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Capitolo 4

Come appariva dal secondo spezzone restaurato di film, i nudisti alieni erano individui simili agli esseri umani a parte alcuni considerevoli caratteri:

Avevano un viso simile al muso dei koala terrestri, ma privo di peluria, e quattro dita per mano come, d’altronde, quattro erano quelle degli scheletri umanoidi ritrovati, e per questo l’aritmetica di quella specie intelligente, come risultava da fogli con calcoli e come s’era potuto verificare, dopo la decifrazione dei simboli, grazie ai conteggi della ventottenne dottoressa Raimonda Traversi, geniale matematica e statistica dell’équipe, era a base otto25: gli antenati di quei koala antropomorfi dovevano aver iniziato a far di conto, nel lontano passato, sulle loro otto dita, mentre gli esseri umani avevano preso a computare sulle loro dieci creando, diversamente, un’aritmetica decimale; altra differenza rilevante era un marsupio sul ventre delle femmine: “Specie mammifera marsupiale placentata”, aveva decretato, con assoluta ovvietà, il maggiore dottor Aldo Gorgo, cinquantenne segaligno e allampanato, medico chirurgo militare di bordo e biologo coordinatore del gruppo scientifico astrobiologico.

Tutti i ritrovamenti denunciavano che, al momento della sua scomparsa, la civiltà del pianeta 2A Centauri26 s’era trovata nella stessa situazione scientifico-tecnologica della Terra della prima metà del XX secolo; tuttavia, a una prima approssimativa datazione dei vari manufatti e degli scheletri, era risultato ch’essi erano collocabili in un’età coeva agli anni terrestri fra il 1650 e il 1750 per cui la civiltà aliena, al momento della sua estinzione, aveva preceduto di oltre due secoli quella del nostro pianeta: al ritorno a casa, la datazione sarebbe stata ripetuta con strumenti assai più sofisticati di quello portatile in dotazione alla cronoastronave 22, ma assai probabilmente il risultato non si sarebbe scostato di molto.

Grande era negli scienziati il desiderio di scoprire la causa della scomparsa di quella razza intelligente. In primo luogo avrebbe potuto dare una risposta la registrazione sul disco fonico recuperato, dopo la pulizia sonora e un lavoro d’interpretazione, non facile nonostante l'ausilio dei robot traduttori; e avrebbero potuto giovare anche due documenti cartacei rinvenuti nella medesima stanza; ma questo studio e altri si sarebbero potuti svolgere solo dopo il ritorno sulla Terra, nell’Università La Sapienza di Roma per conto della quale la missione scientifica era balzata su quel lontano pianeta; e ormai il momento del rimpatrio era giunto, essendo quasi passato il periodo, corrispondente a un massimo di tre mesi terrestri dal momento della partenza, entro il quale era fatto obbligo di rientro da una legge del Parlamento degli Stati Confederati d’Europa, la Legge del Cronocosmo.

A fine cena la comandante, il maggiore ingegner Margherita Ferraris, aveva comunicato senza preamboli agli ufficiali fuori servizio e agli scienziati, tutti seduti con lei attorno alla gran tavolata della sala mensa e riunioni: “Signori, tra poco si torna a casa”: Margherita era una nubile trentasettenne slanciata e sfiorante il metro e ottantacinque, nera di chioma e dal viso pienotto e grazioso: una persona decisa e un ufficiale assolutamente brillante; s’era laureata col massimo dei voti, una dozzina d’anni prima, in Ingegneria Spaziale al Politecnico di Torino e, essendo stata ammessa per concorso, durante l’ultimo biennio, anche all’Accademia Cronoastronautica Europea, collegata a quello e ad altri politecnici del continente, aveva ottenuto il grado di tenente del Corpo assieme alla laurea; entrata in servizio, era stata assegnata dapprima come secondo ufficiale a un vascello cronoastronautico che portava il numero 9, vale a dire il nono in ordine di costruzione, e anni dopo era salita a sub comandante dello stesso sigaro col grado di capitano: s’era fatta un’esperienza completa, in quanto la nave 9 era stata impegnata prima in missioni spaziali e, negli ultimi anni, in viaggi nel passato della Terra; di recente Margherita era stata promossa maggiore e aveva avuto il comando del novissimo vascello 22.

“Sono ansioso di ascoltare il disco sonoro, non appena l’avremo accomodato nel nostro laboratorio a Roma”, aveva detto ai commensali il professor Valerio Faro, direttore presso La Sapienza dell’Istituto di Storia delle Culture e delle Dottrine Economiche e Sociali, uno scapolo quarantenne bruno di capelli alto quasi due metri e di fisico robusto.

“Sì, anch’io ne sono ansiosa”, aveva fatto eco la dottoressa Anna Mancuso, ricercatrice di Storia e collaboratrice del Faro, una siciliana trentenne dai fini lineamenti e occhi grandi verdi, bionda perché lontana discendente d'occupanti normanni della sua isola, bella nonostante la non alta statura d'appena un metro e settantaquattro, contro la media femminile europea di uno e ottanta.

“Io pure ho gran curiosità al riguardo”, era intervenuto l’antropologo professor Jan Kubrich, un quarantacinquenne professore associato dell'Università La Sapienza, biondastro rotondetto alto un metro e ottantacinque, statura media per lo standard maschile del tempo, uomo scientificamente rigoroso, ma appassionato purtroppo della Vodka Lime fino al punto di mettere a repentaglio la propria salute.

Aveva fatto séguito Elio Pratt, quarantenne professore associato d’Astrobiologia a La Sapienza, specializzato in fauna e flora acquatiche, nonché subacqueo eccellente distintosi in gare d’immersione nei mari terrestri: “Io ho già potuto avere molti risultati sulle specie che ho adunato nelle due vasche, ma certamente una volta a Roma potrò di molto approfondire”.

“Seguirò con gran interesse il vostro lavoro e credo che potrò esservi utile nelle traduzioni”, aveva detto da parte sua la matematica e statistica Raimonda Traversi.

Il coordinatore del gruppo astrobiologico dottor Aldo Gorgo non aveva invece parlato: essendo lui il medico militare di bordo e non un docente o ricercatore universitario, semplicemente avrebbe continuato il suo servizio sulla nave, lasciando il prosieguo delle ricerche agli altri studiosi.

