Читать книгу Enrico IV - Луиджи Пиранделло, Luigi Pirandello - Страница 2

Luigi Pirandello
ENRICO IV
Atto Primo

Оглавление

In una villa solitaria della campagna umbra ai nostri giorni.

Salone nella villa rigidamente parato in modo da figurare quella che potè essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar. Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal suolo su uno zoccolo di legno lavorato che corre lungo tutta la parete (largo e sporgente in modo da potercisi mettere a sedere come su una lunga panconata), uno a destra e uno a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi si inserisce col suo seggio imperiale e il suo basso baldacchino. I due ritratti rappresentano un signore e una signora, giovani entrambi, camuffati in costume carnevalesco, uno da «Enrico IV» e l’altra da «Matilde di Toscana». Usci a destra e a sinistra.

Al levarsi della tela, i due valletti, come sorpresi, si alzano dallo zoccolo su cui stanno sdrajati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua e uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo dal secondo uscio a destra entrano Arialdo, Landolfo, Ordulfo e Bertoldo: giovani stipendiati dal marchese Carlo di Nolli perché fingano le parti di «Consiglieri Segreti», vassalli regali della bassa aristocrazia della Corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume di cavalieri tedeschi del secolo XI. L’ultimo, Bertoldo, di nome Fino, assume ora per la prima volta il servizio. I tre compagni lo ragguagliano pigliandoselo a godere. Tutta la scena va recitata con estrosa vivacità.

Landolfo (a Bertoldo come seguitando una spiegazione). E questa è la sala del trono!

Arialdo A Goslar!

Ordulfo O anche, se vuoi, nel Castello dell’Hartz!

Arialdo O a Worms.

Landolfo Secondo la vicenda che rappresentiamo, balza con noi, ora qua, ora là.

Ordulfo In Sassonia!

Arialdo In Lombardia!

Landolfo Sul Reno!

Uno dei valletti (senza scomporsi, movendo appena le labbra). Ps! Ps!

Arialdo (voltandosi al richiamo). Che cos’è?

Primo valletto (sempre come una statua, sottovoce). Entra o non entra?

Allude a Enrico IV.

Ordulfo No no. Dorme; state pur comodi.

Secondo valletto (scomponendosi insieme col primo, rifiatando e andando a sdrajarsi di nuovo sullo zoccolo). Eh, santo Dio, potevate dircelo!

Primo valletto (accostandosi ad Arialdo). Per favore, ci avrebbe un fiammifero?

Landolfo Ohi! La pipa no, qua dentro!

Primo valletto (mentre Arialdo gli porge un fiammifero acceso). No, fumo una sigaretta. Accende e va a sdrajarsi anche lui, fumando, sullo zoccolo.

Bertoldo (che è stato a osservare, tra meravigliato e perplesso, guardando in giro la sala, e poi guardando il suo abito e quello dei compagni). Ma, scusate… questa sala… questo vestiario…Che Enrico IV? …Io non mi raccapezzo bene: – È o non è quello di Francia?

A questa domanda, Landolfo, Arialdo e Ordulfo scoppiano a ridere fragorosamente.

Landolfo (sempre ridendo e indicando ai compagni, che seguitano anch’essi a ridere,Bertoldo , come per invitarli a farsi ancora beffe di lui). Quello di Francia, dice!

Ordulfo (c.s.) Ha creduto quello di Francia!

Arialdo Enrico IV di Germania, caro mio! Dinastia dei Salii!

Ordulfo Il grande e tragico imperatore!

Landolfo Quello di Canossa! Sosteniamo qua, giorno per giorno, la spaventosissima guerra tra Stato e Chiesa! Oh!

Ordulfo L’Impero contro il Papato! Oh!

Arialdo Antipapi contro i Papi!

Landolfo I re contro gli antirè!

Ordulfo E guerra contro i Sassoni!

Arialdo E tutti i principi ribelli!

Landolfo Contro i figli stessi dell’Imperatore!

