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Viaggio pel Lario e descrizione

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Avviandoci al porto per intraprendere la navigazion nostra sul Lario, avvertiremo che quel seno e quel molo non sono cosa antica. Nel 1225 i9 Comaschi ne aveano cavato uno presso alla piazza de' Liochi, che appellato venne del Vescovado. Altro pure assai ampio ed opportuno vi aveva all'altro fianco della città, il quale per lunga incuria interriossi, e venne in questi ultimi anni ceduto ai cittadini Nolfi, che in parte ad uso il convertirono di giardino. Nè di piccioli moli facea mestieri ai Comaschi avvolti sovente in guerre navali; or ci può bastar questo, ma non dovremmo ommettere di purgarlo nella stagion d'acque basse da quella fitta che il deturpa, e guasterallo un giorno.

Esciamone a manca e intraprendiamo lunghesso la sponda sinistra il viaggio. Tosto ci si presenta la spiaggia ampia del Pasquerio partita in due dal torrente Cosia che si sfoga ivi nel lago. Poco oltre a trent'anni fa avea egli le foci rivolte verso il sobborgo; ora col murato alveo fu costretto a piegarsi a dritta. Se le misure si osservino di quel pubblico pascolo rilevate da periti in sul principio del secolo, vedrassi che ne crebbe alquanto l'estensione; nè fia maraviglia per chi ponga mente alle sabbie che versa il Cosia in quelle vicinanze, ed ai venti che agitando le onde vanno collocandole lungo que' lidi. Saria pensier saggio che fosse vietato il cavarle per uso delle fabbriche, tranne il sol letto del torrente, mentre in tal guisa accrescerebbesi ai posteri una pianura tanto più pregevole fra spazio breve rinchiuso da' monti. Ottimo fu pure il pensamento che ne rialzò una parte in questi ultimi anni col dispendio di scudi sei mila: così più salubre si rese e men soggetta alle inondazioni. Potrebbe con ampie piantagioni quadrate rendersi agevolmente più ameno quel passeggio, nè gli si torrebbe il comodo di schierarvi, come pure si costuma, le truppe. Fannosi fra tigli ed olmi presso Strasburgo i militari esercizj, nè il diletto de' cittadini opponsi al porvi soldati in marcia in finte zuffe. Bello spettacolo sarà per chi navighi il volger gli occhi in giro, sì che le vette, che la città e il pian d'intorno coronano, esamini d'un colpo, e quinci il celebre Baradello or nido ai gufi, e quindi l'unica porta10 d'antica munizione che tuttora resti sulla costa di s. Martino osservi, e in mezzo piramidar tante torri e campanili. Ma già presso il finir del Pasquerio comincia la parte più leggiadra del Vico. Primo di tutti ne si offre quel palazzetto che pur or costrusse Antonio Baldovino, e dietro quello sta l'ampio ed amenissimo ritiro de' Carmelitani11 scalzi, entro cui al principio del secolo scorso era il Giardino celebre ricovero del dotto nostro Girolamo Borsieri. Spira a tutto questo lato dalla valle e dal rivo del Molinello una fresca aura consolatrice. Passata appena l'arcipretal chiesa di s. Giorgio, entro angusti confini sorge il casino del professore Bassian Carminati, ma il Soave architetto domò la difficoltà del luogo col ben partir la casa ed idearla. Segue la villa dei Barbò marchesi di Soresina; indi con ampio lusso il suburbano d'Eleonora marchesa Villani nata Doria Sforza. La culta dama, che signorilmente dimoravi, prese da' suoi viaggi il gusto di ammobigliarlo con eleganza; magnifica a stucchi lustri, piena d'aria e di sole è l'oval sala di mezzo. Parte del giardino locossi sovra quadrate muraglie che vedevansi sotto acqua a lago cheto, e servivan forse all'isoletta selvosa che Paolo Giovio12 avea al fianco destro del Museo. Di tal amenissimo e celebre suburbano ragionano anco gli esteri, e il notano le geografiche carte. Marco Abate Gallio nipote di Tolommeo cardinale compratolo il distrusse barbaramente nel 1616. Sigismondo Boldoni13 deplora l'impresa del Gallio, il qual pur faceva di tutto perchè il nome si obbliasse del chiarissimo14 fondatore. Ma se in quell'occasione perirono pitture a fresco piene d'anima, di cui anche fa menzione il Doni15, se spezzaronsi marmi sculti con belle sentenze d'ingegno piene; almeno le tavole e le tele rappresentanti i volti degli uomini illustri e le medaglie e le rarità Indiane ed Americane16 trassero i Giovj nelle lor case di città; ed ivi sorse col nome di Gallia un novel palagio magnifico, che da trent'anni circa spetta a Don Pietro Fossani milanese patrizio. Degne son da vedersi le pitture dell'ampia sala, e qualche fregio del cavalier Isidoro. Ciò è quanto lasciovvi d'antico il novello signore, distrusse esso il restante. Il Museo e poi la Gallia si edificarono sugli annosi vestigj della villa di Caninio Rufo, il quale vi abitava a giorni di Traiano, la cui guerra in Dacia seppe degnamente cantare in greci eroici, e son note le pistole a lui del giovane Plinio. A due passi dalla Gallia il sunnominato possessore moderno di quella alzò in quegli anni ultimi una ridente abitazione, distruttivi alcuni meschini abituri. Contiguo a questa è l'alloggio del cavaliere Aurelio Rezzonico non dell'antica patria immemore, e il di lui orto si specchia nel lago. Più ampie e con giardini a tergo ed in faccia al prospetto del Lario stanno le case del conte Resta, che sullo spazio eressele appartenente a' Padri Minimi, e pria alla badia di Vico. Indietro giace quel vaghissimo ritiro appartenente al Conte Giovanni Salazar per retaggio della comense di lui moglie Marianna della Porta. Ivi nè vasto vi manca il passeggio, nè copia d'acque, nè l'ombra d'annosi tigli, nè la solitudine della prossima e facil montagna. Ma chiamane a se l'Olmo ove il marchese Innocenzo Odescalchi v'adopera ben ampie fortune, ed una mole si estolle che sfida i secoli. Il marmo, l'oro e gli stucchi lustri vi son profusi. Questo palagio chiude lungo il lago il sobborgo di Vico; avvi però di là strada atta alle carrozze che guida fino a Grumello.17 Fu quella villa edificata da Tommaso d'Adda, cui nel 1578 dal Consiglio decurionale venne concesso l'irrevocabil diritto di raccogliere sulla costa di Monte Olimpino18 le acque onde alimentar la fontana. L'ebbe poscia a delizia il19 Vescovo di Modona Sisto Vicedomini, possedettela indi il cavalier Porta, da ultimo i fratelli Carlo e Benedetto Odescalchi, il qual secondo fu Papa col nome di Innocenzo XI. La acquistarono indi i vescovi sotto Monsignor Neuroni come amministratori del luogo pio de' Catecumeni, e v'abitarono. Il piacentino don Carlo Galli l'ebbe poscia. Ora appartiene al cavaliere conte Giambattista Giovio cui piacque di lodarne in una sua pistola al Conte Roberti20 il prospetto amenissimo: ed in vero angol non v'ha di monte, non sen di lago che sfugga al guardo lusingato e pago. Di là a pochi passi s'interna nel curvo lido il caserino della Zuccotta21 erettovi dai Volpi a solingo diporto. Per l'economia delle celle anguste possiam d'isgradarne quasi il lavor geometrico d'un alveare. Ma giù per la valletta che stagli a tergo scende poi non molto dopo il meriggio un frettoloso ponentello che increspa le onde, e fideicomisso22 nei mesi della state non manca mai.

