Читать книгу Non Resta Che Ricominciare - Emmanuel Bodin, Emmanuel Bodin - Страница 10

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L’inverno arrivò di colpo su Parigi. In appena due ore la città si era ricoperta di una coltre bianca spessa diversi centimetri. Guardai dalla finestra i grossi fiocchi che si spandevano per la strada. Un quadro raffinato si stava magnificamente componendo. Un delicato candore copriva il più piccolo frammento di ogni cosa, come per ripulirli dalla sporcizia accumulata durante l’anno. Arriva poi il momento della rinascita degli oggetti che la neve ha imbiancato. Freschi e ordinati, puliti e rimessi a nuovo, sembrano ricoprirsi di una pelle nuova, pronti ad affrontare il nuovo anno. La neve ha questo magico potere di purificazione.

Per la prima volta, stavo per passare il Natale da sola. In Russia, questa festa è vissuta in modo diverso rispetto alla Francia. A causa del comunismo di un tempo, la festività era quasi scomparsa. Ai nostri giorni, forte della rinascita della religione ortodossa, le persone lo celebrano sempre di più. Il Natale, da noi, ricorre il 7 gennaio e lo festeggiamo generalmente tra amici. Non è considerata una festa molto importante. Ѐ a capodanno che ritroviamo i nostri cari - genitori, fratelli e sorelle – mentre in Francia, lo trascorriamo soprattutto con gli amici. Le due date, in qualche modo, sono invertite. In Russia, di solito non facciamo doni. Il regalo è per lo più simbolico e viene offerto durante il passaggio al nuovo anno. Non c’è quest’abitudine capitalistica. Perché aspettare necessariamente quel giorno per compiacere? Un gesto del cuore può essere compiuto in qualsiasi momento dell’anno, provando una sincera soddisfazione nel consegnare un pacchetto e contemplare la meraviglia della persona che lo riceve. Quando una data si impone come una chiamata al dono, questo atto non diventa insignificante? In qualche modo, si ritrova privo di ogni senso.

In Occidente, il Natale non è altro che un’operazione di marketing, processo consumistico, per far funzionare il sistema. Gli occidentali pensano solo al dono che riceveranno. Un tale desiderio può sembrare naturale per un bambino. Un adulto dovrebbe interrogarsi sulla natura del gesto. Abbiamo davvero bisogno di questa formalità? A volte in una follia di offerte, a colui che offrirà i regali più appariscenti, i più costosi, i più formidabili. Non è preferibile trovare in questo giorno un’occasione per riunirsi in famiglia? Dovremmo tutti prendere qualche giorno di vacanza in questo periodo e passarli vicino a coloro che ci sono cari. Nelle famiglie con rapporti allentati, perché non cogliere l’occasione per riavvicinarsi? Non diciamo che col passare del tempo le persone cambiano e si pentono del loro comportamento? L’orgoglio impedisce di afferrare le mani tese che potrebbero aiutarti a risolvere i problemi. Il Natale dovrebbe essere visto come una festa d’amore, riunificazione, condivisione e felicità… tra tutti!

Ho acceso il mio tablet e ho guardato le foto che vi erano caricate. Mi ricordavano quanto fossi vicina alle mie amiche al tempo delle nostre uscite ad Irkoutsk. Mi sono soffermata su un’immagine che mi faceva sorridere. Posavo insieme alle mie due migliori amiche che consideravo come due sorelle. Mi mancavano enormemente, soprattutto in questo periodo di fine anno e di solitudine. Quest’anno, avrebbero festeggiato il Natale solo in due. La terza, lontana settemila chilometri, lo avrebbe festeggiato da sola, abbandonata a sé stessa. In questa foto, sembriamo tre principesse. Quella a sinistra, sono io. Sono la più piccola di statura con il mio metro e settanta. Al centro si trova Irina che è alta circa un metro e settantatré ed è la più magra di tutte. A destra, c’è la mia migliore amica Lesya, vicino al metro e settantotto. Siamo allineate, ciascuna indossa un abito corto, provocante e i tacchi a spillo. Ci mettiamo in posa di profilo, il viso rivolto verso l’obiettivo, la mano sinistra sull’anca. Al braccio destro sono appese le nostre borsette. Siamo donne single, terribilmente sexy! Cerchiamo marito: quale preferite?