Bertoldo (sotto questa valanga di notizie riparandosi la testa con le mani). Ho capito! ho capito! – Perciò non mi raccapezzavo, vedendomi parato così ed entrando in questa sala! Ho detto bene: non era vestiario, questo, del mille e cinquecento !

Arialdo Ma che mille e cinquecento!

Ordulfo Qua siamo tra il mille e il mille e cento!

Landolfo Puoi farti il conto: se il 25 gennaio del 1071 siamo davanti a Canossa…

Bertoldo (smarrendosi più che mai). Oh Dio mio, ma allora è una rovina!

Ordulfo Eh già! Se credeva d’essere alla Corte di Francia!

Bertoldo Tutta la mia preparazione storica…

Landolfo Siamo, caro mio, quattrocent’anni prima! Ci sembri un ragazzino!

Bertoldo (arrabbiandosi). Ma me lo potevano dire, per Dio santo, che si trattava di quello di Germania e non d’Enrico IV di Francia! Nei quindici giorni che m’accordarono per la preparazione, lo so io quanti libri ho scartabellato!

Arialdo Ma scusa, non lo sapevi che qua il povero Tito era Adalberto di Brema?

Bertoldo Ma che Adalberto! Sapevo un corno io!

Landolfo No, vedi com’è? Morto Tito, il marchesino di Nolli…

Bertoldo È stato proprio lui, il marchesino! Che ci voleva a dirmi…?

Arialdo Ma forse credeva che lo sapessi!

Landolfo Non voleva più assumere nessun altro in sostituzione. Tre, quanti restavamo, gli pareva che potessimo bastare. Ma lui cominciò a gridare: «Cacciato via Adalberto» – (perché il povero Tito, capisci? non gli parve che morisse, ma che nella veste del vescovo Adalberto gliel’avessero cacciato via dalla Corte i vescovi rivali di Colonia e di Magonza).-

Bertoldo (prendendosi e tenendosi con tutte e due le mani la testa). Ma non ne so una saetta, io, di tutta questa storia!

Ordulfo Eh, stai fresco, allora, caro mio!

Arialdo E il guajo è che non lo sappiamo neanche noi, chi sei tu.

Bertoldo Neanche voi? Chi debbo rappresentare io, non lo sapete?

Ordulfo Uhm! «Bertoldo».

Bertoldo Ma chi, Bertoldo? perché Bertoldo?

Landolfo « Mi hanno cacciato via Adalberto? E io allora voglio Bertoldo! voglio Bertoldo! » – cominciò a gridare così.

Arialdo Noi ci guardammo tutti e tre negli occhi: Chi sarà questo Bertoldo?

Ordulfo Ed eccoti qua «Bertoldo», caro mio!

Landolfo Ci farai una bellissima figura!

Bertoldo (ribellandosi e facendo per avviarsi). Ah, ma io non la fo! Grazie tante! Io me ne vado! Me ne vado!

Arialdo (trattenendolo insieme con Ordulfo tra le risa). No, càlmati, càlmati!

Ordulfo Non sarai mica il Bertoldo della favola!

Landolfo E ti puoi confortare, che non lo sappiamo neanche noi, del resto, chi siamo. Lui, Arialdo; lui, Ordulfo; io, Landolfo…Ci chiama così. Ci siamo ormai abituati. Ma chi siamo? – Nomi del tempo! – Un nome del tempo sarà anche il tuo: «Bertoldo». – Uno solo tra noi, il povero Tito, aveva una bella parte assegnata, come si legge nella storia: quella del vescovo di Brema. Pareva un vescovo davvero, oh! Magnifico, povero Tito!

Arialdo Sfido, se l’era potuta studiare bene sui libri lui!

Landolfo E comandava anche a Sua Maestà: s’imponeva, lo guidava, da quasi tutore e consigliere. Siamo « consiglieri segreti» anche noi, per questo, ma così, di numero; perché nella storia è scritto che Enrico IV era odiato dall’alta aristocrazia per essersi circondato a Corte da giovani della bassa.

Ordulfo Che saremmo noi.

Landolfo Già, piccoli vassalli regali; devoti; un po’ dissoluti, allegri…

Bertoldo Devo anche essere allegro?

