Читать книгу Aspetti Psicologici Nei Tempi Della Pandemia - Juan Moisés De La Serna, Dr. Juan Moisés De La Serna, Paul Valent - Страница 7
Capitolo 1. Introduzione al COVID-19
L’adozione delle misure sanitarie
ОглавлениеUno dei fenomeni più difficili per i cittadini riguarda l’adozione di abitudini salutari che richiedono del tempo per essere intese, comprese e assunte.
A differenza di altri fenomeni come le mode in grado di mobilitare la popolazione, quando si tratta di salute le autorità hanno talvolta un successo relativo in termini di campagne di sensibilizzazione, tanto che tali campagne, orientate a raccomandare di assumere abitudini salutari, di solito sono accompagnate da divieti e persino sanzioni per coloro che non rispettano le disposizioni.
Nonostante ciò, la popolazione fa fatica a vedere i “benefici” a breve termine e con essi il loro “interesse” e la loro motivazione per l’adozione di nuove abitudini sono ridotti se non a volte non messe in pratica, non rispettando così le raccomandazioni delle autorità.
Sebbene la salute sia un aspetto che preoccupa la società, per ciò che riguarda la prevenzione essa non è sempre compresa e accettata allo stesso modo, soprattutto quando si tratta di adottare alcuni comportamenti contrari alla “consuetudine” (@MinInteriorAR, 2020) (vedi illustrazione 10).
illustrazione 10 Tweet Divieto di abitudini4
Nel caso del COVID-19, alla popolazione è stato chiesto di “abbandonare” alcune usanze e di adottarne di nuove, un aspetto che, andando contro la tendenza della “routine”, ha fatto sì che molti abbiano trovato difficile all’inizio adottare le misure raccomandate.
Questo perché, a volte, nonostante le indicazioni mediche, la popolazione non pensa ai rischi di determinati comportamenti per la propria salute, un aspetto che è già stato osservato in precedenza, come nel caso dell’abbronzatura artificiale con i raggi UVA, che in alcuni paesi è una delle attività di bellezza che è aumentata maggiormente negli ultimi anni.
In alcuni luoghi, essere abbronzati è un simbolo dello status sociale o del tempo libero, quindi ad esempio uno può tornare dalle vacanze e sfoggiare un’abbronzatura invidiabile dopo aver trascorso alcuni giorni in spiaggia, mentre il resto dell’ufficio presenta una carnagione pallida, per non avere avuto la fortuna di poter andare in ferie.
Al contrario, in altri luoghi, essere scuri di pelle è simbolo di non godere di un elevato status sociale, dal momento che il sole brucia la pelle dei contadini dandogli quel colore caratteristico, mentre altri lavori meno pesanti non lasciano “impronta” nel corpo, diventando così un simbolo di differenziazione dello status economico del consumatore, tra coloro che possono “permetterselo” e quelli che non possono.
Nella società occidentale di oggi predomina il primo approccio, cioè le persone si sentono bene con loro stesse quando esibiscono un’abbronzatura, che è qualcosa che richiede tempo e in alcuni casi denaro.
Per rispondere a questa richiesta, sono emersi una serie di centri che dispongono di lampade UVA che producono lo stesso effetto dell’abbronzatura sulla pelle, dopo una o più sessioni di esposizione.
Questo vuol dire che con questo sistema a raggi UVA si ottiene lo stesso aspetto di quando si va in vacanza e ci si gode un momento di relax sulla spiaggia sdraiati al sole.
Pertanto, a livello sociale, è possibile ottenere i “vantaggi” legati ad uno status economico più elevato, semplicemente trascorrendo alcuni minuti all’interno di questi dispositivi.
