi, Roni?” domandò “Cosa è successo?”

“Lo so che non è il momento giusto per disturbarti, ma è accaduto di nuovo.”

“Cosa?”

“Il fantasma è apparso di nuovo e il signor Houg ci sta aspettando.”

“Io me ne sbatto del fantasma, del signor Houg e anche di te, Roni. Non ho ancora cenato e non ho alcuna intenzione di muovermi da qui. Chiaro?” rispose Ernest che era veramente arrabbiato. Roni però non aveva alcuna intenzione di mollare.

“Lo so che mi odierai a morte, ma tra dieci minuti sono da Luisa, così ti porto a casa del signor Houg.”

Ernest non ci poteva credere. Finalmente era riuscito a stare da solo con Luisa e Roni era pronto a rovinare tutto per quel maledetto fantasma che aveva proprio trovato la serata adatta per fare la sua apparizione.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Luisa: “Qualcosa non va?” chiese.

“Purtroppo si.” rispose Ernest “Sta arrivando Roni e io devo andare via con lui.”

“Mi dispiace molto!” disse Luisa.

“A me di più. Il destino è contro di noi. Sembra che non possiamo stare in pace noi due, eh?”

Luisa non sapeva cosa dire. Guardava Ernest e dai suoi occhi si capiva che le dispiaceva veramente.

“Beh, ci saranno altre occasioni per vederci, non credi?”

Ernest non rispose subito. La guardò negli occhi e avrebbe davvero voluto credere che ci sarebbero state altre occasioni, ma conoscendo Luisa sapeva che sarebbe stato molto difficile.

“Ora sarà meglio aprire la bottiglia di vino, almeno brindiamo.” disse lui.

Luisa annuì e portò due bicchieri.

“Questo brindisi è per noi due, sperando di rivederci il più presto possibile, Roni permettendo.” disse Ernest e avvicinò il suo bicchiere a quello di Luisa che fece la stessa cosa.

Avevano appena cominciato a bere, quando suonò il campanello della porta.

“Eccolo.” disse lui.

Luisa andò ad aprire.

“Buonasera.” disse Roni a Luisa “Mi dispiace disturbarvi, ma si tratta di una emergenza.”

“Si, Roni, sappiamo quanto ti dispiace, ma ora sarà meglio andare.” disse Ernest che salutò Luisa e uscì. Roni fece lo stesso.

Dopo aver chiuso la porta Luisa rimase immobile nel salotto, pensando a quello che era successo. Ernest la aveva scombussolata. Forse lo amava ancora? Forse era solo tenerezza? Un forte odore di bruciato la riportò in sé.

“Oh no!” disse “La cena è andata in fumo!”

Mentre si dirigevano verso le loro auto, Roni guardava Ernest che stranamente sembrava tranquillo.

“Meglio se prendiamo la mia” disse Roni all’amico “Non ti preoccupare. Useremo la tua più tardi.”

Ernest obbedì, andò verso la macchina di Roni e si avviarono.

Roni non riusciva a parlare; sapeva quanto l’amico tenesse a quella serata, ma con sua grande sorpresa fu Ernest che gli chiese cosa era successo.

“Beh, non so molto. Il signor Houg mi ha telefonato avvertendomi che il fatto è avvenuto di nuovo.”

“Il fatto?” chiese Ernest.

“Si; chiaramente si riferiva al fantasma. Dalla voce mi è sembrato molto preoccupato e mi ha immediatamente chiesto di te.” finì Roni, che con la coda dell’occhio guardava Ernest, che però continuava a sembrargli tranquillo.

“A chi è apparso, questa volta?” domandò l’investigatore “Di nuovo a suo figlio?”

“Probabilmente si, lo sapremo tra poco.”

“Hai ragione ,Roni, fra poco sapremo come stanno le cose. È strano. In questo momento avrei dovuto essere a cena con Luisa e non lo sono. Dovrei essere furioso con te, ma non lo sono. Tu mi sai spiegare perché?”

Roni lo guardò per un attimo negli occhi e si sforzò di dare una risposta.

“Mi dispiace molto per la cena, ma sono contento di vedere che non sei arrabbiato. Il perché non te lo so dire. Anche se ci conosciamo da molti anni, mi sono sempre sforzato di capirti, ma credo che resterai un grande mistero.”

Ernest, dopo avere ascoltato Roni, si mise a ridere e gli diede una pacca sulle spalle.

“Parlo seriamente, sei davvero un mistero.” continuò l’antiquario.

