Читать книгу Nella Rete Della Ladra - Kate Rudolph - Страница 8

Capitolo Due

Оглавление

Il leone ruggì. Il suono vibrò attraverso la foresta fuori da Eagle Creek, in Colorado, dove i leoni del suo branco si aggiravano alla ricerca della sorella scomparsa. Il tempismo di Mel avrebbe potuto essere migliore, ma lei non poteva sapere che la notte del suo ritorno in città sarebbe stata la stessa in cui l’alfa avrebbe mandato il branco alla ricerca della giovane leonessa di cui si erano perse le tracce.

Aveva il batticuore e l’eccitazione l’attraversava ad ogni ramoscello spezzato. Sarebbe bastata una sola mossa sbagliata per finire di nuovo prigioniera dell’alfa. E questa volta non aveva una strega a tirarla fuori dai guai.

Non sapeva se tutti fossero fuori per cercare Cassie, ma non riusciva a immaginare quale altro motivo potesse averli spinti a uscire. I leoni non avevano organizzato una battuta di caccia in cerca di prede; riusciva a sentire il mormorio delle loro voci e percepiva sicurezza nei loro passi. Stavano battendo la foresta metodicamente, setacciandone ogni centimetro in cerca della ragazzina rapita. A parte il fruscio del vento e i suoni intermittenti provenienti dai mutaforma schierati nella foresta, Mel non udiva altro.

Gli animali notturni che normalmente si aggiravano in quei boschi si erano nascosti. Anche gli insetti erano silenziosi.

Allontanò con un soffio una ciocca di capelli ribelle, poi la fermò dietro l’orecchio quando le ricadde davanti agli occhi. La prima volta che era venuta a Eagle Creek aveva i capelli rossi, o almeno sembrava che lo fossero. La parrucca faceva parte di una delle sue identità e rappresentava una distrazione per chiunque cercasse di ricordare il suo aspetto. Quella notte non c’erano distrazioni. Mel indossava abiti stretti e scuri che seguivano i suoi movimenti come una seconda pelle, e i capelli castani erano pettinati all’indietro e raccolti in una coda di cavallo. Per altri lavori come quello avrebbe probabilmente indossato un travestimento, ma non aveva bisogno di nascondere la sua identità all’alfa. Lui sapeva che stava arrivando. Diamine, l’aveva invitata lui.

Si era diretta subito in Colorado dopo la visita alla banca nel Wisconsin. L’unica tappa intermedia era stata un pernottamento a St. Louis per fare scorta di attrezzature da una strega con cui aveva lavorato tempo prima. Per un secondo aveva considerato di chiamare Krista, ma aveva scartato l’idea quasi con la stessa velocità con cui le era venuta. I suoi vecchi soci avevano chiarito in modo cristallino di aver chiuso con lei.

Mel se lo meritava, solo avrebbe voluto che non fosse così. Ma fregare i suoi soci aveva conseguenze inevitabili; doveva solo viverle sulla propria pelle e sperare che un giorno Krista l’avrebbe perdonata. Quella strega era la cosa più vicina ad una famiglia che a Mel fosse rimasta.

In quel momento però non doveva farsi travolgere da pensieri del genere. Una mossa sbagliata e sarebbe finita nuovamente nelle mani dell’alfa, e non era un gioco a cui volesse partecipare.

Il suono di un ramoscello spezzato fu il suo unico avvertimento. Mel reagì correndo a nascondersi dietro un albero enorme e rimanendo perfettamente immobile mentre due leoni entravano nella piccola radura che lei stava attraversando poco prima. Le due persone che udiva nella radura non potevano essere altro che dei mutaforma. Mel trasse un profondo respiro ed espirò il più lentamente possibile, facendo poi ricorso a boccate d’aria superficiali e silenziose mentre si avvicinavano.

“Aspetta, qui c’è qualcosa di diverso,” disse una voce maschile, e a quelle parole Mel sentì la nuca imperlarsi di sudore. Non stava respirando abbastanza in profondità da percepire il loro odore, e loro non erano stati in quella zona abbastanza a lungo da permearne l’aria. Lei invece era lì da diversi minuti e in più loro non avevano l’impedimento di una respirazione superficiale a renderne meno sensibile l’olfatto.

“Che cosa?” chiese una donna.

“Credo di aver sentito l’odore di Cassie.” La parlata dell’uomo aveva una sfumatura di New England e Mel poteva quasi immaginare che aspetto avesse. Probabilmente era alto, con capelli corti forse biondi e mascelle abbastanza forti da poter sollevare lastre di cemento. O magari no, e in ogni caso Mel non poteva far capolino da dietro l’albero per accertarsene.