Arialdo Eh, altro! Come noi!

Ordulfo E non è mica facile, sai?

Landolfo Peccato veramente! Perché, come vedi, qua l’apparato ci sarebbe; il nostro vestiario si presterebbe a fare una bellissima comparsa in una rappresentazione storica, a uso di quelle che piacciono tanto oggi nei teatri. E stoffa, oh, stoffa da cavarne non una ma parecchie tragedie, la storia di Enrico IV la offrirebbe davvero. Mah! Tutti e quattro qua, e quei due disgraziati là (indica i valletti) quando stanno ritti impalati ai piedi del trono, siamo… siamo così, senza nessuno che ci metta su e ci dia da rappresentare qualche scena. C’è, come vorrei dire? la forma, e ci manca il contenuto! – Siamo peggio dei veri consiglieri segreti di Enrico IV; perché sì, nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare una parte; ma essi, almeno, non sapevano di doverla rappresentare: la rappresentavano perché la rappresentavano: non era una parte, era la loro vita, insomma; facevano i loro interessi a danno degli altri; vendevano le investiture, e che so io. Noi altri, invece, siamo qua, vestiti così, in questa bellissima Corte… – per far che? niente…Come sei pupazzi appesi al muro, che aspettano qualcuno che li prenda e che li muova così o così e faccia dir loro qualche parola.

Arialdo Eh no, caro mio! Scusa! Bisogna rispondere a tono! Saper rispondere a tono! Guai se lui ti parla e tu non sei pronto a rispondergli come vuol lui!

Landolfo Già, questo sì, questo sì, è vero!

Bertoldo E hai detto niente! Come faccio io a rispondergli a tono, che mi son preparato per Enrico IV di Francia, e mi spunta, qua, ora, un Enrico IV di Germania?

Landolfo, Ordulfo, Arialdo tornano a ridere.

Arialdo Eh, bisogna che tu rimedii subito subito!

Ordulfo Va là! T’ajuteremo noi.

Arialdo Ci abbiamo di là tanti libri. Ti basterà in prima una bella ripassatina.

Ordulfo Saprai all’ingrosso qualche cosa…

Arialdo Guarda! (Lo fa voltare e gli mostra nella parete di fondo il ritratto della marchesa Matilde). – Chi è per esempio quella lì?

Bertoldo (guardando). Quella lì? Eh, mi sembra, scusate, prima di tutto una bella stonatura: due quadri moderni qua in mezzo a tutta questa rispettabile antichità.

Arialdo Hai ragione. E difatti prima non c’erano. Ci sono due nicchie, là dietro quei due quadri. Ci si dovevano collocare due statue, scolpite secondo lo stile del tempo. Rimaste vuote, sono state coperte da quelle due tele là.

Landolfo (interrompendolo e seguitando). Che sarebbero certo una stonatura, se veramente fossero quadri.

Bertoldo E che sono? non sono quadri?

Landolfo Sì, se vai a toccarli: quadri. Ma per lui (accenna misteriosamente a destra, alludendo a Enrico IV) – che non li tocca…

Bertoldo No? E che sono allora per lui?

Landolfo Oh, interpreto, bada! Ma credo che in fondo sia giusto. Immagini, sono. Immagini, come… ecco, come le potrebbe ridare uno specchio, mi spiego? Là, quella (indica il ritratto di Enrico IV) rappresenta lui, vivo com’è, in questa sala del trono, che è anch’essa come dev’essere, secondo lo stile dell’epoca. Di che ti meravigli, scusa? Se ti mettono davanti uno specchio, non ti ci vedi forse vivo, d’oggi, vestito così di spoglie antiche? Ebbene, lì, è come se ci fossero due specchi, che ridanno immagini vive, qua in mezzo a un mondo che – non te ne curare-vedrai, vedrai, vivendo con noi, come si ravviverà tutto anch’esso.

Bertoldo Oh! Badate che io non voglio impazzire qua!

Arialdo Ma che impazzire! Ti divertirai!

Bertoldo Oh, ma dico, e com’è che voi siete diventati tutti così sapienti?