Questa foto ovviamente era una messa in scena per divertirci. Una di noi era già sposata. Questa immagine mi rievoca dei ricordi molto belli. Avevo ventun anni, avevo appena rotto con Dmitry e Franck aveva appena incontrato Sylwia… Le mie amiche volevano tirarmi su di morale. Qualunque sia la distanza e a qualunque l’età, non le potrò mai dimenticare. Per loro sarò sempre presente, ogni volta che avranno un problema io accorrerò immediatamente a confortarle! Vi adoro, mie fedeli amiche. Buon Natale a voi!

Nel primo pomeriggio, sono uscita a scoprire il manto bianco su Parigi. Mi infilai la mia calda giacca e presi l’ombrello per proteggermi dalla moltitudine di fiocchi. Il micro cosmo parigino si stava trasformando: la gente brontolava, sorpresa dall’improvvisa apparizione della neve. Si sentiva anche l’eco di grida euforiche, l’entusiasmo dei bambini meravigliati da ciò che la stagione offriva loro una sola volta all’anno, godevano della rarità di una Parigi innevata. La vita quotidiana era talmente disturbata che potevo facilmente comprendere che si maledicesse questo tempo. Proprio all’angolo della strada dove abitavo, un autobus di città aveva tamponato il davanti di un’auto. Non c’è dubbio che l’autista aveva perso il controllo scivolando dopo una frenata troppo tardiva. Attorno all’incidente, una folla si agitava. Guardando la carrozzeria dell’auto completamente schiacciata, un brivido di freddo glaciale scosse il mio corpo. Avevo visto che nessuno era ferito, eppure quest’immagine cosi reale si accompagnava ad una sensazione di disagio, sensazione che non provavo vedendo un incidente in un film in cui avevo la consapevolezza che era tutto finto. Un ingorgo si era già formato. Dietro l’autobus, le automobili erano bloccate. Un tentativo collettivo di retromarcia era stato messo in atto, mentre il conducente e l’automobilista redigevano il verbale dell’incidente. Chi suonava il clacson, chi pattinava e in aria volavano anche alcuni insulti. Per i bambini la neve è il paradiso. Per gli adulti la vita quotidiana si trasforma in un inferno. Fortunatamente, in me sonnecchia ancora un’anima di bambina, anche se devo accettare la mia condizione di donna indipendente. Ѐ impossibile rimanere totalmente una ragazzina. La vita ti colpisce e ti richiama all’ordine. Dobbiamo lavorare per vivere senza, il più delle volte, poterci concedere, la possibilità di trovare un lavoro o un’attività in linea con il nostro sviluppo individuale. Anche se alcuni riescono a conciliare le due cose, per la società capitalista questa non è una priorità. I soldi devono circolare, entrare da una parte, uscire dall’altra… lasciando, al passaggio, una scia di prestiti per l’eccessivo consumo. Nessuno si accontenta di risparmiare per acquistare in seguito ciò che gli fa piacere. Questo modo di procedere è tuttavia portatore di una reale gratificazione; un godimento integro. Invece, quando ci si ritrova coperti di debiti, a forza di offrirci “gingilli” o “aggeggi”, la vita può generare delle difficoltà insormontabili se un cambiamento brusco interviene dall’oggi al domani. Le porte della sfortuna si aprono per voi, provocando un grave dissesto economico… Non mi contraddiranno i clochard di Parigi, in costante aumento, che hanno perso tutto e di cui i poteri pubblici si disinteressano.