Meno di un’ora dopo, tempo terrestre, la nave 22 aveva lasciato l’orbita del pianeta dirigendosi nello spazio profondo per compiere, dalla distanza di sicurezza regolamentare, il balzo cronospaziale verso la Terra: come già all’arrivo prima dell’entrata in orbita, 2A Centauri s’era presentato ai cronoastronauti nella sua interezza, coperto di ghiacci nelle zone artica e antartica, entrambe senza terre sottostanti, e con due continenti, entrambi in area boreale, grandi ciascuno poco meno dell’Australia, divisi da uno stretto braccio di mare, mentre l’altra faccia del globo era coperta interamente da un oceano.

Alle 10 e 22 minuti, ora di Roma, del 10 agosto 2133 la cronoastronave 22 s’era immessa in orbita attorno al nostro mondo. Sulla Terra erano trascorse poco più di diciotto ore da quando, alle 16 e 20 del 9 agosto, la spedizione scientifica s’era imbarcata con destinazione il secondo pianeta della stella Alfa Centauri A: era stato grazie al dispositivo Cronos del sigaro che sulla Terra non era passato neppure un giorno, anche se la spedizione era rimasta a lungo su quel mondo alieno. La fatica che gravava su tutti era però quella dei mesi di lavoro sopportati.

Gli scienziati e la parte d’equipaggio che avrebbe goduto del primo turno di franchigia erano desiderosi di rilassarsi, chi non avendo famiglia in una vacanza tranquilla, chi nella quiete domestica ritrovando i propri cari dopo la lunga separazione. I famigliari, al contrario, non soffrivano mai il senso del distacco, per essi infatti passava ben poco tempo prima del ricongiungimento. Dopo le prime esperienze, i viaggiatori e i loro cari s’erano abituati alle conseguenze di tali anacronismi, fra i quali l’invecchiamento di chi era partito, sia pure non evidentissimo in quanto anche per questo motivo, oltre che per lo stress che comportavano, le missioni non potevano superare il tempo massimo di tre mesi. A differenza di quanto previsto dall’Einstein per i semplici viaggi spaziali a velocità prossima a quella della luce, per cui l’astronauta sarebbe rimasto giovane e gli abitanti della Terra sarebbero invecchiati, le spedizioni con balzi temporali non influivano sull’età del cronoastronauta, egli subiva solo l’azione invecchiante naturale dovuta al trascorrere dei mesi durante i soggiorni su altri pianeti e, per i cronoviaggi, sulla Terra del passato.

Le comunicazioni dal e col nostro pianeta erano rimaste interrotte fin dal balzo della nave 22 verso il pianeta alieno, avvenuto per ragioni di sicurezza, secondo i regolamenti, dalla distanza d’un milione di chilometri dall’orbita lunare: le trasmissioni radio e televisive erano del tutto inutili perché, viaggiandole le onde a una velocità appena tendente a quella lentissima della luce, sarebbero giunte a destino dopo gran tempo: sul pianeta 2A Centauri sarebbero arrivate dalla Terra all’incirca 4,36 anni più tardi,27 quando ormai gli esploratori sarebbero ripartiti da un pezzo. Era sempre così nei viaggi spaziali e, ovviamente, a causa dello sfasamento cronologico, pure in quelli nel tempo: i cronoastronauti restavano del tutto isolati, i soli “collegamenti”, volendo chiamarli così, erano quelli detti “congelati”, si trattava cioè di tutte le informazioni relative alla Terra, dalle storiche più antiche alle recentissime, tratte dagli elaboratori elettronici pubblici del mondo e racchiuse, fino a un momento prima di partire, nelle memorie dei computer di bordo e, per certi dati, pure in quelli individuali dei membri dell'equipaggio e dei ricercatori: anche tali elaboratori personali, nonostante l'estrema piccolezza, erano potentissimi, con capacità di memoria e prestazioni inimmaginabili al tempo dei primi goffi personal del XX secolo e degli stessi PC dei primi decenni 2000.

Non appena entrati in orbita, la comandante Ferraris aveva ordinato d’aprire il contatto con l’astroporto di Roma, nel quale i ricercatori e il personale in franchigia s’accingevano a sbarcare.

Shock!

Anche se la rigorosa disciplina di bordo aveva impedito all’equipaggio d’esprimere emozioni, la situazione era apparsa di colpo oltremodo allarmante: le comunicazioni da terra erano giunte in tedesco! Eppure la lingua universale, da tanto tempo ormai, era l’inglese internazionale, anche se gli altri idiomi, fra cui la lingua di Goethe e di Hitler, non erano defunti e, fra intimi, li si parlava ancora, così come un tempo era stato per i dialetti.

Come l’equipaggio e gli studiosi della 22 avrebbero meglio capito di lì a poco, alcunché di storicamente terribile era accaduto e li aspettava giù a terra, qualcosa che stava per sconvolgere le loro attese contente e che già aveva annullato, come se mai ci fosse stata, quella buona vita di cui, per ottant’anni, avevano goduto l’Europa e molti altri Paesi, e alla quale anche il resto della Terra era ormai prossimo grazie a un patto fra tutti gli Stati del mondo, stipulato nel 2120, che aveva portato, sull'esempio di precedenti casi storici zonali,28 a un mercato internazionale interamente senza dogane, considerato da tutti un primo abbozzo di unione politica mondiale: sull’esperienza storica non s’intendeva creare, come seconda fase, una moneta unica senz’aver prima unito il mondo politicamente e costituito, parallelamente, un istituto d’emissione centrale globale dotato di pieni poteri monetari; era stata infatti appresa l’amara lezione dell’Europa dei primi anni 2000 in cui l’euro aveva preceduto l’unione politica con gravi danni per molti Stati aderenti, bisognosi a un certo punto di maggior moneta senza che potesse venir loro in soccorso un autonomo Istituto d’emissione europeo, situazione per la quale l’unione stessa aveva rischiato, per un certo tempo, di sfasciarsi, fino a quando non era prevalsa, alla buon’ora, la ragione ed era sorta la Confederazione29 politica europea con la propria Banca Centrale d’emissione. Peraltro la storia della Terra era stata particolarmente sofferta già dapprima della crisi europea, della sua conclusione e del prospero e pacifico ottantennio che ne era seguìto: nel ’900 il mondo era passato per due guerre mondiali tremende, con decine di milioni di morti, e attraverso diversi conflitti locali, e una volta vinta la belva nazifascista, era transitata drammaticamente per la cosiddetta guerra fredda fra Occidente e Unione Sovietica; poi la Storia era passata, quasi ovunque nel mondo, per la liberatoria morte dell'altra dittatura politica, il comunismo; però, s’era pure scontrata col capitalismo esasperato e il concomitante tracollo della spiritualità. Finalmente, dalla metà del XXI secolo c’era stata la risalita conclusa con la conquista d’una condizione pacifica e prospera nemmeno immaginabile nei secoli precedenti.