Landolfo Caro mio, non si ritorna indietro d’ottocent’anni nella storia senza portarsi appresso un po’ di esperienza!

Arialdo Andiamo, andiamo! Vedrai come, in poco tempo, ti assorbiremo in essa.

Ordulfo E diventerai, a questa scuola, sapiente anche tu!

Bertoldo Sì, per carità, ajutatemi subito! Datemi almeno le notizie principali.

Arialdo Lascia fare a noi! Un po’ l’uno, un po’ l’altro…

Landolfo Ti legheremo i fili e ti metteremo in ordine, come il più adatto e compíto dei fantocci. Andiamo, andiamo! Lo prende sotto il braccio per condurlo via.

Bertoldo (fermandosi e guardando verso il ritratto alla parete). Aspettate! Non mi avete detto chi è quella lì. La moglie dell’Imperatore?

Arialdo No. La moglie dell’Imperatore è Berta di Susa, sorella di Amedeo II di Savoia.

Ordulfo E l’Imperatore, che vuol esser giovane con noi, non può soffrirla e pensa di ripudiarla.

Landolfo Quella è la sua più feroce nemica: Matilde, la marchesa di Toscana.

Bertoldo Ah, ho capito, quella che ospitò il Papa.. .

Landolfo A Canossa, appunto!

Ordulfo Papa Gregorio VII.

Arialdo Il nostro spauracchio! Andiamo, andiamo!

Si avviano tutti e quattro per uscire dall’uscio a destra per cui sono entrati, quando dall’uscio a sinistra sopravviene il vecchio cameriere Giovanni, in marsina.

Giovanni (in fretta, con ansia). Oh! Ps! Franco! Lolo!

Arialdo (arrestandosi e voltandosi). Che vuoi?

Bertoldo (meravigliato di vederlo entrare in marsina nella sala del trono). Oh! E come? Qua dentro, lui?

Landolfo Un uomo del mille e novecento! Via! Gli corre incontro minacciosamente per burla con gli altri due per scacciarlo.

Ordulfo Messo di Gregorio VII, via!

Arialdo Via! Via!

Giovanni (difendendosi, seccato). E finitela!

Ordulfo No! Tu non puoi metter piede qua dentro!

Arialdo Fuori! Fuori!

Landolfo (a Bertoldo). Sortilegio, sai! Demonio evocato dal Mago di Roma! Cava, cava la spada! (fa per cavare la spada anche lui.)

Giovanni (gridando). Finitela, vi dico! Non fate i matti con me! È arrivato il signor Marchese in comitiva…

Landolfo (stropicciandosi le mani ). Ah ! Benissimo! Ci sono signore?

Ordulfo (c.s.). Vecchie? Giovani?

Giovanni Ci sono due signori.

Arialdo Ma le signore, le signore, chi sono?

Giovanni La signora Marchesa con la figlia.

Landolfo (meravigliato). Oh! E come?

Ordulfo (c.s.). La Marchesa, hai detto?

Giovanni La marchesa! La marchesa!

Arialdo E i signori?

Giovanni Non lo so.

Arialdo (a Bertoldo). Vengono a darci il contenuto, capisci?

Ordulfo Tutti messi di Gregorio VII! Ci divertiremo!

Giovanni Insomma mi lasciate dire?

Arialdo Dì! Dì!

Giovanni Pare che uno di quei due signori sia un medico.

Landolfo Oh! Abbiamo capito, uno dei soliti medici!

Arialdo Bravo, Bertoldo! Tu porti fortuna!

Landolfo Vedrai come ce lo lavoreremo, questo signor medico!

Bertoldo Io penso che mi troverò, così subito, in un bell’impiccio!

Giovanni Statemi a sentire! Vogliono entrare qua nella sala.

Landolfo (meravigliato e costernato). Come! Lei? La marchesa, qua?

Arialdo Altro che contenuto, allora!

Landolfo Nascerà davvero la tragedia!

Bertoldo (incuriosito). Perché? Perché?

Ordulfo (indicando il ritratto). Ma è quella lì, non capisci?

Landolfo La figliuola è la fidanzata del marchese.

