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II.

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—Ouff!—disse il Duca Giuliano, uscendo dal boudoir di velluto color pesca a garofani di raso granata—ouff!... La signora di Rèmusat, nelle sue agro-dolci Memorie del primo Impero, ci narra come Napoleone si divertisse un giorno a mistificare crudelmente alcuni dei suoi più intimi cortigiani, chiedendo loro cosa direbbe il mondo s'egli, l'Imperatore, avesse a scomparire d'un tratto. E nell'imbarazzo generale che susseguì a quella domanda, la risposta suonò repentina, dalla bocca stessa che aveva posata la questione:—Sapete cosa direbbe il mondo?... direbbe: ouff!...

Ora, date le debite proporzioni fra l'impero di un Bonaparte e quello di una brillante Baronessa, può essere che l'ouff di Giuliano rappresentasse del pari un sospirone di sollievo. Può essere che egli avesse preventivamente desiderato di lanciarlo così ai quattro venti; può essere che, entrando schiavo in quel tepido gabinetto, egli avesse in animo d'uscirne libero; può essere che la perifrasi gentile, destinata a velare l'odiosità d'un «basta,» fosse stata detta da lui e non da lei... A malgrado però di tutte queste supposizioni, è cosa positiva che il duca Giuliano si fermò un momento nell'andito-serra, e rimase immobile accanto a un grande arum. Si fermò coll'orecchio teso, coll'occhio attento, come aspettando. Un minuto completo, non la parte di un minuto. Ma non udì nulla. Non voce angosciosa che chiamasse, non rumore sommesso di singhiozzi, non strepito di seggiole smosse, non tonfo di caduta... Nemmeno una scampanellata... per chiamar la cameriera col flacon del sale volatile. Si voltò anche a guardare la porta ch'egli aveva testè serrata, ma, dietro ai vetri, non passò la più lieve ombra.

Allora Giuliano diede un'energica crollata di spalle, si mise con passo risoluto per la lunga infilata delle sale, raggiunse l'anticamera, e scese allegro la scala di marmo, salutando beffardamente il paffuto angiolo di stucco bianco che, recando sempre fra le mani il tulipano di vetro del lume a gas, s'era tante e tante volte veduto passare davanti quel bellissimo giovane.

La novella, la grande novella del giorno, fu pronta a percorrere tutta Torino. In capo a qualche ora, nessuno dell'high life cittadina ignorava che il Duca Giuliano Lantieri aveva riacquistata la sua libertà.

Allo spettacolo del Regio, quella sera, ci fu nei palchetti e nelle poltrone un po' d'irrequietezza. Molti cannocchiali erano appuntati, non già verso il palco scenico, dove Mignon chiedeva dolcemente in italiano, col pensiero di Goethe e colla musica di Thomas: Kennst du das Land?; ma bensì verso un palco in seconda fila, occupato da una splendida figura di donna non più giovanissima, ma di quelle che hanno il privilegio di percorrere nella vita due o tre giovinezze consecutive. La Baronessa Olga, benchè russa, era bruna di capelli. Era vigorosa, non molto grande, con delle forme splendide, e una fisonomia affatto straniera, non bella forse, ma ricca d'un certo fascino irritante. Aveva il naso piccolo, un po' camuso, una bocca quasi da mora, grande, sana, ridente, con dei denti che parevano quasi fulgidi nella loro bianchezza di smalto e all'ombra di quelle labbra tumide, violenti di forma, di colorito, d'espressione.

Dirimpetto a lei, al posto spesso occupato da Giuliano, brillava l'insipida figura d'un Viscontino francese. Furono osservate varie cose: primo, che la Baronessa Olga era più bella che mai; secondo, che aveva una toilette nuova; terzo, che serbava quella tal aria serena, di buon umore, che la rendeva adorabile; quarto, che aveva precisamente i modi, la maniera di guardare delle altre sere; quinto, che il suo palco fu affollatissimo. Giuliano, quella sera, venne in teatro, s'adagiò nella sua poltrona, andò a far visite nei palchi delle signore di sua conoscenza. Non andò nel palco della Baronessa, ecco tutto.

Ma al Fiorio, dopo il teatro, quante se ne dissero!... Tutti sapevano il perchè di quella rottura... era un motivo frivolo, dietro il quale si celava forse un reciproco senso di stanchezza. Generalmente, si approvava Giuliano e la sua ribellione. La Baronessa aveva qualche anno più di lui, e, a dir vero, viaggiava troppo. Un signore, autorità vecchia, ma incontestata, di quel formidabile palazzo di giustizia, fu il solo a sostenere che Giuliano aveva fatto uno sproposito, enorme. Gli altri insistevano: diavolo! si sapeva positivamente che la Baronessa aveva 6 o 7 anni più di Giuliano. Ma il vecchio si ostinava. Ne avesse dieci o quindici di più! era pur sempre la sola donna che Giuliano potesse amare.

