Читать книгу Eleven Short Stories - Luigi Pirandello - Страница 9
ОглавлениеLUMIE DI SICILIA
—Teresina sta qui?
Il cameriere, ancora in maniche di camicia, ma già impiccato in un altissimo colletto, coi radi capelli ben lisciati e disposti sul cranio, inarcando le folte ciglia giunte che parevan due baffi spostati, rasi dal labbro e appiccicati lì per non perderli, squadrò da capo ai piedi il giovanotto che gli stava davanti sul pianerottolo della scala: campagnolo all’aspetto, col bavero del pastrano ruvido rialzato fin su gli orecchi e le mani paonazze, gronchie dal freddo, che reggevano un sacchetto sudicio di qua, una vecchia valigetta di là, a contrappeso.
—Chi è Teresina?
Il giovanotto scosse prima la testa per far saltare dalla punta del naso una gocciolina, poi rispose:
—Teresina, la cantante.
—Ah,—sclamò il cameriere con un sorriso d’ironico stupore:—Si chiama così, senz’altro, Teresina? E voi chi siete?
—C’è o non c’è?—domandò il giovanotto, corrugando le ciglia e sorsando pe’ l naso.—Ditele che c’è Micuccio e lasciatemi entrare.
—Ma non c’è nessuno,—riprese il cameriere col sorriso rassegato su le labbra.—La signora Sina Marnis è ancora in teatro e …
—Zia Marta pure?—lo interruppe Micuccio.
—Ah, lei è parente? Favorisca allora, favorisca … Non c’è nessuno. Anche lei a teatro, la Zia. Prima del tocco non ritorneranno. È la serata d’onore di sua … come sarebbe di lei, la signora? cugina, forse?
Micuccio restò un istante impacciato.
CITRONS FROM SICILY
“Is Teresina here?”
The servant—still in his shirt sleeves, but with his neck already squeezed into an extremely high collar and with his sparse hair carefully dressed and arranged on his cranium—raised his thick, joined eyebrows, which resembled a displaced mustache that had been shaved off his lips and pasted up there so he wouldn’t lose it, and examined from head to foot the young man standing in front of him on the staircase landing: a rustic from the look of him, with the collar of his rough overcoat raised up to his ears and his hands—purple, numbed with cold—holding a dirty little sack on one side and a small old suitcase on the other, as a counterweight.
“Who is Teresina?”
The young man first shook his head to get rid of a little water drop on the tip of his nose, then replied:
“Teresina, the singer.”
“Ah!” exclaimed the servant with a smile of ironic amazement: “That’s her name, just plain Teresina? And who are you?”1
“Is she here or isn’t she?” asked the young man, knitting his brows and sniffling. “Tell her that Micuccio is here, and let me in.”
“But there’s no one here,” continued the servant with his smile congealed on his lips. “Madame Sina Marnis is still at the theater and …”
“Aunt Marta, too?” Micuccio interrupted him.
“Ah, you’re a relative, sir? In that case, step right in, step right in … No one’s at home. She’s at the theater, too, your aunt. They won’t be back before one. This is the benefit night2 of your … what is she to you, the lady? Your cousin, perhaps?”
Micuccio stood there embarrassed for a moment.
1The varying modes of address used by the servant when speaking to Micuccio are very important in this story; see the discussion of “you” in the Introduction, page xiii, footnote 2.
2The night, contractually set aside, on which a member of a dramatic or operatic troupe would perform his or her specialties and share in the box-office take.
—Non sono parente, … sono Micuccio Bonavino, lei lo sa … Vengo apposta dal paese.
A questa risposta il cameriere stimò innanzi tutto conveniente di ritirare il lei e riprendere il voi: introdusse Micuccio in una cameretta al bujo presso la cucina, dove qualcuno ronfava strepitosamente, e gli disse:
—Sedete qua. Adesso porto un lume.
Micuccio guardò prima dalla parte donde veniva quel ronfo, ma non poté discernere nulla; guardò poi in cucina, dove il cuoco, assistito da un guattero, apparecchiava da cena. L’odor misto delle vivande in preparazione lo vinse: n’ebbe quasi un’ebrietà vertiginosa: era poco men che digiuno dalla mattina; veniva da Reggio di Calabria: una notte e un giorno intero in ferrovia.
Il cameriere recò il lume, e la persona che ronfava nella stanza, dietro una cortina sospesa a una funicella da una parete all’altra, borbottò tra il sonno:
—Chi è?
—Ehi, Dorina, su!—chiamò il cameriere.—Vedi che c’è qui il signor Bonvicino …
—Bonavino,—corresse Micuccio che stava a soffiarsi su le dita.
—Bonavino, Bonavino … conoscente della signora. Tu dormi della grossa: suonano alla porta e non senti … Io ho da apparecchiare, non posso far tutto io, capisci?, badare al cuoco che non sa, alla gente che viene …
Un ampio sonoro sbadiglio, protratto nello stiramento delle membra e terminato in un nitrito per un brividore improvviso, accolse la protesta del cameriere, il quale s’allontanò esclamando:
—E va bene!
Micuccio sorrise, e lo seguì con gli occhi attraverso un’altra stanza in penombra fino alla vasta sala in fondo, illuminata, dove sorgeva splendida la mensa, e restò meravigliato a contemplare, finché di nuovo il ronfo non lo fece voltare a guardar la cortina.
Il cameriere, col tovagliolo sotto il braccio, passava e ripas-
“I’m not a relative … I’m Micuccio Bonavino, she knows … I’ve come on purpose from our hometown.”
Upon receiving this reply, the servant deemed it suitable above all else to take back the polite lei form of address and go back to the ordinary voi; he led Micuccio into a small unlighted room near the kitchen, where someone was snoring noisily, and said to him:
“Sit here. I’ll go and get a lamp.”
Micuccio first looked in the direction from which the snoring was coming, but couldn’t make out anything; then he looked into the kitchen, where the cook, aided by a scullery boy, was preparing a supper. The mingled aromas of the dishes being prepared overpowered him; their effect on him was like a heady intoxication; he had hardly eaten a thing since that morning; he had traveled from Reggio di Calabria:3 a night and a full day on the train.
