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CAPITOLO SESTO.

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In questa giunsero i Francesi che dovevano condurli al campo: i due amici s'alzarono, e presi i cavalli s'avviarono con loro.

Attraversarono per mezzo lunghe file di tende e di trabacche, mirando l'assetto di quelle genti che correvano sulla loro via per sapere a che venissero; ed in mezzo ad una folla di soldati sboccarono su una piazza formata da molti padiglioni disposti in giro, nel centro dei quali, sotto una gran quercia, era teso quello del capitano. Vi s'era radunato il fiore dei caporali dell'esercito; scavalcarono, e furono messi dentro. Dopo cortesi ma brevi accoglienze, vennero portati due sgabelli, sui quali sederono volgendo le spalle alla porta.

La tenda parata d'un drappo azzurro sparso di gigli d'oro era in forma d'un quadrilungo, diviso in due quadrati uguali, da quattro colonne sottili di legno a strisce celesti e d'oro. In fondo era il letto coperto d'una pelle di pardo, sotto il quale dormivano sdrajati due gran levrieri. Poco distante una tavola ingombra confusamente d'un monte d'ampolle, di spazzole, di collane, di giojelli, e sopra la quale era appeso uno specchio poligono chiuso in una cornice d'argento lavorata a cesello, mostrava che il gentil duca non isdegnava la cura dell'attillarsi: ed un elegante moderno avrebbe bensì cercato invano su questa toilette l'indispensabile acqua di Colonia, ma poteva trovar però un compenso in due gran vasi di argento dorato sui quali era scritto Eau de Citrebon, ed Eau Dorée. Più fogge d'armature eran appiccate alle colonne a guisa di trofei, ed in traverso posate sovra arpioni, lance e zagaglie.

Sotto queste, nel mezzo, sedeva Luigi d'Armagnac duca di Nemours, vicerè di Napoli, eletto dal re Luigi XII a capitano della guerra. Era vestito d'una cappa azzurra foderata di zibellino, e le sue nobili fattezze splendevano di gioventù, d'ardire e di cortesia cavalleresca. D'Aubignì, Ivo d'Alegre, Bajardo, Mgr. de la Palisse, Chandenier erano a' suoi lati, ed intorno intorno altri baroni e cavalieri di minor conto gli facevan corona formando un circolo nel quale venivano a trovarsi rinchiusi Ettore e Brancaleone.

Quest'ultimo s'intendeva più di menar le mani che d'arringare, onde lasciò a Fieramosca il carico d'esporre l'ambasciata.

Rizzossi il giovane e volse agli astanti in giro uno sguardo rapido, nel quale balenava un ardire senza insolenza qual s'addiceva al luogo, agli ascoltanti, ed a ciò che era per esporre. Narrò l'insulto di La Motta, propose la sfida, e per adempiere alla formalità d'uso, spiegato il cartello, lesse ad alta voce la formola seguente:

Haut et puissant Seigneur Louis d'Armagnac ducde Nemours

Ayant apprins que Guy de La Mothe en présence de D. Ynigo Lopez de Ayala a dit que les gens d'armes Italiens étoient pauvres gens de guerre; sur quoi, avec vostre bon plaisir, nous respondons qu'il a meschamment menti, et mentira toutes fois et quant qu'il dira telle chose. Et pour ce, demandons qu'il vous plaise nous octroyer le champ à toute outrance pour nous et les nostres, contre lui et les siens, à nombre egal, dix contre dix.

Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta

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