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Scopro che sei shot e tre margarita - o per lui è stato soltanto un margarita? - non rappresentano tequila sufficiente per Simon per dimenticarsi di essere a una festa circondato da colleghi di lavoro.

E questo di lui mi piace. Non è un coglione, non è Dick.

Dea, cos’altro c’è da scoprire, che mi piace, di questo tizio? Ho bisogno che mi infastidisca, e presto.

Ma dopo un banale bacio, una toccatina molto bella e poi avermi mordicchiato le labbra, Simon mi sussurra vicino all’orecchio, “C’è un posto dove possiamo andare senza imbatterci nella moglie del mio capo vestita da diavolo sexy?”

Mi piace il fatto che sia stato ad alcune feste in casa di Megan e non sappia dove trovare un po’ di intimità. Potrei far finta che lui non sia il tipo di ragazzo che fa sesso occasionale con estranei alle feste.

Il che è strano, perché, senza giudicare, se a un ragazzo o a una ragazza piace fare sesso con degli estranei, che lo facciano. Usate precauzioni, ottenete il consenso e tutto il resto, ma fondamentalmente io sono a favore di voi che vi fate da soli o di lui che si fa lei o di lui che si fa lui o di lei che si fa lei. Quello che vi pare, a me non importa.

Quindi perché dovrei preoccuparmi se Simon, abitualmente, si fa o non si fa qualcuno alle feste aziendali?

Anziché rispondere alla sua domanda, gli afferro la mano e me lo trascino dietro. Fino alla camera di Megan. Perché qualunque cosa mi stia passando per la mente, il resto di me dice, “Sì!” e “Subito!” e anche “Dea, spero che il suo uccello sia carino quanto il resto di lui.”

Apparentemente, il resto di me è un po’ sciatto.

Poco dopo aver cominciato a dirigermi lungo il corridoio che porta alle camere da letto, Simon mi mette un braccio intorno. È una bellissima sensazione. Mi sembra di percepire la definizione del suo torace. Ma non ci riesco. Tutto ciò che percepisco è la sensazione di un uomo saldo, muscoloso che mi stringe a sé. Il resto – pettorali gonfi e addominali scolpiti – è solo frutto della mia immaginazione.

Sono quasi sicura che quello non è il tipo di festa per la quale Megan si aspetta che i partecipanti finiscano nudi per scopare sul suo letto, ma, hey, io vivo per stupire i miei amici, tutti e tre, per cui ci sto.

Non appena lui chiude la porta dietro di noi, mi blocca contro il muro e preme l’intera lunghezza del suo sexy e duro corpo contro di me. Il calore del suo respiro sul mio collo mi fa venire i brividi e mi strofino contro di lui.

Mentre le sue labbra disseminano piccoli baci lungo la colonna del mio collo, muovendosi verso l’orecchio, mi aspetto di sentire a seguire dolci cose da niente sussurrate. Okay, non esattamente. Mi aspetto di sentire sconcezze oppure mordicchiare l’orecchio.

Quello che ricevo è… “Non possiamo fare sesso.”

Aspetta – cosa? Io sto facendo sesso. Sei mesi di inazione non aiutano la situazione, ma oltretutto sono follemente, improbabilmente attratta da un uomo le cui labbra, al momento, stanno percorrendo il padiglione del mio orecchio. Spinge i suoi fianchi contro i miei. L’uomo il cui fallo rigido mi strofina proprio… nel… posto… giusto.

Gemo.

Mi sciolgo.

Mi strofino contro quel grosso cazzo.

Un attimo. Tolgo la mano dalla natica che sto palpeggiando e lo picchietto tra le costole.

“Ow.”

Non gli ho fatto male. Sono abbastanza brava nel valutare il dolore, con tutta l’esperienza che ho a bucare la carne. Deriva dal mio background vampiresco. Ma se mai ci fosse qualche dubbio, la piega divertita delle sue labbra li ha messi a tacere.

“Perché non possiamo fare sesso? Perché, per essere chiari, ci sto. Ci sto completamente.” Quando lui non coglie al volo l’occasione di passare ai fatti, perché, diciamo le cose come stanno, sono calda, aggiungo, “Con ‘completamente’, intendo che voglio il tuo uccello. Adesso.”