La donna aveva l’accento tipico della Georgia meridionale e parlava in modo piacevole e dolce. “Sei sicuro? C’è davvero qualcosa ma non riesco a capire cosa.”

“Non è uno di noi,” disse l’uomo con sicurezza. Mel lo sentì avvicinarsi. Aveva pochi secondi prima che lui girasse attorno all’albero e la scoprisse. Si concentrò, sentendo le sue mani trasformarsi in zampe di leopardo, con gli artigli sfoderati. Il suo solo vantaggio sarebbe stato la sorpresa e avrebbe cercato di limitarsi a neutralizzarlo, senza ucciderlo. Non aveva motivo di far arrabbiare l’alfa ulteriormente, era già abbastanza infuriato.

“Aspetta,” disse la donna. “Vieni qui, credo di aver trovato una traccia.” L’uomo si fermò, poi si avviò di nuovo nella direzione opposta. Entrambi i leoni si allontanarono, seguendo la traccia che Mel aveva lasciato entrando nel bosco. Era stata dannatamente fortunata, e non aveva intenzione di rischiare di nuovo di essere catturata in quel modo. Doveva lasciare quei boschi e tornare al suo hotel. Avrebbe potuto rivedere i suoi piani solo allora.

Mel decise di arrampicarsi sugli alberi per uscire dai boschi. Gli artigli la aiutarono, permettendole di scavare la corteccia e trovare appigli per issarsi su rami robusti. Saltò di albero in albero, procedendo lentamente ma lasciando tracce del suo odore molto meno intense. Si immobilizzò quando udì un altro ruggito, diverso dal primo. Il primo ruggito del leone era stato pieno di rabbia e dolore, il richiamo di un animale determinato ad ottenere vendetta. Quell’ultimo ruggito era pieno di gioia.

Avevano ritrovato Cassie.

Viva.

Mel non lasciò che questo la fermasse. Percorse chilometri e chilometri fino a raggiungere il piccolo parcheggio nel parco nazionale vicino al confine del territorio di Luke. Sedette su un grosso ramo e aspettò qualche istante per trasformare nuovamente le sue zampe in mani umane. Non era un’operazione difficile, ma ci voleva tempo. Durante quella lenta trasformazione, tutte le articolazioni delle dita le dolevano in segno di protesta per il compito loro affidato di aggrapparsi ai rami di dozzine di alberi in una forma poco adatta allo scopo.

Era pronta a saltare giù dal suo albero quando una giovane donna uscì dal bosco sul sentiero panoramico del parco nazionale. Sembrava più giovane di Mel, forse poco più che ventenne, e aveva lunghi capelli neri e carnagione chiara. Indossava jeans, una camicetta di seta e stivaletti da trekking. Mel notò sul suo polso un luccichio argenteo, proveniente forse da un orologio o da un braccialetto.

Era strano per una donna ritrovarsi da sola nei boschi di notte. Anche Mel era lì unicamente per il suo poco nobile scopo. La donna la insospettì immediatamente, e ancor più quando tirò fuori un cellulare e lo portò all’orecchio. Mel dovette concentrarsi per sentire, ma riuscì a distinguere chiaramente le parole.

“Falle sapere che è stato un successo. La ragazza è stata riunita al branco.” Mel sarebbe rimasta pietrificata sul posto se non fosse già stata immobile. La donna parlò di nuovo. “Dovrò ordinare nuovo materiale da una congrega locale. Vladimir ha sottovalutato le mie esigenze... Capisco. Starò in guardia.” Chiuse la chiamata senza salutare.

Mel rimase sul suo albero finché la donna non si fu allontanata su una berlina grigio argento. A giudicare dalla targa, si trattava di un’auto a noleggio.

Sembrava che Cassie non fosse stata trovata, che fosse invece stata restituita. Ma che utilità poteva avere per delle streghe un leone mutaforma che nemmeno riusciva a trasformarsi? E perché una di loro avrebbe avuto bisogno di altro materiale?

Mel cercò di non dar troppo peso alla cosa. Scese dall’albero e si mise al volante del vecchio camioncino arrugginito che aveva rubato a metà strada tra il Colorado e il Wisconsin. Depennò quel parcheggio dalla lista delle possibili basi logistiche per il prossimo colpo e decise di procurarsi una nuova auto a Denver, dove alloggiava.

Era a due ore di macchina da lì. Mel cominciò a macinare chilometri, sola sulla strada con i suoi pensieri. Dopo una mezz’ora di conflitto interiore accese la radio e si mise a cantare un pezzo country molto in voga che aveva sentito quasi ogni ora nel tentativo di trovare emittenti con un segnale decente.

Quel tentativo di distrazione non funzionò. Ma riuscì ad arrivare fino a Denver senza decidere di andare a scoprire cosa volevano le streghe.


