Читать книгу Il Fiume Di Gennaio - Enrico Tasca - Страница 7

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A molti chilometri di distanza l'account executive Davide Lamberti, in missione a Londra per conto della sua agenzia, stava gustando una birra doppio malto al Windsor Castle, uno dei più famosi e antichi Pub di Kensigton. L’atmosfera era quella tipica dei pub inglesi di una volta. Aveva ordinato Sausage and mustard mash, uno dei piatti tipici del locale. Era sera, aveva appena finito il suo lavoro lasciando tutti soddisfatti, e si sentiva euforico.

Se fosse riuscito ad andare a dormire presto magari avrebbe potuto prendere un volo di prima mattina per Malpensa, dove aveva lasciato il suo SUV. Non aveva ancora deciso se aspettare Beatriz, in arrivo da São Paulo in tarda mattinata. Si sarebbe posto il problema l’indomani. Adesso voleva rilassarsi, pensò mentre assaporava le sue salsicce di maiale con puré di patate. Stava ordinando un’altra birra quando si accorse della bionda che lo stava fissando. Era piuttosto prosperosa, una bonazza, come si diceva dalle sue parti. Aveva l’aria leggermente alticcia, ma non abbastanza da renderla sgradevole, tutt’altro. Emanava una certa sensualità, un po’ insolita per una inglese e comunque anche lui di birre se ne era fatte parecchie e pensava di finire la cena con un bel whisky di malto. D’altra parte quale luogo migliore per gustare una delle sue marche preferite?

Decise di avvicinarsi alla bionda e offrirle da bere.

Raramente gli era successo che filasse tutto liscio, di solito lo mandavano a quel paese o facevano le difficili o giocavano per un po’ prima di accettare. La donna invece non aspettava altro, accettò volentieri il drink e iniziò a parlare con una inflessione che Davide non seppe riconoscere.

Il suo inglese era discreto, riusciva a distinguere l’accento americano da quello inglese o lo scozzese dal cockney, il dialetto parlato a Londra, ma in questo caso non riusciva a classificare la sua interlocutrice. La donna, che doveva avere una quarantina d’anni o poco meno, disse di chiamarsi Caren o qualcosa di simile, di essere gallese e di essere titolare di una Real Estate, un’agenzia immobiliare. Era venuta a Londra per concludere una vendita e sarebbe dovuta andare a dormire da un’amica che viveva a Chelsea, ma non ne aveva molta voglia perché si sarebbe trovata in una situazione imbarazzante. L’amica stava con un tizio che non era neppure tanto simpatico ed a Caren non andava di fare il terzo incomodo. Mancava solo che gli dicesse che numero di scarpe portava – pensò Davide – e poi il quadro era completo.

Quasi senza accorgersene si trovarono a passeggiare nella neve che stava cadendo abbondantemente, nella inutile speranza di trovare un taxi libero. La ragazza aveva un cappottino striminzito che copriva a malapena le sue grandi tette e una minigonna che le lasciava le gambe scoperte. Trascinava un borsone che aveva l'aria di essere piuttosto pesante e Davide, che si chiedeva come facesse la ragazza a non sentire freddo, si offrì di portarlo. Lui indossava un piumino termico ultra moderno e stava appena bene così.

Se Caren fosse stata più sobria e avesse ragionato con razionalità probabilmente non avrebbe accettato l’invito di quell’italiano sconosciuto. Le sembrava però una persona a posto, non certo un maniaco ed era da parecchio tempo che lei non aveva rapporti sessuali. Aveva divorziato un paio di anni prima, non aveva figli e aveva quindi concentrato tutte le sue energie sul lavoro. Una piccola pazzia non avrebbe certo cambiato la sua vita.

La prime cose che aveva notato dell’italiano erano i capelli un po’ lunghi, neri, lisci e ben curati, l’eleganza e il suo modo di ridere: un ragazzo affascinante, ben diverso da quelli che conosceva nella sua città, che pensavano solo a ubriacarsi il sabato sera ed a parlare di sport.

Prima del previsto si ritrovarono in un’elegante stanza d’albergo, piccola ma ben ristrutturata e con un bel letto matrimoniale. Infreddoliti e stanchi si buttarono sul piumone come due naufraghi sfuggiti a una tempesta e sbattuti dalle onde su una spiaggia tropicale. Si baciarono con avidità. Si tolsero i vestiti velocemente. Caren sembrava una statua di marmo, bianca come il latte e con due seni che il reggiseno, anch’esso bianco, sosteneva a stento. Quando se lo tolse Davide rimase come abbagliato. Pensava ai sogni erotici della sua adolescenza, e avrebbe voluto affondare il suo viso in quelle montagne di carne, tornare neonato e farsi allattare da questa balia dagli occhi azzurri. Caren percepì l’eccitazione del suo partner occasionale, ne intuì il desiderio e si chinò su di lui, che la assecondò felice.

Lui pose una mano tra le cosce di lei, che si stavano inumidendo, alla ricerca dell'origine della vita, della sorgente da cui sgorgano tutti i piaceri del mondo. Da perfetti sconosciuti, forse aiutati dalla capacità disinibente dell’alcol, si esplorarono a vicenda, si accarezzarono, si toccarono nelle zone più nascoste alla ricerca di un godimento quasi tragico. Si spalancarono le porte del castello magico dove tutto è permesso e tutto è possibile, senza inibizioni o timidezze di sorta. Cavalcarono insieme attraverso le praterie del desiderio fino all’estremo, finché la spossatezza non li fece crollare in un sonno liberatore, nel completo abbandono del corpo e della mente.

Alle prime luci dell’alba, Davide si svegliò cercando inutilmente Caren al suo fianco. Sul comodino c'era un biglietto: “É stato bello, grazie. Non lo dimenticherò. Devo prendere un treno e non voglio svegliarti. Bye.” Non aveva lasciato un numero di telefono, probabilmente era sposata - pensò Davide – e temeva che lui avrebbe tentato in seguito di contattarla. Comunque aveva ragione, era stato veramente bello e l’idea che non l’avrebbe più rivista lo rattristò. Ma era talmente stanco, dopo la notte d'amore e le abbondanti libagioni, che si riaddormentò come un sasso.

Sul voloTP0074 intanto la maggior parte dei passeggeri dormiva. A parte Estela che non aveva mai neppur cambiato posizione, anche Federico e Beatriz si erano finalmente appisolati. L’aereo aveva raggiunto la quota massima di 10.700 metri e una velocità di quasi 900 km/h. I venti contrari avevano rallentato il volo per alcuni tratti e il comandante aveva previsto che sarebbero riusciti a recuperare il ritardo solo parzialmente.