“Invece, io scopro questa sera per la prima volta che sei davvero spericolato quando guidi. Vorrei arrivare a casa del tuo amico tutto intero, ma se continui a guidare così le probabilità mi sembrano davvero poche.” gli fece notare Ernest.

“Non ti preoccupare, arriveremo sani e salvi.”

Intanto davanti agli occhi di Ernest apparve la sagoma della casa di Houg che diventava più grande man mano che si avvicinavano.

Roni non rallentò neanche quando, superato il cancello della villa, imboccarono la stradina interna. Era bella quella casa, però di notte sembrava triste, sembrava che dentro non ci abitasse nessuno;era senza vita e a vederla metteva quasi angoscia.

Arrivati davanti all’ingresso, Roni frenò bruscamente. Scesero dall’auto e non ebbero neanche il tempo di bussare che la governante aveva già aperto la porta.

“Il signor Houg vi sta aspettando nel suo studio.” disse lei, facendo loro segno di seguirla.

La seguirono in silenzio, salirono le scale e arrivarono davanti alla porta dello studio che era aperta.

“Prego, accomodatevi.” disse di nuovo la governante, facendo due passi indietro.

Entrando, Ernest la osservò bene in viso e capì che era spaventata.

Appena Houg si accorse della loro presenza si alzò di scatto e andò loro incontro.

“Non so come scusarmi per avervi disturbato a quest’ora, ma non potevo evitarlo, visto che il fantasma è comparso di nuovo.”

Ernest si avvicinò alla poltrona che si trovava davanti la scrivania di Houg , quindi, rivolgendosi al banchiere, disse: “Questo già lo sapevo. Per la verità, speravo di apprendere qualcosa in più.”

“Questa volta, è stata mia figlia a vederlo.” mormorò Houg; poi andò a sedersi di fronte a Ernest.

“E dove si trovava sua figlia quando l’ha visto?” chiese Ernest.

“Nella stanza di suo fratello. Gli stava tenendo compagnia perché Rebecca, la tata, era andata in città.”

“Ma il fantasma dov’è apparso?” chiese di nuovo Ernest.

“Nella cappella di famiglia che si trova dietro la casa; si può vedere anche da quella finestra.” rispose Houg, mostrando la finestra che si trovava alla sua sinistra.

Ernest si limitò a girare la testa per guardare, ma non fece altro.

“Posso parlare con sua figlia?” chiese Ernest.

“Certamente.” disse Houg e schiacciò un pulsante grigio che aveva sul tavolo.

Non passarono neanche trenta secondi e nella stanza entrò la governante.

“Sarebbe così gentile da chiamare Barbara, per favore? Le dica che il signor Devon le deve parlare.” disse Houg.

La governante, dopo aver annuito, uscì.

Nello studio cadde il silenzio. Roni, che era seduto sul divano che si trovava alla destra della scrivania, non fiatava. Il suo silenzio era dovuto al fatto che la storia lo stava entusiasmando e non vedeva l’ora che arrivasse la figlia di Houg per capire cosa avesse visto.

Houg invece mise la testa tra le mani e, assorbito dai suoi pensieri, si allontanò mentalmente dalla stanza fino a quando, tornato in sé, disse: “Sono così sconvolto che non vi ho offerto neanche qualcosa da bere.”

“Per me va bene così.” disse Ernest.

“Invece io berrei volentieri un bicchierino di brandy.” disse Roni.

“Sono d’accordo con te, un bicchierino di brandy è proprio quello che ci vuole.” disse Houg e si diresse verso un minibar per prendere la bottiglia e due bicchieri.

Nel frattempo Ernest si avvicinò alla finestra e guardò fuori alla ricerca della cappella. Fuori era buio fitto, la stanza dove si trovavano invece era illuminata ed Ernest non riuscì a vedere niente. Dopo un po’ nello studio entrò una bella ragazza accompagnata dalla governante.

“Lei è mia figlia Barbara” disse Houg rivolgendosi ad Ernest “e lui è il signor Ernest Devon ed è qui per aiutarci.” disse di nuovo Houg rivolgendosi questa volta alla figlia.

“Lei è un acchiappafantasmi, signore?” chiese ironicamente la figlia di Houg.

“No, signorina.” ripose Ernest.

“Allora è un medium, un esorcista, qualcosa del genere?”

“Neanche.” rispose Ernest con molta tranquillità.

“Allora non vedo come ci possa aiutare.” disse Barbara, ma Houg intervenne: “Ti prego, Barbara, non è carino rispondere in questo modo al nostro ospite; lui è un investigatore privato ed è anche molto in gamba. Ti vuole fare qualche domanda per capire meglio la situazione ed io ti sarei grato se rispondessi.”