Quella piega divertita delle labbra si trasforma in un sorriso sexy totale. Poi lui strofina l’uccello contro di me, facendomi guaire. Mi viene da riconsiderare qualunque pensiero positivo possa avere avuto precedentemente sul caro Simon, perché comincio a pensare che possa essere sotto tortura.

Ancora una volta, comunica la brutta notizia con un roco sussurro proprio vicino al mio orecchio. “Nove drink.”

“Fanculo, cazzo, vaffancazzo.”

Questo lo fa ridere, ma va bene, perché succede che contemporaneamente mi dà un abbraccio integrale. “Penso di avere la soluzione al tuo problema.”

Occorrono alcuni secondi alle sue parole per registrarsi, perché vengo circondata dal suo pungente odore di maschio pulito e dalle sue forti braccia, entrambi i quali mi fanno strofinare il seno contro il suo petto. I miei capezzoli sono contenti, ma il mio cervello non sta funzionando.

Stare così vicina all’uomo più eccitante con cui potrei fare sesso mi scombina i pensieri. Inoltre, l’incombente privazione e la stimolazione dei capezzoli non aiutano il pensiero logico.

Quando, alla fine, le sue parole si districano nella mia testa, mi rendo conto che Simon non è sotto tortura.

Simon è uno che dà.

“Hmm.” Fingo di prendere in considerazione la sua proposta (mentre continuo furtivamente a sbattermi a secco la sua erezione). Ma non fingo a lungo, perché le sue dita scivolano sotto la vita dei miei pantaloni in finta pelle e mi stringono il sedere.

Non essendo una che resta in ozio quando c’è un lavoro importante da fare, allento il bottone dei pantaloni, abbasso la lampo e ondeggiando me ne libero.

Simon mi aiuta.

Le sue mani calde mi sfiorano il corpo, dalle costole giù fino al culo, per poi risalire fino alle tette. Mi palpeggiano i seni sopra il pizzo della bralette, mi pizzicano i capezzoli e in generale fanno sentire le mie piccole coppe misura B adorate prima di scomparire sotto la camicetta e la bralette.

È così che mi sento. Un momento esse fanno la loro magia sulla camicetta e il reggiseno, e il momento dopo sono scomparse, sostituite dalle sue labbra e dalla sua lingua.

Lui si alterna tra pizzicare un capezzolo con le dita e succhiarlo delicatamente con quelle labbra perfette e quella bocca meravigliosa.

E nel mio cervello, a dire il vero, non dimorano così tanti aggettivi positivi tutti insieme da… mai.

Mi massaggia un seno con la sua manona mentre si occupa dell’altro con quella sua bocca sexy. E parlando di mani, io ansimo e cerco di fare qualcosa di più che stringere la stoffa della sua camicia. Tipo slacciargli la cintura. Alla fine riesco a farmi strada verso l’oro. Spingendo da parte i jeans e i corti boxer neri, le mie dita si avvinghiano a lui.

Lo accarezzo dalla radice alla punta, facendo scorrere il palmo sul suo glande. Dall’orifizio esce del precum e io lo spalmo col pollice. La lubrificazione extra permette al mio palmo di scivolare più agevolmente mentre lo masturbo.

Ed è in questo momento che la sua bocca torna sulla mia. Con la testa inclinata, in modo da poter esplorare, saccheggia la mia bocca e fa scivolare una mano sullo stomaco e poi giù, tra i riccioli umidi. Le sue abili dita continuano a percorrere la strada verso il mio centro bagnato, librandosi intorno, ma senza toccarlo, al mio sensibile clitoride.

“Oh, Simon.”

Ho appena pronunciato il suo nome con un gemito in stile porno? Spero proprio di no, ma con due dita dentro di me e il pollice che compie il primo, dolce passaggio sul mio clitoride, è altamente probabile che lo abbia fatto.

Per tutto il tempo continuo, senza pensarci, a masturbargli l’uccello, ma mentre Simon lavora sul mio corpo, io lo accarezzo con lo stesso ritmo. Non mormora una parola di lamentele. A dire il vero, i suoi fianchi si muovono con un crescente e frenetico entusiasmo.

E, Dea, quanto mi piace lo scivolamento delle sue dita dentro e fuori la mia passera.