L’annuncio della colazione svegliò tutti. Qualche passeggero corse in bagno, qualcuno si alzò per sgranchirsi le gambe, qualcun altro si affacciò al finestrino nella speranza di riuscire a vedere qualcosa, ma l’Airbus stava sorvolando l’oceano atlantico e il cielo era ancora scuro.

Dei tre vicini di poltrona, Estela era indubbiamente quella più sveglia. Cominciò a parlare, un po’ in portoghese e un po’ in italiano. Prese di mira soprattutto Federico, le interessava anche dal punto di vista professionale, sperava magari di farsi fare un bel book fotografico, visto che il suo ormai era un po’ invecchiato. A mente fresca le era venuto in mente che effettivamente l’aveva conosciuto durante una campagna pubblicitaria per una ditta di abbigliamento, ma in quell’occasione tra modelli e modelle erano una ventina e Federico non avrebbe potuto ricordare tutti. Si chiese se avesse un sito e si ripromise di controllarlo appena avesse avuto accesso a Internet. A parte le sue indubbie capacità professionali era comunque un tipo simpatico e le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio. Avevano parlato poco, lei era troppo stanca, ma ora avrebbero fatto sosta a Lisbona e ne avrebbe approfittato per fare un po’ di conversazione. Sul volo Lisbona Malpensa avrebbero avuto sicuramente altri posti e poi non si sarebbero più visti.

Si decise quindi a chiedere al suo vicino se, una volta tornati a Milano, sarebbe stato disponibile a farle un book fotografico. La domanda colse Federico di sorpresa. In genere di queste cose si occupava la sua collaboratrice, Lorena, che curava anche il ritocco delle foto, oltre all’archivio. Lui teneva i contatti diretti con le Agenzie di pubblicità, che erano poi quelle che gli permettevano di campare più che dignitosamente.

«Ne possiamo parlare a Lisbona» rispose «poi ti do il mio biglietto che ho lasciato nel trolley.»

«Ci terrei proprio» continuò Estela senza immaginare che la sua esuberanza poteva magari non essere apprezzata da tutti «e magari potresti fare qualche foto anche a Beatriz.»

La paulistana arrossì impercettibilmente. Se c’era una cosa che detestava era quella di esporsi, di farsi notare. Figuriamoci se si sarebbe fatta fare delle foto! Anche se per Federico cominciava a provare una certa simpatia che sperava fosse reciproca, non si vedeva proprio a posare sotto i riflettori. Si sarebbe vergognata troppo. Fece quindi finta di niente e evitò di intervenire.

Anche Federico evitò di rispondere; intuendo l’imbarazzo della biondina cambiò discorso.

«Appena arrivati a Lisbona faremmo bene a informarci se l’aeroporto di Malpensa è funzionante. Ho un amico che lavora lì. Posso provare a rintracciarlo appena siamo a terra.»

«Finché non atterriamo non riusciamo a sapere niente, tanto vale metterci l'animo in pace» rispose Estela «io non ho problemi, posso anche fermarmi a Lisbona.»

Beatriz continuava a tacere. Federico aveva capito la sua preoccupazione e cercava di consolarla.

«Senti Beatriz» disse passando al tu «ci conosciamo appena, ma ti voglio aiutare comunque. Se Milano chiude per la neve c'è sempre Bergamo e se, come credo, fosse chiuso anche Bergamo, ci sono due possibilità, Genova o Nizza.

In entrambi i casi posso affittare una macchina e arrivare a Milano in un'ora o due. Non ti preoccupare, troveremo una soluzione.»

Beatriz avrebbe abbracciato Federico senza vergognarsi. L'idea che un estraneo, una persona conosciuta da poche ore, potesse occuparsi di lei, la faceva commuovere. Forse Federico le ricordava suo padre, ma no, il paragone non funzionava. Federico aveva un modo di fare molto giovanile e non doveva essere poi così vecchio. Difficile indovinarne l'età. Si riprometteva di chiederglielo prima o poi, appena entrata un po' più in confidenza.

La colazione non fu all'altezza della cena, ma forse i tre passeggeri della fila 18 avevano altri pensieri per la testa. Dopo una mezz'ora circa una dolce voce femminile, che riusciva a far diventare aggraziato anche il portoghese parlato in Portogallo, annunciò che era iniziata la discesa verso l'aeroporto Portela di Lisbona. Pregava di allacciare le cinture, di non dimenticare alcun oggetto e di rivolgersi al personale della TAP per eventuali coincidenze.

La parola "Portela" suscitò in Federico un mare di ricordi. Con Luma una volta avevano sfilato proprio nella Portela, una delle scuole di samba più famose di Rio. Si era divertito come un pazzo, anche se non avevano vinto. Sfilare nel sambodromo tra due ali di folla acclamante era stata un'esperienza indimenticabile. Cosa avrebbe dato per poter tornare indietro nel tempo, rivivere anche una sola giornata di quell'epoca felice! Un' ombra di tristezza offuscò per un attimo la sua mente. L'impatto dell'aereo con il terreno lo fece tornare nella realtà. Avevano finalmente raggiunto la prima e più lunga tappa del viaggio.

Appena in aeroporto videro un cartello che invitava i passeggeri in transito per il nord Europa a ritirare i bagagli. Federico chiese ad un addetto dell'aeroporto se Malpensa era chiusa per la neve ed ebbe la conferma che tutti i voli erano cancellati. Un fronte freddo in arrivo dalla Siberia stava paralizzando mezza Europa. Era evidente che regnava una confusione generale ed era meglio cercare almeno di recuperare le valige, cosa che fecero in tempi brevi. Pensando alle lunghe attese di Malpensa, Federico si rese conto che anche il piccolo Portogallo, considerato uno dei fanalini di coda dell'Europa, almeno in questo riusciva a battere l'Italia. Una bella consolazione. Con i bagagli al seguito cercarono un banco della TAP per decidere cosa fare. Estela era combattuta tra restare ed approfittare della sosta forzata per andare a trovare la sua amica e visitare Lisbona oppure seguire gli altri due nella buona o nella cattiva sorte. Alla fine pensò che non poteva autoinvitarsi a casa dell'amica senza preavviso ed erano quasi le 7 ora locale, quindi troppo presto per telefonarle e poi in fondo non le importava di vedere Lisbona. Avrebbe avuto altre occasioni.

Il tempo intanto passava e Beatriz stava evidentemente sulle spine: si era attaccata a Federico come una patella su uno scoglio. D'altra parte a cos'altro servivano gli uomini se non a darsi da fare in occasioni come questa?

Federico aveva chiamato il suo amico a Malpensa. Non l'aveva trovato, ma un collega lo aveva informato che sia Malpensa e Linate che Orio al Serio, l'aeroporto di Bergamo, erano chiusi per una tempesta di neve mai vista a memoria d'uomo.

