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NULLA SFUGGE ALLA MAMMA (Marco e Sara dentro a un cuore)
ОглавлениеMarco e Sara erano ormai diversi anni che si frequentavano, da quando avevano iniziato l'Università.
Per lui la scintilla era scoccata fin dalla prima volta che l'aveva incontrata, al termine della prima lezione nella grande aula piena di ragazzi ancora sconosciuti. Lei parlava, anzi cinguettava, come un ruscello in piena, con attorno a sé un piccolo capannello a cui lui si era aggiunto subito volentieri e quasi per necessità, attratto da una forza misteriosa. Forse era la bellezza dei suoi occhi - uno dei quali molto particolare, con l'iride bicolore - e del suo sorriso sincero; o forse il dolce timbro della sua voce, da bambina, così come a una scolaretta al suo primo giorno di scuola faceva pensare tutto quello che diceva.
“E' lei”, pensò subito Marco; ma forse invece di pensarlo lo sentì da una vocina che era dentro di sé , o forse fuori. La voce dell'universo che solo in vista di quell'istante aveva predisposto tutte le sue meraviglie e atteso interminabili secoli di storia: affinché loro due si incontrassero e nascesse l'Amore.
A poco a poco il capannello si sciolse, e lui rimase da solo ad ascoltarla; e da allora le loro anime non si sono mai più lasciate [1].
Erano passati ormai alcuni anni da quel primo incontro. Si erano prima frequentati assiduamente all'Università, condividendo lezioni, ripassi, pause pranzo e amicizie. Lui cercava e trovava ogni occasione per avere la sua compagnia, sempre ben accetta; l'aiutava e l'accompagnava nello studio e in qualunque altra cosa potesse servirle. La voce di lei si udiva spesso risuonare allegra nei corridoi (e, a volte in modo imbarazzante, anche nelle sale di lettura e nelle biblioteche); e quando la sentivi potevi stare sicuro che, insieme a lei e magari ad altri amici o amiche, avresti trovato anche lui.
Erano insomma una bella coppia, come altre - poche altre - nella loro facoltà. Non dichiarata ma solida e di fatto. E anche se per entrambi, e soprattutto per lei, non mancavano altri corteggiatori, era evidente che il loro casto, fraterno legame era qualcosa di difficile da incontrare, da raggiungere o da ostacolare, con cui era impossibile competere o interferire. Un piccolo miracolo, un capolavoro; il riflesso abbagliante dell'armonia dell'universo nell'uomo e nella donna; l'Amore.
Poi lui cominciò a riaccompagnarla a casa - una villetta sperduta sulle colline dove nessuno avrebbe potuto capitare per caso - e fece conoscenza con la famiglia di lei, che lo accolse come se fosse il loro quarto figlio. Le sue intenzioni e le loro prospettive erano talmente evidenti che non ci fu mai bisogno di dichiararle.
Sara era un libro aperto per tutti, figuriamoci per la sua famiglia. Lo era anche per Marco, che sin dal primo momento aveva saputo, grazie alla sincerità di lei, leggerle negli sguardi, nei gesti e nelle intonazioni; e attraverso questi riuscire a comprendere i suoi pensieri e i suoi sentimenti, che trovava bellissimi. La sua anima pura e innocente di fanciulla sembrava uscita da una fiaba di Walt Disney.
Col tempo allo studio si aggiunse e subentrò il tempo libero, ed ogni sabato pomeriggio Marco, a bordo della sua piccola carrozza meccanizzata, saliva a prendere la sua principessa [2] per portarsela in città o in giro per il Lazio, il loro piccolo regno. Musei, teatri, giardini o semplici passeggiate. A cui poi si aggiunse la cenetta al ristorante, sempre in un posto diverso, sempre romantica.
Tutto andava bene e tutto era bello, perché in qualsiasi posto era come se fossero sempre e comunque al posto giusto. Semplicemente perché insieme erano felici.
Non saprei dire quando o perché - così come non saprei dire quando la prima volta senza pensarci si erano presi per mano - arrivò il primo bacio.
Lui l'aveva riaccompagnata a casa al termine di una di quelle innumerevoli serate. Come sempre lasciarsi era difficile, avevano ancora tante cose da dirsi e indugiavano, là sotto agli olivi davanti al cancello di casa sua, dentro quella macchinina che era proprio giusta per loro, come un nido.