Nonostante la divulgazione di questo sistema, negli ultimi anni si son accumulate una serie di ricerche mediche che hanno trovato associazioni tra l’uso eccessivo di raggi UVA con la comparsa di cancro della pelle, cioè l’uso frequente e soprattutto l’abuso da parte di una parte degli utenti di questo tipo di abbronzatura può causare malattie della pelle, mettendo volontariamente a rischio la salute (@adgs125, 2019) (vedi illustrazione 11).
illustrazione 11 Tweet Relazione tra raggi UV e cancro5
A questo proposito, e per verificare i rischi psicologici derivati dall’uso dei raggi UVA, è stata condotta un’indagine realizzata dal Dipartimento di Dermatologia della Warren Alpert School of Medicine; il dipartimento di epidemiologia, scuola di sanità pubblica del Providence VA Medical Center; il Dipartimento di Psichiatria e comportamento umano della Warren Alpert School of Medicine della Brown University; insieme alla Divisione Medicina di Rete del Dipartimento di Medicina del Brighamand Hospital; il Dipartimento di Nutrizione e il Dipartimento di Epidemiologia presso la Harvard School of Public Health; insieme alla divisione di medicina dell’adolescente del Boston Children’s Hospital; il Dipartimento di Dermatologia del Rhode Island Hospital (USA) insieme al Dipartimento di Scienze della salute occupazionale e ambientale della Facoltà di sanità pubblica dell’Università di Pechino (Cina) (Li et al., 2017) .
67.910 donne di età compresa tra 25 e 35 anni hanno partecipato allo studio, rispondendo a domande sulla frequenza di utilizzo dei solarium a raggi UVA. Allo stesso modo, e per sapere se c’era una relazione tra l’uso dei raggi UVA con altre psicopatologie, è stato loro sottoposta la scala delle tossicodipendenze alimentari di Yale (Flint et al., 2014), per rilevare la presenza di sintomi associati a disturbi alimentari; inoltre, è stata presa in considerazione la presenza o l’assenza di depressione nella storia clinica delle partecipanti.
I risultati mostrano una relazione significativa tra la presenza di depressione e un maggiore uso dei raggi UVA, trovando inoltre una relazione significativa tra l’abuso dei raggi UVA e la presenza di sintomi associati ai disturbi alimentari, in particolare con l’anoressia.
Come qualsiasi altra attività, l’uso di questo tipo di servizi può essere considerato normale, tranne nel caso in cui si “perda il controllo” e diventi una dipendenza, cioè è fine a sé stesso e non viene fatto per i benefici che questo può portare. Questo è ciò che viene chiamato dipendenza comportamentale da abbronzatura, o tanoressia.
In questo caso, la sintomatologia depressiva sembra svolgere un ruolo fondamentale nella formazione o nel mantenimento di questa dipendenza dai raggi UVA, come se la persona stesse cercando di “compensare” il proprio stato d’animo dando un’immagine “migliore” di sé stessa agli altri.
Ricerche precedenti avevano riportato relazioni significative tra i disturbi alimentari e i sintomi depressivi, ma in questo caso la relazione è mediata da una dipendenza comportamentale come l’abuso dei raggi UVA.
Secondo le conclusioni dello studio è quindi necessario stare attenti a queste persone che abusano dei raggi UVA perché possono far parte di soggetti affetti da una sintomatologia depressiva e che soffrono di anoressia.
Nonostante questi risultati e i suddetti problemi di salute associati al cancro della pelle, è difficile per le persone abbandonare questo tipo di abitudini, poiché dà un beneficio a breve termine come il colore dell’abbronzatura, sottostimando i danni a lungo termine sulla salute.
Un atteggiamento che si riscontra anche in altre abitudini malsane o che comportano danni a lungo termine, in cui il consumatore “assume” il rischio incentrato sul profitto a breve termine, nonostante gli avvertimenti delle autorità. Così ad esempio da alcuni anni i governi di tutto il mondo stanno compiendo sforzi per fermare l’uso del tabacco. Inoltre, le autorità hanno dovuto “combattere” contro le abitudini mostrate attraverso i film e i media, che l’hanno resa un’abitudine socialmente accettata negli ultimi decenni, nonostante i suoi effetti dannosi sulla salute di chi lo consuma e le persone che li circondano, noti come fumatori passivi (@CNPT_E, 2017) (vedi illustrazione 12).
illustrazione 12 Tweet Divieto di pubblicità sul tabacco6
Eppure, le misure adottate sono state piuttosto dissuasive, ponendo ogni tipo di ostacolo al suo consumo, senza vietarlo, ma limitandolo a determinate aree appositamente progettate per esso, aumentando il prezzo dei pacchetti o includendo immagini dei loro effetti negativi sulla salute.