Segue il Ceresajo, il quale a' giorni di Girolamo Borsieri era ancor colle alpestre, ed allor si ridusse a vigne ed a fertilità d'ottimi frutti, fra' quali hanno vanto i fichi. Poco oltre incontrasi Tavernola, che in questi ultimi anni fiorì per l'eleganza degli ospiti suoi, appigionata, com'ella fu, all'Intendente generale delle Finanze baron di Lottinger. Da una colonnetta ivi spuntante a fior d'acqua si determina da quel lato il confine della pescagione riservata al possessore di Grumello. È sul tappeto che il calle angusto dall'Olmo a Tavernola s'abbia da formare in agevole strada larga per braccia dieci23. L'amenità allora di tutta quella piaggia crescerà a dismisura, e forse alle falde dell'Olimpino cresceranno più ville che si specchino nel Lario. Nè l'opera viene consigliata soltanto dall'amenità, perciocchè su quella via, non senza esempio di sventure, si traggono le farine alla città sulle schiene de' muli, le quali allora verrebbonvi sulle carra, come pure i fieni che si falciano moltissimi nel piano della Bregia, e debbono ora con lungo giro guidarsi intorno al giogo dell'Olimpino per guadagnare con fatica retrograda l'altra strada, che a Como mette ed agli Svizzeri.