Agli sportelli dell'aeroporto li avevano messi in lista d'attesa sui voli di altre compagnie sia per Genova che Nizza, ma avevano precisato che c'erano scarse possibilità, considerata la situazione di emergenza. Intanto il tempo passava, in Italia erano già le nove del mattino.

Il suono di un sms in arrivo sul cellulare di Beatriz fu sentito da tutti come se fosse stato un allarme o una sirena dei pompieri. Il viso della biondina si illuminò in un sorriso che mostrava due file di denti bianchi e ben curati e, senza rendersene conto urlò: «Hanno cancellato la riunione a causa della neve! Mi ha avvisato un collega dopo aver parlato con il Direttore della Filiale.»

Come per incanto l'atmosfera si rasserenò, diventarono tutti euforici e come liberati da un incubo. Estela, ma ancor più Federico, si erano immedesimati nella ragazza di São Paulo a tal punto che la sua preoccupazione era diventata anche la loro. Decisero di festeggiare andando al bar. Federico pagò per tutti.

L'aeroporto di Lisbona, che prende il nome dalla vicina cittadina Portela de Sacavém, è molto confortevole e moderno. É collegato al centro della città con la metropolitana, la linha vermelha, e per un attimo a Federico venne in mente che magari potevano fare un giro veloce per la città. C'era però il problema delle valigie, del controllo passaporti, della dogana, poi era opportuno restare pronti nel caso si fosse liberato qualche posto nei voli del mattino. Quindi non lo propose neppure alle ragazze. Si sedettero su delle poltroncine preparandosi ad una lunga attesa.

Ad un certo punto Estela chiese a Federico se aveva la macchina fotografica con sé.

«Certo - rispose Federico - non mi separo mai dalla mia Fujifilm X100: ce l'ho nel trolley.»

Detto fatto Federico cominciò a scattare qualche foto delle brasiliane. Si vedeva che Estela era abituata all'obiettivo delle fotocamere, mentre Beatriz non collaborava tanto. O teneva gli occhi chiusi o faceva facce strane. Insomma farle delle foto decenti avrebbe richiesto tempo e pazienza.

A un certo punto Estela chiese a un passante se poteva fare una foto a tutti e tre con il suo cellulare e fu così che si cominciò a parlare di fotografie. Federico mostrò alcuni dei suoi scatti meglio riusciti che conservava sul tablet e le ragazze rimasero impressionate dalla sua bravura. Le immagini riuscivano a trasmettere delle storie, arrivavano dritte al cuore.

Fu allora che Estela volle mostrare le sue foto, ignara che il suo gesto avrebbe scatenato una vera catastrofe.

«Questa è la mia amica Elza, qui siamo insieme a Botafogo, questa sono io sul lago di Como con il mio ragazzo Dado.»

A Beatriz non interessava affatto guardare le foto di Estela, ma per educazione buttò un occhio sullo smartphone di quella che cominciava a considerare più di una conoscenza occasionale. Federico stava osservando Beatriz e la vide sbiancare di colpo, mentre osservava più da vicino la foto di quel bel ragazzo dai capelli neri e lisci. Se la voce non le fosse rimasta in gola avrebbe probabilmente cacciato un urlo.

Cominciò a piangere sommessamente e tutti se ne chiesero il motivo.

«Conosci quel ragazzo?» chiese Federico che aveva cominciato ad intuire la verità «come si chiama?»

«Si chiama Davide» rispose Beatriz continuando a singhiozzare «è il mio fidanzato.»

Estela, che in genere era piuttosto veloce a capire le cose, in quel frangente non afferrò subito che il suo Dado altri non era che Davide. Appena si rese conto della situazione si limitò ad esclamare filho da puta e non disse altro. Cercava di pensare. Forse poteva cavare gli occhi a quella paulistana che le aveva rubato l'innamorato, ma forse poteva anche non essere colpa sua.

La tensione si poteva tagliare con un coltello. Dall'allegria per la notizia della riunione rinviata si era passati ad una tragedia da teatro greco. Federico avrebbe voluto consolare le due ragazze, ma preferì tacere, anche perché non avrebbe trovato parole adatte.

Beatriz aveva smesso di piangere e vinta ogni forma di timidezza cominciò a tempestare Estela di domande, usando la sua lingua madre: «Si può sapere quando l'hai conosciuto, da quanto tempo vi frequentate? Non hai mai avuto il sospetto che facesse una doppia vita, quel bastardo?»

Estela aveva la testa in confusione totale. Era abituata a diffidare degli uomini, ricordava ancora quello che Giulio le aveva fatto, ma Dado le era sembrato diverso, sembrava così innamorato!

«Mi parli come se fossi io che ti ho rubato il ragazzo» sbottò «ma forse è vero il contrario!»

A quel punto, vedendo che l'atmosfera si stava surriscaldando Federico decise di intervenire.

«Sentite ragazze, mi sembra inutile che litighiate cercando di darvi reciprocamente la colpa di quello che è successo. Mi pare che l'unica colpa ce l'abbia questo Dado o Davide che dir si voglia, che vi ha ingannato per tutto questo tempo. Siamo poi sicuri che sia la stessa persona? Beatriz forse non hai visto bene la foto!»

«Senti signor fotografo, non ti impicciare! Dado è il diminutivo di Davide, ma a me non piaceva chiamarlo così e la vista ce l'ho ottima. Certo che è lui, fa l'account executive presso un'agenzia pubblicitaria di Milano.»

Subito dopo aver pronunciato quelle frasi Beatriz si pentì. Aveva risposto male a una persona gentile che cercava solo di aiutarla e di consolarla e lei l'aveva trattato come un impiccione rompiballe.

«Scusa Federico, non volevo dire queste cattiverie» disse di slancio buttandogli le braccia intorno al collo «veramente non volevo, ti prego di perdonarmi.»

«Piangi pure se ti aiuta e non preoccuparti, non mi sono offeso» rispose Federico. Conoscendo l'esuberanza dei brasiliani non si era stupito affatto di quel gesto, che sicuramente un'italiana si sarebbe guardata bene dal compiere.

Comunque quell'atteggiamento confidenziale da parte di una persona che conosceva appena, lo colse di sorpresa. Quel corpicino caldo contro il suo lo spiazzò in tutti i sensi. Fosse stata Estela a comportarsi così l'avrebbe capito, ma da Beatriz la timida, la ragazza ben educata e riservata proprio non se l'aspettava. Decise di far finta di niente, anche se dentro di sé aveva sentito un certo turbamento.

La carioca sembrava un giocattolo a molla che aveva esaurito la carica. Dopo quell'insulto lanciato col cuore e il battibecco con Beatriz si era come accasciata. Non parlava, ma il suo sguardo non prometteva niente di buono. Alla fine si decise a dire la sua.