—Perchè, perchè?—chiesero tutti a una voce.

—Ah!—rispose il vecchio con uno di quei sorrisi brevi, che alla lunga dovrebbero corrodere le labbra che li recano, tanto sono acri, incisivi, mordaci.

—Povero Giuliano!—disse qualcuno—cosa farà ora?

E fu la fine.

Giuliano non fece nulla di straordinario per celebrare l'era della sua riacquistata indipendenza. Si vide più festeggiato, più accolto, più ben voluto che mai. Passò un carnevale delizioso, si divertì, fu amabile, evitò ogni laccio, si congratulò molto con sè stesso, e accompagnò a teatro due o tre volte la sua vecchia mamma. Un giorno, un'idea bizzarra gli passò per la mente: «Se prendessi moglie?»

Ma la scacciò subito subito, come una tentazione.

Ora aveva la sua libertà e voleva goderla.

Goderla, ma come? Se avesse avuta una gran fortuna, ecco, sarebbe andato a Parigi! E invece suo padre gli aveva lasciato un patrimonio discreto, ma nulla più, e lui stesso, sicuro, un po' aveva speso... si sa. Divini quei tre anni nei lacci della baronessa Olga! ma era proprio una cosa curiosa il vedere quanto alla Baronessa Olga piacessero i dolci, le statuine di Saxe, le tazze di vieux Vienne, le rose durante l'inverno, le camelie in estate, i viaggi in primavera e in autunno, e le gite in tutte le stagioni. Eh! non c'era che dire, in quel patrimonio s'era fatto una gran buca! Come colmarla? E qui l'idea della dote tornò in campo; odiosa, a dir vero, nella sua arcigna fisionomia d'espediente. Il Duca la mandò via risoluto; ma quella passò soltanto l'uscio, e si celò dietro un battente, aspettando.

La libertà... celeste cosa! Ma, un giorno, Giuliano andò sulle furie con sè stesso, perchè uscendo alla sera, senz'avvedersene s'era messo per la via che conduceva alla dimora della Baronessa. Provò un gran dispetto, imbizzì colla forza cieca dell'abitudine. No.... diavolo, no.... E in quel giorno fu del parere del marchese Colombi, che le accademie si fanno o non si fanno.

Ma, passata la prima gioia della sua liberazione, questa cominciò a parergli uno strano arnese, come una foggia troppo attillata d'abito o di cappello, in cui egli si sentisse un po' a disagio.

Certe ore gli parevano lente assai. Il disordine sistematico lo seccava alla lunga, e non si trovava abbastanza ricco per organizzare attorno a sè un lusso di vizio quale l'avrebbe inteso, in omaggio ai suoi gusti raffinati e dispendiosi. Ricominciare ancora, tornare nella stessa direzione, mettendosi per altro sentiero?... Chè.... non valeva la spesa; allora, tanto valeva continuare a quell'altro modo. Tornar da capo è noioso, e non tutte le belle signore hanno un marito dotato di un carattere buono e conciliante, quale la Provvidenza l'aveva impartito al barone Dornelli. E quel benedetto tirocinio.... che cosa seccante! Prendersi un'altra volta la briga d'innamorarsi! Già, egli non si sentiva fatto per le difficili fasi d'una grande passione; per lui ci voleva proprio l'amore d'oggigiorno, piano, senza complicazioni, ben educato. Era tanto pigro, tanto indolente quel Giuliano! Anzi, era uno dei suoi pregi, dei suoi mezzi di seduzione quella sua indolenza languida, dolce, gentile, che si tradiva nei suoi modi, nella sua voce, fin nei suoi sguardi, che dava alla sua sana bellezza bionda un carattere speciale. La Baronessa lo chiamava creolo..., e quella disinvoltura che aveva l'arte di ridurre tutto a un'espressione placida, facile, elementare, schiva-fatica, armonizzava, forse per forza di contrasto, colla tempra insolentemente energica di quella donna. Però l'aveva voluto e serbato schiavo sino al momento in cui gli aveva concesso di ribellarsi. Le era parso che qualcun altro l'avrebbe meglio, o solo altrimenti, divertita. E ora, egli non ci voleva tornare laggiù in quel gabinetto color pesca a fiori di granata, non ci voleva tornare. E non ci tornò.

