Читать книгу La Marfisa bizzarra - Gozzi Carlo - Страница 13

ARGOMENTO.

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La riformata bizzarria dirassi, il costume e lo stato di Marfisa. La circostanza e dissensione udrassi della famiglia di Rugger di Risa; di Filinor guascone i strani passi, gli scrocchi e il vizio, il qual l'acconcia in guisa che parte di Guascogna derelitto verso Parigi a procurarsi il vitto.

1

Io mi son dilettato alquanto in vero il critico arruffato immaginando, ch'avendo udito l'altro canto intero, vada con questo e quello investigando co' disprezzi al tal verso, al tal pensiero, fanciulli e donne e librai guadagnando; e sopra tutto parmi di sentire le parole seguenti udirlo dire:

2

—Chi è questo poeta sconosciuto ch'esce alla stampa, e il vezzeggiar sublime di noi famosi, a gran prezzo venduto, morde sí franco e deride ed opprime? che stile è il suo da popolo minuto? Hassi a far conto alcun delle sue rime, poste in confronto a' nostri gravi temi, alle canzon pindariche, a' poemi?

3

Che gran faccenda a noi grandi saria lo scriver, com'ei fa, da scorreggiate, se la nostra spettabil fantasia volessimo abbassare a sue favate?— Dal detto al fatto è troppo mala via, pedante; non convien far le bravate. Prendi la penna e scrivi al paragone, e lascia poi decider le persone.

4

So quanto costa a me lo scriver puro, non so, pedante, delle tue fatiche; ma convien certo, e non ti paia duro, due parolette in astratto io ti diche. —Marmo, calcina e tempo vale un muro, sapone ed acqua voglion le vesciche. Sin ch'io canto Marfisa, t'assottiglia: scrivi qualch'opra che mi sia di briglia.—

5

Marfisa era un cervello suscettibile; però, i romanzi antichi avendo letti, come sapete, era prima terribile, e dormia co' stivali e i braccialetti; e quanto piú la cosa era impossibile nelle battaglie e piú forti gli obietti, come il Boiardo e l'Ariosto narra, era piú furiosa e piú bizzarra.

6

Ma poiché furon cambiate le cose e i nuovi romanzi usciti fuori, attentamente a leggerli si pose ed impresse il cervel d'altri colori; e cercò solo avventure amorose, sendo bizzarra ancor, ma negli amori, e d'altre sorti bizzarrie facea, come scrive Turpin che lo sapea.

7

Come ognun sa, Ruggero suo fratello sposata avea la bella Bradamante, la qual rimodernato avea il cervello e non è piú guerriera né giostrante; ma pensa alla famiglia e fa duello col fattor, col castaldo e colla fante, e riflettendo all'avvenire e a' figli, tutta all'economia par che s'appigli.

8

Chi l'avesse veduta alla cucina a gridar che s'abbrucian troppe legna, e l'avesse veduta alla cantina come alla botte scemata si sdegna, e a levarsi per tempo la mattina, l'avria creduta un'economa degna, ché venti chiavi in saccoccia portava e la minestra e l'olio misurava.

9

Non dimandar se i drappi alla rugiada di san Giovanni fa porre la notte, perché qualche tignuola non gli rada, e se fa dar lor spesso delle bòtte, e se fa chiuder l'uscio della strada per i ladroni, e se le calze rotte sa rattoppare e racconciar le maglie, e voler da' villan polli e rigaglie.

10

Scrive Turpin di quella tuttavia ch'ell'era attenta massaia e perfetta, ma che in secreto questa economia era di maliziosa formichetta, e che a se stessa facea cortesia, nascosta avendo piú d'una cassetta di be' zecchini, e di quelli il marito né avea ragione né sapeva il sito.

11

Rugger la vedea sempre in gran pensiero per il risparmio, onde non bada a questo; sol perch'egli era alfin pur cavaliero, parecchie volte si mostra rubesto, dicendo:—Moglie, a ragionar sincero, alcun de' vostri fatti m'è molesto, e farete le mani aspre e callose, ché v'avvilite troppo in certe cose.—

12

Quest'era per Rugger poca sciagura a petto quella che gli dá Marfisa, la qual va rovesciando ogni misura pe' suoi capricci, e spende in una guisa da far venire a Creso la paura; e compra e vende, e il fratel non avvisa, e cambia fogge e vestiti ogni giorno; sembra il mercato ov'ella fa soggiorno.

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Oggi faceva legar diamanti, diman non gli voleva piú a quel modo; lega, rilega, spendea piú contanti in legature che nel valor sodo; ch'or gli voleva balle, ora brillanti, ora in nastro, ora in fiore ed ora in nodo. Gli artier mascagni laudano ogn'idea, giurando che piú d'essi ne sapea.