Con quella sua voce profonda, e tutto il velluto andato, sostituito da un tono roco, dice, “Voglio sentirti venire intorno alle mie dita.”

E quelle poche, sconce parole sussurrate al mio orecchio mi fanno oltrepassare il limite.

Vengo sulle sue dita mentre lui geme per la sua liberazione.

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* * *

“Voglio morderti.” Mi piace chiedere il consenso. Solo perché succhio il sangue alla gente non significa che sono un mostro.

La cosa è abbastanza buffa, poiché il consenso, specificamente la mancanza, mia e di Simon, di esso, sotto l’effetto di una grande quantità di tequila, è stata la cosa più distante dalla mia mente quando ci siamo ritirati nella camera da letto di Megan.

Siamo crollati entrambi come due bambole di pezza sudate, appoggiandoci contro il muro. In realtà – guardando il mio misterioso compagno di sesso – io ero sudata; Simon sembrava avere una leggera imperlatura. È il tipo di uomo che deve correre per una quindicina di chilometri prima di mostrare un bel po’ di sudore, ovviamente. E sebbene, di solito, questa cosa mi infastidisca, perché ho scoperto che molti dettagli personali della gente mi infastidiscono, il mio primo pensiero è stato maratona di sesso.

L’espressione sulla sua faccia – un quarto intrigata e tre quarti eccitata – mi fa capire che non ha idea che il morso di cui parlo comprende una perdita di sangue.

Mi allontano, di modo che le nostre spalle non si tocchino più, e lo affronto con coraggio. “Sono una vampira.”

I vampiri hanno bisogno di sangue umano fresco per prosperare. Un bel problema quando è la nostra fonte di cibo che governa il pianeta. Così ci siamo sempre nascosti, cacciando con discrezione, rubando silenziosamente quantità trascurabili di sangue e usando piccoli trucchi per manipolare la percezione dei nostri donatori.

Un altro punto fermo dei miei: donatori, non vittime. Perché il consenso conta, anche se devo rubare il ricordo del morso, per proteggere la nostra esistenza, circa sei secondi dopo avere affondato i denti nella carne.

E c’è un altro requisito: i miei donatori sono sempre uomini. Succhiare sangue da un corpo è un gesto sessuale, e si dà il caso che io sia etero.

“Una vampira.” Ripete le mie parole, ma è come se il suo cervello non riuscisse a elaborare.

Capita spesso. È la reazione a quando uno dice, “Sono una creatura mitica che esiste soltanto nella narrativa fantastica e nelle leggende metropolitane, a parte il fatto che non è proprio così, perché sono reale e questo è ciò che sono.”

“Una vera vampira. Non come Dick.”

“Robert.” La replica di Simon è automatica.

Uh-oh. Ha quello sguardo. Quello sguardo da a-che-razza-di-ragazza-ho-appena-fatto-un-ditalino.

Questa è una novità per me, perché prima di Simon ho fatto sesso soltanto con vampiri.

Pover’uomo. Sto quasi male per lui, ma ho intenzione di alterare questi pochi minuti, cambiando la sua percezione degli eventi, per cui, in realtà, non è un grosso problema.

Mito: i vampiri hanno il potere di controllare la mente.

No.

Però possiamo riavvolgere. Non il tempo, solo la percezione. E funziona soltanto su una persona alla volta. Un esempio a caso: non posso entrare in un bar, inciampare nella valigetta di un ragazzo carino, dare un colpo al tavolino rovesciandogli in grembo caffè bollente e poi, come per magia, cancellare il ricordo dell’episodio dalla mente di tutti i presenti.

Oh, e non posso nemmeno curargli lo scroto ustionato.

Non che desideri fare male alla gente, no. Mi piace pensare di essere una persona relativamente buona, ma… magari quello è uno stronzo.

Per paura di dare un’impressione sbagliata, faccio quello che posso per lui. Sono stata io, inciampando, che con la mia distrazione gli ho fatto male, per cui gli do delle pacche sul braccio, scusandomi, e faccio del mio meglio per alleviargli un po’ il dolore con quel breve tocco.

Mito: i vampiri possono guarire ferite, malattie e l’invecchiamento trasformando i mortali in vampiri immortali.

No.

La durata della mia vita non è superiore a quella di un umano medio e non sono in grado di trasformare un umano in vampiro (nasciamo ciò che siamo, umani o vampiri).