Barbara non disse neanche una parola, poi si accorse di Roni e si avvicinò per salutarlo; quindi si girò verso Ernest e disse: “Dunque, signor Devon, può iniziare l’interrogatorio, sono pronta.”

“Prima di tutto non è un interrogatorio, signorina. Come ha detto prima suo padre, le voglio fare solo qualche domanda per capire che cosa ha visto.”

“Bene. Ho visto il fantasma di mia madre e le assicuro che non sono pazza.”

“Dov’era quando l’ha visto?”

“Ero nella camera di mio fratello. Rebecca era uscita e lui non riusciva a dormire; mi sono affacciata un attimo alla finestra e ho visto qualcosa muoversi nella cappella. Ho spento la luce per vedere meglio e…”

Barbara si fermò e girò la testa verso suo padre, il quale la incoraggiò a continuare.

“E poi ho visto il fantasma di mia madre.” proseguì “Subito dopo ho riacceso la luce e ho chiamato Mary Ann che è corsa subito da me. Le ho raccontato tutto e lei si è affacciata alla finestra, ma non ha visto nulla.”

“Ma lei è sicura che fosse un fantasma?” chiese Ernest.

“Beh, si… si… sono sicura, almeno credo.”

“Cosa le fa pensare che si trattasse di un fantasma e non di una persona in carne ed ossa?”

“Perché una persona in carne ed ossa deve essere pazza per fare quello che ho visto e poi perché ho osservato molto bene il viso ed era proprio quello di mia madre e, dato che è morta da più di un anno, non può essere che un fantasma. Non vedo nessun’altra spiegazione. Però in effetti un dubbio mi rimane …”

“Quale dubbio?” chiese Ernest.

“Se ho visto mia madre, o almeno il suo fantasma, perché ho così tanta paura? In fondo è mia madre che ho visto; però in quel momento per poco non sono svenuta ”

“Ora, per favore, cerchi di ricordare l’intera scena.”

“Ho spento la luce, poi mi sono affacciata alla finestra. All’inizio non ho notato niente di strano, ma poi ho visto una donna e potrei giurare che si trattava di mia madre. Aveva un vestito bianco e lungo che arrivava fino a terra e tra le mani teneva una rosa rossa. Forse lei sentiva il mio sguardo su di sé, perché mi ha guardata e mi ha sorriso, quasi come se volesse prendermi in giro. Poi ha iniziato una specie di danza. Muoveva lentamente le braccia e la testa; erano dei movimenti molto strani e per tutto il tempo non ha distolto lo sguardo dalla finestra. Non ho avuto il coraggio di guardare di più e ho chiamato Mary Ann.”

“Però Mary Ann non ha visto niente, giusto?” chiese Ernest.

“Esatto, lei non ha visto niente.” rispose Barbara.

“Questa sagoma era dentro o fuori dalla cappella?”

“L’ho vista sulle scale, poi non so, non ricordo bene.”

“Suo fratello ha visto qualcosa?”

“No… non credo. Si è solo spaventato perché mi vedeva agitata.”

“Dov’è, ora?”

“Sta dormendo. Per fortuna Rebecca è tornata presto e mio fratello, con lei, si addormenta subito.”

“Io ho finito, per il momento, signorina. Nel caso avessi qualche domanda da farle, spero che lei sia disponibile.”

“Certamente …” disse Barbara che si girò verso suo padre per avere il permesso di andare. Dopo averlo ricevuto salutò Roni ed Ernest e uscì dalla stanza.

“Che cosa ne pensa?” domandò subito dopo l’uscita della figlia Houg ad Ernest.

“Non so ancora cosa pensare. È certo che non si tratta di una vicenda semplice.” rispose l’ investigatore.

“Questo lo so bene, altrimenti non avrei chiesto il suo aiuto…” disse Houg, che prima di continuare si alzò in piedi, proseguendo: “Almeno ora sappiamo che mio figlio non ha inventato tutto.”

“Perché ha pensato che suo figlio potesse avere inventato tutto?” chiese Ernest stupito.

“Perché è un bambino e sa come sono i bambini: troppo spesso volano con la fantasia. Basta un semplice riflesso della luce e vedono draghi, mostri o fantasmi.” rispose Houg.

“In ogni caso, è necessario che io parli anche con suo figlio. Intanto, se lei è d’accordo, vorrei vedere la cappella.” disse Ernest.

“L’accompagno.” disse Houg e azionò di nuovo l’interruttore che si trovava sopra la scrivania.

Non passò molto tempo e la governante entrò nello studio.

“Ha chiamato, signor Houg?” chiese.

