Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8
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Giannone Pietro. Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8

LIBRO TRENTESIMOSECONDO

CAPITOLO I. D. Pietro di Toledo riforma i Tribunali di Napoli, onde ne siegue il rialzamento della giustizia

§. I. Riforma del Tribunal della Vicaria

§. II. Riforma del Tribunal della Regia Camera

§. III. Riforma del S. C. di Santa Chiara

§. IV. Unione di tutti i Tribunali nel Castel Capuano

§. V. Ristabilimento della giustizia nelle Province del Regno, e nelle loro Udienze

CAPITOLO II. Spedizione dell'Imperadore Carlo V in Tunisi: sua venuta in Napoli; e di ciò che quivi avvenne nella sua dimora e ritorno; e quanto da alcuni Nobili si travagliasse per far rimuovere il Toledo dal governo del Regno

§. I. Venuta di Cesare in Napoli

§. II. Il Marchese del Vasto, ed il Principe di Salerno con altri Nobili procurano la rimozione del Toledo dal governo del Regno

CAPITOLO III. Il Toledo rende più augusta la Città con varj provvedimenti: suoi studi per renderla più sana e più abbondante. Lo stesso fa in alcune città e lidi del Regno, onde cinto di molte Torri potesse reprimere l'incursioni del Turco

CAPITOLO IV. La medesima provvidenza vien data dal Toledo nelle Province e nell'altre Città del Regno, per l'occasione, che ne diede Solimano, che con potente armata cercava invaderlo

§. I. Giudei discacciati dal regno

CAPITOLO V. Inquisizione costantemente da' Napoletani rifiutata; e per quali cagioni

§. I. Inquisizione di nuovo tentata, ma costantemente rifiutata sotto l'Imperador Carlo V

§. II. Inquisizione nuovamente tentata nel Regno di Filippo II ma pure costantemente rifiutata

§. III. Inquisizione occultamente tentata da Roma introdursi in Napoli ne' Regni di Filippo III e IV e di Carlo II, ma sempre rifiutata, ed ultimamente con Editto dell'Imperador Carlo VI, affatto sterminata

CAPITOLO VI. Nuova spedizione di Solimano collegato col Re di Francia sopra il Regno di Napoli, sollecitata dal Principe di Salerno, che si ribella. Nuovi donativi per ciò fatti dal Regno, per lo bisogno della guerra, che finalmente si dilegua

CAPITOLO VII. Spedizione di D. Pietro di Toledo per l'impresa di Siena, dove se ne morì. Seconde nozze di Filippo Principe di Spagna con Maria Regina d'Inghilterra; e rinuncia del Regno di Napoli fatta al medesimo da Cesare, il quale abbandonando il Mondo si ritira in Estremadura, dove nel Convento di S. Giusto finì i suoi giorni

CAPITOLO VIII. Stato della nostra Giurisprudenza, durante l'Imperio di Carlo V, e de' più rinomati Giureconsulti, che fiorirono a' suoi tempi

CAPITOLO IX. Politia delle nostre Chiese durante il Regno dell'Imperador Carlo V

§. I. Origine del Tribunale della Fabbrica di S. Pietro, e come, e con quali condizioni si fosse fra noi introdotto, e poi a nostri tempi sospeso

§. II. Monaci, e Beni Temporali

LIBRO TRENTESIMOTERZO

CAPITOLO I. Guerra mossa dal Pontefice Paolo IV al Re Filippo per togliergli il Regno. Sua origine, pretesto ed inutile successo

CAPITOLO II. Trattato con Cosmo Duca di Firenze, col quale furono ritenuti dal Re i Presidj di Toscana, ed investito il Duca dello Stato di Siena cedutogli dal Re Filippo. Ducato di Bari, e Principato di Rossano acquistati pienamente al Re, per la morte della Regina Bona di Polonia. Morte della Regina Maria d'Inghilterra, e terze nozze del Re Filippo, che ferma la sua Sede stabilmente in Ispagna

§. I. Ducato di Bari, Principato di Rossano acquistati pienamente al Re Filippo per la morte della Regina Bona di Polonia

§. II. Morte della Regina Maria d'Inghilterra, e terze nozze del Re Filippo, il quale si ritira in Ispagna, donde non uscì mai più

CAPITOLO III. Del governo di D. Parafan di Rivera Duca d'Alcalà, e de' segnalati avvenimenti, e delle contese ch'ebbe con gli Ecclesiastici ne' dodici anni del suo Viceregnato; ed in prima intorno all'accettazione del Concilio di Trento

§. I. Contese insorte intorno all'accettazione del Concilio di Trento nel Regno di Napoli

CAPITOLO IV. Contese insorte intorno all'accettazione della Bolla in Coena Domini di Pio V

CAPITOLO V. Contese insorte intorno all'Exequatur Regium delle Bolle e rescritti del Papa, ed altre provvisioni, che da Roma vengono nel Regno