Ma da Tavernola per ire a Cernobio la via Regina discostasi assai dai lidi del Lario, e per vigneti e campi e praterie inoltrasi in quella grande piaggiata, che forse ne' secoli scorsi formossi tutta colle inondazioni del fiumicello Bregia, il quale non di rado poi romoreggia strabocchevole torrente; e va crescendo ognora il lido con sassi e ghiaje al suo sbocco. Alle di lui foci nell'autunno si prendono nobili trote, le quali amano di guizzare a ritroso sui sassi per deporvi le uova. Una gran parte delle perenni acque della Bregia è divertita all'uso de' mulini. Giace al di là di quelle, dentro un seno lunato, Cernobio, cui forse venne il nome dal vocabol latino Cœnobium. Eravi infatti un tempo un munistero di Cluniacesi, e poi vi succedette un convento di religiose, che da Giuseppe II insieme con tante altre vennero soppresse. Ma quella terra già prima di Pretore ornata, e de' suoi particolari statuti, fu distrutta e saccheggiata da Vincenzo Vegio, speditovi da Filippo Visconti duca di Milano; perciocchè i di lei abitanti aveano liberati a forza in Bellagio i debitori della camera fiscale. Ora ella è il soggiorno di piloti celebri e di esperti pescatori, nè scarseggia d'ameni casini, fra' quali vuole ricordarsi quello del marchese Tiberio Crivelli, dei Sala, del fu chiaro e pio poeta canonico Rezzano, e dei Clerici notaj e conti palatini. Pretendono alcuni che l'acqua della Colletta spicciante nel prossimo colle sia molto salubre, ma finora v'è controversia sulla di lei analisi. Dietro a Cernobio sorge con altissima vetta il Bisbino, sulla cui cima sta un tempio a Maria Vergine che dal popolo divoto frequentasi. È incredibile l'orizzonte che da quel cucuzzol discopresi, e qualora gli si aggirino dintorno le nebbie, se ne trae presagio in Como di pioggia imminente, onde avvi il proverbio

Vanne a prendere il mantello,

Che il Bisbino ha il suo cappello.


Sulle falde di questa montagna ampia si veggon le terre di Piazza e Rovenna patria del celebre pittore Angiol Michele Colonna. Vi si raccoglie frumento di grani sì belli e grossi, che volontieri cuocesi in minestra alla foggia del farro e dell'orzo. A pochi passi da Rovenna avvi una caverna detta il Pertugio della Volpe, e malgrado il difficile ingresso vi si mise dentro il dottor fisico Onorato Solari. Trovolla estendersi per 900 piedi parigini, e n'estrasse lunghi pezzi d'alabastro assai bello.

All'escir primo da Cernobio s'incontra il torrente Garro, presso cui intorno al 1568 il Cardinal Tolomeo Gallio cominciò il nobil palagio, che appellasi Garrovo, e spetta ora al marchese Calderara24. Volontieri v'approderà il viaggiatore, nè ommetterà di scorrere il viale, che sale sul monte, ed ha quinci e quindi due rivoli, che per centinaia di conche fluiscono scarpellate nel granito.

Prossimo gli sta Pizzo villa dei conti Mugiasca, i cui maggiori forzarono il dorso del monte a prestar loro ameni giardini di sol pieni e d'agrumi; poi curvandosi in circolo le rupi e la via regina si scopre Moltrasio, ove il conte Andrea Passalacqua costrusse non ha guari abitazion vasta e giardini a gran piani scendenti al lago più magnifici ancora. Ivi presso il baron Durini conservasi un Museo d'uccelli vivi, singolarissima cosa, e vi s'ode lo stridor minaccioso dell'aquila e il pianto armonico dell'usignuolo.

Nel petroso fianco del monte si cavan ivi le tegole pei tetti, e le caverne praticatevi e l'esperienza maestra ne fecero edificare celle parecchie per conservare il vino eccellenti, onde senza le cure, che usavano tante i Romani, possiamo bervi annosi liquori e sfidarli quasi nel lusso di quelle cene, per cui spillavano botti che ricevute aveano le uve pigiate sotto Consol remoto.

9

Bened. Jovii. Hist. Patr. p. 206. = Portus, qui nunc habetur, haud ita non multo ante tam frequens erat, sed alius portus fuit, qui modo Episcopatus appellatur, anno Domini XXV. supra M. et CC. conditus, qui, quia aucto lacu semiobrutus esset, alium construxere. Ad hunc autem antiquiorem portum, illac, ubi nunc horti sunt Episcopi, recta procedebant, unde Divi Probini ædem incursu ripæ ædificatam legimus, quo tempore regio illa frequentissima erat. Sed postquam in civitatula ab Azone Vicecomite condita fuit clausa, paucos habuit incolas, et vero per tempora libertatis Mediolanensis destructa, frequentior fieri cœpit.

10

Questa fu testè demolita, essendosi aperta la nuova strada di Lecco. L'Editore.