Maya aveva ricevuto la soffiata su Cassie un’ora prima. Luke impiegò venti minuti per mobilitare la squadra di ricerca e ci volle un’altra dozzina di minuti perché i suoi uomini si spargessero nei boschi. Si lasciò sfuggire un ruggito di rabbia, per il bisogno disperato di ritrovare sua sorella e di riportarla a casa. Era sparita già da troppo tempo, ma non l’avrebbe persa per sempre.

Quel suono proruppe dalla sua bocca umana, lasciando le corde vocali escoriate e doloranti. Non aveva importanza. Non c’erano dolori o sfide grandi abbastanza da impedirgli di trovare Cassie.

Luke rintracciò l’odore della sorella e ci si aggrappò, seguendolo lungo sentieri inesistenti, scavalcando rami caduti e inoltrandosi faticosamente nella boscaglia. La sua ricerca non era silenziosa – aveva spaventato i consueti abitanti della foresta portando in missione con sé tutti i predatori del suo branco. Si erano separati, setacciando i boschi in gruppi da due o tre componenti. Solo lui procedeva con altri quattro leoni. Non avrebbero lasciato il loro capo vulnerabile in quella che avrebbe potuto benissimo essere una trappola.

Tuttavia Maya si fidava della sua fonte, e Luke si fidava di Maya. Avrebbero trovato Cassie. Sana e salva.

La foresta terminava bruscamente aprendosi in una radura. Luke individuò Cassie, che si muoveva in mezzo ad un anello di funghi a soli quindici metri di distanza. Emise un altro ruggito, questa volta per la gioia incontenibile, e corse attraverso la radura, calpestando i funghi e prendendo sua sorella tra le braccia.

Cassie avrebbe voluto restituirgli l’abbraccio, ma aveva le mani trattenute da manette d’argento e i piedi legati con una corda. Affondò il viso nell’incavo del collo di Luke, e lui sentì le sue lacrime sulla pelle. “Ero così spaventata,” disse lei. “Grazie.” Parlò fra i singhiozzi, quasi senza fiato per la forza dell’abbraccio del fratello.

Luke le accarezzò i capelli biondi. Erano ridotti a una massa di nodi con l’aggiunta di qualche foglia nel mezzo, come se fosse rimasta nella foresta più a lungo delle poche ore di cui aveva parlato l’informatore di Maya. “Ora sei al sicuro.” Le baciò la fronte, poi si allontanò un po’ per cercare di slegarla.

Nel mentre sentì altri due dei suoi leoni entrare nella radura. Dovette ritrarsi repentinamente al primo contatto con le manette. La percentuale di argento era così alta che la reazione gli faceva già prudere le dita. Aveva sempre avuto una scarsa tolleranza all’argento, ma di solito la reazione allergica si manifestava dopo almeno qualche istante. “Mi serve la chiave di queste manette!” esclamò spostandosi per slegare le gambe di Cassie. Lei rimase ferma, e dato che la corda era spessa, ma normale, Luke riuscì a liberarla in un attimo.

“Non è lo stesso odore, te l’ho detto,” disse Javier, uno dei leoni che si era offerto volontario all’ultimo minuto per unirsi alla ricerca. Non era un inseguitore e prima di allora non aveva mai dato la caccia a una persona, ma Luke necessitava di tutto l’aiuto possibile.

“Probabilmente abbiamo sconfinato sul terreno di qualcun altro,” rispose Alisha, la sua partner nella ricerca di quella notte. Lasciò Javier e si avvicinò a Luke. Alisha si era trasferita in zona solo tre mesi prima; in precedenza aveva lavorato al CDC di Atlanta, finché non aveva ricevuto un’ottima offerta di lavoro a Denver, impossibile da rifiutare. Non viveva nel territorio del branco ma questo non le aveva impedito di diventarne velocemente un membro importante.

Javier, invece, era nato e cresciuto a Eagle Creek e possedeva una piccola società di contabilità che gestiva il denaro di diverse aziende locali. Furono i primi due a raggiungere Luke e i suoi compagni nella radura. Gli altri membri del branco arrivarono alla spicciolata più tardi.

Mick, un ragazzo che recentemente si era messo nei guai a causa di una certa litigiosità e per un grosso errore durante un turno di guardia, forzò velocemente la serratura delle manette di Cassie. Lì per lì Luke fu felice che il ragazzo ne fosse stato capace, ma poi si appuntò mentalmente di capire perché i ragazzi del suo branco stessero imparando a fare gli scassinatori.

I furti degli ultimi tempi sarebbero già bastati per una vita intera.

Dopo essersi assicurato che Cassie non indossasse una trappola esplosiva e che nella radura non ci fossero altre brutte sorprese, Luke aiutò Cassie ad alzarsi e si avviarono verso il luogo dove aveva parcheggiato la macchina per riportarla a casa.