Nonostante quanto sopra, alcuni governi hanno escogitato un ulteriore passo avanti, impiegando gli stessi meccanismi che per anni hanno contribuito a diffondere e incoraggiare l’uso del tabacco: la pubblicità televisiva. Ma le pubblicità antitabacco sono efficaci?
Questo è ciò che si è tentato di scoprire con una ricerca condotta dal Dipartimento dell’Istruzione dell’Università Nazionale di Seoul e dal Dipartimento del TESOL, l’Università di Studi Stranieri di Hankuk (Corea del Sud); insieme al College of Nursing and Health Innovation dell’Arizona State University; e il Dipartimento di Psicologia della Jesuit University of Wheeling (USA) (Wilson et al., 2017) .
Allo studio hanno partecipato 58 studenti universitari, che sono stati divisi in due gruppi, in cui il primo avrebbe guardato due pubblicità antifumo incentrate sulle emozioni; mentre l’altro avrebbe visualizzato due annunci antitabacco con informazioni logiche senza che venisse affrontato l’aspetto emotivo.
Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a tre test prima e dopo la visualizzazione, uno relativo ai processi di cambiamento, un altro sui sintomi depressivi e il terzo sull’autostima.
I risultati mostrano che non ci sono differenze significative prima e dopo la visualizzazione degli annunci, né per l’annuncio emotivo né per quello logico, in nessuna delle variabili valutate, cioè, gli studenti sembrano prestare attenzione alle informazioni offerte sul danno dell’uso del tabacco.
Tra i limiti dello studio c’è la selezione della popolazione, è vero che questa pubblicità ha lo scopo di impedire ai giovani di iniziare questo consumo, ma l’età in cui si inizia a fumare in molti paesi è di circa 14 anni, quindi dovrebbe essere quella l’età di selezione dei partecipanti e non quella degli studenti universitari.
Nonostante quanto sopra, va tenuto presente che l’effetto della pubblicità si basa principalmente sulla ripetizione dell’emissione degli annunci, tanto che si arriva addirittura ad impararlo a memoria, per cui la visualizzazione singola di due pubblicità spiegherebbe l’effetto insufficiente di questo sui comportamenti nei confronti del tabacco, dell’autostima o dei sintomi depressivi.
Nel caso specifico del COVID-19, e con sorpresa di alcuni utenti, è stata adottata una misura senza precedenti in cui la pubblicità relativa al gioco è stata vietata.
L’idea è che, poiché i cittadini trascorrono molto tempo confinati a casa loro, i giochi per computer non “aggancino” questi utenti, poiché potrebbero portarli non solo alla dipendenza, ma anche alla rovina economica nel caso in cui si trattasse di gioco d’azzardo in cui la posta in gioco fosse monetaria.
Sebbene possa non sembrare una priorità per la popolazione adottare questa misura, considerando che ci sono altre preoccupazioni in tempi di crisi sanitaria, il governo l’ha assunta al fine di prevenire un aumento dei casi di dipendenza dal gioco, ma soprattutto per prevenire le conseguenze economiche negative che ciò può comportare, non solo in termini di stato d’animo, potendo portare ad una maggior depressione, ma anche perché tale rovina può portare al suicidio.