Arialdo Ma che sono venuti a fare? Si può sapere?

Ordulfo Se lui la vede, guai!

Landolfo Ma forse ormai non la riconoscerà più!

Giovanni Bisogna che voi, se si sveglia, lo tratteniate di là

Ordulfo Sì! Scherzi? E come?

Arialdo Sai bene com’è!

Giovanni Perdio, anche con la forza! – Se mi hanno comandato così! Andate, andate!

Arialdo Sì sì, perché forse a quest’ora si sarà già svegliato!

Ordulfo Andiamo, andiamo!

Landolfo (avviandosi con gli altri, a Giovanni). Ma poi ci spiegherai!

Giovanni (gridando loro dietro). Chiudete costà, e nascondete la chiave! Anche di quest’altra porta! (Indica l’altro uscio a destra.) Landolfo, Arialdo e Ordulfo via per il secondo uscio a destra.

Giovanni (ai due valletti). Via, via anche voialtri! Di là! (indica il primo uscio a destra)

Richiudete la porta, e via la chiave!

I due valletti escono dal primo uscio a destra. Giovanni si reca all’uscio di sinistra e lo apre per far passare il marchese Di Nolli.

Di Nolli Hai dato bene gli ordini?

Giovanni Sì, signor Marchese. Stia tranquillo.

Il Di Nolli riesce per un momento a invitar gli altri a entrare. Entrano prima il barone Tito Belcredi e il dottor Dionisio Genoni, poi donna Matilde Spina e la marchesina Frida, Giovanni s’inchina ed esce. Donna Matilde Spina è sui 45 anni; ancora bella e formosa, per quanto con troppa evidenza ripari gl’inevitabili guasti dell’età con una violenta ma sapiente truccatura, che le compone una fiera testa di walkiria. Questa truccatura assume un rilievo che contrasta e conturba profondamente nella bocca, bellissima e dolorosa. Vedova da molti anni, ha per amico il barone Tito Belcredi, che né lei né altri han mai preso sul serio, almeno in apparenza. Quel che Tito Belcredi è poi in fondo per lei, lo sa bene lui solo, che perciò può ridere, se la sua amica ha bisogno di fingere di non saperlo; ridere sempre per rispondere alle risa che a suo carico le beffe della marchesa suscitano negli altri. Smilzo, precocemente grigio, un po’ più giovane di lei, ha una curiosa testa d’uccello. Sarebbe vivacissimo, se la sua duttile agilità (che lo fa spadaccino temutissimo) non fosse come inguainata in una sonnolenta pigrizia d’arabo, che si rivela nella strana voce un po’ nasale e strascicata. Frida, la figliuola della marchesa, ha 19 anni. Intristita nell’ombra in cui la madre imperiosa e troppo vistosa la tiene, è anche offesa, in quest’ombra, dalla facile maldicenza che quella provoca, non tanto più a suo danno, ma a danno di lei. È però già per fortuna fidanzata al marchese Carlo Di Nolli: giovine rigido, molto indulgente verso gli altri, ma chiuso e fermo in quel poco che crede di poter essere e valere nel mondo; per quanto forse, in fondo, non lo sappia bene neanche lui stesso. È, a ogni modo, costernato dalle tante responsabilità che crede gravino su lui; così che gli altri sì, gli altri possano parlare, beati loro, e divertirsi; lui no, non perché non vorrebbe, ma perché proprio non può. Veste di strettissimo lutto per la recente morte della madre. Il dottor Dionisio Genoni ha una bella faccia svergognata e rubiconda da satiro; con occhi fuoruscenti, corta barbettina arguta, lucida come d’argento: belle maniere, quasi calvo. Entrano costernati, quasi paurosi, guardando la sala con curiosità (tranne il Di Nolli); e parlano dapprima a bassa voce.

Belcredi Ah, magnifico! magnifico!

Dottore Interessantissimo! Anche nelle cose il delirio che torna così appunto! Magnifico, sì sì, magnifico.