“Si, Mary Ann, avremmo bisogno di una torcia.” disse lui.

La governante uscì e gli altri la seguirono.

Arrivati al piano di sotto, Mary Ann portò la torcia.

Uscirono nel giardino. Houg faceva strada, Roni ed Ernest lo seguivano. Una volta fuori, Houg indicò con la torcia la cappella. Ernest si accorse immediatamente delle scale e cercò di immaginare il punto esatto nel quale potesse essere comparso il fantasma. Quando arrivò davanti alla cappella si girò verso la casa e domandò a Houg: “Dov’è la camera di suo figlio?”

“Secondo piano, la terza stanza a partire da destra.” rispose Houg.

Ernest localizzò la stanza, poi prese la torcia e andò verso le scale della cappella come se stesse cercando qualcosa.

“Niente di niente.” disse dopo un po’.

“Che cosa speravi di trovare?” chiese Roni.

“Qualcosa, qualunque cosa.” rispose misteriosamente Ernest, che salì poi le scale ed entrò nella cappella.

Houg e Roni lo seguirono senza dire neanche una parola. Ernest girò la torcia più volte cercando di illuminare le varie parti della cappella, ma sembrò che non avesse trovato niente. Poi improvvisamente la luce della torcia illuminò una porta.

“E questa?” chiese Ernest.

“È la porta di accesso al cimitero di famiglia.” rispose Houg.

“Posso entrare?” domandò Ernest.

Prima che Houg riuscisse a rispondere, intervenne Roni: “Non ti sembra un po’ troppo entrare in un cimitero a quest’ora della notte?”

“Cosa c’è, Roni? Hai paura, forse? Puoi aspettare qui, se vuoi. Io, invece, con il permesso del signor Houg, vorrei dare un’occhiata al cimitero di famiglia.” replicò Ernest con tono canzonatorio.

“Ma certo che può andare, anche se francamente non capisco proprio cosa speri di trovare.” disse Houg.

Ernest si avvicinò alla porta e la aprì. Una ventata d’aria fresca colpì il suo viso nell’istante in cui si trovò fuori. Fece luce con la torcia per leggere i nomi scritti sulle tombe. Si fermò quando lesse “Margaret Houg”. Si avvicinò per vedere meglio e si accorse che sopra la tomba c’era una rosa rossa e sotto di essa c’era qualcosa. Prese tra le mani l’oggetto per capire meglio cosa fosse e si accorse che si trattava di un tarocco. Osservando meglio la carta, lesse: “La morte”.

C’era qualcosa di strano; sentiva un bizzarro respiro, sembrava un respiro affaticato, forse di qualcuno impaurito. Decise allora di mettere in tasca la carta e presa la rosa si girò. La sorpresa fu grande e per poco non si mise ad urlare. Houg era proprio dietro di lui ed Ernest, che non lo aveva sentito arrivare, non si aspettava di vederlo. Il suo respiro era affaticato. Aveva paura.

“Cosa c’è?” disse Houg.

Ernest non rispose subito, aspettò una decina di secondi e poi chiese: “L’ha messa lei la rosa qui?”

“No.” rispose Houg.

“È meglio che entriamo, adesso.” disse Ernest e andò verso l’uscita.

Camminarono lungo tutta la cappella e poco prima che uscissero la torcia si spense.

“Forse le batterie sono scariche.” disse Roni mentre scendeva le scale insieme a Houg.

Ernest rimase indietro per un momento e si sentì osservato. Alzò la testa verso la camera del figlio di Houg, ma non vide nulla.

I tre uomini rientrarono in casa e si accomodarono nello studio di Houg.

“Dunque, la rosa non l’ha messa lei.” commentò Ernest non appena furono seduti.

“Assolutamente no, forse sarà stata mia figlia, anche se ho dei forti dubbi su questo.”

“Perché?”

“Perché, conoscendo mia figlia, non credo che potrebbe fare una cosa simile. Da quando è morta sua madre lei non è mai andata a visitare la sua tomba. Barbara è una ragazza ostile e cocciuta, e, detto tra noi, non andiamo molto d’accordo. In realtà non andava d’accordo neanche con mia moglie. Per questo dubito fortemente che possa essere stata lei ad aver deposto quel fiore...” disse Houg.

“Forse suo figlio, allora?”

“Oh no, lui non esce di casa. L’unica volta è stata quando lo abbiamo ricoverato, un mese fa. È da più di un anno che non mette il naso fuori.”

“Quanti anni ha suo figlio?”

“Dodici anni.”

“E non va a scuola?”

“Tre volte alla settimana riceve delle lezioni private.” rispose prontamente Houg.