The servant brought the lamp, and the person who was snoring in the room, behind a curtain hung from a cord between two walls, muttered sleepily:
“Who is it?”
“Hey, Dorina, get up!” the servant called. “Look, Mr. Bonvicino is here …”
“Bonavino,” Micuccio corrected him, as he blew on his fingers.
“Bonavino, Bonavino … an acquaintance of the mistress. You really sleep soundly: they ring at the door and you don’t hear it … I have to set the table; I can’t do everything myself, understand—keep an eye on the cook, who doesn’t know the ropes; watch for people who come to call …”
A big, loud yawn from the maid, prolonged while she stretched and ending in a whinny caused by a sudden shiver, was her reply to the complaint of the manservant, who walked away exclaiming:
“All right!”
Micuccio smiled and watched him depart across another room in semidarkness until he reached the vast, well-lit salon4 at the far end, where the splendid supper table towered; he kept on gazing in amazement until the snoring made him turn once more and look at the curtain.
The servant, with his napkin under his arm, passed back and
3In a later version, “from the province of Messina” (perhaps Reggio was thought of as the outset of the journey by rail).
4Although merely sala (room) in the story text, the site of the party is identified as a salone and reception room in the play based on the story.
sava borbottando or contro Dorina che seguitava a dormire or contro il cuoco che doveva esser nuovo, chiamato per l’avvenimento di quella sera, e lo infastidiva chiedendo di continuo spiegazioni. Micuccio, per non infastidirlo anche lui, stimò prudente di ricacciarsi dentro tutte le domande che gli veniva di rivolgergli. Avrebbe poi dovuto dirgli o fargli intendere ch’era il fidanzato di Teresina, e non voleva, pur non sapendone il perché lui stesso, se non forse per questo, che quel cameriere allora avrebbe dovuto trattar lui Micuccio da padrone, ed egli, vedendolo così disinvolto ed elegante, quantunque ancor senza marsina, non riusciva a vincer l’impaccio che già ne provava solo a pensarci. A un certo punto però, vedendolo ripassare, non seppe tenersi dal domandargli:
—Scusi … questa casa di chi è?
—Nostra, finché ci siamo,—gli rispose in fretta il cameriere.
E Micuccio rimase a tentennar la testa.
Perbacco, era vero dunque! La fortuna acciuffata. Affaroni. Quel cameriere che pareva un gran signore, il cuoco e il guattero, quella Dorina che ronfava di là: tutta servitù a gli ordini di Teresina … Chi l’avrebbe mai detto?
Rivedeva col pensiero la soffitta squallida, laggiù laggiù, a Messina, dove Teresina abitava con la madre … Cinque anni addietro, in quella soffitta lontana, se non fosse stato per lui, mamma e figlia sarebbero morte di fame. E lui, lui, aveva scoperto quel tesoro nella gola di Teresina! Ella cantava sempre, allora, come una passera dei tetti, ignara del suo tesoro: cantava per dispetto, cantava per non pensare alla miseria, a cui egli cercava di sovvenire alla meglio, non ostante la guerra che gli facevano in casa i genitori, la madre specialmente. Ma poteva egli abbandonar Teresina in quello stato, dopo la morte del padre di lei? abbandonarla perché non aveva nulla, mentre lui, bene o male, un posticino ce l’aveva, di sonator di flauto nel concerto comunale? Bella ragione! e il cuore?
Ah, era stata una vera ispirazione del cielo, un suggerimento della fortuna, quel por mente alla voce di lei, quando nessuno ci badava, in quella bellissima giornata d’aprile, presso la finestra dell’abbaino che incorniciava vivo vivo l’azzurro del cielo. Teresina canticchiava un’appassionata arietta siciliana, di cui a Micuccio sovvenivano ancora le tenere parole. Era triste Teresina, quel giorno, per la recente morte del padre e
forth, muttering now about Dorina, who went on sleeping, now about the cook, who was most likely a new man, called in for that evening’s event, and who was annoying him by constantly asking for explanations. Micuccio, to avoid annoying him further, deemed it prudent to repress all the questions that he thought of asking him. He really ought to have told him or given him to understand that he was Teresina’s fiancé, but he didn’t want to, though he himself didn’t know why, unless perhaps it was because the servant would then have had to treat him, Micuccio, as his master, and he, seeing him so jaunty and elegant, although still without his tailcoat, couldn’t manage to overcome the embarrassment he felt at the very thought of it. At a certain point, however, seeing him pass by again, he couldn’t refrain from asking him:
“Excuse me … whose house is this?”
“Ours, as long as we’re in it,” the servant answered hurriedly.
And Micuccio sat there shaking his head.
By heaven, so it was true! Opportunity seized by the forelock. Good business. That servant who resembled a great nobleman, the cook and the scullery boy, that Dorina snoring over there: all servants at Teresina’s beck and call … Who would ever have thought so?
In his mind he saw once again the dreary garret, way down in Messina, where Teresa used to live with her mother … Five years earlier, in that faraway garret, if it hadn’t been for him, mother and daughter would have died of hunger. And he, he had discovered that treasure in Teresa’s throat! She was always singing, then, like a sparrow on the rooftops, unaware of her own treasure: she would sing to annoy, she would sing to keep from thinking of her poverty, which he would try to alleviate as best he could, in spite of the war his parents waged with him at home, his mother especially. But could he abandon Teresina in those circumstances, after her father’s death?—abandon her because she had nothing, while he, for better or worse, did have a modest employment, as flute player in the local orchestra? Fine reasoning!—and what about his heart?
Ah, it had been a true inspiration from heaven, a prompting of fortune, when he had paid attention to that voice of hers, when no one was giving it heed, on that very beautiful April day, near the garret window that framed the vivid blue of the sky. Teresina was singing softly an impassioned Sicilian arietta, the tender words of which Micuccio still remembered. Teresina was sad, that day, over the recent death of her father and over his family’s stubborn opposi-
per l’ostinata opposizione dei parenti di lui; e anch’egli—ricordava—era triste, tanto che gli erano spuntate le lagrime, sentendola cantare. Pure tant’altre volte l’aveva sentita, quell’arietta; ma cantata a quel modo, mai. N’era rimasto così colpito, che il giorno appresso, senza prevenire né lei né la madre, aveva condotto seco su nella soffitta il direttore del concerto, suo amico. E così erano cominciate le prime lezioni di canto; e per due anni di fila egli aveva speso per lei quasi tutto il suo stipendietto: le aveva preso a nolo un pianoforte, comperate le carte di musica e qualche amichevole compenso aveva pur dato al maestro. Bei giorni lontani! Teresina ardeva tutta nel desiderio di spiccare il volo, di lanciarsi nell’avvenire che il maestro le prometteva luminoso, e, frattanto, che carezze di fuoco a lui per dimostrargli tutta la sua gratitudine, e che sogni di felicità commune!