Tale condizione benigna era svanita ed era in atto un’Alter Storia. Vigeva egualmente la pace mondiale, ma illiberale, basata, come ignoravano per il momento gl’imbarcati sul sigaro 22, sopra una seconda guerra mondiale alternativa, combattuta con bombe disgregatrici e vinta dalla Germania nazista: si trattava d'una pace che, parafrasando un antico detto latino,30 in realtà era solo un deserto dell’anima, che aveva comportato la scomparsa d'intere etnie, definite razze come quelle dei cani: l’ebraica dapprima, annientata, e poi la nera africana ridotta interamente in schiavitù e messa al lavoro in modo talmente disumano da provocarne la quasi estinzione. Solo i popoli delle cosiddette “razza gialla” e “razza araba” erano stati rispettati, in quanto pseudo studi antropologici avevano dichiarato trattarsi di parallele genti derivate da una divisione evolutiva della stirpe indo-ariana, avvenuta duecentomila anni prima; in realtà i motivi erano stati pratici: da una parte non sarebbe stato quasi certamente possibile, alla relativamente poco numerosa “razza” ariana che aveva conquistato il mondo, sterminare del tutto l’enorme popolazione di pelle gialla; dall’altra, nel ’900 gli arabi erano stati, come i nazisti, strenui avversari degli ebrei, anzi erano stati alleati della Germania nella guerra di spie degli anni ’30, e questo aveva loro guadagnato la magnanimità di Hitler, anche se sarebbe stato assai difficile per gli antropologi nazisti giustificare la discriminazione, avendo gli ebrei e gli arabi la stessa origine semita.

I consumati addetti alle comunicazioni della nave 22, senza scomporsi sebbene, come tutti, con l’animo in tumulto, e senza bisogno di riceverne l’ordine dalla comandante avevano inserito, prima d’esprimere una sola parola, uno dei traduttori automatici di bordo, ch’erano operanti in entrambe le direzioni, e con la scusa che le parole non erano arrivate chiaramente, avevano chiesto suo tramite di ripetere. La comunicazione da Roma era giunta di nuovo, espressa in inglese internazionale attraverso il computer traslatore: si trattava di ordinarie disposizioni di servizio da parte degli addetti al traffico astro portuale. Erano state eseguite dalla cronoastronave alla lettera; ma se la disciplina del personale di bordo, appresa nelle accademie per ufficiali o per sottufficiali del Corpo Astronautico, aveva evitato intoppi e forse guai, i cuori di tutti restavano in burrasca.

La comandante aveva fatto riprendere, dalle videocamere del sigaro 22, immagini ravvicinate della Terra lungo l’orbita su cui il vascello rivoluzionava, evitando di lanciare satelliti esploratori su altre orbite per non insospettire qualcuno a terra, ché il fatto non sarebbe stato conforme alla prassi di rientro.

Dopo aver riflettuto ed essersi consultata col primo ufficiale capitano Marius Blanchin, un parigino trentenne alto un metro e novanta, magro, di pelo rosso e occhi verdi ereditati dalla madre irlandese, Margherita aveva deciso di scendere personalmente all’astroporto per un’ispezione diretta, nell'intento di comprendere un po’ meglio la situazione prima d’assumere altre iniziative. Poiché non conosceva il tedesco, pur avendo un traduttore inserito nel proprio micropersonal aveva chiesto a Valerio Faro d'accompagnarla, dato ch'egli comprendeva e parlava quella lingua fluentemente avendola studiata a fondo, a suo tempo, per la sua tesi di laurea in Storia delle Dottrine Economiche e Sociali incentrata su opere del tedesco Karl Marx, e avendola usata per successive ricerche storiche: Margherita riteneva a ragione che, nel caso fosse stato necessario esprimersi in tedesco faccia a faccia con qualcuno, sarebbe stato opportuno che un buon conoscitore della lingua parlasse direttamente, senza tramiti strumentali, così da ridurre il rischio d’essere scoperti.

Intanto, usando uno dei traduttori automatici di bordo, la comandante aveva chiesto in tedesco a Roma l’autorizzazione a prendere terra con un disco-navetta. Era stata concessa senza difficoltà. In Margherita s'era rafforzata l'idea, che già l’aveva toccata constatando che non erano venuti intoppi da terra, che la loro missione fosse stata tranquillamente a conoscenza del Comando dell’astroporto.

Un certo Paul Ricoeur, soldato del plotone di fanteria d’Astromarina ch’era dislocato sulla nave con compiti di protezione, aveva preso posto sul disco assieme alla comandante, a Valerio Faro e alla sergente pilota Jolanda Castro Rabal. Ciascuno dei quattro aveva con sé un paralizzatore individuale.

Giunti a terra avevano visto, gelando, che sull’asta svettante sulla torre dell’astroporto di Roma campeggiava la bandiera della Germania nazista invece del solito stendardo turchino con stelle dorate disposte in cerchio degli Stati Confederati d’Europa.