Per questo è importante evitare le dipendenze comportamentali, soprattutto nelle prime fasi, poiché poi risulta difficile sganciarsene, vale a dire che, passato il confine, il nuovo giocatore continuerà a giocare. Da qui l’importanza di adottare questa misura per la prevenzione degli aspetti negativi sulla salute fisica e mentale di questi giocatori potenziali (@consumogob, 2020) (vedi illustrazione 13).
illustrazione 13 Tweet divieto di pubblicità del gioco7
Nonostante si possa pensare che questi tipi di misure possano essere “esagerate” o fuori luogo, la realtà è che il nostro comportamento economico è governato da una moltitudine di variabili interne ed esterne, quindi quando si pensa all’acquisto, di solito lo si fa rispetto al prezzo delle cose. Ma in che misura siamo disposti a spendere per acquistare qualcosa?
La psicologia del consumatore è responsabile di questa e di altre domande simili, un ramo di studio che analizza il comportamento della persona davanti ad un compito di decisione economica più o meno complesso.
Il prototipo di queste indagini è il gioco d’azzardo, ovvero una situazione in cui il denaro può essere vinto o perso in base alle probabilità che il ricercatore manipola.
In questo modo si è scoperto che ci sono persone più conservatrici nei loro giudizi di valore mentre altri assumono più rischi; È stato anche visto come queste variabili personali vengono modificate quando si è soggetti al consumo temporaneo o continuato di determinate sostanze che creano dipendenza.
Con le basi di questo tipo di ricerca, vengono analizzate altre variabili che possono essere coinvolte nell’assumere un costo economico maggiore o minore, come potrebbe essere l’obesità. Ma esistono differenze in ciò che siamo disposti a pagare a seconda che si sia in sovrappeso o no?
Questo è ciò che si è tentato di scoprire con un’indagine condotta dall’Unità di economia agroalimentare, Centro per la ricerca e la tecnologia agroalimentare di Aragona, Istituto agroalimentare di Aragona, Università di Saragozza (Spagna) insieme all’area di Economia, Agricoltura e Food, Michigan State University (USA) UU.) (de-Magistris, López-Galán, & Caputo, 2016) .
Lo studio ha coinvolto 309 adulti, separati in quattro gruppi a seconda che fossero sovrappeso o meno, considerando tali coloro che avevano un indice di massa corporea maggiore ai 30 chili tra l’altezza al quadrato e a seconda che accettassero o meno la propria immagine nello specchio per il quale veniva usato il questionario standardizzato Body Image State Scale (Cash, Fleming, Alindogan, Steadman, & Whitehead, 2002). In base a questi standard sono stati formati quattro gruppi: non in sovrappeso con l’accettazione della propria immagine; non in sovrappeso senza l’accettazione della propria immagine; sovrappeso con accettazione della propria immagine e sovrappeso senza l’accettazione della propria immagine.
Lo studio consisteva nel fatto che i partecipanti passassero davanti ad alcune patate normali o light, indicando fino a che punto erano disposti a pagare per acquistarli tra quattro prezzi prestabiliti.
I risultati mostrano che gli obesi con una cattiva immagine di sé stessi sono coloro che sono disposti a pagare il prezzo massimo per un sacchetto di patate light, indicando che quando siamo disposti a pagare per qualcosa non dipende esclusivamente dal prezzo, come si potrebbe intendere dalla legge della domanda e dell’offerta. Al contrario, altre variabili come quelle fisiologiche (obesità) e psicologiche (immagine personale) devono essere prese in considerazione. Pertanto, e sulla base di questi risultati, il denaro che un giocatore può investire in periodi di quarantena non sarà governato da logica o ragione, in base al proprio reddito e alle proprie spese, ma può portare a comportamenti di spesa esorbitanti, senza tenere conto delle conseguenze future, che potrebbero portare alla rovina economica, motivo per cui questa misura è stata così ben accolta tra le associazioni contro la ludopatia e, sebbene la misura adottata mediante un divieto, potrebbe non sembrare il modo migliore per “educare” la popolazione, l’esperienza con altri tipi di interventi in campo sanitario ha dimostrato che i cambiamenti a volte sono molto lenti nonostante i grandi sforzi in esso investiti, che è il motivo per cui oggi ad esempio c’è ancora molto da fare per sradicare il problema dell’obesità nel mondo (@ONU_es, 2019) (vedi illustrazione 14).
illustrazione 14 Tweet conseguenze dell’obesità8
Questo è un problema di salute pubblica che colpisce sempre più paesi, siano essi del “primo mondo” o di quelli in via di sviluppo.