«Adesso comincio a capire un sacco di cose, certe sue assenze, certe sue scuse che suonavano false. E io stupida che gli credevo. Possibile che nessuna delle due si sia accorta di niente? E magari a Londra se la spassava mentre io lavoravo come una pazza. Pensate che una sera a Rio un mio ex mi ha proposto di andare a casa sua. Era un mulatto che un tempo mi piaceva un sacco, ma io niente, l'ho mandato in bianco pensando a Dado, anche se ero in astinenza da parecchio. Che cretina sono stata! Possibile che alla mia età non abbia ancora imparato a non fidarmi degli uomini.»

Federico avrebbe voluto intervenire a difesa della categoria con frasi tipo "non tutti gli uomini sono uguali" una frase non solo banale, ma che avrebbe forse ottenuto l'effetto di aumentare la tensione. Preferì tacere.

All'improvviso apparve un addetto dell'aeroporto che, rivolgendosi a Federico, chiese se erano loro i tre passeggeri in lista d'attesa per Genova o Nizza. Era un ragazzo giovane che sembrava imbarazzato dal fatto di dover dare una notizia che non sapeva se fosse buona o cattiva. Al cenno affermativo di Federico lo informò che erano riusciti a trovare tre posti su un volo della Easy Jet del tardo pomeriggio per Nizza. Era spiacente, ma su Genova non c'erano più voli liberi e comunque avevano trovato gli ultimi tre posti per il rotto della cuffia.

L'interruzione servì a smorzare un po' la tensione.

Estela, che a parte la reazione iniziale, sembrava totalmente apatica, improvvisamente si decise di dire a Federico che si ricordava di lui, che avevano fatto insieme un servizio di moda qualche mese prima e poi gli chiese a bruciapelo se era sposato o aveva una compagna.

«Sì anche a me sembrava che ci fossimo già visti, ma non ero sicuro e per rispondere alla tua domanda sono stato sposato con una brasiliana tanto tempo fa, poi abbiamo divorziato. Ho anche una figlia. Al momento non ho nessuna relazione seria. Non ho due fidanzate contemporaneamente, se era questo il senso della tua domanda.»

Estela non afferrò immediatamente l'ironia di Federico e stava per ribattere in maniera non proprio gentile. Fortunatamente si fermò un attimo a riflettere e capì che la sua irruenza e il suo carattere stavano per portarla sulla strada sbagliata. Preferì chiudersi nel silenzio.

Intervenne Beatriz dicendo a Federico che in fondo lui sapeva tante cose di loro e aveva parlato ben poco di se stesso.

«Non ho problemi a raccontarvi la storia della mia vita» ribatté Federico «tanto dobbiamo far passare il tempo. Potremo fare il gioco della verità, se sapete come funziona. Mi pare però che ci siano cose più serie da discutere, per esempio cosa intendete fare con Davide o Dado che dir si voglia. Forse è il caso di pensare a come fargli sapere che sapete. Non credo vogliate fargliela passare liscia, o forse sì... non so... dovete decidere voi, io posso solo consigliarvi, voglio restare fuori da questa faccenda.»

Le ragazze, che poi tanto ragazze non erano, sembravano quasi rassegnate. La prova del tradimento, dell'inganno, della doppia vita del loro uomo all'inizio aveva avuto l'effetto di un pugno nello stomaco. Ognuna delle due aveva reagito secondo il proprio carattere, ma adesso sembrava tutto lontano, era come vivere in un'altra dimensione. Per fortuna c'era Federico, una persona che dava l'impressione di avere la testa sul collo e comunque era una figura rassicurante, sulla quale sapevano di poter contare.

Se la donna delle pulizie non avesse bussato prima di entrare per rifare la camera, Davide avrebbe probabilmente dormito fino a mezzogiorno. Si accorse che ormai erano quasi le dieci. Controllò i messaggi sul cellulare e vide che c'erano degli sms di due ore prima di Beatriz ed Estela. La prima diceva che era a Lisbona e che i voli per Milano erano stati cancellati a causa della neve e la seconda che era ancora in giro per lavoro e sperava di arrivare sabato. Si affrettò quindi a rispondere a tutte e due per informarle che era bloccato a Londra e non sapeva quando sarebbe riuscito a partire.

Si affacciò alla finestra e vide che continuava a nevicare. Il suono che giungeva già attenuato attraverso i doppi vetri era ancora più ovattato. La città sotto la neve aveva comunque un certo fascino, ma lui non era tanto nella condizione giusta per apprezzarlo. Pur essendo venerdì in ufficio non lo aspettavano, doveva riprendere il lavoro il lunedì. Ma non gli andava di restare a Londra per il weekend, aveva voglia di rivedere le sue ragazze.

Nel giro di mezz'ora si fece la doccia, si vestì con cura, come faceva d'abitudine e preparò la valigia. Nella hall dell'albergo, mentre stava pagando il conto, chiese se avevano informazioni sugli aerei per Milano. Dopo un paio di telefonate lo avvertirono che al momento non partivano aerei né da Heathrow, né da Gatwick, né da Stansted né da Luton, i quattro aeroporti della grande Londra. Pensò anche alla possibilità di prendere un treno, ma ci avrebbe messo troppo tempo, e poi aveva già un biglietto open per l'aereo. Chiese all'albergo se eventualmente sarebbe potuto restare ancora una notte e gli risposero che non c'era problema. Decise di fare intanto una bella colazione a base di eggs and bacon e di cercare una soluzione su internet. Non era forse un senior account executive, abituato ad affrontare situazioni ben più complicate?

Sui cellulari di Estela e Beatriz arrivarono a pochi minuti di distanza due sms. Sembravano uno la fotocopia dell'altro. "Sono bloccato a Londra per la neve, non so quando riuscirò a partire, mandami notizie." L'unica differenza tra i due messaggi era che quello indirizzato a Estela era firmato "Mi manchi, baci Dado", mentre l'altro per Beatriz era firmato "Mi manchi, baci Davide".

Le ragazze lessero i messaggi, li confrontarono e si sentirono assalire dalla rabbia, dalla umiliazione per essere state ingannate così spudoratamente. Erano state semplicemente usate per il piacere del sultano, dal nome ebreo ma dalle abitudini di padrone dell'harem. Alla calma apparente di prima seguì un ritorno di fiamma. Soprattutto Estela, che inizialmente sembrava la meno colpita dalla notizia del tradimento, cominciò a mostrare il suo temperamento carioca e a sciorinare una sequela di insulti in portoghese. Beatriz, che per sua natura era più controllata, appariva, dopo il pianto iniziale, quasi rassegnata, ma la sua delusione era comunque grande.