Zia Marta, invece, scoteva amaramente il capo: ne aveva viste tante in vita sua, povera vecchietta, che ormai non aveva più fiducia nell’avvenire: temeva per la figliola, e non voleva che ella pensasse neppure alla possibilità di togliersi da quella rassegnata miseria; e poi sapeva, sapeva ciò che costava a lui la follia di quel sogno pericoloso.
Ma né lui né Teresina le davano ascolto, e invano ella si ribellò quando un giovane maestro compositore, avendo udito Teresina in un concerto, dichiarò che sarebbe stato un vero delitto non darle migliori maestri e una completa educazione artistica: a Napoli, bisognava mandarla al conservatorio di Napoli, a qualunque costo.
E allora lui, Micuccio, rompendola addirittura coi parenti, aveva venduto un suo poderetto lasciatogli in eredità dallo zio prete, e così Teresina era andata a Napoli a completar gli studii.
Non la aveva più riveduta, da allora; ma aveva le sue lettere dal conservatorio e poi quelle di zia Marta, quando già Teresina s’era lanciata nella vita artistica, contesa dai principali teatri, dopo l’esordio clamoroso al San Carlo. A piè di quelle tremule incerte lettere raspate alla meglio su la carta dalla povera vecchietta c’eran sempre due paroline di lei, di Teresina, che non aveva mai tempo di scrivere: «Caro Micuccio, confermo quanto ti dice la mamma. Sta’ sano e voglimi bene». Eran rimasti d’accordo che egli le avrebbe lasciato cinque, sei anni di tempo per farsi strada liberamente: eran giovani entrambi e pote-
tion; and he too—he recalled—was sad, so much so that tears had come to his eyes when he heard her sing. And yet he had heard that arietta many other times; but sung that way, never. He had been so struck by it that the following day, without informing her or her mother, he had brought with him his friend, the orchestra conductor, up to the garret. And in that way the first singing lessons had begun; and for two years running he had spent almost all of his small salary on her; he had rented a piano for her, had purchased her sheet music and had also given the teacher some friendly remuneration. Beautiful faraway days! Teresa burned intensely with the desire to take flight, to hurl herself into the future that her teacher promised her would be a brilliant one; and, in the meantime, what impassioned caresses for him to prove to him all her gratitude, and what dreams of happiness together!
Aunt Marta, on the other hand, would shake her head bitterly: she had seen so many ups and downs in her life, poor old lady, that by now she had no more trust left in the future; she feared for her daughter and didn’t want her even to think about the possibility of escaping that poverty to which they were resigned; and, besides, she knew, she knew how much the madness of that dangerous dream was costing him.
But neither he nor Teresina would listen to her, and she protested in vain when a young composer, having heard Teresina at a concert, declared that it would be a real crime not to give her better teachers and thorough artistic instruction: in Naples, it was essential to send her to the Naples conservatory, cost what it might.
And then he, Micuccio, breaking off with his parents altogether, had sold a little farm of his that had been bequeathed to him by his uncle the priest, and in that way Teresina had gone to Naples to perfect her studies.
He hadn’t seen her again since then; but he had received her letters from the conservatory and afterwards those of Aunt Marta, when Teresina was already launched on her artistic life, eagerly sought by the major theaters after her sensational debut at the San Carlo. At the foot of those shaky and hesitant letters, which the poor old lady scratched onto the paper as best she could, there were always a few words from her, from Teresina, who never had time to write: “Dear Micuccio, I go along with everything Mother is telling you. Stay healthy and keep caring for me.” They had agreed that he would leave her five or six years’ time to pursue her career without impediment: they were both young and could wait.
vano aspettare. E quelle lettere, nei cinque anni già scorsi, egli le aveva sempre mostrate a chi voleva vederle, per distruggere le calunnie che i suoi parenti scagliavano contro Teresina e la madre. Poi s’era ammalato; era stato per morire; e in quell’occasione, a sua insaputa, zia Marta e Teresina avevano inviato al suo indirizzo una buona somma di danaro: parte se n’era andata durante la malattia, ma il resto egli lo aveva strappato a viva forza dalle mani dei suoi parenti e ora, ecco, veniva a ridarlo a Teresina. Perché, denari—niente! egli non ne voleva. Non perché gli paressero limosina, avendo egli già speso tanto per lei; ma … niente! non lo sapeva dire egli stesso, e ora più che mai, lì, in quella casa …—denari, niente! Come aveva aspettato tant’anni, poteva ancora aspettare … Che se poi denari Teresina ne aveva d’avanzo, segno che l’avvenire le si era schiuso, ed era tempo perciò che l’antica promessa s’adempisse, a dispetto di chi non voleva crederci.
Micuccio sorse in piedi con le ciglia corrugate, come per raffermarsi in questa conclusione; si soffiò di nuovo su le mani diacce e pestò i piedi per terra.
—Freddo?—gli disse, passando, il cameriere.—Poco ci vorrà, adesso. Venite qua in cucina. Starete meglio.
Micuccio non volle seguire il consiglio del cameriere, che con quell’aria da gran signore lo sconcertava e l’indispettiva. Si rimise a sedere e a pensare, costernato. Poco dopo una forte scampanellata lo scosse.
—Dorina, la signora!—strillò il cameriere infilandosi in fretta e furia la marsina mentre correva ad aprire; ma vedendo che Micuccio stava per seguirlo, s’arrestò bruscamente per intimargli:
—Voi state qua; prima lasciate che la avverta.