11

Fralle inedite lettere del Borsieri avvene una a Lodovico Carretti, in cui vedesi che gli Scalzi faceano pratiche per aver sul nostro territorio una solitudine da fabbricarvi un chiostro. Il Borsieri proponeva la Valle d'Intelvi, ma soggiungeva pure = Chi sa che non cerchin da lunge per trovar d'appresso? = E così fu, divennero essi pochi anni dopo possessori del Giardino del Borsieri. In altra di lui lettera al conte Costanzo d'Adda se ne legge la descrizione. V'eran dentro pitture del vecchio Luino, di Calisto Lodigiano, di Carlo Cremasco, di Giacomo Bassano, di Giacomo Tintoretto, di Giacomo Palma, di Camillo Boccaccino, di Domenico ed Andrea Pellegrini, di Pier Francesco Morazzone. Non vi mancavano belle ajuole con fiori, ombrose selve, industri fonti, armadj con libri eletti. Aveva poi anche il Borsieri nelle case di città qualche raccolta di marmi antichi. Ma Como può ripetere quel verso del Petrarca = Ben fera stella fu sotto ch'io nacqui = tutte si dispersero più volte le cose belle radunate da qualche egregio suo cittadino. Il Vescovo Archinti pria, poscia l'altro suo Vescovo Lazzaro Carafino lo spogliarono di molte iscrizioni che arricchirono Milano e Cremona. – Questo ritiro è stato soppresso. L'Editore.

12

Paolo Giovio in principio del volume = Elogia Virorum literis illustrium = nella descrizione del Museo ad Ottavio Farnese fa cenno dell'isoletta = Insula exsurgit firmissimo pariete circumsepta, jucundaque eminentibus pomiferis arboribus.

13

Larius Sigismondi Boldoni = Neque ego quemquam esse tam barbarum putarim, qui, si illac transiens surgentem novarum ædium molem aspexerit, atque inde disturbatos sæva pietate muros, et jacentem tot eruditorum operum congeriem et obliteratas imagines contempletur, lacrymas tam insigni ruina manantes tenere possit.

14

Fra le inedite lettere del Borsieri ve ne hanno al geografo Magini, ed allo stesso abate Marco Gallio, e da quelle scopresi il furore che avea quell'abate di cancellare la memoria di Paolo e de' Giovj, cui pur doveasi la sorte della di lui famiglia. Così operò pure per Balbiano e a forza d'oro fece che qualche tedesco desse il nome d'Alvito alla celebre Isola Comacina. Nella pubblica biblioteca Comense de' Dottor Collegiati avvi un Codice della Storia Patria di Benedetto Giovio, e in più luoghi nel margine del libro in cui de' templi si tratta e de' chiostri, viene malmenato il Gallio, e in un passo quasi a colmo di delitto si aggiunge = qui etiam Jovianum Museum funditus evertit.

15

Nella lettera al Domenichi del 1543 ai 17 luglio, e nell'altra al conte Agostino Landi del 20 del detto mese ed anno.

16

Veggasi l'itinerario dello Scoto, e il Salmon, e più altri. Fra questi il conte Giambattista Giovio nell'elogio di Monsignor Paolo Giovio in tutta quella parte del testo che corrisponde alle note dall'ottantesima quinta alla centesima sesta.

17

Qui ha principio la strada carrozzabile fatta costruire da S. A. R. la Principessa di Galles, e che termina alla di lei Villa d'Este dopo Cernobio. L'Editore.

18

Veggasi il volume delle Ordinazioni Decurionali scorrente dal 1577 al 1581. Ivi sotto il 5 d'agosto del 1578 leggesi la concessione perchè quelle acque = Villæ Grumelli magnifice ædificatæ ad hilaritatem fere publicam, maximam sint allaturæ hilaritatem.

19

Borsieri Descrizione manoscritta del territorio Comasco = Ballarini, Croniche pag. 316 = Rusca Luigi ne' suoi Madrigali sul Lario = Lettere di Francesco Vicedomini in Como pel Turato 1623, sul fin del volume.

20

Lettera dei conte Abate Giambattista Roberti al cavaliere conte Giambattista Giovio, e risposta del medesimo sopra Giacomo da Ponte pittore detto il Bassan Vecchio. Lugano 1777 alla pag. 58 e seguenti.

21

Ora villa deliziosa del sig. Configliachi Professore nell'I. R. Università di Pavia. L'Editore.

22

Una questa è delle espressioni care e ghiotte adoperate dal conte Magalotti nella lettera, in cui descrisse con istile sì bello, la sua villa di Lonchio.

23

Vedi la nota 1 alla pag. 12. L'Editore.

24

Presentemente la Villa d'Este di S. A. R. la Principessa di Galles. L'Editore.

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