La mattinata passò più veloce del previsto. Federico offrì il pranzo in uno dei ristoranti dell'aeroporto e cercò di consolare le brasiliane raccontando loro di Luma. Anche se la situazione era diversa, anche lui aveva sofferto per colpa di una donna e ci aveva messo anni prima di riprendersi. Quindi non era solo un problema di uomini o donne, era un problema di relazioni che spesso si complicano per circostanze non controllabili dalla volontà dei singoli. Tutto qui.

Visto che le sue due compagne di viaggio non erano tanto in vena di parlare e gli avevano rinfacciato di non essersi confidato con loro, Federico raccontò la storia della sua vita, senza entrare troppo in particolari, ma interessando le sue interlocutrici con racconti divertenti ed episodi legati al suo lavoro. Parlò anche dei sui genitori, entrambi morti, che si erano conosciuti a Sanremo, dove lui era nato. La madre era di Nizza, ma di origine italiana e aveva un cognome che da quelle parti era molto diffuso: Garibaldi. Riuscì anche a farle sorridere, facendo qualche battuta.

Parlò anche della figlia Olga. Era una ragazza estremamente sveglia e intelligente e sembrava sempre riuscire a leggere nel pensiero della gente. Non aveva ereditato la bellezza della madre, ma a modo suo era graziosa, aveva un bel fisico e ci teneva molto a apparire sempre in ordine. Ma soprattutto aveva un buon carattere e faceva amicizia con tutti.

Ormai tra i tre si era creata un'atmosfera di complicità: almeno per un giorno il destino aveva fatto incontrare tre estranei e li aveva legati in una "avventura" che non si sapeva ancora come sarebbe finita.

La stanchezza cominciava a farsi sentire e dopo pranzo si rilassarono sulle poltrone della hall principale. Estela, come al solito, riuscì ad appisolarsi, ma anche Federico e Beatriz stettero tranquilli senza leggere o giocare con i loro smartphone o tablet. Ogni tanto Federico andava a controllare se era annunciato il volo per Nizza.

Nella hall aleggiava una parola che nessuno aveva ancora pronunciato ma che era come se fosse stata scolpita su una parete o mostrata su un cartellone lampeggiante: "vendetta". Ci avevano pensato tutti e tre, anche Federico che non c'entrava niente, ma ormai si era calato nel ruolo di confidente e appoggio non solo morale delle due donne.

Mentre aspettavano avevano ricevuto altri messaggi di Davide/Dado, ma avevano deciso di tenerlo ancora sulle spine, in attesa di prendere una decisione

Passate le quattro annunciarono il volo dell' Easy Jet per Nizza. Arrivo previsto le 20.20 ora locale. All'imbarco ci furono un po' di discussioni sul bagaglio a mano, ma vennero facilmente risolte trasferendo borsette e altri oggetti nelle valigie.

A bordo si erano sistemati in coda, ma tanto si trattava di un volo di poco più di due ore. Il tempo sarebbe passato in fretta e ancora grazie che erano riusciti a trovare quei posti, visto che l'aereo era al completo.

Di Davide/Dado non si parlava più, ma Federico sapeva che le ragazze non pensavano ad altro. In un certo senso parevano rassegnate. "Si può continuare ad amare qualcuno che ti inganna così? - ragionava dentro di sé - L'amore raramente è un sentimento a senso unico. Forse può esserlo quello di una madre per il proprio figlio, ma nella vita di coppia l'amore deve essere alimentato ogni giorno, è come un nuotatore che risale la corrente, se si ferma è perduto."

Beatriz parve risvegliarsi da un lungo letargo e iniziò ad elencare con freddezza e determinazione una serie di azioni che secondo lei potevano essere compiute per dare a Davide una lezione che non avrebbe dimenticato facilmente. La timida Beatriz, la ragazza saggia ed equilibrata che riflette sempre prima di parlare sembrava animata da uno spirito di vendetta degno di un film dell' orrore. Si stava rivolgendo, parlando in portoghese, a Estela, ma sapeva che Federico non perdeva una sola parola e sarebbe intervenuto se necessario. Escludeva azioni violente, non erano nella sua natura, ma avrebbe voluto soprattutto sputtanare Davide nel suo ambiente di lavoro, dove era stimato e considerato una persona seria.

Tutti sapevano che aveva un debole per l'altro sesso, e forse non ci si poteva aspettare niente di diverso da un uomo di 38 anni, eterosessuale, scapolo, nel pieno possesso delle sue facoltà fisiche e mentali ed una gran voglia di spassarsela.

Beatriz questo l'aveva sospettato, d'altra parte sapeva che l'ambiente di lavoro del suo ragazzo non era proprio paragonabile ad un convento di monache. Qualche volta era passata a prenderlo e aveva notato un via vai di aspiranti modelle o attricette ansiose di partecipare a qualche spot televisivo, ma gli aveva sempre creduto quando giurava e spergiurava di avere solo lei e di esserle fedele. Povera ingenua!

Anche Estela si mise a rincarare la dose, e siccome aveva un carattere molto più passionale e impulsivo di Beatriz sbottò in una serie di frasi tipo "mi piacerebbe strozzalo con le mie mani o fargli rompere le ossa da uno di quelli che per un pugno di euro ammazzerebbero anche il papa."

I suoi interlocutori sapevano benissimo che quelle esagerazioni erano solo uno sfogo. Estela era un tipo emotivo, ma fondamentalmente buona d'animo. Forse aveva anche lei qualche piccolo segreto da nascondere, ad esempio non parlava della sua famiglia e quando Federico le aveva chiesto se i suoi genitori erano ancora vivi, se aveva fratelli o sorelle, aveva tergiversato e evitato di rispondere con una scusa. Forse dietro a questa ritrosia c'erano dei piccoli drammi o semplicemente una forma di pudore per situazioni che non amava sbandierare ai quattro venti e Federico non era certo il tipo che insisteva, anche perché si conoscevano appena.

Il tragitto Lisbona-Nizza si consumò in un batter di ciglia. All'arrivo all'Aeroporto Côte d'Azur ricevettero le valigie in tempi record e passarono il controllo della polizia senza problemi, visto che le brasiliane avevano entrambe un regolare permesso di soggiorno italiano.

Federico affittò a suo nome alla Hertz una Golf. Era l'unica rimasta e comunque non gli serviva una Rolls-Royce. Propose, data l'ora tarda, di andare a mangiare un boccone al Café de Turin, famoso per i suoi piatti di frutti di mare.

Essendo venerdì sera trovarono una bella coda, ma Federico conosceva un cameriere di origini italiane a cui una volta aveva fatto un favore. Gli diede una bella mancia e presto si liberò un tavolo. Si ritrovano in breve davanti ad un' assiette de fruits de mer con una bottiglia di Muscadet fredda al punto giusto. Il vinello andava giù come gazzosa e aiutava a vincere la tensione del viaggio e del tradimento del bel pubblicitario. Ci volle più d'una bottiglia per raggiungere un senso di appagamento e Federico si ripromise di andare piano per evitare di essere fermati dalla polizia. Reggeva molto bene l'alcol, ma sapendo di dover guidare non aveva esagerato come le due brasiliane.