Siccome era creolo, così accadeva qualche volta che la sua stupenda vesta da camera orientale avvolgesse tuttora le sue forme da Apollo impinguato, in quell'ora privilegiata durante la quale la gente per bene esce di casa e popola i Portici, via di Po e il Corso. Allora accendeva un chibouk e sfogliazzava un romanzo. Ma tant'è eran lunghette quelle ore.

Il suo salotto era un mezzo museo, e la povera mamma gli aveva dati i suoi due cachemires turchi, perch'egli ne facesse delle portiere; ma dalla finestra di fianco si vedeva l'angolo d'un'ala del palazzo, molto deteriorata, molto...; e Giuliano si ricordava che anche lo scalone era in cattivissimo stato, e che il portinaio aveva un abito bleu, sdruscito in un modo orribile. E la vecchia duchessa s'era adattata a star lassù, al terzo piano.... per poter affittare i quartieri migliori.... Bisognava trottare a piedi ora...; nelle scuderie c'era un pigionante falegname; invece del nitrito, dello scalpitìo dei cavalli, si sentiva continuamente lo stridere della sega, lo scorrere della pialla, il rantolo quasi catarroso del torno.

Parve a Giuliano che allora soltanto tutto ciò si rivelasse a lui con un aspetto e un accento insopportabilmente nuovi. E mentre, disgustato, annoiato, pensava quanto il destino gli fosse avverso, malevolo, l'idea ch'egli aveva così sgarbatamente messa alla porta alcuni giorni prima, si riaffacciava adagino adagino, insinuandosi silenziosamente, strisciando lungo le pareti, giungendo mezzo inavvertita, sino a lui; s'insinuava nei suoi pensieri, si confondeva nel profumo orientale delle volute di fumo che, attorcigliandosi in alto, allungandosi, assottigliandosi, parevano quasi assumere una femminilità indecisa di contorni, disegnare nell'aria una mossa pudica di fanciulla, una semplicità fresca e schietta, di gesto e di sguardo.

—Puh!—osservò il Duca, socchiudendo i suoi begli occhi azzurri, d'un azzurro carico di porcellana, come si fanno alle bambole.—Dopo tutto.... Sì, veramente.... dopo tutto....

Si addormentò un momento, come se quel pensiero gli avesse cantato la ninna nanna, scotendo ritmicamente la lunga poltrona americana sulla quale egli giaceva.

Si svegliò di botto, spaventato. L'idea della scelta torturava già la sua pigrizia. Simile a quel sibarita che sudava vedendo uno schiavo occupato a spaccar legna, egli si asciugava la fronte pensando alle venture perplessità del suo spirito quando si tratterebbe di decidersi. Già, prima di tutto, egli non aveva mai potuto soffrire le signorine, quelle modeste cifre incognite, quegli insipidi indovinelli ammantati di bianco, di celeste, di rosa, presso alle quali bisognava stare attenti alle proprie parole e agli occhi formidabili delle mamme. Ah! che cosa opprimente!

Un momento pensò a una vedova. Ma poi scosse la sua bella zazzera bionda.

Ah! no, una vedova! Ci sarebbe da lottare col.... fu.... poveretto. E poi.... sciocchezze, se vogliamo, ma per lui ci voleva il dominio completo, assoluto, primo. Ragazza, dunque, molto giovane, s'intende, appunto per poterla avvezzare a modo suo; denari molti, cosa indispensabile. Ma dove trovarla.... dove?

Ci pensò un poco.—Che seccatura—conchiuse sbadigliando—ne parlerò a mia madre.

E la sua mente riposò in quest'idea.

Avevano finito di desinare, e la vecchia signora guardava di sottecchi Giuliano, il quale teneva fra le sua belle dita paffute una sigaretta di Salonicco, senza decidersi ad accenderla.

La Duchessa Lantieri non era stata bella. Attualmente era molto santa, d'una santità sagace e che vedeva abbastanza lontano. La vecchia dama stava bene, comodamente, in quell'atmosfera d'una devozione che armonizzava colla sua fine e provata scienza del mondo. Senza avere molto spirito, la Duchessa aveva quello della sua età; adorava suo figlio, non lo seccava mai; viveva in una stretta, ma decorosa economia. Era modesta, umile, semplice assai nei modi, di quella semplicità queta e in fondo orgogliosissima, del più delle dame piemontesi.