D. Matilde (che ha cercato con gli occhi in giro il suo ritratto, scoprendolo e accostandosi). Ah, eccolo là! Mirandolo a giusta distanza, mentre insorgono in lei sentimenti diversi. Sì sì…Oh, guarda…Dio mio… chiama la figlia: Frida, Frida…Guarda…

Frida Ah, il tuo ritratto!

D. Matilde Ma no! Guarda! Non sono io: sei tu, là!

Di Nolli Sì, è vero? Ve lo dicevo io.

D. Matilde Ma non avrei mai creduto tanto! Scotendosi come per un brivido alla schiena: Dio, che senso! Poi, guardando la figliola: Ma come, Frida? Se la stringe accanto, cingendole con un braccio la vita. Vieni! Non ti vedi in me, tu, là?

Frida Mah! Io, veramente…

D. Matilde Non ti sembra? Ma come non ti sembra? Voltandosi al Belcredi: Guardate voi, Tito! Ditelo voi!

Belcredi (senza guardare). Ah, no, io non guardo! Per me, a priori, no!

D. Matilde Che stupido! Crede di farmi un complimento! Rivolgendosi al dottor Genoni: Dica, dica lei Dottore!

Dottore (fa per accostarsi).

Belcredi (con le spalle voltate, fingendo di richiamarlo di nascosto). Ps! No, dottore! Per carità, non si presti!

Dottore (smarrito e sorridente). E perché non mi dovrei prestare?

D. Matilde Ma non gli dia retta! Venga! È insoffribile!

Frida Fa di professione lo scemo, non lo sa?

Belcredi (al Dottore, vedendolo andare). Si guardi i piedi, si guardi i piedi, dottore! i piedi!

Dottore (c.s.). I piedi? Perché?

Belcredi Ha le scarpe di ferro.

Dottore Io?

Belcredi Sissignore. E va incontro a quattro piedini di vetro.

Dottore (ridendo forte). Ma no! Mi pare che – dopo tutto – non ci sia da stupirsi che una figlia somigli alla madre…

Belcredi Patatràc! Ecco fatto!

D. Matilde (esageratamente adirata, venendo incontro al Belcredi). Perché patatràc? Che cos’è? Che cos’ha detto?

Dottore (candidamente). Non è forse cosi?

Belcredi (rispondendo alla marchesa). Ha detto che non c’è da stupirsi; mentre voi ne siete tanto stupita. E perché, allora, scusate, se la cosa è per voi adesso così naturale?

D. Matilde (ancora più adirata). Sciocco! Sciocco! Appunto perché è così naturale! Perché non c’è mica mia figlia, là. Indica la tela. Quello è il mio ritratto! E trovarci mia figlia, invece che me, m’ha stupito; e il mio stupore, vi prego di credere, è stato sincero, e vi proibisco di metterlo in dubbio! Dopo questa violenta sfuriata, un momento di silenzio impacciato in tutti.

Frida (piano, seccata). Dio mio, sempre così…Per ogni nonnulla, una discussione.

Belcredi (piano anche lui, quasi con la coda tra le gambe, in tono di scusa). Non ho messo in dubbio nulla, io. Ho notato che tu, fin da principio non hai condiviso lo stupore di tua madre; o, se di qualche cosa ti sei stupita, è stato perché le sembrasse tanta la rassomiglianza tra te e quel ritratto.

D. Matilde Sfido! Perché lei non può conoscersi in me com’ero alla sua età; mentre io, là, posso bene riconoscermi in lei com’è adesso.

Dottore Giustissimo! Perché un ritratto è lì sempre fisso in un attimo; lontano e senza ricordi per la marchesina; mentre tutto ciò che esso può ricordare alla signora Marchesa: mosse, gesti, sguardi, sorrisi, tante cose che lì non ci sono…

D. Matilde Ecco, appunto!

Dottore (seguitando, rivolto a lei). Lei, naturalmente, può rivederle vive, ora, in sua figlia.

D. Matilde Ma lui deve guastarmi sempre ogni minimo abbandono al sentimento più spontaneo, cosi, per il gusto di farmi stizzire.