La comandante aveva ordinato alla pilota: “Jolanda, rimani nel disco, stai in preaccensione e sii pronta a decollare”, quindi era sbarcata cogli altri. Erano entrati nell’edificio dell’astroporto. Qui il trio aveva potuto incrociare diversi simboli nazisti; tra l’altro s’era imbattuto in un gran bassorilievo commemorativo esaltante 'Adolf Hitler I, Duce e Imperatore della Terra e Conquistatore della Luna'; e udendo le persone incontrate parlare tra loro in tedesco e vedendo alcune di esse salutarsi, come nel III Reich, col braccio teso, i tre avevano verificato senza possibilità di dubbio di trovarsi in una società politicamente diversissima dalla loro, in cui non aveva luogo la vivida democrazia che avevano lasciato alla loro partenza, ma era il nazismo a dominare.

Mentre il gruppetto tornava sui propri passi, Margherita aveva sussurrato, esitante, ai due compagni: “Potrebbe trattarsi d’un guaio scatenato da noi stessi per un malfunzionamento del congegno Cronos”.

Non appena a bordo della navetta, aveva ordinato alla pilota il ritorno sulla nave.

Nei pochi minuti necessari a raggiungere il vascello, il pensiero di tutti era andato alle rispettive famiglie; s’erano chiesti se i loro cari li avrebbero riconosciuti e se, addirittura, in questo mondo essi ci fossero: Margherita aveva lasciato sulla nostra Terra padre, madre e la sorella più giovane, anch’ella ingegnere ma civile e titolare di studio professionale, Valerio la mamma, un fratello coniugato e due nipotini; la pilota il marito; il soldato la moglie e una bambina.

Di sicuro c’era soltanto che quel disordine temporale non aveva avuto effetto su equipaggio e passeggeri della cronoastronave, per cui nessuno s’era ritrovato inglobato, fors’anche psicologicamente, nella nuova società nazista.

La comandante si riprometteva di raccogliere, non appena a bordo, notizie su questa nuova sconosciuta Alter Terra collegandosi, tramite uno dei computer principali della nave, a un archivio storico: con cautela, tuttavia.

Al momento d’uscire dal disco nell’astrorimessa Valerio Faro le aveva detto: “Ci ho riflettuto, Margherita, e forse tu ti sbagli: il guaio può essere dipeso non dalla nostra nave al rientro, ma da un sigaro in esplorazione nel passato; e forse è proprio in grazia della gran lontananza dalla Terra della nostra 22 durante il mutamento storico che non ne siamo stati influenzati.

“Hmm…” aveva preso a considerare lei in un mugugno.

Aveva ripreso lui: “Margherita, nonostante le gran cautele che la legge impone per i viaggi nel passato della Terra, la certezza assoluta che non ne sia modificato il futuro non può esistere. Che ne dici? Non è forse possibile che il danno sia venuto dal sigaro 9? Ricordi, no? che solo un paio di giorni prima che noi prendessimo il volo per 2A Centauri era balzato nell’Italia del 1933, con l’équipe storica del professor Monti?”

“Forse hai ragione”.

Effettivamente, anche se, fin ad allora, mai nessuna missione storica aveva interferito con le vicende della Terra avendo ognuna rispettato sempre gli ordini governativi di non ingerenza, tuttavia un incidente non era del tutto impossibile, tant’è vero che, come la Storia ricordava, proprio la prima cronospedizione storica aveva rischiato un guaio temporale: un suo disco, mentre nell'anno 1947 si trovava in esplorazione a bassa quota sul New Mexico, era stato avvistato e segnalato da una formazione di bombardieri dell’USAF e lesionato, poco dopo, da un colpo di contraerea dell’aviazione militare esplosogli vicino. La navetta, pur se danneggiata, era riuscita ad atterrare in una località desertica presso Roswell e i quattro occupanti erano stati prontamente imbarcati da un altro disco e posti in salvo. Nessun sconvolgimento temporale era successo solo grazie a un particolare dispositivo di cui erano dotate tutte le navette e ch’era stato messo in funzione dal pilota prima d’abbandonare il mezzo: un congegno che aveva fuso ogni parte utile a eventuali lavori di retroingegneria, per cui il rottame recuperato non aveva potuto servire alle Forze armate degli Stati Uniti.

Era noto d’altronde che la cronoastronave 9 non era più recentissima, come denunciava il suo basso numero di serie, per cui non erano inverosimili improvvisi guasti, nonostante i costanti lavori di manutenzione.

Così come supponeva il Faro, secondo gli ufficiali ingegneri della 22 la nave e i suoi esseri umani non erano stati toccati dalla svolta nel tempo – come l'aveva chiamata Margherita – perché il sigaro s’era ritrovato al di là dello spazio-tempo attorno a 2A Centauri; e ciò li faceva supporre, sempre come aveva pensato Valerio, che il disordine temporale non fosse stato causato dal sigaro ma da un'altra crononave che, in epoca precedente il 2133, avesse accidentalmente modificato il futuro a causa d’un qualche infortunio.

La comandante aveva infine convenuto che, se la calamità fosse dipesa dalla cronoastronave 22 al rientro in orbita, anch'essa, con tutte le registrazioni dei suoi computer e con gli esseri umani che trasportava, sarebbe stata verosimilmente trasmutata divenendo parte del mondo nazista.

Si trattava di sapere adesso quante e quali spedizioni storiche, dopo quelle già sicuramente rientrate prima che il sigaro 22 avesse lasciato il nostro mondo, fossero balzate nel passato durante il breve lasso di tempo intercorso sulla Terra fra la partenza e il ritorno della nave di Margherita: solo quella del professor Monti e della sua équipe con la nave 9, oppure anche altre?

C’era nondimeno da considerare, come Valerio aveva fatto rilevare dopo aver riflettuto ulteriormente, un’eventualità diversa da quella d'un solo universo mutato da un incidente, quella di universi paralleli: si trattava della seria congettura di tanti cosmofisici, giunti in merito nei decenni alle più disparate teorie senza tuttavia riuscire a verificarne nessuna sperimentalmente; se tale ipotesi fosse stata vera, allora non ci sarebbe stata una svolta nel tempo con una modificazione del futuro della Terra, ma la cronoastronave 22 sarebbe saltata a un certo momento, per un errore di manovra o per un guasto dell’apparato Cronos, entro un universo parallelo assai vicino a quello della Terra, un altro cosmo dove sussisteva un’Alter Terra nazista invece del nostro mondo; e in questo caso, in certo modo, sarebbe stato vero quanto aveva temuto Margherita: la causa sarebbe stata la nave stessa.