Ma posso guarire una puntura o una ferita superficiali. Diversamente come potremmo riuscire a nascondere i nostri furtivi prelievi di sangue umano?

E abbiamo un trucco per attenuare il dolore. Non c’è un ricordo più difficile da manipolare di quelli pieni di dolore. Il morso di un vampiro non causa dolore intenso o traumatico, ma è meglio ridurre al minimo ogni disagio. Inoltre è più gentile. Ripeto, non sono una stronza (di solito).

Simon continua a guardarmi con prudenza.

“Di solito non lo faccio.”

“Dichiarare di essere una vampira dopo aver fatto del sesso sconvolgente?” Si sporge in avanti per appoggiare i gomiti sulle gambe. La sua espressione si ammorbidisce. Sembra rilassata. E sgualcita. Mi piace l’espressione sgualcita di Simon.

Sorrido. Sconvolgente? Provo un genuino calore nel sentire quella dichiarazione, perché, sì, è stato dannatamente piuttosto bello, specialmente considerando la brevità e la mancanza di penetrazione. Mi aspettavo un mini-orgasmo, e non è stato quello che ho avuto – affatto.

“No, normalmente non faccio sesso sconvolgente con gli umani.”

I suoi occhi si oscurano di nuovo. “È possibile che tu sia ancora ubriaca?”

Posso prevedere l’evoluzione di questa conversazione. Le risposte di molti uomini rientrano in una di queste categorie.

Negazione, spesso abbinata a “stai delirando” o “a quale religione hai detto di appartenere?”

Fuga per la paura (sono veloce; non arrivano a tanto).

E poi c’è la risposta del feticista. “Figo. Se ti permetto di mordermi, possiamo fare sesso?” (La colpa di questa risposta è da attribuire ad alcune tendenze della narrativa vampiresca dell’ultimo decennio o giù di lì.)

Simon rientra esattamente nella prima categoria, e il modo più facile per affrontare i negazionisti è l’evidenza.

Indico la bocca. “Stai guardando?”

Lui annuisce, sebbene riluttante. Almeno non si trasforma in uno che se la dà a gambe per la paura.

Continuando a puntare il dito, stiro le labbra per mostrare i miei attraenti (almeno così dico a me stessa) denti non appuntiti.

Poi lascio scendere le zanne.

Aspetto finché non vedo il cambiamento nella sua espressione, segno che ha visto i miei canini appuntiti come aghi.

I vampiri bevono sangue umano fresco in piccole quantità. La nostra stessa sopravvivenza dipende dal fatto di non essere scoperti. Una conseguenza evolutiva (o forse magica?) è che non abbiamo zanne vistose che lacerano la carne.

Primo, che schifo. Secondo, non c’è modo migliore per farsi scoprire che lasciarsi dietro una scia di gole squarciate o appendici danneggiate.

Nutrirsi è un processo semplice. Chiudo le labbra sulla carne e affondo i canini. Essi scendono e si ritraggono quasi istantaneamente, lasciando una puntura minuscola ma profonda che fa uscire il sangue, che può essere leccato o succhiato.

Lui ammicca. “Non è quello che mi aspettavo.” Esattamente il modo in cui solitamente procede il copione tipico del negazionista, tranne… “Come fa un’intera specie a esistere senza essere scoperta?”

Uh, cosa? Non è il copione del negazionista.

“Con cautela?”

Si acciglia. “Ma le analisi del sangue, il test del DNA, gli screening medici…”

Mr. Ingegnere vorrebbe andare a tutta scienza con me. Io scrivo narrativa. Che ne so io del test del DNA, a parte che esiste?

“Posso dirti che noi osserviamo gli umani. Non chiedermi di spiegartelo diversamente dalla… magia.” Faccio spallucce e ometto il correlato, ma non rilevante, argomento delle streghe, le quali non si limitano a osservare gli umani, ma sono umane… e possono compiere magie. Molte più magie di quante ne possa fare io.

“Ma tu non sei umana.”

Scuoto la testa. “Non sono umana.”

Si passa la mano sulla scompigliata chioma di capelli biondo scuro. “Se mi mordi, divento un vampiro?”