Fu al momento di pagare il conto che propose di andare a dormire nel suo appartamento di Mentone. Non se la sentiva di arrivare fino a Milano e non gli piaceva guidare di notte. E poi aveva un bella camera con un letto matrimoniale e uno studio con un divano letto. Le ragazze non avevano nulla da temere. Lui era un gentiluomo.

Si aspettava un sacco di domande e questioni di ogni genere, invece entrambe le ragazze dissero che per loro andava bene. Erano stanche. Erano in viaggio da più di 24 ore e poi ormai non avevano più impegni per il fine settimana.

Davide aveva fatto, suo malgrado, il turista per tutto il giorno, ma era preoccupato. Né Estela né Beatriz avevano risposto ai suoi numerosi messaggi. Di Beatriz sapeva che era a Lisbona e che non era riuscita a prendere il volo per Milano. Forse avrebbe passato la notte in aeroporto, ma poteva ben avvisarlo. Di Estela non sapeva neppure esattamente dov'era. Forse in qualche paesino sperduto dove non c'era campo, ma un messaggio l'aveva pur mandato. Perché non rispondevano?

Intanto a Londra aveva nevicato tutta la mattina e solo verso il primo pomeriggio era spuntato un pallido sole. Le autorità avevano invitato i londinesi a usare l'auto solo in casi urgenti. La metropolitana funzionava come niente fosse. Incredibile. Pensare che il primo tratto era stato inaugurato nel 1863, quando l'Italia era appena nata!

Davide aveva avvisato l'albergo che si sarebbe fermato un'altra notte, comprò un biglietto giornaliero dell' Underground e riuscì ad annoiarsi in una città che conosceva abbastanza bene, ma che non aveva mai amato. Peccato che Caren fosse partita, non gli sarebbe dispiaciuto passare la giornata con lei e magari anche la notte.

Nel tardo pomeriggio consultò un'agenzia di viaggi e scoprì che il sabato mattina ci sarebbe stato un volo comodo come orario, che partendo da Heathrow sarebbe atterrato alle 14.50 a Linate, mentre lui aveva lasciato la macchina a Malpensa. L'alternativa era un volo per Malpensa della Easy Jet che partiva alle 7 del mattino e arrivava alle 9.50. A parte il fatto che Davide odiava alzarsi presto il mattino, che senso aveva arrivare a Milano così presto? Decise quindi per la opzione più comoda, un volo British Airways. Avrebbe poi raggiunto Malpensa con un taxi, tanto era a rimborso spese e pagava la sua agenzia. Mandò nuovamente dei messaggi alle due brasiliane e si incamminò verso l'albergo. Si sarebbe fatto portare qualcosa da mangiare in camera, magari si sarebbe visto un film porno alla tv a pagamento e poi sarebbe andato a dormire presto. "Un bel programma davvero", pensò ironicamente.

L'appartamento di Federico era molto grazioso, si trovava non lontano dal porto e aveva una terrazza con vista mare. Era arredato con buon gusto e aveva molti oggetti presi in Brasile tra cui una collezione di quadretti naif che le ragazze riconobbero immediatamente e un balangandã d'argento, un insieme di amuleti che portavano le schiave nei giorni di festa. Quando erano gentili con il padrone questi regalava loro un nuovo pendaglio, per cui finivano per essere ornamenti piuttosto pesanti e appariscenti.

Fortunatamente Federico aveva il numero di cellulare della donna che faceva di tanto in tanto le pulizie nell'appartamento e l'aveva chiamata da Nizza. Sapeva che non andava a dormire tanto presto e si fece quindi consegnare le chiavi per entrare. Non prevedeva certo di passare da Mentone per andare da Rio a Milano!

Nello studio o stanza della televisione c'era un divano letto matrimoniale e Federico decise che lui avrebbe dormito lì. Le due ragazze si sarebbero sistemate nella sua camera da letto dove c'era un lettone king size. Estela aveva un po' arricciato il naso, ma non le sembrava cortese fare tante storie a casa d'altri. In fondo dovevano solo dormire.

Nel grande letto matrimoniale Beatriz era crollata per la stanchezza. Aveva fatto appena in tempo a fare la pipì e a lavarsi i denti e poi si era addormentata di botto. Non era abituata all'alcol ed era piombata in un sonno profondo e senza sogni. Federico e Estela erano rimasti a chiacchierare in soggiorno.

«Ti ho detto una piccola bugia quando ci siamo conosciuti in aereo» esordì Federico.

«Cioè?» domandò Estela.

«A proposito di Teo, ti ho detto che non lo conosco perché avevo paura che tu volessi attaccarmi un bottone, ma lo conosco bene, siamo amici»

«Quale bottone, non capisco» rispose Estela.

Federico passò al portoghese e spiegò che, non conoscendola, temeva che fosse una di quelle donne invadenti, ma si era sbagliato.»

«E adesso pensi di conoscermi?» continuò la ragazza nella sua lingua madre.

«Certo che no ed infatti stiamo parlando. Mi piacerebbe sapere come sei veramente, cosa pensi, cosa ti piace e cosa odi. Non parli molto di te»

«Non c'è granché da dire. Non ho avuto un'adolescenza felice, se è questo che vuoi sapere, ma preferirei parlare d'altro.» Trascorsero più di un'ora esplorandosi a vicenda. Estela all'inizio sembrava avere addosso una maschera impenetrabile, forse una forma di difesa. Federico glielo disse e aggiunse che gli sarebbe piaciuto sapere cosa si celava dietro quella maschera.

«Tu mi sembri diverso dagli uomini che ho conosciuto finora, Dado compreso. Sei gentile, sensibile, sai ascoltare la gente, con te mi sento a mio agio. Mi pare di conoscerti da un sacco di tempo.» fu la risposta della modella che però eluse la domanda che le era stata rivolta.

Federico era leggermente imbarazzato. Non sapeva cosa rispondere. Stava però assistendo alla trasformazione da una Estela che stava sulle sue in una Estela più intima, più aperta, più umana.

A un certo punto la ragazza annunciò che sarebbe andata a dormire e anche Federico si ritirò nello studio.

Quando Beatriz, nel sonno, aveva appoggiato una mano sul corpo di Estela, forse pensando che fosse Davide, la carioca si infastidì parecchio, si alzò senza pensarci troppo e seminuda com'era andò a bussare nello studio dove dormiva Federico.