Se ne era discusso.

Valerio aveva detto a un certo punto: “Supponiamo una pluralità incommensurabile d’universi ciascuno avente a base della sua nascita una singola decisione; ad esempio, un cosmo deriva dalla mia risoluzione d’andare in un certo luogo dove m’aspetta un incidente che m’uccide, mentre se non ci vado, io resto vivo e quell’universo non sorge; ebbene, come storico e come filosofo mi domando se la molteplicità di cosmi resti solo ipotetica e sia reale sempre e solo un unico universo originato, via, via, dalle decisioni veramente prese e dai fatti realmente accaduti, oppure se gli universi paralleli ci siano realmente tutti e, in particolare, se ogni persona si trovi a vivere in molti di essi, cioè a essere un io per ogni possibile scelta di vita sua o di altri e per ogni avvenimento influente, e dunque ella esista su ogni Terra e Alter Terra e Altra Terra ancora e così via. Ciascuno di questi fatti o decisioni crea un nuovo, reale universo oppure no? Per quanto riguarda noi, in questo mondo nazista, ci sono pure i nostri alter ego?”

Era intervenuto l’antropologo Jan Kubrich: “Vediamo se ho capito bene, Valerio: ad esempio, in un caso cade sulla testa d’un passante da un davanzale un vaso di fiori e lo uccide, quella persona muore e basta e non c’è un altro universo in cui ella invece non sia colpita e resti viva e questa seconda possibilità resta dunque meramente ipotetica; nell’altro caso invece, ci sono due paralleli cosmi concreti, dove rispettivamente il vaso cade e non cade, e la persona realmente muore in uno e resta viva nell’altro. È così?”

“Sì. Adesso traccio due semplici grafici, Jan”. Valerio s’era approssimato al computer più vicino e aveva elettronicamente disegnato un paio di schemi nell'aria, poi aveva detto a tutti: “Rappresentando con la linea continua le situazioni realmente in essere e con quella tratteggiata quelle solo ipotetiche e non realizzatesi, e semplificando al massimo, ci si può chiedere se sarebbe così, come in questo schema A


oppure così, come nel seguente schema B


e andando, a titolo d’esempio, al mio caso personale, ci si può domandare se ci sia solo il Valerio Faro che vi sta parlando, lungo la linea continua dello schema A, cioè un me stesso esistente sopra questa reale e unica Alter Terra nazista, oppure se ce ne sia anche un altro sulla nostra Terra non nazista, vale a dire, andando al grafico B, se ci sia un Valerio Faro vivente contemporaneamente lungo due linee continue parallele: un me stesso sulla Terra e un altro su Alter Terra. Nel caso che io esista soltanto su Alter Terra, cioè se è vero il grafico A, la Terra che noi conosciamo non esiste più, essa cioè è solo idealmente collocabile su di una linea tratteggiata del medesimo grafico A, una linea ormai ipotetica, divenuta inesistente”.

Gli era arrivato dalla comandante: “I due Valerio Faro, o le due Margherita Ferraris, e così via per ognuno di noi, potrebbero però non essere, in questo momento, su due linee continue secondo lo schema B, ma sopra una linea continua secondo il grafico A, cioè su quella linea che nello stesso grafico rappresenta la Terra nazista; in altre parole, tu e io qui sul sigaro e Valerio e Margherita numero 2 giù nel mondo: entrambi sulla stessa Alter Terra, e così pure potrebbe esserci un doppio su Alter Terra per ciascuno degli altri”.

Aveva considerato lui: “…e io ti complico ulteriormente le cose: potrebbe essersi verificato uno sdoppiamento del sigaro con tutti i suoi passeggeri, per cui potrebbe essere tornata una nave 22 sulla nostra Terra parallelamente all’arrivo su Alter Terra di questa nave 22 su cui siamo noi ora, anzi di questa alter nave 22; e in tale caso, i Valerio Faro, per restare a me solo, potrebbero essere non due, uno sulla Terra e uno su Alter Terra, ma addirittura tre, due qui e uno sulla nostra Terra. Se invece non ci sono universi paralleli, cioè se si esclude del tutto lo schema B e s'accetta per vero solo quello A, c’è la possibilità che io sia il solo Valerio Faro, Margherita Ferraris la sola Margherita Ferraris eccetera: la possibilità, si badi, non la certezza, restando pur sempre viva l’altra ipotesi che quegl’inopportuni di Valerio Faro numero 2, di Margherita Ferraris numero 2 e di un alter ego per ciascuno di noi ci siano anch’essi, da qualche parte là sotto”.

“C'è da perderci la testa, Valerio”.

“Sì, Margherita, ma resta il fatto che è logico scommettere sul caso a noi meno sfavorevole, quello delle strade storiche immaginarie ai lati di un’unica via reale come nello schema A, stando al quale hanno senso il ragionare sull’essere e il predisporre azioni per mutare le cose; nell’altro caso no, perché tutto il possibile vi è realizzato, procede realmente nel tempo lungo un numero incalcolabile di strade per innumerevoli bivi”.

“Trascuriamo l’idea che, eventualmente, su questa Alter Terra ci siano un Alter Valerio, una Alter Margherita e così via”, aveva detto la comandante, “e concentriamoci su qualcosa di positivo: se noi siamo ora sulla linea continua del grafico A, dove la Terra è divenuta per un incidente nel passato l'Alter Terra nazista, e se dunque non ci sono universi paralleli, noi possiamo riportare le cose in pristino!”

Silenzio.

“Sissignori, andando nell’unico passato e operando per far divenire tratteggiato, cioè solo più ipotetico, il tratto continuo nazista, e facendo tornare invece continuo, cioè reale, quello che, dopo la svolta nel tempo, è divenuto tratteggiato, cioè quel mondo democratico che noi conosciamo e che al momento non c’è più ma bisogna ripristinare”.