Più avanti, nel viale principale, il traffico non sembrava più incasinato. Del sale era stato sparso sulle strade e sui marciapiedi. Solo le vie più piccole subivano ancora l’umore variabile della stagione.

Mentre andavo verso la metro Montparnasse, incrociai dei giovani che invitavano i passanti a unirsi ai loro giochi. Avevano un impianto audio che diffondeva la musica con toni bassi. Si divertivano a scivolare sulla neve, e a effettuare acrobazie. Scattai alcune foto per conservare una traccia di questo momento, tuttavia, rifiutai la proposta di unirmi a loro.

Sono andata fino a Montmartre. Adoro questo quartiere romantico per le lunghe passeggiate degli innamorati. Questo luogo è per me pieno di ricordi. Era qui che Franck aveva organizzato il nostro primo appuntamento. Ѐ stato qui che mi ha sedotta e conquistata. Un po’ più lontano c’era il parco delle collinette Chaumont, che era stato il teatro dei nostri deliziosi momenti di passione.

In mancanza di un uomo galante, decisi di fare una passeggiata da sola sulla strada innevata.

Malgrado le cadute che sopraggiungevano frequentemente, si rialzavano coraggiosamente per tentare una nuova discesa. Ho immortalato questi momenti felici e cominciavo a prendere gusto per la magia della fotografia. Mentre contemplavo le immagini che avevo scattato, ho capito ciò che Franck aveva tanto amato in quest’arte: questo sguardo osservatore, voyeur, ladro di intimità. Scatta al momento giusto e non un secondo dopo perché faresti solo una brutta foto.

Più l’arte è personale, più cela ricchezze. Si allontana così dall’oggetto da fagocitare, oggetto che vivrà solo per un tempo limitato prima di essere condannato all’oblio.

Ho immortalato il Sacro-Cuore ricoperto dal suo manto immacolato, poi ho preso la direzione del parco. Partendo da qui, mi restava circa un’ora di cammino per arrivarci. Bisogna essere un po’ pazzi per decidere di percorrere questa distanza con un tempo simile. Almeno, avrei avuto molte cose da contemplare e tutta una serie di comportamenti umani da osservare, pensai.

C’erano dei venditori di castagne che si riscaldavano le mani, al caldo del fuoco che si liberava da una stufa rialzata su un carrello del supermercato certamente rubato.

I mercanti, come fuggitivi, dovevano nascondersi alla minima apparizione di un poliziotto. Per colpa di un lavoro in nero da cui lo Stato – questa vacca grassa che bisogna nutrire – non trae alcun profitto.

Appena misi piede nel parco, l’impressione di trovarmi nel mezzo di un paesaggio da cartolina mi invase. Ebbi come la sensazione di non trovarmi più a Parigi. Un velo chiaro ricopriva leggermente gli alberi senza oscurare completamente la corteccia naturalmente scura. Nelle foto che scattavo, il bianco dominava, invadeva, contrastava e tappezzava ogni centimetro quadrato di prato o di ghiaia. Questa mescolanza di bianco e nero dava una forza ed un equilibrio all’insieme, quasi a ricordare l’ineluttabile dualità che guida le nostre vite e il mondo. La foto porta in sé una risposta: per compensare anche il minimo male, il bene deve prevalere. La moltitudine di fiocchi offriva un tocco di grigio che nascondeva gli edifici sullo sfondo e sembrava suggerire che nulla era tutto chiaro o scuro, le due tinte dovevano completarsi l’un l’altro per esistere. Al tempo stesso ombre tristi, universi morti, colori opachi, ma la visione assomigliava a un vero capolavoro di composizione.

I bambini si divertivano sotto lo sguardo benevolo dei loro genitori. I più grandi modellavano pupazzi di neve, mentre i più piccoli guardavano la polvere bianca sulle loro mani schiacciarsi e dissolversi a contatto con la pelle. Stavo ancora scattando istantanee di tutti quei momenti quotidiani.