—Ohi, ohi, ohi …—si lamentò una voce insonnolita dietro la cortina; e poco dopo apparve un donnone tozzo affagottato che strascicava una gamba e non riusciva ancora a spiccicar gli occhi, con uno scialle di lana fin sopra il naso, i capelli ritinti d’oro.
Micuccio stette a mirarla allocchito. Anche lei, sorpresa, sgranò tanto d’occhi in faccia all’estraneo.
—La signora,—ripeté Micuccio.
Allora Dorina riprese d’un subito coscienza:
—Eccomi, eccomi …—disse, togliendosi e buttando dietro la cortina lo scialle e adoperandosi con tutta la pesante persona a correr verso l’entrata.
And in the five years that had already elapsed, he had always shown those letters to anyone who wanted to see them, to combat the slanderous remarks his family would hurl at Teresina and her mother. Then he had fallen sick; he had been on the point of dying; and on that occasion, without his knowledge, Aunt Marta and Teresina had sent to his address a large sum of money; part had been spent during his illness, but the rest he had violently torn out of his family’s hands and now, precisely, he was coming to return it to Teresina. Because money—no! He didn’t want any. Not because it seemed like a handout, seeing that he had already spent so much on her; but … no! He himself was unable to say why, and now more than ever, there, in that house … money, no! Just as he had waited all those years, he could wait some more … Because if Teresina actually had money to spare, it was a sign that the future was now open to her, and therefore it was time for the old promise to be kept, in spite of anyone who refused to believe it.
Micuccio stood up with his brows knitted, as if to reassure himself about that conclusion; once again he blew on his ice-cold hands and stamped on the floor.
“Cold?” the servant said to him passing by. “It won’t be long now. Come here into the kitchen. You’ll be more comfortable.”
Micuccio didn’t want to follow the advice of the servant, who confused and irritated him with that lordly air. He sat down again and resumed thinking in dismay. Shortly afterward a loud ring roused him.
“Dorina, the mistress!” screamed the servant, hurriedly slipping on his tailcoat as he ran to open the door; but seeing that Micuccio was about to follow him, he stopped short and issued an order:
“You stay there; let me notify her first.”
“Ohi, ohi, ohi … ,” lamented a sleepy voice behind the curtain; and after a moment there appeared a large, stocky, carelessly dressed woman who trailed one leg on the ground and was still unable to keep her eyes open; she had a woolen shawl pulled up over her nose and her hair was dyed gold.
Micuccio kept looking at her foolishly. She too, in her surprise, opened her eyes wide when confronted by the outsider.
“The mistress,” Micuccio repeated.
Then Dorina suddenly returned to consciousness:
“Here I am, here I am … ,” she said, taking off the shawl and flinging it behind the curtain, and exerting her whole heavy body to run toward the entrance.
L’apparizione di quella strega ritinta, l’intimazione del cameriere diedero a un tratto a Micuccio, avvilito, un angoscioso presentimento. Sentì la voce stridula di zia Marta:
—Di là, in sala! in sala, Dorina!
E il cameriere e Dorina gli passarono davanti reggendo magnifiche ceste di fiori. Sporse il capo a guardare in fondo la sala illuminata e vide tanti signori in marsina, che parlavano confusamente. La vista gli s’annebbiò: era tanto lo stupore, tanta la commozione, che non s’accorse egli stesso che gli occhi gli si erano riempiti di lagrime: li chiuse, e in quel bujo si strinse tutto in sé, quasi per resistere allo strazio che gli cagionava una lunga squillante risata. Teresina rideva così, di là.
Un grido represso gli fece riaprir gli occhi, e si vide dinanzi—irriconoscibile—zia Marta, col cappello in capo, poveretta! oppressa da una ricca splendida mantiglia di velluto.
—Come! Micuccio … tu qui?
—Zia Marta …—esclamò Micuccio quasi impaurito, restando a contemplarla.
—Come mai!—seguitò la vecchietta sconvolta.—Senza avvertire? Che è stato? Quando sei arrivato? … Giusto questa sera … Oh Dio, Dio …
—Sono venuto per …—balbettò Micuccio, non sapendo più che dire.
—Aspetta!—lo interruppe zia Marta.—Come si fa? come si fa? Vedi quanta gente, figlio mio? È la festa di Teresina … la sua serata … Aspetta, aspetta un po’ qua …
—Se voi,—si provò a dir Micuccio, a cui l’angoscia stringeva la gola,—se voi credete che me ne debba andare …
—No, aspetta un po’, ti dico,—s’affrettò a rispondergli la buona vecchietta, tutta imbarazzata.
—lo però,—rispose Micuccio,—non saprei dove andare in questo paese … a quest’ora …
Zia Marta lo lasciò, facendogli con una mano inguantata segno d’attendere, ed entrò nella sala, nella quale poco dopo a Micuccio pareva si aprisse una voragine; vi s’era fatto d’improvviso silenzio. Poi udì, chiare, distinte, queste parole di Teresina:
—Un momento, signori.
Di nuovo la vista gli s’annebbiò, sotto l’imminenza dell’apparire di lei. Ma Teresina non venne, e la conversazione fu ripresa nella sala. Tornò invece dopo alquanti minuti, che
The apparition of that dyed witch, and the order given by the servant, suddenly gave Micuccio, in his dejection, an anguished presentiment. He heard Aunt Marta’s shrill voice:
“Over there, into the salon, into the salon, Dorina!”
And the servant and Dorina passed by him carrying magnificent baskets of flowers. He leaned his head forward so he could observe the illuminated room at the far end, and he saw a great number of gentlemen in tailcoats talking confusedly. His sight grew dim; his amazement and agitation were so great that he himself didn’t realize that his eyes had filled with tears; he closed them, and he shut himself up completely in that darkness, as if to resist the torment that a long, ringing laugh was causing him. It was Teresina laughing like that, in the other room.
A muffled cry made him open his eyes again, and he saw before him—unrecognizable—Aunt Marta, with her hat on her head, poor thing! and laden down by a costly and splendid velvet mantilla.
“What! Micuccio … you here?”
“Aunt Marta … ,” exclaimed Micuccio, almost frightened, pausing to examine her closely.