Aveva interloquito per prima la ricercatrice Anna Mancuso, rivolta al proprio direttore e amico professor Faro: “Purtroppo, Valerio, io temo che non sarà mai possibile stabilire con certezza se sia vero lo schema A oppure quello B. Se ci fossero, per malaugurata ipotesi, reali universi paralleli come nello schema B, pur andando noi nel passato ed eliminando la causa della svolta nel tempo, sarebbe possibile che questa Alter Terra nazista non venisse affatto meno, ma semplicemente che noi, a quel punto, si saltasse in un universo dove il nazismo non ha vinto e dove noi ritroveremmo, nell’anno 2133, la nostra società lasciata partendo per 2A Centauri; noi non ci accorgeremmo della sussistenza di Alter Terra e del fatto d’esser semplicemente tornati lungo il parallelo binario dove c’è la nostra Terra”.

Valerio: “Sì, sono d’accordo, Anna; tutto sommato è una questione di mera fede, un po' come per la scelta che fanno tutti più o meno inconsapevolmente, noi scienziati compresi, d'essere nel mondo e non di essere un mondo. Non è infatti possibile dimostrare che il solipsismo sia vero o falso”.

“Il solips...che?” aveva chiesto l’ittiologo Elio Pratt, più preparato in discipline scientifiche che in materie umanistiche.

Gli aveva risposto: “Il solipsismo, parola che deriva dai termini latini 'solus', cioè solo, e 'ipse' cioè stesso, e che significa 'solo sé stesso' è in sostanza l'idea metafisica che tutto ciò che esiste sia creato dalla coscienza della persona e non sia oggettivo. Per esempio, se fosse vera la tesi solipsista, io mi troverei, soltanto, nella mente del singolo che adesso mi sta ascoltando, non sarei un Valerio Faro effettivo; e ovviamente, per me sareste voi i prodotti della mia mente, voi non sareste oggettivi, solo io esisterei realmente e, per così dire, vi creerei nella mia interiorità. Fatto è che è impossibile dimostrare sperimentalmente vero o falso il solipsismo, o al contrario dimostrare vera o falsa la realtà del mondo, perché anche l’esperimento e il suo presunto risultato potrebbero essere mere creazioni dell’io: è solo l’atto di fede che fa ritenere d'essere parte d'un mondo oggettivo e, dunque, che si possa conoscerlo grazie all'esperienza”.

S’era inserito il pragmatico Jan Kubrich: “Comunque, caro Valerio, solipsismo a parte per me l’essenziale è che questo mio io che sta parlando venga infine a ritrovarsi nella società che ha lasciato; se poi ci fossero altri miei innumerevoli io in altrettanti cosmi paralleli, degli ego che mai comunque conoscerei, a me non potrebbe, tutto sommato, importare”.

Gli aveva detto Anna: “A me invece importerebbe moltissimo saperlo, anche se lo penso impossibile in questa vita: nell’Aldilà, semmai; e in merito, lo sai, Jan? sorge un essenziale problema teologico…”

“…no, la teologia no: pietà di me!” l’aveva bloccata sorridente, con falso sgomento, l’antropologo che, nonostante la situazione altamente emotiva in cui, come tutti, si trovava, pareva avere ancor voglia di scherzare, come d'altro canto Anna aveva ancor desiderio, malgrado tutto, di ragionare di teologia; o entrambi proprio a causa della tensione forse, a suo lenimento.

“Hm… mah”, aveva emesso Anna che non aveva colto l’intento giocoso di lui, “io pensavo fosse interessante, Jan”.

“Scusami”, l’aveva rassicurata il Kubrich, “ho solo scherzato: se dipende solo da me, di’ pure, ché ascolto volentieri”.

Pensando che la divagazione fosse utile a sedare l’indubbia ansia di tutti, la comandante aveva tollerato: “…ma sì, Anna, sentiamo”.

“Beh, stavo per dire prima che, accogliendo per vera la congettura, che per me è atroce, dei reali multi universi, la stessa persona ha insieme meriti e demeriti morali differenti, a seconda del cosmo in cui ciascun suo ego, più o meno buono o cattivo, si viene a trovare, in conseguenza di ciascuna sua decisione più o meno altruista oppure più o meno egoista; così, all’estremo, il medesimo soggetto, poniamo un Francesco d’Assisi, in una dimensione spazio-temporale è stato onesto fino alla santità – traguardo trascendente: salvezza eterna – ma è stato assolutamente disonesto in un cosmo posto all’altro estremo, quindi con destinazione la morte eterna senza risurrezione in Dio, in altre parole la dannazione infernale31”.

“Sì, Anna”, aveva riguadagnato la parola Valerio, “ma a parte il discorso sul paradiso e sull'inferno che interessa solo noi credenti, l’idea dei pluriuniversi è comunque tremenda: nel caso di multiuniversi reali, l’io è, parafrasando il Pirandello, anche se qui oggettivamente e non nei soggettivi giudizi del prossimo, uno e centomila, o miliardi potremmo dire, ed è, in fondo, nessuno,32 perché se tutto quanto il possibile esiste, se la persona è miliardi e miliardi d’individui in altrettanti universi e non una sola, ella non è un io, e ciò suona assurdo nonché antiumanista: l’uomo vi appare un mero zero. Per me è inaccettabile: io credo fermamente, come l’Einstein, che Dio non gioca ai dadi e faccio dunque fermo atto di fede nell’unico universo”.

“Pur io, ovviamente”, s’era unita Anna.

La comandante: “Quindi, adesso si tratta d’agire nel passato per cambiare questo, sperabile, unico cosmo e riportarlo alla condizione anteriore alla svolta nel tempo”.

S’erano interrogate le memorie dei calcolatori di bordo del sigaro.

Gli elaboratori avevano risposto che al momento del salto cronospaziale verso il sistema Alfa Centauri fin a cui, come sappiamo, essi avevano registrato dati d’ogni sorta traendoli dai calcolatori pubblici della Terra, l’unica cronoastronave che risultava non essere ancor tornata dal passato era la numero 9 che aveva portato nell’Italia dell’anno 1933 una spedizione diretta dal filosofo e storico professor Arturo Monti dell'Università La Sapienza di Roma. Essendosi interrotte le comunicazioni della 22 con la Terra dopo il balzo, non si potevano avere notizie successive.