Alcuni percorsi erano proibiti. Altri erano stati delimitati. Alcune affissioni segnalavano un pericolo potenziale superando la demarcazione. Non potendo avventurarmi nei meandri del parco, decisi di tornare a casa. Questa uscita mi ha permesso di sensibilizzarmi alla fotografia. Forse ci saranno delle belle sorprese? In caso contrario, almeno, mi sono divertita, senza soffermarmi troppo sul passato.

Una volta al caldo, ho trasferito le immagini sul mio tablet. Le ho guardate una ad una con attenzione e cancellato quelle che mi sembravano venute male, poco chiare o sfocate. Constatai che avevo molto da imparare. Ovviamente, non ero una professionista.

Per Natale, ho inviato una email a Franck. Gli auguravo di passare delle piacevoli feste in famiglia. In questo periodo, andava generalmente dai suoi genitori, accompagnato da suo figlio. Ancora una volta non ricevetti alcuna risposta. Non ha nemmeno sentito il bisogno di ringraziarmi, mentre negli anni precedenti avevamo scambiato qualche parola. Da quando Franck mi sapeva in Francia, agiva come se stesse cercando di rendersi impenetrabile a qualsiasi mio tentativo di intromissione nella sua vita privata. Sylwia certamente aveva avuto un ruolo in questa presa di distanza. Dal momento che non voleva scrivermi, spettava a me comportarmi cosi finché non si sarebbe degnato di darmi sue notizie. Ben triste speranza è quella di cercare di riconquistare un ex che abbiamo volontariamente abbandonato lasciandolo affranto.

Ho ricevuto notizie da Franck nel mese di gennaio. Mi augurava un felice anno nuovo e mi ha detto che la sua storia con Sylvia si era conclusa pochi giorni prima di Natale. La mia insistente presa di contatto aveva accelerato la loro rottura e riacceso in lui il desiderio di rivedermi. Tuttavia, s’interrogava, si faceva molte domande, temendo persino l’incontro. La magia di un tempo risplenderà ancora? L’ansia era per me altrettanto grande, ma il desiderio ha preso il sopravvento. Alla fine del messaggio, mi domandava dove e quando…? Cosa potevo rispondergli dopo che mi aveva messo davanti un muro di indifferenza? Avevo pensato di programmare la mia vita in modo diverso. Ed ecco che si ripresentava…

Prima di fissare un appuntamento, ho preferito discuterne con i miei colleghi. Avevano opinioni piuttosto divergenti, mi raccomandavano di ignorarlo o di lasciarlo languire nello stesso modo in cui si era comportato con me. Un altro mi consigliò di provarci, sostenendo che questo appuntamento era forse la mia occasione. Erano confusi come me e alla fine non mi furono d’aiuto. Dal mio arrivo in Francia, non c’era stato nessun uomo nella mia vita. Avevo solo pensato a lui. Ho quindi accettato di vederci. Nel messaggio seguente, mi offriva una cena al ristorante. Ha confessato che voleva «chiarire la situazione tra di noi». Non ho affatto colto il significato di questa frase. Cosa dovremmo chiarire? Ci piacciamo ancora? L’incantesimo funzionerà ancora? Sentivo che il nostro incontro non aveva necessariamente una prospettiva felice.

Avevamo fissato un appuntamento per il prossimo venerdì: Ore diciannove alla stazione della metro George V, proprio nel mezzo del viale degli Champs-Elysees... Visto il sorprendente lusso di questo quartiere, mi chiedevo in che genere di posto aveva deciso di portarmi.