Mentre il banchiere si alzava per accendere un sigaro, Ernest estrasse dalla tasca il tarocco e lo poggiò sulla scrivania.

Houg lo prese in mano, lo guardò e poi chiese: “Che cos’è?”

“L’ho trovato insieme alla rosa sulla tomba di sua moglie.” disse Ernest.

Houg teneva la carta tra le mai, sembrava sbalordito.

“Che cosa vuol dire?” chiese di nuovo Houg.

“Una cosa sola, signor Houg. Chi ce lo ha messa conosce molto bene il significato di quella carta. Qualcuno qui a casa sa leggere i tarocchi?” chiese Ernest.

“No, no, nessuno” disse Houg, che poi continuò: “Tutto questo è assurdo. Qualcuno ha messo una carta con un simbolo di morte sulla tomba di mia moglie? Lei pensa che questo voglia dire che io e la mia famiglia siamo in pericolo ?”

“Non lo escludo, signor Houg.” rispose Ernest.

“Questo è un incubo, ed io vorrei uscirne il più presto possibile. Non ho paura per me, ma per i miei figli.” disse Houg .

Ernest diede uno sguardo all’orologio e disse: “ Si è fatto molto tardi, signor Houg. Roni ed io dobbiamo proprio andare. Domani mattina sarò nuovamente qui e ne parleremo ancora.”

“Va bene, vi accompagno alla porta.” disse Houg.

Scesero le scale e andarono verso il soggiorno.

Ernest si voltò ed il suo sguardo si posò sul ritratto di Margaret Houg. Per un attimo sentì i brividi lungo la schiena.

“A domani, allora.” disse Houg rivolgendosi ad Ernest appena arrivò alla porta.

“Si, signor Houg, sarò qui appena possibile.” rispose Ernest.

Houg salutò Roni, poi si girò nuovamente verso Ernest come se volesse dirgli qualcosa, ma poi cambiò idea e rientrò in casa.

I due amici partirono in silenzio e solo dopo un paio di chilometri Roni commentò: “È un bel mistero, non pensi?”

“Così sembra.” rispose Ernest.

“Io sono rimasto senza parole. È proprio un bel pasticcio. Non sarà tanto facile.”

“Si, lo so che non sarà facile, ma chi fa questi giochetti alla fine commetterà un errore ed io sarò pronto a metterlo con le spalle al muro.” rispose Ernest, che poi aggiunse: “Almeno spero.”

“Auguriamoci che tutto questo finisca al più presto e soprattutto che nessuno si faccia male.” disse Roni.

“Se è come penso io, è molto probabile che tutta questa storia finisca molto presto.”

“Non mi dire che hai già un sospetto?” domandò Roni.

“Forse.”

“Dai, non fare il misterioso, parla!” lo incoraggiò Roni.

“La figlia di Houg.”

“Che cosa c’entra lei?” chiese Roni stupito.

“Beh… prima di tutto, hai sentito cosa ha detto suo padre di lei? Che è una ragazza ostile e che non vanno molto d’accordo; secondo, nessuno ha visto il fantasma eccetto lei; terzo: hai notato anche tu la somiglianza con la madre, o no? Conclusione possibile: vuole fare un dispetto a suo padre e gioca a raccontare storie di fantasmi.”

“Mi dispiace, ma non mi convince questa versione perché: uno, il fantasma lo ha visto prima il fratello, che è pure stato ricoverato in ospedale per questo; due, è vero che è una ragazza ostile, ma mi sembra troppo inventare tutto questo solo per fare un dispetto al padre; tre, non capisco che cosa c’entri la somiglianza con sua madre.” chiarì Roni.

“Forse mi sbaglio. Il fatto è che sono stanco e poco lucido. Però nel suo racconto c’è qualcosa che non va. Non mi convince affatto.”

“Perché no?”

“Perché dice di avere visto il fantasma bene in faccia, ma anche noi eravamo nella cappella e siamo stati costretti ad usare una torcia elettrica per fare luce, o mi sbaglio?”

“Questo è vero.” rispose Roni.

“Allora, come ha fatto a vedere bene il viso, se la cappella era al buio? E poi, come fa a ricordare bene tutti i movimenti, se dice di averlo visto solo per pochi secondi?”

“Non lo so, Ernest. Sarà meglio che domani tu lo chiarisca direttamente con lei.”

“Certo, che lo farò.” rispose Ernest.

“Ma il pensiero che possa realmente essere un fantasma non ti sfiora nemmeno?” chiese Roni.

Il Fantasma Di Margaret Houg

Подняться наверх