Ci s’era poi rivolti a conoscere la Storia dell’Alter Terra a partire dal 1933 fino al presente, ché la svolta temporale s'ipotizzava avvenuta in quel lontano anno del XX secolo essendo noto che il sigaro 9 s'era diretto al mese di giugno dello stesso ’33. Ci s'era riservati peraltro d’informarsi, subito dopo, anche sugli avvenimenti storici di Alter Terra anteriori a quel periodo; se infatti la Storia precedente fosse stata identica a quella della Terra che Valerio e gli altri ben conoscevano, sarebbe apparso plausibile che esistesse un solo mondo e che, semplicemente, la Storia fosse cambiata dalla svolta temporale in poi, divenendo Alter Storia. In realtà certezza non si poteva avere, infatti non era del tutto escludibile la possibilità di due universi vicinissimi in cui la Storia, fino a un certo punto, fosse stata identica per poi differenziarsi in Storia e Alter Storia; ma si voleva che così non fosse e tal desiderio faceva premio sull’altra ipotesi: anche nel profondo di Jan Kubrich, dopotutto.

Valerio Faro sulla nostra Terra era accreditato presso l’Archivio Storico Centrale e ne aveva accesso diretto; sperava dunque che così fosse anche su Alter Terra, anzi ci aveva scommesso con sé stesso, anche se non aveva potuto evitare di chiedersi, mentre s’accingeva a tentare l’accesso: ...e se in questo mondo nazista io non fossi nemmeno nato? O se io qui non fossi uno storico ma… un marinaio, o un avvocato, o… chi sa chi? Peraltro egli sentiva, ed essendo un uomo libero e un democratico convinto ne provava disgusto, che nel caso sperabile che fosse stato ammesso ai dati riservati dell’Archivio elettronico, egli sarebbe stato, su Alter Terra, un servo del nazismo, in quanto non altrimenti avrebbe potuto aver accesso; s'era tuttavia chiesto: Io o un mio alter ego? Su questo pensiero, aveva espresso con batticuore la propria password: era stato lasciato entrare senza problemi. Aveva deglutito istintivamente per il sollievo qualunque dei due casi fosse stato il vero, pur chiedendosi ancora: ‘Nazista io o un Alter Valerio?’.

Aveva parlato senza intermediari, com’era suo diritto, col cervellone centrale. Come s’aspettava, anche i programmi dell’Archivio erano in lingua tedesca e non nell’inglese universale che, quand’erano partiti, era parlato e scritto ovunque dalle insegne commerciali fino alle etichette di fabbrica cucite all’interno della biancheria intima; adesso, solo la cronoastronave 22 e i suoi dischi volanti mantenevano le scritte di servizio in inglese, pertinenze del mondo di partenza così come lo erano lo stesso Valerio e gli altri imbarcati sul sigaro.

La prima domanda del professore aveva riguardato la geografia politica di Alter Terra. La risposta era stata che tutto il globo era nazista, non solo l’Europa, ed era organizzato nell’Impero Mondiale della Grande Germania che comprendeva sia protettorati guidati da un governatore tedesco, come gli Stati Uniti d’America, la Russia, la Svizzera e la maggioranza degli Stati afroasiatici cominciando da quelli ex islamici, sia regni fantoccio, come quello d’Italia retto da un re di nome Paolo Adolf II: i monarchi locali dovevano aggiungere Adolf al proprio nome. Quanto all'Impero Mondiale, lo Statuto nazista prevedeva che per salire al soglio imperiale, alla morte o al rovesciamento violento del precedente imperatore – questo era avvenuto una sola volta nel 2069 –, il successore venisse eletto dalle SS, un po’ com’era stato per i Cesari in un certo periodo di Roma imperiale, innalzati al trono dalle legioni; inoltre stabiliva che il neo eletto lasciasse del tutto i propri nome e cognome e divenisse Adolf Hitler. Un Adolf Hitler V era adesso sul trono, niente di meno che Kaiser dell’Universo; l'Impero però, di fatto, comprendeva solo pochi mondi oltre alla Terra, la Luna, dove c’era un base scientifica, i pianeti del sistema solare, di cui solo Marte, da quando ne era stato mutato artificialmente il clima, era abitato da pochi coloni, e infine alcuni mondi di altre stelle sui quali, per ora, si trovavano solo missioni di studio, fra le quali risultava la spedizione del sigaro 22 col fatto che la cronoastronave era appena rientrata in orbita terrestre. I tedeschi erano arrivati a un così grande potere grazie, inizialmente, a una rapina tecnologica di parti del disco precipitato e ricoverato dagl’italiani presso la SIAI Marchetti di Vergiate: ovviamente l’Archivio parlava, in termini assai lusinghieri, d'una brillante operazione militare attuata da gloriosi idealisti germanici. Risultava inoltre che a rivelare ai tedeschi l’esistenza e l’ubicazione del disco era stata una certa Claretta che Mussolini, incurante come sempre della morale familiare, teneva come sua amante fissa, donna di trent’anni più giovane di lui. Sin dal febbraio 1933 ella aveva accettato un ingaggio dai servizi segreti nazisti, per duemila lire al mese che, in quei tempi, erano una somma importante. La tapina non s'era resa conto dei guai che sarebbero potuti venire all’Italia dalle sue spifferate ai tedeschi di notizie raccolte fra le lenzuola del Gran Capo. Recitava l'Archivio che gl'ingenui italiani avevano creduto, per molti anni, che fossero stati gl’inglesi, ritenuti i costruttori del disco, a compiere il furto e che, d'altronde, del tutto efficiente era stata la segretezza germanica, non solo quanto all’operazione Patriota, com'era stata definita convenzionalmente, ma pure sulle successive attività di studio, la cui direzione era stata affidata personalmente da Hitler agl'ingegneri Hermann Oberth e Andreas Epp: i lavori avevano richiesto anni, le bombe disgregatrici e i dischi volanti tedeschi erano stati messi a punto soltanto all’inizio del 1939, dopo vari tentativi, grazie paradossalmente a Mussolini con l’avvicinamento ormai strettissimo fra l'Italia e la Germania, ancor prima della stipula fra i due Paesi del cosiddetto Patto d’Acciaio militare siglato il 22 maggio 1939: il dittatore italiano, ormai soggiogato psicologicamente dalla forza economica e bellica dimostrata dal Terzo Reich, aveva fornito a Hitler un dossier sul disco catturato dall'Italia e sugli avvistamenti di altri oggetti volanti non convenzionali e, a precisa richiesta, aveva addirittura consentito a fisici e ingegneri tedeschi di partecipare al progetto del Gabinetto RS/33 su quanto restava del disco, ch’era stato nel frattempo trasportato nella nuova base di Guidonia. In ultimo era stata proprio la condivisione d’informazioni concessa dall’ormai debole e sconcertato Mussolini a determinare il pieno successo dell’operazione di retroingegneria dei tedeschi: la Germania aveva realizzato trentun dischi funzionanti, dotati ciascuno di quattro missili con altrettante bombe disgregatrici; erano stati costruiti e collaudati in una base a una decina di chilometri da Bremerhaven, situata sulla costa del Mare del Nord nel Land di Brema; le bombe erano state fabbricate e sperimentate in località Peenemünde, sull'isola di Usedom davanti al litorale baltico del Reich, evacuata precedentemente dalla poca popolazione civile residente, così come, per molti chilometri in estensione e profondità, era stato sgomberato il litorale antistante l’isola. Dal momento della messa a punto di dischi, missili e bombe, era stato necessario ai nazisti ancora un paio di mesi per l’addestramento di aviatori al pilotaggio degli stessi dischi in atmosfera e in volo sub orbitale, sotto la guida dell’asso dell’aeronautica nazista Rudolph Schriever, nonché all’uso dei missili, ovviamente lanciati durante le esercitazioni senza le bombe disgregatrici, sostituite da ordigni con esplosivo convenzionale. All’inizio di luglio del 1939 la Germania era entrata in guerra senza preavviso e, a differenza di quanto narrava la Storia tradizionale, nell'Alter Storia l’aveva vinta e quasi immediatamente: anzitutto, dai fliegender scheiben – dischi volanti – in volo sub orbitale, mossi dall'antigravità, erano stati lanciati sopra varie città della Gran Bretagna, della Francia, dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti d’America missili armati con bombe disgregatrici, identiche a quelle di cui disponevano le navette da sbarco delle cronoastronavi. Come avevano intuito Valerio Faro e coloro che, dietro alle sue spalle, assistevano alla ricerca, il fatto che i dischi avessero percorso soltanto sub orbite era dovuto all’esser stati ancor imperfetti, per il momento, rispetto al prototipo giunto dal futuro.