“Whatever for?” continued the old lady, who was upset. “Without letting us know? What happened? When did you get here? … Tonight of all nights … Oh, God, God …”
“I’ve come to … ,” Micuccio stammered, not knowing what more to say.
“Wait!” Aunt Marta interrupted him. “What’s to be done? What’s to be done? See all those people, son? It’s Teresina’s celebration … her night … Wait, wait here for a bit …”
“If you,” Micuccio attempted to say, as anxiety tightened his throat, “if you think I ought to go …”
“No, wait a bit, I say,” the kind old lady hastened to reply, all embarrassed.
“But,” Micuccio responded, “I have no idea where to go in this town … at this hour …”
Aunt Marta left him, signaling to him with one of her gloved hands to wait, and entered the salon, in which a moment later Micuccio thought an abyss had opened; silence had suddenly fallen there. Then he heard, clear and distinct, these words of Teresina:
“One moment, gentlemen.”
Again his sight grew dim with the imminence of her appearance. But Teresina did not come, and the conversation resumed in the salon. Instead, after a few minutes, which seemed an eternity to
a lui parvero eterni, zia Marta senza cappello, senza mantiglia, senza guanti, meno imbarazzata.
—Aspettiamo un po’ qui, sei contento?—gli disse.—Io starò con te … Adesso si fa cena … Noi ce ne staremo qua. Dorina ci apparecchierà questo tavolino, e ceneremo insieme, qui; ci ricorderemo de’ bei tempi, eh? … Non mi par vero di trovarmi con te, figlietto mio, qui, qui, appartati … Lì, capirai, tanti signori … Lei, poverina, non può farne a meno … La carriera, m’intendi? Eh, come si fa! … Li hai veduti i giornali? Cose grandi, figlio mio! Io, come sopra mare, sempre … Non mi par vero che me ne possa star qua con te, stasera.
E la buona vecchina, che aveva parlato parlato, istintivamente, per non dar tempo a Micuccio di pensare, alla fine sorrise e si stropicciò le mani, guardandolo intenerita.
Dorina venne ad apparecchiare la tavola in fretta, perché già lì, in sala, il pranzo era cominciato.
Verrà?—domandò cupo, Micuccio, con voce angosciata. —Dico, per vederla almeno.
—Certo che verrà,—gli rispose subito la vecchietta, sforzandosi di vincere l’impaccio.—Appena avrà un momentino di largo: già me l’ha detto.
Si guardarono tutt’e due e si sorrisero, come se finalmente si riconoscessero l’un l’altra. Attraverso l’impaccio e la commozione le loro anime avevan trovato la via per salutarsi con quel sorriso. «Voi siete zia Marta»—dicevan gli occhi di Micuccio.—«E tu, Micuccio, il mio caro e buon figliuolo, sempre lo stesso, poverino!»—dicevan quelli di zia Marta. Ma subito la buona vecchietta abbassò i suoi, perché Micuccio non vi leggesse altro. Si stropicciò di nuovo le mani e disse:
—Mangiamo eh?
—Ho una fame io!—esclamò tutto lieto e raffidato Micuccio.
—La croce, prima: qui posso farmela, davanti a te,—aggiunse la vecchietta con aria birichina, strizzando un occhio, e si segnò.
Il cameriere venne a offrir loro il primo servito. Micuccio stette bene attento a osservare come faceva zia Marta a trarre dal piatto la porzione. Ma quando venne la sua volta, nel levar le mani, pensò che le aveva sporche dal lungo viaggio, arrossì, si confuse, alzò gli occhi a sogguardare il cameriere, il quale,
him, Aunt Marta came back, without her hat, without her mantilla, without her gloves, and less embarrassed.
“Let’s wait here for a while, would that be all right?” she said to him. “I’ll stay with you … Now they’re having supper … We’ll remain here. Dorina will set this little table for us, and we’ll have supper together, here; we’ll reminisce about the good old days, all right? … I can’t believe it’s true that I’m here with you, son, here, here, all by ourselves … In that room, you understand, all those gentlemen … She, poor girl, can’t avoid them … Her career, you get my meaning? Ah, what can you do! … Have you seen the newspapers? Big doings, son! As for me, I’m all at sea, all the time … I can’t believe I can really be here with you, tonight.”
And the kind old lady, who had gone on talking, instinctively, to keep Micuccio from having time to think, finally smiled and rubbed her hands together, looking at him compassionately.
Dorina came to set the table hastily, because there, in the salon, the meal had already begun.
“Will she come?” Micuccio asked gloomily, with a troubled voice. “I mean, at least to see her.”
“Of course she’ll come,” the old lady immediately replied, making an effort to get out of her awkward situation. “Just as soon as she has a minute free: she’s already told me so.”
They looked at each other and smiled at each other, as if they had finally recognized each other. Despite the embarrassment and the excitement, their souls had found the way to greet each other with that smile. “You’re Aunt Marta,” Micuccio’s eyes said. “And you’re Micuccio, my dear, good son, still the same, poor boy!” said Aunt Marta’s. But suddenly the kind old lady lowered her own eyes, so that Micuccio might not read anything else in them. Again she rubbed her hands together and said:
“Let’s eat, all right?”
“I’m good and hungry!” exclaimed Micuccio, quite happy and reassured.
“Let’s cross ourselves first: here, in front of you, I can do it,” added the old lady in a mischievous manner, winking an eye, and she made the sign of the cross.
The manservant came, bringing their first course. Micuccio observed with close attention the way that Aunt Marta transferred her helping from the serving platter. But when his turn came, as he raised his hands, it occurred to him that they were dirty from the long trip; he blushed, he got confused, he raised his eyes to
compitissimo ora, gli fece un lieve inchino col capo e un sorriso, come per invitarlo a servirsi. Fortunatamente zia Marta venne a trarlo d’impaccio.
—Qua qua, Micuccio, ti servo io.
Se la sarebbe baciata dalla gratitudine! Avuta la porzione, appena il cameriere si fu allontanato, si segnò anche lui in fretta.
—Bravo figliuolo!—gli disse zia Marta.
Ed egli si sentì beato, a posto, e si mise a mangiare come non aveva mangiato mai in vita sua, senza più pensare alle sue mani, né al cameriere.