«Posso dormire qui?» chiese come se fosse la domanda più naturale del mondo «Beatriz mi sta facendo delle avances e poi io non riesco a dormire con una donna vicino.»

Federico era in una fase di dormiveglia e non era sicuro di aver capito bene.

«Mi stai dicendo che vorresti il mio letto? E io dove vado a dormire?»

Faceva il finto tonto ma, pur mezzo addormentato aveva intuito dove Estela voleva arrivare e la cosa l'aveva lasciato senza fiato. La camicia da notte che la brasiliana indossava nascondeva ben poco della sua statuaria bellezza e Federico si era sentito non solo spiazzato, ma eccitato come raramente gli era capitato nella vita. Forse i primi tempi con Luma aveva provato delle emozioni simili, ma allora era molto giovane.

«Stai tranquillo Federico, non voglio sedurti, voglio solo dormire. Fammi un po' di posto, non ti darò fastidio.» E senza aspettare una risposta si infilò sotto il piumone dove Federico giaceva nudo come un verme. Era un'abitudine che aveva preso quando viveva in Brasile e dopo di allora non era più riuscito ad indossare il pigiama, neppure durante i freddi inverni milanesi.

La ragazza emanava un sottile profumo di papaya, che ben si mescolava all'odore intenso ma eccitante della sua pelle.

Federico si era girato di schiena, anche per nascondere un'erezione che, suo malgrado, gli era venuta alla vista di tanto ben di Dio.

Pur abituato ad avere a che fare con donne di ogni genere era forse la prima volta che non sapeva come comportarsi. Se fosse stata Beatriz a entrare in camera non si sarebbe sorpreso più di tanto. In fondo tra di loro si era creato un bel feeling e nella vita tutto può succedere. Ma da Estela proprio non si aspettava una cosa del genere. Che fosse davvero così ingenua da pensare che uno poteva dormire tranquillamente avendo vicino una tale bomba di sesso? O forse credeva che Federico fosse talmente vecchio da non rappresentare un pericolo?

Questa ipotesi era quasi offensiva. Pur essendoci quasi 20 anni di differenza tra i due, l'italiano era ancora in grado di soddisfare una donna. Anzi faceva meglio l'amore adesso di quando era giovane, un'epoca in cui l'irruenza e la fame di sesso caratterizzavano le sue azioni amatorie.

Invecchiando aveva capito che l'amore si fa con il cervello, il corpo era solo uno strumento, uno strumento musicale che andava accordato e messo in condizione di suonare in maniera melodica. Più che il suo piacere ricercava il piacere della sua partner, era quasi un'ossessione che alle volte lo spingeva ad esagerare un po'. Amare è davvero un'arte difficile e non si smette mai di imparare. Preso da questi pensieri, restò quatto quatto, cercando di respirare piano, anche se il suo cuore batteva all'impazzata.

Estela parve accorgersi dello stato d'animo di Federico e gli chiese sottovoce se stava già dormendo.

A questo punto l'uomo decise di voltarsi e non aprì bocca. Estela, accortasi dell'eccitamento del suo compagno di letto, gli prese la mano e la posò delicatamente tra le sue cosce. Lui percepì degli umori inequivocabili e dentro di sé scattò come una molla che gli fece cercare avidamente le labbra carnose della ragazza. Le loro lingue si toccarono e si intrecciarono con movimenti frenetici, i loro corpi erano ormai guidati da un comune desiderio che cresceva ad ogni contatto delle loro epidermidi. Federico iniziò ad esplorare il corpo di Estela, fino a incontrare i suoi capezzoli scuri che si erano inturgiditi. Scese sempre più giù sino a raggiungere un triangolo perfetto di peli scuri, rasati a pochi millimetri di lunghezza. Ci si immerse come un subacqueo alla ricerca di un tesoro sommerso, alla ricerca del punto che provocasse nella sua compagna occasionale il massimo piacere. Pensava alla "ricciolina" di Dona Flor. Chissà se Jorge Amado avrebbe apprezzato il paragone.

Quella notte Federico raggiunse delle vette di libido che non credeva possibili e più la ragazza si eccitava più lui si eccitava, più la ragazza gemeva più lui si impegnava, più la ragazza accompagnava i suoi movimenti più lui cercava di mantenere un ritmo che riuscisse ad appagarla. Ad un certo punto, mentre faceva di tutto per prolungare il piacere cercando di trattenersi il più possibile, ebbe il timore che il letto si sarebbe sfasciato, Beatriz si sarebbe svegliata, i vicini di casa avrebbero chiamato la polizia, pensando che l'appartamento fosse vuoto e che quindi quei rumori e quegli strani mugolii non potessero che essere prodotti da dei ladri o da degli estranei che erano riusciti a entrare. L'appagamento di entrambi e il silenzio che seguì fu come una vertigine, uno svenimento. Giacquero sudati uno di fianco all'altra senza riuscire a proferire parola, senza riuscire a dare una spiegazione logica all'accaduto. Era successo e basta. L'indomani sarebbe stato un altro giorno, come diceva Rossella O'Hara.

La mattina dopo, sabato, Federico si svegliò di buon ora, come era sua abitudine. Passò una buona mezz'ora nell'unica stanza da bagno perché gli piaceva sentirsi sempre pulito e in ordine, ben rasato e profumato. Uscì senza far rumore e tornò poco dopo con latte, caffè e brioche fresche. Estela si era appena svegliata e stava facendo la doccia, Beatriz dormiva ancora della grossa.

Federico stava preparando il caffè quando Estela fece il suo ingresso in cucina indossando un accappatoio troppo grande per lei e con un asciugamano avvolto intorno alla testa.

«Non ti dispiace vero se ho messo il tuo accappatoio?» domandò senza attendersi una risposta «Ed a proposito di ieri notte vorrei che ti dimenticassi quello che è successo.»

«Perché cosa è successo?» rispose Federico prendendola di contropiede «Per quanto mi riguarda non è successo proprio niente.»

Estela sorrise, sapeva di avere fatto una stupidaggine, ma alle volte agiva guidata più dall'istinto che dalla ragione e la sera prima non riusciva a prendere sonno, aveva avuto un impulso irrefrenabile che l'aveva spinta nel letto sbagliato. Ma era davvero sbagliato? E se invece di Federico ci fosse stato qualcun altro si sarebbe comportata allo stesso modo? Decise di non scervellarsi troppo sull'argomento. Dado in questo momento era il pensiero predominante e andava trovata una soluzione.

Dopo un po' anche Beatriz fece la sua apparizione. Si era già lavata e vestita e sembrava pronta per andare in ufficio, ma aveva gli occhi segnati e lo sguardo non proprio brillante.

«Ho dormito come un ghiro. Era tanto tempo che non mi capitava. Forse non dovrei più bere alcolici per un po', ho anche un leggero mal di testa.»