ANGIOINI

ARAGONESI

AUSTRIACI

CAPITOLO VI. Contese per li Visitatori Appostolici mandati dal Papa nel Regno; e per le proibizioni fatte a' Laici citati dalla Corte di Roma, di non comparire in quella in modo alcuno

CAPITOLO VII. Contese insorte per li casi misti, e per la porzione spettante al Re nelle Decime, che s'impongono dal Papa nel Regno alle persone Ecclesiastiche

CAPITOLO VIII. Contese per li Cavalieri di S. Lazaro

CAPITOLO IX. Contese insorte per li Testamenti pretesi farsi da' Vescovi a coloro, che muojono senza ordinargli; ed intorno all'osservanza del Rito 235 della Gran Corte della Vicaria

CAPITOLO X. Legazione de' Cardinali Giustiniano, ed Alessandrino a Filippo II per questi ed altri punti giurisdizionali: donde nacque il costume di mandarsi da Napoli un Regio Ministro in Roma per comporli

CAPITOLO XI. Morte del Duca d'Alcalà: sue virtù, e sue savie leggi che ci lasciò

LIBRO TRENTESIMOQUARTO

CAPITOLO I. Del Governo di D. Antonio Perenotto Cardinal di Granvela, e de' più segnalati successi de' suoi tempi: sua partita, e leggi che ci lasciò

CAPITOLO II. Di D. Innico Lopez Urtado di Mendozza Marchese di Mondejar; sua infelice condotta, e leggi che ci lasciò

CAPITOLO III. Delle cose più notabili accadute nel governo di Don Giovanni di Zunica, Commendator Maggiore di Castiglia, e Principe di Pietrapersia: sua condotta e leggi che ci lasciò

§. I. Spedizione di Portogallo

§. II. Emendazione del Calendario Romano

§. III. Fine del Governo del Principe di Pietrapersia, e leggi che ci lasciò

CAPITOLO IV. Governo di D. Pietro Giron D'Ossuna, e sue leggi

CAPITOLO V. Governo di D. Giovan di Zunica, Conte di Miranda reso travaglioso per l'invasione degli sbanditi. Suoi monumenti e leggi che ci lasciò

CAPITOLO VI. Del Governo di D. Errico di Gusman Conte di Olivares: Sue virtù, e leggi che ci lasciò

CAPITOLO VII. Morte del Re Filippo II, suo testamento, e leggi che ci lasciò; e delle varie Collezioni delle nostre Prammatiche

§. I. Collezioni delle nostre Prammatiche

§. II. Del Codice Filippino, compilato per privata autorità dal Reggente Carlo Tappia

CAPITOLO VIII. Stato della nostra Giurisprudenza nel fine di questo XVI Secolo, e principio del seguente, così nell'Accademie, come ne' Tribunali; e de' Giureconsulti, che vi fiorirono

§. I. Stato dell'Università de' Nostri Studi a questi tempi

CAPITOLO IX. Politia delle nostre Chiese durante il Regno di Filippo II, insino alla fine del secolo XVI

§. I. Dell'Emendazione del Decreto di Graziano e delle altre Collezioni delle Decretali

§. II. Monaci e beni temporali

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Don Pietro di Toledo nacque in Alva di Tormes del Regno di Castiglia nell'anno 1484 da D. Federico di Toledo, II Duca d'Alva, e D. Isabella Zuniga figliuola del Duca di Bedmar, donna non men grande per valor d'animo, che alta di corpo e di leggiadre fattezze, tanto che piacevolmente soleva dire, che era venuta ad ingrandire i corpi di Casa d'Alva, li quali erano di piccola statura. Fu nella sua fanciullezza dato D. Pietro ad allevare sotto buoni Maestri nello studio delle lettere, ma conosciutosi, che non molto vi riusciva, e che la sua inclinazione era più nelle cose agibili, che nelle speculazioni delle Scuole, il Duca padre lo pose per paggio nella Corte del Re Cattolico, da cui, ancorchè fanciullo, attentamente osservando le sue geste e raccogliendo le parole, che uscivano dalla bocca di quel savio Re, apprese l'arti della prudenza e del senno; ed ingegnandosi negli esercizi di cavalleria superar gli altri Cortigiani suoi pari, così in servire il Re, come in comparir bene ne' torneamenti, nelle giostre, e negli altri trattenimenti del Palazzo, divenne non pur sopra tutti gli altri caro al Re, ma peritissimo nell'esercizio di cavalcare e di giostrare, tanto che in Ispagna ebbe nome di gran Toriatore; onde avvenne, che venuto per Vicerè in Napoli, introducesse fra noi il giuoco de' Tori, e tante altre giostre e tornei, che sovente nel suo governo faceva replicare.