Hmm. Sta valutando l’idea di farmi fare un assaggio? Il pensiero di leccare una parte qualsiasi del suo corpo in forma basta per farmi eccitare di nuovo dappertutto. “No, sono nata vampira. Tutti i vampiri nascono tali.”

Il raschiare delle sue dita mentre si strofina la mascella con la barba corta mi fa contrarre la passera. La mia reazione nei confronti di quest’uomo non è normale. Abbiamo già fatto sesso. Quello avrebbe dovuto appagare il mio desiderio.

“Consumo una piccola quantità di sangue umano circa una volta alla settimana. Per poter soddisfare questo requisito ho dei canini molto appuntiti, la capacità di attutire il dolore e qualcosa nella mia saliva che aiuta la guarigione.”

“Dove?” Quando lo guardo confusa, le sue labbra si contraggono leggermente. “Dove vorresti mordermi?”

Ti prego, di’ di sì. Ti prego, di’ di sì. “Dove preferisci.” Si strappa via la camicia. Acconsente senza esitare. “Non lo ricorderò, vero?” Non sembra particolarmente elettrizzato all’idea.

“Ah, no.”

“Lo immaginavo. Non ci sarebbe modo di tenere tutto segreto se ogni…”

“Donatore,” aggiungo.

Lui annuisce. “Giusto. Se ogni donatore ricordasse di avere dato il sangue, sareste qualcosa di più di un popolare genere di narrativa fantascientifica.”

Più narrativa fantasy, ma non lo correggo per via di quel torace.

Mi lecco le labbra.

“Farà male?”

“Vuoi che faccia male?” Non sono sicura di cosa me lo abbia fatto dire. Attutire il dolore rende più facile cancellare l’intero ricordo del morso.

“Beh,” sorride. “Un po’ di dolore va bene se ne provo anche piacere. Rendere tutto insensibile non sembra così divertente.”

Mi sporgo e gli lecco il pettorale sinistro. Dopo dovrò chiedergli se fa palestra, perché sono pressoché sicura che la sola corsa non può avere creato quell’opera d’arte davanti a me. Sempre che ci sia un dopo, perché lui è umano e questa è una cosa da una notte.

Riportando l’attenzione sulla ricompensa davanti a me, alzo lo sguardo sulla sua faccia mentre gli passo la lingua sul capezzolo. Ad alcuni piace, ad altri no.

Il suo gemito è una risposta sufficiente, ma anche la sua testa si rovescia all’indietro cadendo contro il muro, esponendo la colonna della sua gola mentre lui gode per la sensazione. Lascio che i miei occhi si abbassino sulla crescente prova del suo desiderio. Già, gli piace.

Lascio che le mie mani vaghino sull’ampia distesa del suo petto, per poi scendere sulla lineare pianura dell’addome. Le mie dita seguono la scia dei peli che cominciano sotto il suo ombelico e poi, poiché non riesco a resistere, palpeggio la spessa cresta della sua erezione, ancora una volta confinata nei jeans.

Mette una mano sulla mia, stringendola fermamente. “Posso… è possibile per me ricordare quello che è successo prima?” E c’è quel sorriso timido, quello che mi ha conquistato prima, durante la serata. “Il sesso, Becca. Vorrei ricordare il sesso che abbiamo fatto.”

“Uh, sì. Soltanto il morso viene riavvolto.”

I suoi occhi ricoperti di passione incrociano i miei. “Riavvolto? È così che dite?” Intreccia le dita tra le ciocche dei miei capelli fino a prendermi la nuca, poi mi tira contro il suo petto.

Dea, quest’uomo. Voglio soltanto leccarlo e succhiarlo dappertutto. Gli passo la lingua sul capezzolo destro mentre gli afferro la curva del bicipite e lui, ancora una volta, geme. Questa volta, però, mordo, mirando alla carne del pettorale, proprio sopra il capezzolo corrugato.

Non attutisco il dolore, perché sospetto che la rapida, acuta puntura non farebbe che acuire i suoi sensi e quindi il piacere.

Con una mano sul bicipite, per tenermi ferma, e l’altra sul pene ingrossato, non c’è confusione su come l’aspirazione della mia bocca sul capezzolo e il torace ha effetto su di lui.

Spinge nella mia mano con un ritmo urgente. Uno che sono contenta di assecondare. Gli libero l’uccello e gli do l’attenzione che richiede.