Sono arrivata con dieci minuti di ritardo. Vidi Franck che aspettava paziente, in piedi proprio davanti all’uscita. Stava osservando svogliatamente i passanti. Al mio apparire, un sorriso gli illuminò il viso. Alzò un braccio, per farsi notare. Pensava che non l’avessi riconosciuto? Il mio sguardo si era istintivamente aggrappato a lui, nel mezzo della marea umana. Non era cambiato molto. I suoi capelli erano ancora tagliati corti. Cominciavano a diventare grigi sulle tempie, cosa che gli donava un certo fascino. La sua faccia mi trasmetteva una sensazione di fiducia. Mi sembrava più sereno, più posato. Era vestito in modo semplice ed elegante. Indossava derbys marrone, jeans scoloriti e una giacca grigia antracite in cui le mani avevano trovato rifugio nelle tasche laterali. Io, ero vestita in modo un po’ più sofisticato per la stagione. Indossavo un cappotto nero che arrivava a metà coscia, sotto indossavo un vestito invernale a maniche lunghe estremamente aderente. Le mie gambe erano coperte da un collant polare brunito e i miei piedi con scarpe col tacco alto.

Mi sono avvicinata con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Mi guardò dalla testa ai piedi. Dopo il saluto di cortesia, disse la sua prima frase: «Sei sempre così elegante.» Poi ci siamo scambiati un bacio su ciascuna guancia. Mi trovava cambiata, con un aspetto ancora più femminile. Lo ringraziai; sapevo che aveva ragione, pensavo la stessa cosa. Gli afferrai il braccio destro e lo abbracciai forte e teneramente. Osservavo Franck. Fisicamente, anche lui mi piaceva di più. Non portava più il pizzetto. Questo aspetto più essenziale gli conferiva un ulteriore fascino, innegabile.

Le sue braccia finalmente mi abbracciarono. La serata si annunciava meravigliosa.

Gli chiesi se il ristorante si trovasse nelle vicinanze.

«Non lontano, ma siamo un po’ in anticipo», rispose.

Aveva programmato d’incontrarci con grande anticipo tenendo conto di un mio eventuale ritardo. L’avevo abituato ad aspettare ben più di dieci minuti. La prenotazione era fissata per le venti. Avevamo circa tre quarti d’ora prima di andare a cena. Potevo così godere della sua compagnia. Ero rannicchiata contro il suo braccio e mi aggrappai ad esso con fervore, come se avessi paura di perderlo. Nonostante il freddo invernale, mi sentivo bene, privilegiata. L’impressione che stavo per vivere di nuovo mi travolse.

Da anni non avevo più provato questo sentimento di allegra euforia. Il piacere di stare vicino a quest’uomo e non a un altro. È questo che fa la differenza. Negli ultimi anni ho avuto molti compagni. Eppure quel bagliore nei miei occhi mancava, quella scintilla magica che vi rende felici e che vi regala uno sguardo nuovo per riscoprire il mondo.

Saltavamo sopra le pozzanghere ghiacciate, aggirando i resti di mucchi di neve sciolta. Ridevamo a crepapelle. Non c’era più ombra di dubbio, incarnava una sorta di ideale di cui avevo bisogno nella vita. L’avevo ritrovato da soli cinque minuti e mi sembrava di essere resuscitata. Al suo fianco, mi trasformavo in una bambina che sorrideva scioccamente e si divertiva con tutto e niente contemporaneamente. Questo mondo adulto che cominciavo a non apprezzare troppo, potevo permettermi di abbandonarlo temporaneamente. Sarei cresciuta come una bambina o un’adulta frustrata? Quella sera era diventata un momento propizio per decisioni importanti, quelle che possono ridisegnare i confini del futuro. Lui, cosa voleva chiarire?

Dopo una trentina di minuti, siamo tornati sul viale degli Champs-Elysées e abbiamo preso un vicolo a senso unico che ci ha portato in un ristorante asiatico circondato da due edifici moderni. L’ingresso era pulito e ci invitava ad attraversare la soglia passando sotto un piccolo paifang, una specie di arco tradizionale cinese, sostenuto a destra e a sinistra da due teste di drago. Un’illuminazione fatta di luci gialle e blu calamitava gli occhi. L’invito era chiaramente esposto: dietro questa porta, un cambio di scenario attendeva i visitatori. E che sorpresa! Vi era un enorme acquario piatto e smaltato, illuminato da ogni lato.