Un dato questo che ha invalidato le teorie esplicative sulla sovrabbondanza e la facilità di accesso al cibo come motivazioni per l’obesità, che appare sempre più in giovane età.
Attualmente si stanno prendendo in considerazione teorie sociali per spiegare in che modo le popolazioni con risorse alimentari limitate, come i paesi in via di sviluppo, subiscano gli stessi tassi di obesità tra adulti e bambini.
Sebbene i suoi effetti non siano così evidenti come altri problemi di salute pubblica, come il fumo o l’alcolismo, essa ha molte conseguenze, in particolare sulla qualità della vita del paziente, che è gradualmente limitato nella sua attività fisica, a mano a mano che il grasso si accumula nel corpo.
Al fine di combattere questo problema, sono stati fatti sforzi per “educare” fin dall’infanzia, in modo che i bambini imparino a seguire una dieta sana, complementariamente alla formazione specifica sulla corretta alimentazione che molti centri offrono durante il liceo e a livello universitario, mettendo in evidenza i disturbi associati che possono verificarsi, tra gli altri l’anoressia o l’obesità. Ma andrebbero modificati i programmi sanitari associati all’obesità?
Questo è ciò che l’Università di Calgary insieme ai servizi sanitari dell’Università di Alberta (Canada) hanno cercato di scoprire (Russell-Mayhew et al., 2016).
Lo studio ha analizzato 67 programmi di sensibilizzazione sui problemi alimentari impartiti nelle scuole secondarie e nelle università distribuite in tutto il paese, esaminando il contenuto di ciascuno di questi corsi per verificare il modo in cui è stato trattato il problema specifico dell’obesità.
I risultati mostrano una totale mancanza di coordinamento tra i vari corsi riguardo l’argomento e il modo di affrontarlo, e solo il 30% di essi ha considerato l’obesità come un problema di salute pubblica.
L’85% dei corsi era orientato verso argomenti infermieristici nell’ambito delle loro prestazioni lavorative, mentre solo il 15% dei programmi includeva informazioni sulla promozione della salute attraverso l’alimentazione ed esercizi adeguati; solo pochi programmi evidenziavano i problemi sociali e di discriminazione subiti da questi tipi di pazienti affetti da obesità.
Va tenuto presente che la consapevolezza della popolazione è il primo passo per realizzare un qualche tipo di cambiamento sociale, ma se i programmi che dovrebbero essere mirati a tale lavoro sono insufficienti, è difficile alleviare il problema dell’obesità. Lo stesso quindi accade quando si desidera cambiare le abitudini comportamentali o prevenire dipendenze future in cui è importante fornire informazioni chiare e precise, con particolare attenzione agli aspetti psicologici che si interpongono, in modo che la persona capisca che ciò che gli viene detto è per amor suo e per la sua salute futura.
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Il Ministero dell’Interno Argentino invita a prendersi cura della propria salute e quella della propria famiglia ricordando di non condividere il mate, le posate e altri oggetti di uso personale.
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“I raggi Uva causano il cancro”.
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“Il empaquetadoneutro” elimina la pubblicità del tabacco è aiuterà a ridurre il consumo di tabacco in Spagna.”
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Il Ministro del Consumo Spagnolo annuncia che è stato registrato un consumo crescente del gioco d’azzardo online e per questo è stata proibita la pubblicità del gioco in qualunque canale, tranne che dall’1 alle 5 del mattino.
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Un tweet delle Nazioni Unite mostra come l’obesità sia uno delle cause scatenanti del diabete. Spiega inoltre che l’America ha il doppio di adulti in sovrappeso della media mondiale, invitando ad informarsi sui fattori di rischio.