Due tazze di caffè nero bollente e un Alka Seltzer la aiutarono a rientrare nel mondo dei vivi.

Federico approfittò del fatto che da casa sua poteva chiamare in Italia non in roaming, visto che essendo a pochi chilometri dal confine il suo cellulare prendeva il gestore italiano e fece un giro di telefonate, a Lorena, la sua collaboratrice e al suo amico che lavorava a Malpensa. Ebbe la conferma che la situazione si stava normalizzando e che i voli stavano riprendendo regolarmente.

La sua idea, che espresse alle ragazze, era di mandare a Davide lo stesso messaggio dandogli entrambe appuntamento a Linate, fingendo di aver preso lo stesso volo da Nizza. Su Internet aveva controllato e visto che all'una c'era un volo dell'Air France che faceva scalo a Parigi e che atterrava a Linate alle 16.55. Per quell'ora Davide sarebbe sicuramente stato di ritorno in Italia.

Non era certo questa la vendetta che avevano in mente, era solo la prima mossa, che, tanto per cominciare, avrebbe creato un certo imbarazzo e avrebbe costretto Davide a fare delle scelte. Probabilmente avrebbe trovato una scusa e non si sarebbe neppure presentato a Linate.

Il primo messaggio fu quello di Estela. "Scusa Dado ma ero in un paesino della Provenza e non c'era campo. Parto da Nizza all'una e arrivo a Linate alle 16.55 volo Air France. Puoi venirmi a prendere? Baci Estela. PS: Non telefonarmi, ti chiamo poi io."

Per l'sms di Beatriz aspettarono una mezz'ora e decisero di essere più creativi, per evitare che Davide cominciasse a tempestarla di telefonate. Usando il cellulare di Federico decisero di scrivere così: "Ciao Davide, sto usando il cell. di un signore gentile che me l'ha prestato perché il mio ha problemi di batteria. Volevo solo dirti che ti aspetto a Linate alle 16.55, volo Air France da Nizza. Ciao Beatriz. Puoi rispondere a questo numero."

La risposta di Dado/David non si fece attendere. Ad entrambe rispose che era spiacente, ma era incasinato e che si sarebbe trattenuto a Londra fino a domenica. Evidentemente o era entrato in panico all'idea di poter incontrare contemporaneamente le sue due "fidanzate" oppure aveva subodorato qualcosa. Era comunque una risposta poco convincente, così stupida che poteva essergli venuta in mente solo a causa di uno stato ansioso o di un turbamento mentale.

Federico decise di fare un controllo. Chiamò di nuovo il suo amico che lavorava a Malpensa e gli chiese se riusciva a scoprire se c'era un passeggero di nome Davide Lamberti su un volo da Londra a Milano. L'amico chiese una mezz'ora di tempo e disse che avrebbe richiamato lui.

Mentre stavano discutendo sul da farsi l'amico milanese chiamò per informare che c'era un Davide Lamberti prenotato su un volo della British Airways con arrivo previsto a Linate alle 14.50. Federico ringraziò dicendo «sei forte, l'ho sempre detto, ti devo un favore» e si girò verso le ragazze che avevano sentito la telefonata messa in viva voce.

Davide era seriamente preoccupato. Erano le 9 di sabato mattina, le dieci in Francia e in Italia, e si stava preparando per lasciare l'albergo. Avrebbe preso la metropolitana per Heathrow, molto più sicura di un taxi, viste le condizioni delle strade.

I due sms che ricevette a distanza ravvicinata lo gettarono nel panico. Non poteva essere una coincidenza che le due ragazze con cui lui usciva si ritrovassero sullo stesso volo. Forse era tutto programmato per fregarlo. Ma poi pensò che nessuno poteva prevedere la neve e Beatriz veniva dal Brasile mentre Estela era in Francia. E se si fossero conosciute per caso a Nizza e avessero parlato di lui? Molto improbabile.

I due messaggi comunque suonavano falsi, sembravano delle scuse. Non che la sua risposta suonasse veritiera. Non era riuscito a trovare una motivazione valida, quindi era rimasto nel vago. L'unica cosa certa era che non sarebbe tornato a Linate. Troppo pericoloso. Non poteva andare a prendere l'una senza incappare nell'altra. Sarebbe stato un suicidio e la fine di una situazione che per lui era ottimale, anche se non facile da gestire. E poi aveva sempre il problema della sua macchina. Anche volendo non avrebbe fatto in tempo a correre a Malpensa, ritirare il SUV e tornare a Linate, il tutto con un margine di due ore e con le strade ancora scivolose. E se il suo aereo avesse ritardato?

Travolto da questi pensieri, fece il check out dall'albergo come un automa e si trovò seduto nella metropolitana diretto a Heathrow.

Pensava alla sua doppia vita. Da una parte gli capitava di sentirsi in colpa, ma dall'altra giustificava il suo comportamento considerando le cose che amava nell'una e nell'altra. Beatriz era dolce, intelligente, una compagna piacevole e accomodante. Lo faceva sentire un padreterno. Forse la sua origine italiana o la sua provenienza da una città come São Paulo la rendevano non toppo diversa da tante italiane che aveva conosciuto. Era anche graziosa e a letto, dopo aver superato le prime timidezze, si concedeva con trasporto e partecipazione.

Estela era completamente diversa. Era sesso allo stato puro, una macchina da guerra. Non che fosse stupida, tutt'altro, ma rispetto a Beatriz era molto meno riflessiva, più passionale, più istintiva, più tutto. Aveva un corpo favoloso e ogni volta che ci pensava si sentiva assalito dal desiderio. Però rispetto a Beatriz era molto più sfuggente. Sembrava alle volte che diffidasse di lui, che lo volesse tenere a distanza. Altre volte era invece affettuosa e gentile. Sembrava quasi avere uno sdoppiamento di identità, roba da psichiatri. Parlava poco di sé e della sua famiglia. In effetti Davide sapeva ben poco del suo passato se non che era venuta in Italia invitata da un tizio che aveva conosciuto a Rio e che poi l'aveva mollata. Alle volte sembrava quasi che odiasse gli uomini o meglio che se ne servisse per il suo piacere. Ma non era certamente gay, su questo avrebbe messo una mano sul fuoco. Sul lavoro era molto seria ed apprezzata non solo per la sua bellezza ma anche per la sua professionalità. Non era una ragazza facile, di questo era sicuro.

Se Davide avesse dovuto scegliere tra le due si sarebbe sentito in grave imbarazzo. Forse la situazione ideale sarebbe stata prender in moglie Beatriz e mantenere Estela come amante. Pura fantasia. Chi avrebbe accettato una simile situazione? Meglio lasciare le cose come stavano.

Il Fiume Di Gennaio

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