Un tavolo era riservato per noi. Un cameriere ci ha accompagnato lì. Il ristorante sembrava particolarmente popolare. Non riuscivo a distinguere nessun posto libero.

Avanzai timidamente sulle prime piastrelle di vetro, la faccia gioiosa. Mi sentivo come se stessi camminando sull’acqua. I pesci brillavano; riflettevano le differenti sorgenti di luci azzurrognole.

Dopo essersi tolto il cappotto, vidi che Franck indossava un maglione di cachemire. Adoro la morbidezza di questa lana e lui sembrava essersene ricordato. Un giorno si era messo un maglione simile. Ricordo molto bene quel giorno, dato che mi aveva regalato un enorme mazzo di rose bianche e rosse. Il tempo era bello quel giorno, anche se piuttosto instabile. Un vento leggero soffiava, e Franck non voleva rischiare di prendere freddo. Anche quella sera, eravamo andati a mangiare in un ristorante, un giapponese. Quando mi ero rannicchiata fra le sue braccia, avevo potuto apprezzare la finezza del maglione. Era così soffice e caldo che non riuscivo a smettere di accarezzarlo! Sagomava perfettamente il suo torace.

Questo maglione era simile a quello che indossava quel giorno e io glielo dissi. Un ampio sorriso gli si disegnò sul viso che irradiava bontà. Sono sicura che in quel momento dei ricordi gli erano tornati in mente.

«Questo è ancora più caldo e sempre molto soffice», disse, come un invito a passare le mie mani sul suo petto.

Non avevamo ancora consultato il menu che una cameriera venne a prendere la nostra ordinazione. Vedendoci ancora indecisi, si eclissò rapidamente verso un altro tavolo. Cinque minuti dopo, era già di ritorno. Questa giovane donna non sembrava felice. La tristezza era dipinta sul suo viso, non ci rivolse neppure un sorriso limitandosi ad annotare il nostro pasto sul suo taccuino, come un robot adibito a questo compito.

La nostra prima portata arrivò rapidamente, accompagnata da una bottiglia di rosé. Mi piaceva il rumore dell’acqua che scorreva da alcune fontane vicine. Mascherava in modo discreto le conversazioni dei clienti. I tavoli non erano distanti e potevamo facilmente seguire i discorsi dei nostri vicini. Guardavo dei grossi pesci rossi passare sotto i miei piedi, e delle carpe. Un po’ più lontano, in una piscina, c’erano delle tartarughe. In mezzo a questa fauna acquatica, c’era un pesce che mi interessava particolarmente; era davanti a me! Che tipo di pesce può essere, Franck? Uno squalo? No, certamente no. Un delfino? Un piccolo pesce rosso? Un piranha? Nooo! Impossibile identificare una specie che corrispondesse ad esso, deve essere unico, una specie a parte, rara e preziosa. Franck mi stava osservando, delicatamente, sorridendo teneramente. Il mio sguardo completamente immerso nel suo. Mi fissò, con la testa tra le mani, i gomiti sul tavolo, come se fosse affascinato. Sbattei le palpebre più volte e gli chiesi di spiegare cosa gli stesse succedendo.

«Non sei cambiata... Sei come una bambina.»

Gli chiesi di spiegarmi il motivo per cui pensasse ciò.

Mi rispose che mi trovava irrequieta: scrutavo da tutte le parti, contemplavo ogni pesce, mi comportavo come una bambina, a quanto pare.

«Sei meravigliosa. Rimani sempre così!» aggiunse.

Franck mi riempì un secondo bicchiere di vino e, come se nulla fosse, mi chiese qualcosa di molto indiscreto: «Con quanti uomini sei stata a letto dalla nostra separazione?»

Una domanda che vi fulmina all’istante, inaspettata, malriposta, scioccante, persino irritante. Cosa rispondergli? Anche lui deve essere andato a letto con parecchie donne. Preferii abilmente rivolgergli la stessa domanda per evitare di trovarmi in una situazione imbarazzante.