Si era aspettato che Cassie si addormentasse dopo aver fatto una doccia, ma la sorella lo chiamò in camera sua per parlare mentre era impegnata ad asciugarsi i capelli. Ora che non era più coperta di chiazze di fango ed erba, Luke vide lividi neri e marroni sparsi sulla sua pelle pallida. Una rabbia violenta ruggì dentro di lui e gli fece venire voglia di uscire e andare subito a caccia di chiunque le avesse fatto del male. Ma era grato del fatto che le sue uniche ferite sembrassero superficiali. Niente ossa rotte, o peggio.

O almeno, lei non aveva detto nulla.

“Come stai?” le chiese. Si sedette su una poltroncina da lettura e appoggiò i piedi sul bordo del letto. La stanza era grande, con due sedie, una scrivania e una nicchia per la lettura ricavata vicino alla finestra. Era la stanza degli ospiti che Luke utilizzava per la sua famiglia, ed era solo due porte più giù della sua.

Cassie si sedette sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera. “Ho lividi e qualche ammaccatura, ma sto bene.” Si pettinò delicatamente i capelli con le dita mentre parlava. “Mi dispiace tanto, ho fatto un casino. Non avrei dovuto, scusami, ti prego,” disse con le lacrime che le pungevano gli occhi. “So di aver sbagliato...”

Luke la interruppe sollevando una mano. “Ne parleremo più avanti.” E ne aveva tutta l’intenzione, sapeva che la rabbia gli sarebbe montata dentro una volta che fosse stato certo che la sorella fosse al sicuro. Anche in quel momento, con lei di nuovo a casa nella sua stanza, non riusciva quasi a crederci. Ma si aspettava di essersi ripreso per il mattino seguente. Non era necessario parlarne quella sera.

Lei però non era pronta a chiudere l’argomento. “L’hai detto a mamma e papà?” Luke pensò che non potesse sembrare più mortificata di così.

Questa volta fu Luke a esitare. Sua madre e il patrigno erano in vacanza quando Cassie era scomparsa, e lui non aveva nemmeno pensato a contattarli fino a due giorni dopo. Come alfa del suo territorio, prendersi cura della sua gente era il suo lavoro, non poteva andare a piangere dai suoi genitori ogni volta che qualcosa andava storto. Così aveva temporeggiato e rimandato. “Non ancora,” disse alla fine. “Sapevo che ti avrei trovato.”

Cassie socchiuse gli occhi ma non chiese ulteriori spiegazioni. “Quindi magari non è necessario che lo vengano a sapere?”

“Ne parleremo più avanti,” ripeté Luke.

Lei lasciò perdere e cambiò argomento. “Erano due i vampiri che mi hanno preso, anche se dopo la prima notte ne ho visto uno solo. Dopo di che loro...” Si interruppe e aggrottò le sopracciglia. Dopo un momento continuò come se non ricordasse di essersi fermata. “Non riesco a ricordare come sono arrivata alla radura, ma sapevo che stavi venendo a prendermi.” Sorrise e si spostò per appoggiarsi più comodamente alla testiera del letto, rilassandosi forse per la prima volta da quando era tornata a casa di Luke quella notte. Ma subito si rimise a sedere e si irrigidì.

“Cos’hai?” chiese Luke.

Cassie scosse la testa. “Non lo so. Devo avere un livido sulla schiena o qualcosa del genere.”

Luke si alzò. “Mi fai vedere?” Non aveva una formazione medica, ma pensava di saper distinguere fra una sciocchezza e qualcosa di più grave. “Oppure posso far venire Kenny a darti un’occhiata. È un paramedico.”

Cassie si sdraiò a pancia in giù. “Certo, dai un’occhiata tu.” Si alzò la maglietta e scoprì un gruppo di ematomi intorno alla spina dorsale. Quei brutti lividi viola, neri e blu le coprivano la schiena e Luke non capiva come poteva non essersene accorta fino a quel momento.

Premette delicatamente la mano sulla pelle livida. “Fa male?” chiese.

La voce di Cassie gli giunse attutita dalla coperta. “Come se fosse un livido,” rispose lei.

“Ho una pomata che dovrebbe essere d’aiuto.” La lasciò sola un momento per andare a prendere il tubetto nel suo bagno, ma appena mise piede nel corridoio gli si rizzarono i capelli sulla nuca. Si voltò e tornò come una furia nella stanza di Cassie.

La sua ladra, la donna che aveva rubato lo Smeraldo Scarlatto direttamente dal suo caveau, era chinata accanto a sua sorella e le stava passando una mano sulla schiena.

“Cosa diavolo ci fai qui?” sbottò.

Nella Rete Della Ladra

Подняться наверх