La serata era fredda e umida, e i vetri si erano subito appannati.
“Posso darti un bacio?”, chiese lui a un tratto cambiando argomento.
Il candido viso di lei, in gran parte coperto dalla sua lunghissima sciarpa multicolore, arrossì leggermente. Rispose affermativamente più col sorriso e con gli occhi, che con un cenno del capo e con le parole.
Fu un bacio tutto sommato casto, che lasciò loro in bocca un sapore inatteso e insolito come una pietanza mai assaggiata. Un bacio come milioni di altri che vengono scambiati ogni giorno su questa terra, si potrebbe dire; una normale tappa della crescita, come la nascita del primo dentino. Ma per loro fu qualcosa di molto di più: fu il primo bacio della loro vita. E, ciascuno lo sapeva, era il primo sia per l'uno che per l'altra.
“Ce ne hai messo di tempo. Mi chiedevo quanto ancora o cosa avevi intenzione di aspettare, prima di baciarmi.”
Lei sorrideva. Appena rientrata avrebbe raccontato tutto alla sorella, e magari alla mamma. Aveva atteso quel bacio più che altro con tanta curiosità, per tanti che ne aveva visti in televisione, per sapere quello che avrebbe provato. Una curiosità pericolosa, pensò lui quando lo venne a sapere: perché in seguito lo venne a sapere, tra di loro non c'erano segreti. La stessa curiosità infantile che aveva su tante altre cose viste in televisione, riguado all'amore tra l'uomo e la donna e … la nascita dei bimbi.
Rimasero ancora un po' insieme in macchina, in silenzio, mano nella mano. Pensosi, sorridenti, guardandosi negli occhi sognanti. Poi lei, col dito del suo guanto, disegnò sul vetro appannato davanti a sé un grande cuore, e dentro le loro iniziali, S ed M.
Marco pensava a tutt'altro qualche sera dopo, accompagnando sua madre da qualche parte, non ricordo bene dove. La macchina era la stessa, quella pensata e comprata per Sara; per la sua principessa si trasformava in carrozza, ma normalmente era una normale utilitaria.
Il tempo e le faccende della settimana avevano momentaneamente relegato il ricordo di qualche sera prima nella cassaforte dei fatti indimenticabili e più preziosi della sua vita.
“E questo cos'è?”, se ne uscì a un tratto la mamma che fino a un attimo prima aveva parlato di tutt'altro, di vestiti eleganti e di occasioni importanti.
“Cosa?”, chiese Marco che, guardando da quella parte verso la strada, non aveva notato nulla di particolare.
“Questo. S ed M, dentro a un cuore”.
Era più che evidente a tutti e due che cosa fosse.
Lui rimase sbalordito. Sul vetro non vedeva e non aveva visto niente da quella sera, ma sua mamma non era un'indovina. Aveva scassinato la cassaforte segreta dei suoi ricordi più belli, anzi lui si era dimenticato di chiuderla, e ora si sentiva come se fosse stato derubato. Perché, a differenza di Sara, era troppo geloso di quel ricordo, e non avrebbe voluto dividerlo con nessuno, neanche con la mamma.
“S sta per Sara”, spiegò ciò che era più che ovvio.
Fermandosi al primo semaforo rosso, si spostò verso il punto di vista di sua madre. In effetti, da una certa angolazione e con una certa luce, il cuore e le iniziali si vedevano ancora.
“ Adesso lo cancello”, pensò. “ O forse no. E' bellissimo, è meraviglioso, e forse sarebbe giusto che tutti lo vedano”.
La macchina sarebbe stata lavata, poi venduta e rottamata. Le vicende della vita, alcune molto tristi, avrebbero separato per sempre i destini di quei due innamorati. Altri amori; magari anche figli. Ma quel cuore con le loro iniziali, indelebile (così come il loro primo bacio, e tutto ciò che la memoria avrebbe salvato di una interminabile serie di bei ricordi vissuti insieme), non sarebbe stato mai più cancellato, per tutta la loro vita.
[1] Chiedo scusa a Grazia Deledda, di cui il finale di “Anime Oneste” ho involontariamente riprodotto (non copiato, avendolo scoperto dopo): “E fu così che le loro anime oneste si unirono per sempre.“
[2] Sara vuol dire "Principessa"