Accarezzandolo a partire dalla grossa radice e poi per tutta la sua lunghezza fino alla grossa cappella, nel frattempo continuo a succhiare il rivolo salato del suo sangue. Mentre sto per completare il mio nutrimento, mi accorgo che sta per venire.

A volte gli uomini vengono mentre mi nutro di loro – è un atto sessuale – ma mai con la mia mano in basso sui pantaloni, stringendo i loro uccelli duri. Dea, lo voglio. Per vederlo venire nella mia mano. Per vederlo coprire la sua pelle tonica.

Mai pensieri simili mi erano passati nella testa mentre mi nutrivo.

Lecco la ferita di Simon, accertandomi che si chiuda, poi faccio una cosa che non ho mai fatto prima, né con un umano né con un vampiro. Tengo la mano immobile, assicurandomi che tutta l’attenzione di Simon sia su di me, sulla mia faccia.

Quando i suoi occhi blu incrociano i miei striscio lentamente sul suo corpo, senza interrompere mai il contatto visivo. A pochi centimetri dal suo glande, mi lecco le labbra e aspetto.

Un’unica parola sussurrata, “Sì”, e lecco il precum dall’orifizio.

Un’altra occhiata in alto mi rassicura che Simon ci sta. I suoi occhi mi supplicano di succhiarlo.

Avvolgendo una mano intorno alla spessa base, faccio mulinare la lingua intorno alla punta. Simon raccoglie i capelli caduti intorno alla mia faccia, che gli ostacolano la visuale. A qualcuno piace guardare.

Ma il mio sorriso scompare nel momento in cui lui si sposta sotto di me, mettendo la sua coscia muscolosa tra le mie gambe. Strofino il clitoride contro di lui mentre gli succhio la punta e continuo ad accarezzare il resto del suo lungo fallo. E quando lui geme – sono così vicina, così vicina – Simon comincia ad agitare i fianchi, come se non riuscisse a fermarsi. In questo momento, viene.

Completamente vestita, sbattendomi a secco contro la sua coscia muscolosa, vengo gemendo come una pornostar.

Che sia il gemere o io che vengo, qualcosa fa scattare un’urgenza in Simon, che continua con brevi, brusche spinte, comunque attento a non soffocarmi, anche adesso che è a momenti dall’orgasmo.

Il suo uccello gonfio si è indurito ulteriormente, il più breve degli avvisi che è sull’orlo e sta per ruzzolare, poi si tira via.

La sua mano copre la mia con una presa salda e lo agitiamo insieme, finché densi schizzi di sperma cremoso non ricoprono le nostre dita e colpiscono i suoi addominali.

Wow.

Mi sento strizzata. Venire due volte fa questo effetto a una ragazza.

Qualcosa fluttua sull’orlo del mio cervello in estasi. Qualcosa di importante. Persino di urgente.

Cazzo. Mi colpisce come uno schiaffo, scuotendomi dalla mia confusione mentale post-orgasmica: mi sono nutrita di Simon.

Devo riavvolgere la sua percezione, cancellare il morso, ma tutto ciò che voglio fare è stare, come un mucchio collassato, accanto al corpo mezzo vestito, schizzato di sperma, di Simon.

Mi tiro su facendo leva su un gomito e abbasso lo sguardo sulla magnifica superficie piana della sua faccia rilassata. Voglio seguire il rigido profilo della sua mascella, toccare la naturale pienezza del suo labbro inferiore, baciare la lentiggine sul suo zigomo destro.

Cosa c’è che non va in me?

“Così seria.” Appoggia una mano sul mio fianco. “Devi fare quella cosa, vero?”

Annuisco. Più che altro perché mi sento la gola strana e non sono sicura che le parole vengano fuori giuste.

Gli tocco la tempia con due dita… e niente.

I suoi occhi si sono chiusi quando gli ho toccato la faccia. Adesso si sono aperti sbattendo. Pieni di consapevolezza e di ricordi proibiti.

Di nuovo, non succede niente. Niente di niente.

Caaaaaazzo.

Questo non va bene.

Una piccola linea gli si forma tra gli occhi. “Dovrei sentire qualcosa?”

“No, Simon. Non dovresti sentire assolutamente niente.”

Voglio Succhiarti Il...

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