Tuttavia, ogni qual volta questi, entrando o uscendo dalla salla, schiudeva la bussola a vetri e veniva di là come un’ondata di parole confuse o qualche scoppio di risa, egli si voltava turbato e poi guardava gli occhi dolenti e affettuosi della vecchina, quasi per leggervi una spiegazione. Ma vi leggeva invece la preghiera di non chieder nulla per il momento, di rimettere a più tardi le spiegazioni. E tutt’e due di nuovo si sorridevano e si rimettevano a mangiare e a parlare del paese lontano, d’amici e conoscenti, di cui zia Marta gli domandava notizie senza fine.
—Non bevi?
Micuccio stese la mano per prender la bottiglia; ma, in quella, la bussola della sala si riaprì; un fruscio di seta, tra passi frettolosi: uno sbarbaglio, quasi la cameretta si fosse d’un tratto violentemente illuminata, per accecarlo.
—Teresina …
E la voce gli morì su le labbra, dallo stupore. Ah, che regina!
Col le fiamme al volto, gli occhi sgranati, la bocca aperta, egli restò a contemplarla, istupidito. Come mai ella … così! Nudo il seno, nude le spalle, le braccia nude … tutta fulgente di gemme e di stoffe … Non la vedeva, non la vedeva più come una persona viva e reale innanzi a sé … Che gli diceva ella? … Non la voce, né gli occhi, né il riso: nulla, nulla più riconosceva di lei, in quell’apparizione di sogno.
—Come va? Stai bene ora, Micuccio? Bravo, bravo … Sei stato malato, se non m’inganno … Ci rivedremo tra poco. Tanto, qui hai con te la mamma … Siamo intesi …
E Teresina scappò via di nuovo in sala, tutta frusciante.
steal a glance at the servant, who, now the height of good manners, nodded slightly to him and smiled, as if inviting him to serve himself. Fortunately Aunt Marta helped him out of his predicament.
“Here, here, Micuccio, I’ll serve you.”
He could have kissed her out of gratitude! Once he received his helping, as soon as the servant had withdrawn, he too crossed himself hurriedly.
“Good boy!” Aunt Marta said to him.
And he felt carefree, contented, and started eating as he had never eaten in his life, no longer thinking about his hands or the servant.
Nevertheless, each and every time the latter, entering or leaving the salon, opened the glass double door, and a sort of wave of mingled words or some burst of laughter came from that direction, he turned around uneasily and then looked at the old lady’s sorrowful, loving eyes, as if to read an explanation there. But what he read there instead was an urgent request to ask no more for the moment, to put off explanations till a later time. And again they both smiled at each other and resumed eating and talking about their far-off hometown, friends and acquaintances, concerning whom Aunt Marta asked him for news endlessly.
“Aren’t you drinking?”
Micuccio put out his hand to take the bottle; but, just at that moment, the double door to the ballroom opened again; a rustle of silk, amid hurried steps: a flash, as if the little room had all at once been violently illuminated, in order to blind him.
“Teresina …”
And his voice died away on his lips, out of amazement. Ah, what a queen!
With face flushed, eyes bulging and mouth open, he stopped to gaze at her, dumbfounded. How could she ever … like that! Her bosom bare, her shoulders bare, her arms bare … all ablaze with jewels and rich fabrics … He didn’t see her, he no longer saw her as a living, real person in front of him … What was she saying to him? … Not her voice, nor her eyes, nor her laugh: nothing, nothing of hers did he recognize any more in that dream apparition.
“How are things? Are you getting along all right now, Micuccio? Good, good … You were sick if I’m not mistaken … We’ll get together again in a little while. In the meantime, you have Mother with you here … Is that a deal? …”
And Teresina ran off again into the salon, all a-rustle.
—Non mangi più?—domandò poco dopo zia Marta, timorosa, per rompere l’attonimento muto di Micuccio.
Questi la guardò sbalordito.
—Mangia,—insistette la vecchina, indicandogli il piatto.
Micuccio si portò due dita al colletto affumicato e spiegazzato e se lo stirò, provandosi a trarre un lungo respiro.
—Mangiare?
E agitò più volte le dita presso il mento, come se salutasse, per significare: non mi va più, non posso. Stette ancora un pezzo silenzioso, avvilito, assorto nella visione testè avuta, poi mormorò:
—Come s’è fatta …
E vide che zia Marta scoteva amaramente il capo e che aveva sospeso di mangiare anche lei, come se aspettasse.
—Manco a pensarci …—aggiunse poi, quasi tra sé, chiudendo gli occhi.
Vedeva ora, in quel suo bujo, l’abisso che si era aperto tra loro due. No, non era più lei—quella lì—la sua Teresina. Era tutto finito … da un pezzo, da un pezzo ed egli, sciocco, egli, stupido, se n’accorgeva solo adesso. Glielo avevano detto in paese, e lui s’era ostinato a non crederci … E ora, che figura ci faceva a star più oltre lì, in quella casa? Se tutti quei signori, se quel cameriere stesso avessero saputo che egli, Micuccio Bonavino, s’era rotte le ossa a venire di così lontano, trentasei ore di ferrovia, credendosi sul serio ancora il fidanzato di quella regina, che risate, quei signori e quel cameriere e il cuoco e il guattero e Dorina! Che risate, se Teresina lo avesse trascinato al loro cospetto, lì in sala, dicendo: «Guardate, questo poveretto, sonator di flauto, dice che vuol diventare mio marito!» Ella, sì, ella glielo aveva promesso: ma come avrebbe potuto lei stessa allora supporre che un giorno sarebbe divenuta così? Ed era anche vero, sì, che egli le aveva schiuso quella via e le aveva dato modo d’incamminarvisi; ma ecco, ella era ormai arrivata tanto, tanto lontano, che egli, rimasto lì, sempre lo stesso, a sonare il flauto le domeniche nella piazza del paese, come poteva più raggiungerla? Manco a pensarci! E che cos’erano poi quei pochi quattrinucci spesi allora per lei, divenuta adesso una gran signora? Si vergognava solo a pensare che qualcuno potesse sospettare che egli, con la sua venuta, volesse accampar qualche diritto per quei pochi soldi miserabili …—Ma gli sovvenne in quel punto di
“You’re not eating any more?” Aunt Marta asked timorously after a brief pause, to cut short Micuccio’s silent astonishment.