14

Sarti, mercai, calzolai per le scale andavan suso e giuso a tutte l'ore, e conveniva loro metter l'ale per non provar di Marfisa il furore. Chi merletti, chi drappo o cosa tale, chi vesti seco porta e dentro e fuore, e chi polizze vecchie non pagate; poi va via con le gote rigonfiate.

15

I parrucchier ch'acconciavan la testa non è da dir se facea disperare: oggi i capelli corti volea questa, doman gli volea lunghi accomodare. All'impossibil menava tempesta, minaccia il parrucchier di bastonare; se qualche scusa il misero allegava, con la granata via lo discacciava.

16

Bestemmiando com'una luterana: —Non vo' nessuno mi perda il rispetto,— grida per casa, e sfoga la mattana dando alle serve uno schiaffo, un puzzetto. Mai non si vide una dama sí strana. Se avea la febbre, non istava a letto; se stava ben, diceva esser inferma e volea star sotto le coltre ferma.

17

Ai medici, che andavano a trovarla e le dicevan:—Non avete nulla,— gridava:—Andate via, dottor da ciarla; voi capireste al polso una maciulla, e forse anche sapreste medicarla.— Infin dall'aspra bizzarra fanciulla, se il mal che non avea non confessavano, un orinal nel ceffo guadagnavano.

18

Ma sopra tutto ell'era stravagante giuocando alla bassetta al tavoliere, dove, per vie di dir, metteva su un fante quanti danar si ritrovava avere; poscia mandava il parolo e piú inante; perduti quelli, si facea tenere in sulla fede, e perdea quanto mai; s'io tel dico, lettor, nol crederai.

19

Poi disperatamente andava a casa, e non avendo danar nello scrigno, va rovistando masserizie e vasa, argenti e gioie, con il viso arcigno. Di cuffie e merli fa la cassa rasa per far dei pegni, ovver con qualche ordigno va guastando le toppe del fratello, e soldi invola e gemme e drappi a quello.

20

Infine non istá mai cheta un'ora, fuor che quando i romanzi suoi novelli legge con attenzione ed assapora, ch'era associata alla stampa di quelli; tal che sempre il cervello piú svapora. Que' fatti che leggea le parean belli, ed era partigiana imbestialita della nuova dottrina fuor uscita.

21

Or vorrebb'esser stata ballerina, or cantatrice divenir vorria, or commediante ed ora contadina, or zingara e pel mondo fuggir via, per donar argomento alla dottrina che fiorire in quel tempo si vedia, e lasciar la memoria assai famosa di sé per qualche libro alla franciosa.

22

E con gli amanti, che n'aveva cento, sopra a' romanzi va sottilizzando e discorrendo e lodando il talento di Marco e di Matteo di quando in quando. Gli amanti d'essa avevano spavento e cercan contentarla ragionando, e sol fra loro facevan schermaglia, perch'eran molti bracchi ad una quaglia.

23

E il numer sempre si facea maggiore, perché Marfisa tra gli altri pensieri a tutte l'altre dame volentieri; e quanto all'arte di far all'amore, non sia chi meglio saper farlo speri, perocché, quanto a questo, ella è decisa: non verrá al mondo una pari a Marfisa.

24

E benché dal Boiardo fu descritta moretta alquanto e bella oltremisura, io l'ho veduta su un quadro pitta e la trovai differente in figura. Occhio avea grande, d'imbusto diritta era, e non alta molto di statura, e pochissima carne avea sull'ossa, la chioma bionda, anzi potrei dir rossa.

25

Molte altre cose ancor le ho ricavate in certi versi del poeta Marco, il qual facea composizion sfoggiate per que' che Amore avea presi con l'arco, e guadagnava almen per le insalate da qualche amante nello spender parco. Basta, tra il quadro e quella descrizione, posso dar di Marfisa opinione.

26

Niente è vero ch'ella fosse bruna, anzi era bianca e un po' lentiginosa; nel seno non avea molta fortuna, ma fu in accomodarlo artifiziosa; la bocca a fare un ghignetto opportuna, la guardatura or dolce or dispettosa; le braccia, indi le mani alquanto asciutte, ma co' brillanti non parevan brutte.

27

Infin, per quanto potei rilevare, non si può dir Marfisa fosse bella. Giudico ben ch'ella sapesse fare, o fosse nata sotto alcuna stella da far i maschi tutti sospirare. Forse la bizzarria della donzella, le stravaganze e fierezze eran strali, ch'io n'ho veduti mille esempi tali.

28

Chi dirá di Rugger la penitenza, avendo una sorella come questa, che si potea chiamar la violenza, prodiga in una forma disonesta; ed una moglie, ch'era l'astinenza, che in tutto pel rovescio avea la testa, sendo la casa sua sempre in litigi e il tema delle lingue di Parigi?