Giorno e notte pensava al maggior bene di Giuliano. Aveva avuto un immenso dispiacere, ed era quello di vederlo avvinto nei lacci di quella sirena del Nord. S'era consolata un pochino, però, pensando che quella sconsigliata, priva del divino aiuto, era una Zorodoff, figlia d'un ciambellano alla Corte imperiale di Russia, e aveva sposato un barone Dornelli di S. Maurizio. Giacchè, pur troppo.... si sa.... la gioventù eh!...—qui la Duchessa metteva un gran sospiro.—Meglio così, insomma, che peggio ancora, ecco.

E Dio l'avrebbe esaudita certamente un giorno o l'altro, facendo cessare quella triste cosa, e ispirando a Giuliano il pensiero di prender moglie. E pregava di cuore; il che non le impediva di darsi d'attorno perchè, nel caso d'un pronto esaudimento, non si sa mai, la buona volontà di Giuliano non avesse a cogliere lei sprovveduta.

Giuliano era sopra pensiero. Le cose non andavano a modo suo, e l'intendente di casa gli aveva presentato un certo quadro, il cui ricordo non lo ricreava punto. Era stato al corso, e aveva veduta la Baronessa in un landau nuovo, stupendo, con una toilette splendida, e un mezzo sorriso amabile, che gli aveva fatto un certo effetto molto stizzoso. Egli era bensì andato a fare una lunga sosta alla portiera della contessa Zeta, ma la contessa Zeta l'aveva annoiato un pochino, e a fianco del landau della Baronessa, aveva veduto il Viscontino a cavallo.... Poi, come se non bastasse, lì nel salottino c'era un odore di baccalà, che lo irritava al sommo.

—Che profumo!—disse languidamente a sua madre, recandosi alle nari il fazzoletto coll'orlo ricamato a colori vivaci.

—È venerdì!—osservò umilmente la contessa.

Il male era che la cucina in quel quartierino ristretto si trovava a due passi dalla sala. E in corte, nello scuderie vuote, profanate, la sega andava in su o in giù stridendo allegramente.

Giuliano contemplò a lungo la pietra del suo anello, un occhio di gatto cinto da nitidissimi brillantini.

La Duchessa pareva contare i punti del suo lavoro in lana, ma il cuore, presago, le batteva, e le sue labbra fino sussurravano qualche cosa all'indirizzo di Nossgnôr!

Giuliano accese la sigaretta e disse placidamente:

—Dov'è?...

La Duchessa attonita alzò gli occhi.—Cosa?—E poi, siccome un animo l'avvertiva, soggiunse sorridendo:—Chi?

—Chi? (che orrore di sigaretta!) Dico; questa sposina, quando capita?

La Duchessa sentì un gran rimescolìo. Ma frenò la sua gioia. Sapeva che Giuliano non amava nè le scene, nè le spiegazioni. Con voce un po' tremante, con un pensiero d'accesa gratitudine verso Dio, rispose soltanto;

—C'è....

—Uhm!—borbottò Giuliano. E siccome era un magnanimo gentiluomo, chiese anzitutto:

—Bella?

La Duchessa ebbe un sorriso contento, e chinò il capo.

—Ricca?

La Duchessa alzò il capo.

—Tre milioni—susurrò poi con dolcezza infinita, assaporando lentamente la frase.

Giuliano guardò sua madre sul serio. L'aveva sempre stimata, ma ora una specie di languida venerazione sorgeva nel suo animo.

—Ah! ho capito. La figlia d'un banchiere ebreo.

Diceva così per celia, sapendo a che punto sua madre fosse inesorabile per tutto ciò che avrebbe potuto urtare le loro tradizioni, l'alterigia calma e serena che un lungo ordine di antenati aveva loro trasmessa. La Duchessa ebbe una frase laconica:

—Corona chiusa!

Giuliano si gingillò un poco, curiosando nella scatola da lavoro.

—Mia cara mamma, tu possiedi dello forbici impossibili.... Quanti anni abbiamo?

—Diciotto; ed è tuttora in convento.

—Un'educazione da farsi, nevvero? Ingenua molto? A meno che.... qualche volta sono sveglie, sai, queste educande, sveglie davvero. Mi ricordo, anni fa, in un convento di monachine....

—Oh! Giuliano,—interruppe la vecchia,—che discorsi! Invece di ringraziar Dio!

—Sì.... proprio!... credi che sia un gran divertimento il prender moglie, rinunziare alla propria libertà per sposare una sciocchina qualunque, che non ha mai visto niente in vita sua e alla quale bisogna far da precettore.... mentre.... è così facile....

—Trovar qualcuno che insegni a noi.... nevvero, Giuliano?