Dottore (abbagliato dai lumi che ha dato, ripiglia con un tono professionale, rivolto al Belcredi). La rassomiglianza, caro barone, nasce spesso da cose imponderabili! E così difatti si spiega che…

Belcredi (Per interrompere la lezione). Che qualcuno può trovare anche qualche rassomiglianza tra me e lei, caro professore!

Di Nolli Lasciamo andare, lasciamo andare, vi prego. Accenna ai due usci a destra per avvertire che di là c’è qualcuno che può sentire. Ci siamo svagati troppo, venendo.. .

Frida Sfido! Quando c’è lui… accenna al Belcredi.

Donna Matilde (subito). Volevo bene perciò che non venisse!

Belcredi Ma se avete fatto tanto ridere alle mie spalle! Che ingratitudine!

Di Nolli Basta, ti prego. Tito! Qua c’è il dottore, e siamo venuti per una cosa molto seria, che tu sai quanto mi prema.

Dottore Ecco, sì. Vediamo di precisare bene, prima, alcuni punti. Questo suo ritratto, scusi, signora marchesa, come si trova qua? Lo regalò lei, allora?

D. Matilde No, no. A qual titolo avrei potuto regalarglielo? Io ero allora come Frida, e neppure fidanzata. Lo cedetti, tre o quattr’anni dopo la disgrazia: lo cedetti per le vive insistenze di sua madre. Accenna al Di Nolli.

Dottore Che era sorella di lui? Accenna verso gli usci a destra, alludendo a Enrico IV

Di Nolli Sì, dottore: ed è un debito – questa nostra venuta qua – verso mia madre, che m’ha lasciato da un mese. Invece di trovarmi qua, io e lei accenna a Frida dovremmo essere in viaggio…

Dottore E assorti in ben altre cure, capisco!

Di Nolli Mah! È morta con la ferma fede che fosse prossima la guarigione di questo suo fratello adorato.

Dottore E non mi può dire scusi, da quali segni lo arguisse?

Di Nolli Pare da un certo discorso strano che egli le fece, poco prima che la mamma morisse.

Dottore Un discorso? Ecco… ecco… sarebbe utilissimo, utilissimo conoscerlo, per bacco!

Di Nolli Ah, io non lo so! So che la mamma ritornò da quella sua ultima visita, angosciata; perché pare che egli sia stato di una tenerezza insolita, quasi presago della prossima fine di lei. Dal suo letto di morte, ella si fece promettere da me che non lo avrei mai trascurato; che lo avrei fatto vedete, visitare…

Dottore Ecco. Va bene. Vediamo, vediamo prima…Tante volte, le minime cause…Questo ritratto, dunque…

D. Matilde Oh Dio, non credo, dottore, che ci si debba dare una soverchia importanza. Ha fatto impressione a me, perché non lo rivedevo da tanti anni.

Dottore Prego, prego… abbia pazienza…

Di Nolli Ma sì! Sta lì da una quindicina d’anni…

D. Matilde Più! Più di diciotto, ormai!

Dottore Prego, scusino; se non sanno ancora che cosa io voglia domandare! Io faccio molto assegnamento, molto, su questi due ritratti, eseguiti, m’immagino, prima della famosa – e disgraziatissima – cavalcata; non è vero?

D. Matilde Eh, certo!

Dottore Quand’egli era dunque perfettamente in sensi, ecco – volevo dir questo! – Propose lui, a lei, di farselo eseguire?

D. Matilde Ma no, dottore! Ce lo facemmo eseguire tanti di quelli che prendemmo parte alla cavalcata. Così, per serbarne un ricordo.

Belcredi Me lo feci fare anch’io, il mio, di «Carlo d’Angiò »!

D. Matilde Appena furono pronti i costumi.

Belcredi Perché, vede? ci fu la proposta di raccoglierli tutti, per ricordo, come in una galleria, nel salone della villa dove si fece la cavalcata. Ma poi ciascuno volle tenersi il suo.

D. Matilde E questo mio, come le ho detto, io lo cedetti – senza poi tanto rincrescimento – perché sua madre… accenna di nuovo al Di Nolli.

Dottore Non sa se fu lui a richiederlo?