29

Non c'era giorno che fra le cognate passasse senza rimproveri e grida: Rugger le ha mille volte separate, perché l'una con l'altra non s'uccida. Talor non mangia a mezzo, e le ha lasciate a mensa in man del ciel che le divida, e poi la notte dalla moglie avea tormenti che portar non gli potea.

30

La suora avea tentato maritarla pria con Leon, figliuol di Costantino imperator, ed egli di sposarla avea promesso, e il nodo era vicino, e come sposo andava a visitarla; ma scoprendo ogni giorno il cervellino e i bizzarri costumi della moda, pensò lasciarla alfin maggese e soda.

31

E perché il patto era ito innanzi molto e discior nol potea senza disnore, risolto avendo di non esser còlto marito d'una ch'avea troppo core, si finse un tratto divenuto stolto e di cader di furore in furore. Cinqu'anni ebbe la flemma a fare il matto, tanto che alfin fu lacero il contratto.

32

Di ciò Marfisa non ne dá un pistacchio; bastale aver di serventi un codazzo, e alla bassetta scaricare il bacchio, e non le manchi di romanzi un mazzo, e il cambiar fogge e il cappello e il pennacchio, e il poter a suo modo far rombazzo. Rugger s'affanna a troncar la sciagura, e trova un altro sposo e fa scrittura.

33

Ed era questa scritta col figliuolo di Desiderio, re de' longobardi. Gan da Pontier manda un suo messo a volo secretamente a dirgli che si guardi, ch'avea Marfisa d'amanti uno stuolo, e che si pentirebbe o tosto o tardi. Quel principe non bada a questa cosa, né vuol rompere il patto della sposa.

34

Gan che veder voleva un'altra scena, perché nimico è di Rugger mortale, fa dire alla fanciulla ad una cena, alla qual era un dí di carnevale, che suo fratello alla mazza la mena per servir Bradamante, e che quel tale non era a sua persona convenevole, sendo in man d'un norcino e cagionevole.

35

Non è da dir se Marfisa s'accese a questa nuova, fosse falsa o vera. Va predicando per tutto il paese due gran tristi, Rugger e la mogliera; e scrive al cavalier com'ella intese alcun'accuse, e faccia una bandiera della scritta nuziale, o ad una rocca un cartoccino, o si netti la bocca.

36

Rugger fu quasi per scoppiar di rabbia. Don Guottibuossi, prete suo di casa, fe' tutto acciò Marfisa si riabbia, ma quella serpe non fu persuasa. Or qui non so come a narrare io v'abbia della scrittura che a pezzi è rimasa. Turpin ha scritto: «Ella fu lacerata dal longobardo e addietro rimandata».

37

Altri han cercato oscurar la faccenda, e forse per onor del buon Ruggero scrivono in altro modo una leggenda, che a lacerarla egli fosse il primiero. Comunque fosse, e' basta che s'intenda ch'ebbe l'intento Ganellone intero, e che per questo caso Rugger ebbe un disonor che dir non si potrebbe.

38

Anche Marfisa non avea vantaggio ed era screditata nella fama. L'opre bizzarre e varie ed il coraggio e il vivere alla moda della dama venía chiamato in francese linguaggio ciò che «pazzia» nell'Italia si chiama, e dell'etá non era tanto fresca da seguir con fortuna la sua tresca.

39

In queste circostanze dolorose è la magion del gran Rugger di Risa. Ma mi convien ordinar l'altre cose e lasciar cheta un pocolin Marfisa. Or udirete le imprese famose di Filinoro, e fatti d'altra guisa, e come venne a Carlo di Guascogna, perocché ordir la tela pur bisogna.

40

Filinor di Guascogna un giovanetto era nobil di stirpe e bello assai. Passava presso a molti uom d'intelletto, nelle conversazion non tacea mai; parea ch'ogni materia avesse letto. Io so, lettor, che te ne stupirai s'era stimato dotto, e non so come, si può dir che scrivea male il suo nome.

41

Aveva una sí gran ritenitiva che, quando un sapiente ragionava, nella memoria tutto ciò che udiva, come uccellino al vischio, gli restava; donde se il caso in acconcio veniva, tutto quel che avea in capo vomitava, co' termini e le frasi che sapea, sicché un novello Salomon parea.

42

Entrava franco a ragionar di storia, e giudicava della poesia; filosofo era, e voleva vittoria in medicina ed in astronomia; geografo, topografo, e a memoria avea la Bibbia e la teologia; nel militare e nella matematica ragiona per teorica e per pratica.

43

Ma perché non avea fondo in dottrina, né aver poteva buon discernimento, s'era alla dritta, andava alla mancina, e ragguazzava e usciva d'argomento. Perché non gli mancasse la farina, faceva cialde e ignocchi a suo talento: vero è che dove fosse qualche dotto, affettava modestia e stava chiotto.

La Marfisa bizzarra

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