La Duchessa aveva qualche volta, colla sua aria umile, di queste e simili sortite. Giudiano ebbe per un momento l'idea di montar sulle furie.... ma così, dopo desinare, non andava fatto. Sorrise soltanto, e senza guardar sua madre:

—Già.... continuò.... quasi quasi...: è più facile e più piacevole.... Dunque?

La Duchessa si sgomentò e bruciò le sue navi.

—Quando la vuoi vedere?

—Chi?

—Lei.

—La mia maestra?

—Giuliano!—mormorò angosciosamente la Duchessa, colla voce piena di lagrime.

Egli si mise a ridere.... dondolandosi sulla seggiola.... E la Duchessa cominciò a ragionare.... a pregare.... a spiegare.

—Sarei così contenta.... chiuderei gli occhi in pace!—La povera donna era quasi eloquente. E l'odor di baccalà intanto penetrava, intollerabile, nel salotto.

«Il primo piano per lei,» pensava pacatamente Giuliano; «la mia garçonnière, al secondo.... la mamma avrebbe per sè sola questo appartamento.»

—Oh Giuliano—continuava la madre....—credimi, fuori dell'ordine morale non esiste vera felicità.... Ed è orfana, per cui, capisci.... il capitale subito, e una gran tenuta in Lombardia. Un carattere adorabile, ti assicuro. Ci sono anche i brillanti di casa. E pensa un poco, figlio mio, quando sarai vecchio, che consolazione aver la tua famiglia!

—Già, un monte di biricchini che non vogliono studiare, o di ragazzacci che fanno debiti.

Era veramente perplesso. Gli seccava di prendersi la briga di decidere.

Abbasso in corte, la sega canzonava, col suo aspro gemito irritante. La sala diventava buia nel tramonto primaverile. La pendola suonò le otto con una voce strana uggiosa, colla voce di una pendola che non è più di moda. L'ultimo raggio del sole entrava di sbieco dalla finestra, e cadeva sul velluto scolorito, ammaccato d'una poltrona zoppa.

Giuliano mise un sospiro lungo lungo, il sospiro d'un uomo che fa una fatica enorme.

—Per farti piacere....—disse poi dolcemente a sua madre.—Ma sai che amo le cose spiccie.

La Duchessa trattenne un grido di trionfo, e s'alzò.—Oh! Giuliano, Giuliano.—Non voleva piangere, ma si mise a piangere, ciò non ostante.

Le vecchie hanno facile il pianto e la Duchessa evitava con ogni possa di tradire sè stessa in quel modo, davanti a Giuliano, che in questi casi soleva prendere con aria grave il suo cappello e si ritirava un tantino più frettolosamente del solito. Ma stavolta.... ah stavolta non seppe proprio trattenersi. Ecco, era la Madonna della Consolata, lei per l'appunto. Certo, un cuor d'oro.... lo comanderebbe subito.... a Canavero.

Giuliano non se ne andò. Ora che aveva fatto quell'immane sforzo, era contento. Sì! era contento di fare una fine; e poi era contento anche di sè stesso per aver data quella consolazione alla sua povera mamma. Oh! per lei lo faceva volentieri quel sagrifizio, e per la vecchia casa, che aveva tanto bisogno di esser riattata. La Baronessa forse non se l'aspettava così subito; era una cosa divertente il pensare che probabilmente, anzi inevitabilmente, un certo dispetto l'avrebbe provato. Questo le insegnerebbe a inaugurare dei Viscontini francesi, il giorno dopo la rottura con lui. Certo, il matrimonio doveva farsi presto.... Egli sperava che sua moglie avesse delle belle mani.... era una cosa alla quale teneva assolutamente. E se non sapeva vestirsi, un inverno a Parigi avrebbe rimediato.

Si sentì virtuoso; eminentemente morale. Gli spuntò nell'anima una bizzarra e affettuosa stima per sè stesso. Egli, così bello, così signore, così gentiluomo, si adattava a prender moglie prima dell'êra della parrucca, dell'obesità, dei denti finti, delle cambiali al 50 per cento. Sorrise placidamente, sorrise al futuro, e complimentò sua madre.

—Brava mamma! e me l'hai tenuta in conserva per tutto questo tempo, a malgrado....

Le vizze gote della Duchessa assunsero una tinta quasi giovanile.

—Aspettavo—disse semplicemente.—Ora, sì, che sarai felice!

—Credi? Ebbene, tanto meglio. Già, una fine bisognava farla, un giorno o l'altro.

La sega taceva, e l'odore del baccalà veniva meno nella brezza vespertina ch'era entrata da una finestra apertasi adagino adagino, senza che nessuno se n'avvedesse.

Mia

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