He looked at her in bewilderment.
“Eat,” the old lady insisted, showing him his plate.
Micuccio raised two fingers to his smoke-blackened, crumpled collar and tugged at it, trying to draw a deep breath.
“Eat?”
And several times he wiggled his fingers near his chin as if waving goodbye, to indicate: I don’t feel like it any more, I can’t. For another while he remained silent, dejected, absorbed in the vision he had just seen, then he murmured:
“How she’s turned out …”
And he saw that Aunt Marta was shaking her head bitterly and that she too had stopped eating, as if in expectation.
“It’s not even to be thought of … ,” he then added, as if to himself, closing his eyes.
Now he saw, in that darkness of his, the gulf that had opened between the two of them. No, she—that woman—was no longer his Teresina. It was all over … for some time, for some time, and he, the fool, he, the imbecile, was realizing it only now. They had told him so back home, and he had stubbornly refused to believe it … And now, how would he look staying on in that house? If all those gentlemen, if even that servant had known that he, Micuccio Bonavino, had worn himself out coming such a distance, thirty-six hours by train, seriously believing he was still the fiancé of that queen, what laughs they would raise, those gentlemen and that servant and the cook and the scullery boy and Dorina! What laughs, if Teresina had dragged him into their presence, in the salon there, saying: “Look, this pauper, this flute player, says he wants to become my husband!” She, yes, she had promised him this; but how could she herself suppose at that time that one day she would become what she now was? And it was also true, yes, that he had opened that path for her and had given her the means to travel it; but, there! by this time she had come so very far, how could he, who had stayed where he was, always the same, playing the flute on Sundays in the town square, catch up to her any more? It wasn’t even to be thought of! And, then, what were those few paltry cents spent on her back then, now that she had become a great lady? He was ashamed merely to think that someone might suspect that he, with his coming, wanted to assert some rights in exchange for those few miserable pennies …—But at that moment he remembered
avere in tasca il denaro inviatogli da Teresina durante la malattia. Arrossì: ne provò onta, e si cacciò una mano nella tasca in petto della giacca, dov’era il portafogli.
—Ero venuto, zia Marta,—disse in fretta,—anche per restituirvi questo denaro che mi avete mandato. Vuol esser pagamento? restituzione? Che c’entrava! Vedo che Teresina è divenuta una … mi pare una regina! vedo che … niente! manco a pensarci più! Ma, questo denaro, no: non mi meritavo questo da lei … Che c’entra! È finita, e non se ne parla più … ma, denari, niente! Mi dispiace solo che non son tutti …
—Che dici, figliuolo mio?—cercò di interromperlo, tremante, afflitta e con le lagrime a gli occhi, zia Marta.
Micuccio le fe’ cenno di star zitta.
—Non li ho spesi io: li hanno spesi i miei parenti, durante la malattia, senza ch’io lo sapessi. Ma vanno per quella miseria che spesi io allora … vi ricordate? Non ci fa nulla … Non ci pensiamo più. Qua c’è il resto. E io me ne vado.
—Ma come! Così d’un colpo?—esclamò zia Marta, cercando di trattenerlo.—Aspetta almeno che lo dica a Teresina. Non hai sentito che voleva rivederti? Vado a dirglielo …
—No, è inutile,—le rispose Micuccio, deciso.—Lasciatela star lì con quei signori; lì sta bene, al suo posto. Io, poveretto … L’ho veduta; m’è bastato … O piuttosto, andate pure … andate pure voi di là … Sentite come si ride? Io non voglio che si rida di me … Me ne vado.
Zia Marta interpretò nel peggior senso quella risoluzione improvvisa di Micuccio: come un atto di sdegno, un moto di gelosia. Le sembrava ormai, poverina, che tutti—vedendo sua figlia—dovessero d’un tratto concepire il più tristo dei sospetti, quello appunto per cui ella piangeva inconsolabile, trascinando senza requie il suo cordoglio segreto fra il tumulto di quella vita di lusso odioso che disonorava la sua vecchiaja vituperosamente.
—Ma io,—le scappò detto,—io ormai non posso più mica farle la guardia, figliuolo mio …
—Perché?—domandò Micuccio, leggendole a un tratto negli occhi il sospetto ch’egli non aveva ancora avuto; e si rabbujò in volto.
that he had in his pocket the money sent him by Teresina during his illness. He blushed: he felt a twinge of shame, and he plunged one hand into the breast pocket of his jacket, where his wallet was.
“I’ve come, Aunt Marta,” he said hastily, “also to return to you this money you sent me. Is it meant as a payment? As repayment of a loan? What would that have to do with anything? I see that Teresina has become a … she looks like a queen to me! I see that … never mind! It’s not even to be thought of any longer! But as for this money, no: I didn’t deserve such treatment from her … Where does that come in? It’s all over, and we won’t talk about it any more … but money, no way! I’m only sorry that it’s not all here …”
“What are you saying, son?” Aunt Marta tried to interrupt him, trembling, pained and with tears in her eyes.
Micuccio signaled to her to be silent.
“It wasn’t I who spent it: my family spent it, during my illness, without my knowledge. But let’s say it makes up for that trifle I spent back then … you remember? It doesn’t matter … Let’s think no more about it. Here is the difference. And I’m leaving.”
“What! Like that, all of a sudden?” exclaimed Aunt Marta, trying to hold him back. “At least wait until I tell Teresina. Didn’t you hear that she wanted to see you again? I’m going over to tell her …”
“No, it’s no use,” Micuccio replied, with determination. “Let her stay there with those gentlemen; it suits her there, she belongs there. I, poor fool … I got to see her; that was enough for me … No, now that I think of it, do go over there … you go there, too … Do you hear how they’re laughing? I don’t want the laugh to be on me … I’m leaving.”
Aunt Marta interpreted that sudden determination of Micuccio’s in the worst possible light: as an act of anger, a jealous reaction. By now it seemed to her, the poor woman, as if everybody—seeing her daughter—ought immediately to conceive the meanest of suspicions, that very one which caused her to weep inconsolably as, without a moment’s rest, she bore the burden of her secret heartbreak amid the hubbub of that life of detestable luxury which ignominiously dishonored her old age.