Franck mi raccontò brevemente di aver frequentato due donne prima di incontrare Sylwia. Non potevo fargli una lista delle mie precedenti relazioni. Avrebbe percepito una brutta immagine di me. Inoltre, queste relazioni, o meglio queste esperienze, non avevano alcuna importanza, tranne che per una o due.

«Ascolta Frank, preferisco non risponderti. Non te la prendere a male, ma ho fatto tanti brutti incontri. Uomini che mi hanno fatto credere di amarmi. Il loro numero non ha molta importanza. Ciò che importa è ora, siamo noi, il presente, il ritrovarsi, non è vero?»

Franck scosse la testa, come una molla che si dondola con lo sguardo perso nel vuoto, verso il centro del tavolo.

«Pensi male di me adesso, giusto?» Franck mi guardò con aria perplessa: «Male? Perché dovrei pensare male di te? Sono solo deluso da questa risposta che nasconde qualcosa di poco affascinante. Avrei preferito non sentirlo.

– Allora, perché me lo chiedi? Ci siamo incontrati, ci siamo allontanati, io ho fatto la mia vita e tu hai fatto la tua. Ecco! Le nostre storie sono finite.

Oggi siamo qui, stiamo cenando insieme al ristorante. Se mi avessi appena incontrata, non mi avresti mai fatto quella domanda e non ti sarebbe importato della risposta. Penseresti solo a noi e a un possibile futuro insieme. O forse vuoi solo portarmi a letto, come tanti altri! Quindi, non giudicarmi male, ti prego.

– Sai Sveta, mi hai deluso molto quando mi hai escluso dalla tua vita. Ti amavo, ti volevo al mio fianco...

– Ma ero giovane e molto ingenua, ancora

immatura.

Non potevo rinunciare a tutto per te Franck, renditene conto!

– La gioventù non è una scusa per tutto. Le donne sono molto serie a vent’anni. Tu, mi hai abbandonato.

– Mi dispiace. Non volevo che tu soffrissi. Se così fosse, non saremmo nemmeno più insieme. Ho vissuto e so cosa non voglio più.

– Adesso, so cosa voglio.

– Anch’io, lo so adesso!»

Franck stava terminando di mangiare la sua anatra con il basilico. Sembrava preoccupato e deluso.

Per dessert, prendemmo una coppa di frutta esotica. Il piatto era abbondante e delizioso. Lentamente, Franck mi interrogò di nuovo. Mi chiese del mio attuale lavoro e dei nuovi ragazzi che avevo conosciuto dal mio arrivo. Su questo punto, lo rassicurai spiegandogli che pensavo soprattutto a lui. Anche se la mia risposta lo sorprese, il suo sorriso sembrò ridisegnarsi.

Al momento di pagare il conto, volevo offrire io. Franck rifiutò con insistenza e diede la sua carta di credito alla cameriera che poco dopo ritornò con il terminale di pagamento elettronico e portatile.

Fuori, Franck mi stringeva la mano. Camminammo come due amanti lungo l’Avenue des Champs-Elysees fino a Place de la Concorde. Sembrava aver abbandonato la nostra conversazione della cena. Mi faceva ancora domande sulla mia vita attuale. Era anche curioso di scoprire cosa fosse successo a mia sorella e ai miei genitori. Mi parlò della sua famiglia e di suo figlio che gli procurava un immenso orgoglio.

Arrivati in piazza, mi ha proposto di prendere la metropolitana per Montparnasse. Accettai. Cominciavo seriamente a chiedermi se stesse per baciarmi. Il primo bacio è certamente il più delicato da dare, ma adesso, mi sapeva già completamente conquistata. Non vedevo alcun motivo per mostrarsi timido. Avevamo già condiviso questa dolcezza in passato.

Non Resta Che Ricominciare

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