Entrato per queste sue doti in somma grazia del Re, piacquegli dargli moglie, e lo casò con D. Maria Osoria Marchesa di Villafranca nipote del Conte di Benevento, giovanetta di 13 anni, bella ed unica erede dello Stato, ed ancorchè D. Pietro non fosse il primogenito della sua Casa, ma un semplice cadetto, piacque così al Re, come al Conte avolo di D. Maria, sotto il cui baliato era, di preferir D. Pietro a molti altri Titolati di Spagna, che la pretendevano. Per queste nozze prese egli il titolo di Marchese di Villafranca, ed il possesso dello Stato, con gran contento de' suoi vassalli, sperimentando un governo assai prudente e giusto, dando egli con ciò i primi saggi quanto nell'arte del governare fosse espertissimo. Non molto da poi fugli conferita dal Re una Commenda di S. Giacomo, di rendita di 6000 ducati l'anno, sotto la qual Religione visse tutto il tempo di sua vita. Essendosi poi mandato dal Re Cattolico il Duca di lui padre per Capitan Generale del suo esercito alla conquista del Regno di Navarra, vi andò anche il Marchese, e prese soldo del Re, militando sotto i suoi stipendj insino che rotto e discacciato Giovanni Albret, non fosse il Regno dal Duca conquistato: nella quale espedizione diede saggio il Marchese del suo valore, e fece conoscere, che non meno nell'arte del governo, che militare era peritissimo.

.....

Da queste forti resoluzioni del Popolo si mossero anche i Nobili, i quali avidamente ricevettero sì opportuna occasione per vendicarsi del Toledo, da loro in secreto odiato, i quali, non meno che i popolari abbominando l'Inquisizione, s'unirono con quelli, dando loro titolo di fratelli, avvertendoli sempre, che stessero vigilanti, atteso senza dubbio il Vicerè voleva l'Inquisizione, nè punto si fidassero delle sue parole, al quale, per togliere ogni ambiguità, bisognava resister apertamente, con dirgli, ch'essi non volevano Inquisizione nè all'usanza di Spagna, nè di Roma, e che insino alla morte, salva la riverenza al loro Principe, l'avrebbero contrastata. Il Terracina, e' suoi compagni rimasero in grandissimo odio col Popolo, ed il volgo, insino a' fanciulli, li chiamavano per le strade Traditori della Patria. Odiavano ancora, come dipendenti del Vicerè, il Marchese di Vico vecchio, il Conte di S. Valentino vecchio, Scipione di Somma, Federigo Caraffa padre di Ferrante, Paolo Poderico, Cesare di Gennaro e molti altri d'ogni Seggio.

Il Vicerè, udita la sollevazione del Popolo, il tumulto seguito, e come senza sua licenza erano stati imperiosamente privati de' loro ufficj il Terracina e gli altri, e che il Popolo alle sue parole e promesse, non dava alcuna credenza, fieramente sdegnato, minacciando, che avrebbe severamente castigati gli Autori di questi tumulti, se ne venne in Napoli; ed ancorchè da' Deputati si proccurasse raddolcire tanto sdegno, egli diede rigorosi ordini al Tribunal della Vicaria, che procedesse contra gli Autori, non men del tumulto, che della nuova elezione dell'Eletto, e Consultori: fra gli altri, che furono da quel Tribunale portati per Autori più principali, fu un tal Tommaso Anello Sorrentino della Piazza del Mercato, uno dei primi Compagnoni di Napoli, e di gran sequela, il quale, così nell'elezione, come nella sollevazione, si era sopra gli altri distinto, ed era stato colui, che avea tolto il nuovo Editto dalla porta della Cattedrale e laceratolo. Costui, essendo stato citato dal Fisco, dopo molta discussione, se dovea presentarsi o no, alla fine vi andò accompagnato da infinita moltitudine, che postasi attorno al palazzo della Vicaria, ondeggiando aspettava, che il suo Cittadino licenziato se ne tornasse. Il Reggente della Vicaria Girolamo Fonseca, quando vide tanta moltitudine, giudicò meglio per allora licenziarlo dopo breve esame, che di ritenerlo: il quale tolto in groppa del suo cavallo da Ferrante Caraffa Marchese di S. Lucido, al Popolo assai caro, a cui fu dal Reggente consegnato, bisognò portarlo per molte piazze di Napoli per acquetare i tumulti nati tra' Popolari, che temevano della vita di quel loro cittadino. Il Vicerè, dopo questo, vedendo riuscir vani i suoi disegni, pien di cruccio se ne tornò a Pozzuoli; e poco da poi fu, per l'istessa cagione del tumulto, citato Cesare Mormile Nobile di Portanova, ed al Popolo assai caro, il quale vi andò con molta riserva, e ben accompagnato; onde il Reggente riputò anche lasciarlo andare per l'istessa cagione, che avea lasciato andar l'altro. Questo fatto assai dispiacque al Vicerè; ma dissimulandolo, avea rivolto l'animo al castigo ed alla vendetta, aspettando sol il tempo di poterlo fare.

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