D. Matilde Ah, non so! Forse…O fu la sorella, per assecondare amorosamente…

Dottore Un’altra cosa, un’altra cosa! L’idea della cavalcata venne a lui?

Belcredi (subito). No no, venne a me! venne a me!

Dottore Prego…

D. Matilde Non gli dia retta. Venne al povero Belassi.

Belcredi Ma che Belassi!

D. Matilde (al Dottore). Il conte Belassi, che morì, poverino, due o tre mesi dopo.

Belcredi Ma se non c’era Belassi, quando…

Di Nolli (seccato dalla minaccia di una nuova discussione). Scusi, dottore, è proprio necessario stabilire a chi venne l’idea?

Dottore Eh sì, mi servirebbe…

Belcredi Ma se venne a me! Oh questa è bella! Non avrei mica da gloriarmene, dato l’effetto che poi ebbe, scusate! Fu, guardi, dottore – me ne ricordo benissimo – una sera sui primi di novembre, al Circolo. Sfogliavo una rivista illustrata, tedesca (guardavo soltanto le figure, s’intende, perché il tedesco io non lo so). In una c’era l’Imperatore, in non so quale città universitaria dov’era stato studente.

Dottore Bonn, Bonn.

Belcredi Bonn, va bene. Parato, a cavallo, in uno degli strani costumi tradizionali delle antichissime società studentesche della Germania; seguito da un corteo d’altri studenti nobili, anch’essi a cavallo e in costume. L’idea mi nacque da quella vignetta. Perché deve sapere che al Circolo si pensava di fare qualche grande mascherata per il prossimo carnevale. Proposi questa cavalcata storica: storica, per modo di dire: babelica. Ognuno di noi doveva scegliersi un personaggio da rappresentare, di questo o di quel secolo: re o imperatore, o principe, con la sua dama accanto, regina o imperatrice, a cavallo. Cavalli bardati, s’intende, secondo il costume dell’epoca. E la proposta fu accettata.

D. Matilde Io l’invito lo ebbi da Belassi.

Belcredi Appropriazione indebita, se vi disse che l’idea era sua. Non c’era neppure, vi dico, quella sera al Circolo, quando feci la proposta. Come non c’era del resto neanche lui! allude a Enrico IV.

Dottore E lui allora scelse il personaggio di Enrico IV!

D. Matilde Perché io – indotta nella scelta dal mio nome – così, senza pensarci più che tanto – dissi che volevo essere la Marchesa Matilde di Toscana.

Dottore Non… non capisco bene la relazione…

D. Matilde Eh, sa! Neanch’io da principio, quando mi sentii rispondere da lui, che sarebbe stato allora ai miei piedi, come a Canossa, Enrico IV. Sì, sapevo di Canossa; ma dico la verità, non mi ricordavo bene la storia; e mi fece anzi una curiosa impressione, ripassandomela per prepararmi a sostenere la mia parte, ritrovarmi fedelissima e zelantissima amica di Papa Gregorio VII, in feroce lotta contro l’impero di Germania. Compresi bene allora, perché, avendo io scelto di rappresentate il personaggio della sua implacabile nemica, egli mi volle essere accanto, in quella cavalcata, da Enrico IV.

Dottore Ah! Perché forse…?

Belcredi Dottore, Dio mio, perché lui le faceva allora una corte spietata, e lei indica la Marchesa naturalmente…

D. Matilde (punta, con fuoco). Naturalmente, appunto! naturalmente! E allora più che mai «naturalmente»!

Belcredi (mostrandola). Ecco: non poteva soffrirlo!

D. Matilde Ma non è vero! Non mi era mica antipatico. Tutt’altro! Ma per me, basta che uno voglia farsi prendere sul serio…

Belcredi (seguitando). Le dà la prova più lampante della sua stupidità!

D. Matilde No, caro! In questo caso, no. Perché lui non era mica uno stupido come voi.

Belcredi Io non mi sono mai fatto prendere sul serio!

D. Matilde Ah lo so bene! Ma con lui, però, non c’era da scherzare.

Enrico IV

Подняться наверх