L'Alter Storia era proseguita in modo del tutto agghiacciante, nella perdita d’ogni valore spirituale e nel trionfo del più assoluto ateismo. La persona era stata ridotta a un nulla, mera pedina dell’Impero nazionalsocialista. Ovviamente l’Archivio Storico Centrale esaltava queste cose come una conquista preziosissima dell'umanità, confusa questa con la pseudo razza ariana mentre subumani venivano considerati tutti gli altri esseri umani. Dopo la guerra lampo del 1939, ulteriori progressi erano stati fatti sui dischi volanti, fino a giungere al volo orbitale e quindi a quello spaziale sub-luce: la Germania già nel 1943 era giunta sulla Luna con quattro uomini della Luftwaffe, ritornati sull'Alter Terra sani e salvi, e nel 1998 sei aviatori nazisti, di cui cinque tedeschi e uno austriaco, con un disco molto più grande dei precedenti, progettato e realizzato apposta, erano sbarcati per la prima volta su Marte e ne erano tornati. La vera colonizzazione del Pianeta rosso era avvenuta però, come d'altra parte nel mondo di Valerio e di Margherita, solo con la creazione delle cronoastronavi, progettate su Alter Terra nel 2098, interamente un prodotto dell’ingegneria nazista questa volta, così come sulla Terra lo erano state dell'ingegneria degli Stati Confederati d'Europa pochi anni prima: il viaggio sperimentale nello spazio-tempo di astronauti nazisti era avvenuto nel 2105, diretto al vicino sistema doppio Alfa Centauri A e B, senza discese su pianeti: pressappoco com’era stato per la Terra, la quale aveva conquistato lo spazio profondo nel 2107, con un viaggio di circumnavigazione della stella Proxima Centauri, a 4,22 anni luce di distanza dal nostro Sole, e ritorno immediato. Non risultava invece dall’Archivio che i nazisti di Alter Terra avessero fatto viaggi nel tempo: forse temendo di cambiare la Storia a proprio danno? Dunque, nemmeno c’era stata una spedizione nell’anno 1933 per studiare il fascismo e, come avevano ragionato Margherita e gli altri, il disco catturato dagl'italiani e rapinato dai tedeschi era giunto dal futuro della Terra e non dell'Alter Terra. Valerio aveva interrogato l’Archivio anche sul tempo precedente gli anni ’30 del XX secolo: dagli albori della civiltà fin al giugno 1933 l'Alter Storia era risultata identica alla Storia.

“Credo che a questo punto”, aveva dichiarato la comandante a equipaggio e scienziati, “non ci resti che saltare nel passato e provare a cambiare le cose”.

Aveva appena terminato la frase quando gli elaboratori di bordo avevano messo in allarme rosso il sigaro: avevano rilevato un disco, sicuramente amico, di quelli in dotazione alla nave 22, avvicinarsi alla massima velocità e, dietro di esso, in salita a una decina di chilometri al di sotto, altri due dischi non identificati. I computer avevano avvertito subito dopo un lancio di missili dai secondi contro il primo, mentre il pilota amico chiedeva concitatamente al sigaro 22 d’aprire l’hangar con priorità assoluta. Era stato fatto. La manovra successiva della navetta era stata spericolata, col rischio di schiantarsi contro la cronoastronave e di danneggiarla o peggio; il disco era però entrato nell’astrorimessa senza danni. Non appena chiusosi il portellone dietro alla navetta, la comandante aveva ordinato ai computer un immediato balzo verso il passato e il vascello 22 era scomparso giusto in tempo per non esser colpito dai missili. In base alla normativa di sicurezza, il cronosalto avrebbe dovuto avvenire lontano dal pianeta, così, invece, l’energia sprigionata dalla temponave aveva annientato gli ormai vicinissimi missili dei dischi inseguitori.

Svolte Nel Tempo

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