“But I,” the words escaped her, “by this time there’s no way for me to stand guard over her, son …”
“Why?” asked Micuccio, suddenly reading in her eyes the suspicion he had not yet formulated; and his face turned dark.
La vecchietta si smarrì nella sua pena e si nascose la faccia con le mani tremule, ma non riuscì a frenar l’impeto delle lagrime irrompenti.
—Sì, sì, vattene, figlio mio, vattene …—disse soffocata dai singhiozzi.—Non è più per te, hai ragione … Se mi aveste dato ascolto …
—Dunque, —proruppe Micuccio chinandosi su lei e strappandole a forza una mano dal volto. Ma fu tanto accorato e miserevole lo sguardo con cui ella gli chiese pietà portandosi un dito su le labbra, che egli si frenò e aggiunse con altro tono, forzandosi a parlar piano:—Ah, lei dunque, lei … lei non è più degna di me. Basta, basta, me ne vado lo stesso … anzi, tanto più, ora … Che sciocco, zia Marta: non l’avevo capito! Non piangete … Tanto, che ci fa? Fortuna … fortuna …
Prese la valigetta e il sacchetto di sotto la tavola e s’avviava per uscire, quando gli venne in mente che lì dentro il sacchetto c’eran le belle lumie ch’egli aveva portate a Teresina dal paese.
—Oh, guardate, zia Marta,—riprese. Sciolse la bocca al sacchetto e, facendo riparo d’un braccio, versò su la tavola quei freschi frutti fragranti.—E se mi mettessi a tirare tutte queste lumie che le avevo portate su la testa di quei galantuomini?
—Per carità,—gemette la vecchina tra le lagrime, facendogli di nuovo cenno supplichevole di tacere.
—No, niente,—soggiunse Micuccio ridendo acre e rimettendosi in tasca il sacchetto vuoto.—Le lascio a voi sola, zia Marta. E dire che ci ho anche pagato il dazio … Basta. A voi sola, badate bene … A lei dite così: «Buona fortuna!» a nome mio.
Riprese la valigetta e andò via. Ma per la scala, un senso d’angoscioso smarrimento lo vinse: solo, abbandonato, di notte, in una grande città sconosciuta, lontano dal suo paese; deluso, avvilito, scornato. Giunse al portone, vide che pioveva a dirotto. Non ebbe il coraggio d’avventurarsi per quelle vie ignote, sotto quella pioggia. Rientrò pian piano, rifece una rampa di scala, poi sedette sul primo scalino e, appoggiando i gomiti su le ginocchia e la testa tra le mani, si mise a piangere silenziosamente.
Sul finir della cena, Sina Marnis fece un’altra comparsa nella
The old lady became bewildered in her sorrow and hid her face in her trembling hands, but failed to check the onrush of the tears that now gushed forth.
“Yes, yes, go, son, go …,” she said, strangled by sobs. “She’s not for you any more, you’re right … If the two of you had listened to me …”
“And so,” Micuccio burst out, bending over her and violently pulling one hand away from her face. But so afflicted and wretched was the look with which she begged him for mercy, as she put a finger to her lips, that he restrained himself and added in a different tone of voice, making an effort to speak softly: “And so she, she … she is no longer worthy of me. Enough, enough, I’m leaving just the same … in fact, all the more, now … What a dumbbell, Aunt Marta: I hadn’t understood! Don’t cry … Anyway, what does it matter? Fate … fate …”
He took his little suitcase and little sack from under the table and was on his way out when he recalled that there, in the sack, were the beautiful citrons he had brought for Teresina from their hometown.
“Oh, look, Aunt Marta,” he continued. He opened the top of the sack and, creating a barrier with one arm, he emptied that fresh, aromatic fruit onto the table. “And what if I started tossing all these citrons I brought for her at the heads of those honorable gentlemen?”
“For mercy’s sake,” the old lady groaned amid her tears, once more making a beseeching sign to him to be silent.
“No, of course I won’t,” added Micuccio, smiling sourly and putting the empty sack in his pocket. “I’m leaving them for you alone, Aunt Marta. And to think that I even paid duty on them … Enough. For you alone, mind me now. As for her, tell her ‘Good luck!’ from me.”
He picked up the valise again and left. But on the stairs, a sense of anguished bewilderment overpowered him: alone, deserted, at night, in a big city he didn’t know, far from his home; disappointed, dejected, put to shame. He made it to the street door, saw that there was a downpour of rain. He didn’t have the courage to venture onto those unfamiliar streets in a rain like that. He went back in very quietly, walked back up one flight of stairs, then sat down on the first step and, leaning his elbows on his knees and his head on his hands, began to weep silently.
When the supper was finished, Sina Marnis made another ap-
cameretta; ma trovò sola la mamma che piangeva, mentre di là quei signori schiamazzavano e ridevano.
—È andato via?—domandò sorpresa.
Zia Marta accennò di sì col capo, sensa guardarla. Sina fissò gli occhi nel vuoto, assorta, poi sospirò:
—Poveretto …
—Guarda,—le disse la madre, senza frenar più le lagrime col tovagliuolo.—Ti aveva portato le lumie …
—Oh, belle!—esclamò Sina rallegrandosi. Strinse un braccio alla vita e ne prese con l’altra mano quanto più poteva portarne.
—No, di là no!—protestò vivamente la madre.
Ma Sina scrollò le spalle nude e corse in sala gridando:
—Lumie di Sicilia! Lumie di Sicilia!
pearance in the little room; but she found her mother alone crying, while back there the gentlemen were clamoring and laughing.
“He left?” she asked in surprise.
Aunt Marta nodded affirmatively, without looking at her. Sina stared into space, lost in thoughts, then sighed:
“Poor guy …”
“Look,” her mother said to her, no longer stemming her tears with the tablecloth. “He had brought citrons for you …”
“Oh, what beauties!” exclaimed Sina, cheering up. She clutched one arm to her waist and with the other hand gathered up as many as she could carry.
“No, not in there!” her mother vigorously protested.
But Sina shrugged her bare shoulders and ran into the salon shouting:
“Citrons from Sicily! Citrons from Sicily!”